Un popolo intero attende la bara. Ma non è il feretro di
Berlinguer, come cantavano invece i Modena City Rembels. La 'gente' oggi piange
e applaude il potere. Almeno a Torino; ma non solamente a Torino. Epperò
Torino, a legger il graffiante "Chi comanda Torino" di Maurizio
Pagliassotti, oramai la città delle donne e degli uomini, nella sua stragrande
maggioranza (perché sappiamo invece del dissenso dell'Askatasuna, del resto dei
NoTav e del Gabrio che si difende oggi proprio dallo sgombero del potente -
vedremo perché - Fassino) non ha nessuna voglia di criticare il potere che l'ha
assopita, anestetizzata, sfregiata da debiti e prepotenze; innanzitutto perché
non conosce i volti dei suoi dominanti. Quindi è compito del giornalista
Pagliasotti entrare nei meandri del potere, come si dice. A far calare, come si
dice, le maschere. Dalle quali appaiono i volti d'una lunga serie d'ex
comunisti del Pci, dirigenti sindacali di decenni fa o solo di qualche anno fa,
banchieri, palazzinari, tecnichi in nome Fornero ecc., la famiglia Fiat e tutto
il suo contado. Un po' di nomi, vedi quello dell'ex sindaco Chiamparino su
tutti, che normalmente è battuto dagli asserviti e assoggettati mass media.
Insieme ad altri che raramente vengono fuori dall'ombra. Da quel grigio adesso,
ragiona il giornalista, stordito dalle luci dei negozi del centro e dalle forti
illuminazioni che le amministrazioni comunali hanno inventato: a far
dimenticare della recessione che crese. Dei problemi. Maurizio Pagliassotti,
davvero, spiega chi sono, da quanto tempo e con che forze i regnanti di Torino.
Leggendo, per dire, il già citato Chiamparino e il collega d'ideologia
riformista Piero Fassino. Andando nelle cariche della Compegna Intesa San
Paolo. Nei zone di Ghigo e di Valentino Castellani. Da canchieri e costruttori,
soprattutto. Nel bel mezzo della dismissione dell'industria. Nel cammino dello
smantellamento di capannoni e diritti garantito dalla Fiat: che ha continuato a
succhiare soldi, anche, dalla Regione Piemonte. Nonostante il sogno dei
dominanti, da oltre vent'anni, è di sostituire il lavoro con il consumo. La
produzione con il commercio. Seppur turismo e cultura non funzioni proprio. E
nonostante i tanti soldi spesi. I debiti fatti dal Comune. Tipo quelli nati
grazie alla grande idea delle Olimpiadi Invernali del 2006; dove appunto han
vinto le banche e le imprese di costruzioni, che poi spingono e giostrano i
loro referenti politici. Con la supremazia delle cooperative rosse, che però
viaggiano nella spartizione con quelle bianche. Spesso a discapito
dell'interesse generale. Manovratori con manovratori sono analizzati nel libro
di Pagliassotti. Il culto e il pragmatismo della nuova ideologia riformista che
deve puntare all'urbanistica saldata col cemento. Durante lo svuotamento delle
coscienze.
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lunedì 22 ottobre 2012
sabato 20 ottobre 2012
Supersimmetry di Francesco Cuna (Kurumuny)
I personaggi di Cuna ti accolgono in silenzio e ti chiedono
di sostenere quel silenzio mentre li osservi. Un silenzio fatto di simmetrie
bizantine, prospettive inattese, canoni proporzionali aggirati, deformità
sfuggenti, volti imperscrutabili e poi ocra, sabbia, terre, grigi,
sovrapposizioni di materiale pittorico che invece di dare un opprimente senso
di stratificazione, lasciano intuire quello dell’immaterialità. Quello che
l’artista intrattiene con la
Pittura è un rapporto viscerale, che non smette di riservare
sorprese, ma è fatto anche di certezze e familiarità, dovute alla padronanza
conquistata attraverso un’ininterrotta esplorazione del mezzo. Al contrario la
relazione di Cuna con la Storia
dell’Arte si rivela complessa, intricata, ricca di apparenti contraddizioni. Lo
sguardo inquieto dell’artista si rivolge in direzioni diverse, come se
scorgesse ad ogni angolo l’ombra di un grande maestro del passato e volesse
afferrarla e trattenerla nel suo presente. Non c’è un filtro tra la realtà e le
opere di Cuna: non credo che i processi che egli attua debbano essere intesi
come una manipolazione di quello che ci appare, ma come una ricerca di verità,
in quello che ci appare. Verità che l’artista riesce a cogliere proprio negli
strappi, nelle maglie della realtà, materializzati nelle incongruenze da lui
messe in evidenza e nelle deformazioni e ibridazioni da lui messe in atto. La
pittura come processo di estrazione di verità.
FRANCESCO CUNA Nasce nel 1978 a Galatina (LE), dove
si diploma all’Istituto d’Arte in grafica pubblicitaria e fotografia nel 1997.
Nel 1998 si trasferisce a Bologna per frequentare l’Accademia di Belle Arti
arrivando ad esporre alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna prima di
diplomarsi in pittura nel 2005. Successivamente (2006) è a Marseille in Francia
dove entra in contatto con l’attività artistica locale esponendo i propri
lavori presso l’Ecole des Beaux Arts. Nel 2007 è chiamato negli Stati Uniti d’America
a realizzare un affresco di grandi dimensioni all’interno del “The Prizery
Museum” Art Center of South Boston (VA) per celebrare il 400esimo anniversario
dei primi insediamenti Europei nell’ambito del progetto “Virginia 2007 Italy
rediscover America” commissionato dal Virginia Museum and Virginia Commission
by Art di Richmond. Rientra in Salento e figura tra gli organizzatori del
“Locomotive Jazz Festival” di Sogliano Cavour (LE) curandone, con Luigi Cesari,
il progetto Arti Visive, realizza i concept della comunicazione e performance
pittoriche durante i concerti nelle edizioni che vanno dal 2007 al 2010. Si è
così esibito sul palco insieme a molti musicisti tra i quali Paolo Fresu,
Antonello Salis, Furio Di Castri, Philipe Catherine, Giovanni Imparato,
Pierpaolo Bisogno, Gianluca Petrella, Raffaele Casarano, Luca Aquino, Franco
Califano, Trovesi ed altri. Nel 2011, dà vita con Alessandro Sicuro, a “B22”,
progetto grafico di natura imprecisata, e nel 2012 aderisce al gruppo “OZIO”
con una prima collettiva curata da Lorenzo Madaro.
venerdì 19 ottobre 2012
Il signore della vendetta di Lara Adrian (Leggereditore)
Gunnar Rutledge ha trascorso gli ultimi tredici anni della
sua vita a escogitare il modo di vendicare l’assassinio di sua madre. Quando
finalmente l’occasione tanto attesa si presenta, Gunnar rapisce Raina, la
figlia del barone D’Bussy, per costringerlo alla resa dei conti. L’incontro con
la figlia del suo acerrimo nemico, una ragazza ribelle e dallo spirito libero,
cambierà per sempre la vita di entrambi. Tra colpi di scena e battaglie, Gunnar
capirà che la vendetta può non essere l’unico scopo nella vita di un uomo. Lara Adrian è una delle regine del paranormal
romance. La serie con cui si è fatta conoscere dal pubblico italiano, La Stirpe di Mezzanotte, è
diventata un successo mondiale; pubblicata in oltre 14 Paesi, è giunta negli
USA al nono titolo. Per Leggereditore sono già usciti: Il bacio di mezzanotte,
Il bacio cremisi, Il bacio perduto, Il bacio del risveglio, Il bacio svelato,
Il bacio eterno, Il bacio oscuro, Il bacio di fuoco e Il bacio immortale.
giovedì 18 ottobre 2012
UNDUETRE STELLA! CORSO DI SCRITTURA E ILLUSTRAZIONE PER L’INFANZIA E I RAGAZZI
UnDueTre Stella! Scrivere e
illustrare per l’infanzia e per i ragazzi è sicuramente una delle declinazioni
del mondo editoriale più interessanti e creativo, fosse altro perché bisogna
non solo immaginare le storie ma vederle lì, sotto gli occhi, di mille colori. Per
questo, dall’esperienza della rivista UnDueTreStella, la Lupo Editore (in
collaborazione con l’ass. DamageGood) organizza un corso rivolto a chi ama il
mondo della scrittura e dell’illustrazione per l’infanzia e per i ragazzi. Lo
scopo è quello di capire e cimentarsi nella realizzazione di un albo
illustrato, sia dal punto di vista della scrittura che dell’illustrazione. A condurci
nel mondo della scrittura sarà il prof. Livio Sossi, Docente di Storia e
Letteratura per l'infanzia all'Università degli Studi di Udine e di
Capodistria, esperto di illustrazione, letteratura ed editoria per l'infanzia,
è direttore editoriale, artistico e consulente per diverse case editrici
(Falzea, Campanotto, Edicolors, Edizioni Euno, SECOP, Arianna, Lupo). Il prof.
Livio Sossi terrà le sue lezioni il 10-11 novembre presso il Conservatorio S.
Anna a Lecce, in un’originale formula full immersion (dalle 09:30 alle 13:30 e
dalle 15:30 alle 18:00). Il modulo proporrà ai partecipanti, in forma di
laboratorio operativo con esercitazioni pratiche, la scrittura delle più
importanti tipologie testuali presenti nella letteratura per ragazzi
contemporanea. Per ciascuna tipologia si forniranno esempi tratti dalla
migliore produzione editoriale contemporanea. Verrà quindi individuata la
struttura narrativa dei testi che fungeranno da modello su cui operare per la
creazione di nuove storie e di nuovi racconti. Si lavorerà inoltre sul
linguaggio (incipit, flashback, testo ed extratesto), sulle richieste, sulle
attese e sui condizionamenti del mercato editoriale e sul fenomeno delle mode. Per
chi è interessato all’aspetto dell’illustrazione e della grafica, potrà seguire
nei due week end successivi (17-18 e 24-25 novembre) le lezioni teoriche e
pratiche del bravo Massimiliano Di Lauro. Originario di Trani, per il suo
talento pubblica “Mi primer viaje” con la galliega OQO Editora, fiore
all’occhiello dell’editoria per l’infanzia europea. Il modulo di Massimiliano
Di Lauro si propone di far luce sugli aspetti che stanno dietro alla
rappresentazione iconica, facendo chiarezza su cosa è lo stile e come trovare
“la propria voce”. Anche in questo modulo, oltre ad una serie di nozioni
teoriche, saranno proposte delle esercitazioni pratiche, allo scopo di chiarire
questi aspetti per comporre insieme un albo illustrato. Sarà possibile l’intero
corso o i singoli moduli. Il corso è a numero chiuso e sarà possibile
iscriversi entro il 5 novembre 2012.
Sono previsti sconti per gli
studenti universitari. Per informazioni e costi chiamare il 3294178895 /
3384598211 o scrivere a redazione@lupoeditore.it.
Ufficio Stampa
CAFE' PHILO - INCONTRI DI FILOSOFIA E PRATICHE FILOSOFICHE A LECCE
L'incontro di "Segni
dell'uomo" avviene il giovedì, con cadenza bisettimanale, presso le
"Officine Cantelmo" in viale De Pietro a Lecce, che hanno condiviso
il progetto “Cafè Philo – incontri di filosofia e pratiche filosofiche …
addolciti da un buon caffè!”. Si decide collegialmente (tra gli intervenuti all’incontro),
e di volta in volta, il tema da trattare nell'incontro successivo. Il primo
argomento affrontato è stato il "gioco", il successivo la
"crisi" e, quindi, "l'ironia". I partecipanti all'incontro sono
sia accademici, che filosofi, che amanti della filosofia e della cultura
filosofica, e si viene a creare un clima di diaologo dove ognuno è assolutamente libero di esprimere la propria
opinione sul tema. La conversazione
viene affidata, volta per volta, ad un moderatore, normalmente aderente al
Centro di Studi "Segni dell'uomo" che ha promosso l'iniziativa, ma
anche in questo caso qualsiasi utente o associato può offrirsi per tal compito.
Il prossimo tema, che sarà discusso il 25 ottobre 2012, sarà
"l'ospitalità". L'accesso agli incontri è assolutamente libero a
chiunque e gratuito. Il compito dei promotori è quello di far conoscere
"Segni dell'uomo" come strumento di diffusione della filosofia e
delle pratiche filosofiche, cioè consulenza filosofica, phylosophy for
children, dialogo socratico, attraverso temi attuali che coinvolgano tutti:
anche coloro che non hanno mai studiato filosofia. Il centro studi per le
pratiche filosofiche di Lecce Segni
dell’uomo promuove e coordina iniziative volte al riconoscimento di una
cultura e di processi formativi che valorizzino le “pratiche filosofiche”
quali, ad esempio, la “philosophy for children”, il “counseling filosofico” e
“pratiche” filosofiche diverse, come “la filosofia in reparto”, la “consulenza
filosofica in carcere”, la “filosofia in azienda” e ogni altra situazione in
cui la pratica filosofica può ritenersi utile.
Info
mercoledì 17 ottobre 2012
HOT STUFF DUO AL NOTE DI VINO
Riparte la musica a Note di Vino
nel cuore del Salento, a Ruffano (LE), giovane e dinamico locale dove la
passione per l’enogastronomia e per la musica e la cultura si fonde in un open
space che piace davvero a tutti . Si parte dunque sabato 20 ottobre 2012 alle
ore 22.00 con Hot Stuff Duo. Hot Stuff Duo trova le sue radici artistiche nel
progetto nato da un’idea di Fabio Lecci (voce, armonica e percussioni) che con
Marco Ancona alla chitarra acustica propone una selezione di classici del
rock'n'roll e del blues di autori come Rolling Stones, Beatles e dei grandi più
maestri degli anni '50 e '60 reinterpretati e rivisitati in chiave acustica. Lo
spettacolo costituisce un invito aperto a tutti gli appassionati del genere
anche per eventuali jam-session finali.
Lo spettacolo proposto da Hot
Stuff Duo è davvero singolare, soprattutto perché la proposta ripercorre gli
universi musicali di area americano-britannica di stelle del calibro di Elvis
Presley, Eddie Cochran, Ray Charles, Johnny Cash, John Lennon, Muddy Waters,
Howlin' Wolf, ma anche Rolling Stones, Beatles,The Doors. Nomi, che hanno fatto
la storia, influenzandola, di tutta la musica dagli anni cinquanta in poi.
Info
Su Facebook
Via Vittorio Veneto, 55 - 73049
Ruffano (LE) - Italia
VITTORIA COPPOLA A TAURISANO DOMANI 18 OTTOBRE
La Città di Taurisano e
l’Assessorato alla cultura nell'ambito di OTTOBRE PIOVONO LIBRI presentano
GIOVEDI' 18 OTTOBRE alle ore 18.30 un appuntamento letterario pregevole con
VITTORIA COPPOLA, autrice del romanzo “GLI OCCHI DI MIA FIGLIA”, (Lupo - edizioni Anordest) e vincitrice del concorso- sondaggio "Il libro dell'anno lo scegli tu” organizzato dal TG1 della RAI-Tv. Dialogherà con l’autrice il prof. Luigi Montonato. Questo è un evento in collaborazione con LIBRERIA IDRUSA di Alessano (tel. 0833/781747)
VITTORIA COPPOLA, autrice del romanzo “GLI OCCHI DI MIA FIGLIA”, (Lupo - edizioni Anordest) e vincitrice del concorso- sondaggio "Il libro dell'anno lo scegli tu” organizzato dal TG1 della RAI-Tv. Dialogherà con l’autrice il prof. Luigi Montonato. Questo è un evento in collaborazione con LIBRERIA IDRUSA di Alessano (tel. 0833/781747)
Quale ruolo gioca il destino
nello svolgersi della nostra esistenza? E quanto di "nostro" c'è
invece nell'imboccare strade sbagliate che porteranno inevitabilmente
all'infelicità? In questa storia di "non detti", in cui egoismi e
fragilità vanno a comporre un perfetto, perverso incastro, è rappresentato il
misterioso e contraddittorio universo dei sentimenti umani: non basta essere
genitori per saper comprendere i propri figli ed amarli come meritano; non basta
essere giovani e di cuore aperto per essere pronti ad affrontare la vita, né
essere innamorati per non farsi complici della propria ed altrui sofferenza.
Dana, pur nei privilegi di ragazza circondata da benessere e raffinatezza, è
soffocata dalla coltre iperprotettiva di una madre che ha deciso il suo futuro,
ma la sua passione per André, fascinoso pittore di donne senza sguardo, si
rivela una fuga più grande della sua acerba giovinezza, incapace di reggere
all'infrangersi di un sogno. Armando, l'uomo che le offre un amore devoto e
remissivo, nasconde un segreto destinato ad esplodere in modo bruciante. Eppure
esistono legami che sopravvivono al tempo e sono pronti a riservare luminose
sorprese, nei giochi del caso e nel risveglio di coscienze troppo a lungo
sopite. Una storia di solitudini e di scelte, nella quale regge sovrana la
solidità dell'amicizia, l'unica che non tradisce.
Vittoria Coppola - Ha 26 anni,
vive a Taviano (Le). Laureata in Lingue e Letterature Straniere, Comunicazione
Linguistica Interculturale (Università
del Salento, luglio 2010). Attualmente lavora come receptionist presso un
albergo di Gallipoli (Le). La passione assoluta che muove le sue giornate è la
scrittura. Di questo dice: “Lo scopo che mi prefiggo nel momento in cui inizio
a riempire pagine di parole e sentimenti, è quello di emozionare, regalando a
chi mi privilegia “leggendomi,” attimi personalissimi di evasione dalla realtà,
ma anche, perché no, arricchimento della stessa. Confido sempre nella bellezza
dei sentimenti e perciò, quando qualcuno reputa banale il parlare d’amore, io
sorrido, e vado avanti per la mia strada”.
Info
martedì 16 ottobre 2012
"Aldo Moro. L'Italia repubblicana e i Balcani" (Besa editrice) presentazione a Trieste
Giovedì 18 Ottobre 2012, alle ore
18.00, a Trieste, all'interno dello spazio "Italo Svevo" della
Libreria Fenice (Via Battisti, 6), verrà
presentato il libro "Aldo Moro. L'Italia Repubblicana e i Balcani"
(Besa editrice). La tavola rotonda della presentazione vedrà la partecipazione
di: Stelio Spadaro, il Prof. Goradz Bajc (Università del Litorale,
Koper/Capodistria), il Prof. Franco Botta (pres.CESFORIA di Bari), la Prof.ssa Anna Millo
(UniBari), il Prof. Raoul Pupo (UniTrieste).
La sconfitta militare dell’Italia
nella seconda guerra mondiale e la successiva divisione dell’Europa in Blocchi
politici, militari e ideologici, del tutto antitetici e contrapposti,
provocarono un ridimensionamento della presenza italiana nei Balcani, senza
però decretarne la definitiva espulsione. Nonostante le disastrose conseguenze
dell’esperienza bellica e nonostante la presenza sulla sponda orientale
dell’Adriatico di regimi illiberali e totalitari, l’attenzione della politica e
dell’economia italiana verso quei territori non venne mai meno. Anche per
l’Italia repubblicana l’Europa adriatica e balcanica rappresentò un’area di
rilevante interesse strategico, politico ed economico. L’importanza delle
relazioni e dei legami con i Paesi del Sud-est europeo non sfuggì certo ad Aldo
Moro, che, in qualità sia di presidente del Consiglio che di ministro degli
Esteri, fu tra i principali protagonisti della politica estera italiana degli
anni Sessanta e Settanta. Ambizione di questo volume è offrire al lettore
alcune linee interpretative e un insieme di analisi e informazioni fondate su
un’attenta disamina della documentazione edita ed inedita, per cominciare a
conoscere meglio un aspetto importante della politica estera dell’Italia della
Prima Repubblica, la cosiddetta Ostpolitik italiana, l’azione internazionale
della Repubblica italiana verso gli Stati e i popoli dell’Adriatico orientale e
dei Balcani; un obiettivo che non può prescindere dall’individuazione e
dall’analisi del progetto di politica estera di Aldo Moro, dall’approfondimento
delle motivazioni e degli scopi della politica attuata dallo statista pugliese
nei confronti dei Paesi balcanici e dalla riflessione sul nesso tra dimensione
nazionale e internazionale della sua azione politica.
Italo Garzia è ordinario di
Storia delle Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze
Politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Fra le sue opere
ricordiamo: La
Questione Romana durante la prima guerra mondiale (Napoli
1981), Pio XII e l’Italia nella seconda guerra mondiale (Brescia 1988),
L’Italia e le origini della Società delle Nazioni (Roma 1995).
Luciano Monzali è professore
associato di Storia delle Relazioni
Internazionali presso la
Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di
Bari “Aldo Moro”. Fra le sue opere più recenti ricordiamo: Italiani di Dalmazia
1914-1924 (Firenze 2007), Il sogno dell’egemonia. L’Italia, la questione
jugoslava e l’Europa centrale 1918-1941 (Firenze 2010) e Mario Toscano e la
politica estera italiana nell’era atomica (Firenze 2011).
Massimo Bucarelli è dottore di
ricerca di Storia delle Relazioni Internazionali e docente di Storia dell’America
presso l’Università di Roma LUMSA e di Storia della Politica Estera Italiana
presso l’Università degli Studi di Parma. È autore di: Mussolini e la Jugoslavia (1922-1939)
(Bari 2006), La questione jugoslava nella politica estera dell’Italia
repubblicana (1945-1999) (Roma 2008).
Info
lunedì 15 ottobre 2012
Lo scrittore deve morire. Epiche gesta di due aspiranti autori di best seller di Gianluca Morozzi e Hemana Zed (Guanda). Intervento di Nunzio Festa
Ne ha fatta di strada, Morozzi.
Ma le traversie delle riviste "letterarie" diffuse col contagocce e
le redazioni d'editori microscopici li ricorda molto bene. Benissimo. Come,
sicuramente, questi ricordi sono ugualmente vividi nella memoria corrente di
Zed. Quindi Gianluca Morozzi ed Heman Zed, non è che con "Lo scrittore
deve morire" abbiamo fatto auto-fiction (parolina che va molto di moda -
d'altronde); ma hanno deciso di narrare appunto di strade, e per la verità lo
scrittore bolognese non per la prima volta, molto ma molto conosciute con Lo
scrittore deve morire. "Epiche gesta di due aspiranti autori di best
seller". Esilerante, spassoso assai, vergato a tratti persino da humor
pungente e un po' crudele, il romanzo omaggia intanto molta letteratura, demolisce
le macchinazioni delle fabbriche editoriali e del marketing delle edizioni,
spende parole per penne - vedi Ciarabelli (non notissimo ma di grande talento,
e che abbiam avuto la fortuna d'apprezzare al Premio Letterario "La città
dei Sassi" di Matera agli esordi) - che meritano. Non a caso, intanto, gli
autori presentando il cappelliano romanzo parlano di "parodia del mondo
editoriali di oggi". Con questo romanzo, grazie al quale abbiamo molto
riso, Gianluca Morozzi ed Heman Zed, fanno viaggiare i loro protagonisti,
Francesco Portali e Ladislao Tanzi, insieme poi ad Arcovaldo Cacciapuoti, in
location improbabili per presentazioni improbabili - e intanto qui spuntano le
sale a volte ostiche come pubblico o semi-deserte come uditorio, insomma. Ma
perché questi due invisibili della scrittura, fino ad allora entrambi gli
scrittori non avevano scritto che un romanzo, per lo stesso editore, venduto in
qualche copia di numero, devo farsi il viaggietto? Semplice. Il loro editore,
sotto gli effetti del vino, a entrambi ma in due momenti diversi, commissiona
un libro: imponendo la stessa trama. Quindi si ritroverà la stessa storia.
Dunque pensa bene d'incollare le prove letterarie. E, guarda caso, nel romanzo
è descritto un tour che poi Tanzi e Portali, praticamente sotto minaccia, devo
compier davvero. Tra l'altro sotto la guida ambigua dell'ufficio stampa Lothar,
tipo stranissimo che poi finisce come finisce e che però piazza nell'opera
persino le sue orribili "poesie". L'incontro col critico, rincoglionito,
Cacciapuoti, un po' li salva e un po' li rovina. Ché il Caccia produce altre
avventure dove di certo queste non mancano. Bizzarrie. Stranezze che si sommano
a quelle pensate, in un certo senso, dall'addetto stampa della Belasco. Fino al
primo vero colpo di scena, insomma, che è poi una buona sopresa per il titolare
del marchio, Ubermensch. Il critico di turno alla D'Orrico, mentre si sollazza
per i servizi della sua donna, invece di stroncare il "Un premio da
tredici" firmato Portali-Tanzi, per errore lancia il libro nelle
classifiche dei best seller. Tra ex ed ex ex, poi, finalmente passando per una
Silvia che naturalmente non può mancare, diciamo che L. Tanzi e F. Portali
devon gestire fama inattesa, pazzie diffuse e capovolgimenti di fortuna.
Sarebbe bello, adesso, descrivere gli altri soggetti del 'film'. Epperò pure
irrispettoso. Allora prendere le scritture di Zed e Morozzi, licenziose più che
mai in quanto affini agli sconvolgimenti della storia, piene di tagli e cambi
di voce, anche perché nelle pagine è custodito il brio della normale casualità.
domenica 14 ottobre 2012
Il romanzo osceno di Fabio di Luciano Pagano
Il romanzo osceno di Fabio",
scritto da Luciano Pagano e pubblicato dal 21 settembre sul profilo twitter
@romanzosceno, è il primo romanzo italiano scritto interamente in tweet. "Non
è quindi una collezione di aforismi, pensieri, battute, racconti in un solo
tweet, romanzi in un solo tweet, o qualsiasi altra forma ‘particolare’ e
‘particellare’. Si tratta di una storia, se vogliamo una storia a
pezzetti"
"Il romanzo osceno di
Fabio" racconta la storia di due amanti, il giovane Fabio, regista
precario e la Marchesa,
ricchissima moglie di un uomo d'affari. La Marchesa convincerà Fabio a seguirla in un
progetto terribile, quello di aiutarla a eliminare il marito. Tweetnoir,
Twhiller, storia d'amore o semplice tresca andata a male, "Il romanzo
osceno di Fabio" diverte e tiene alta la suspence, tweet dopo tweet. O
almeno così dicono.
“Lo spacciatore di carne" (Einaudi), Giuliano Sangiorgi domani alla Feltrinelli di Bari
Domani 15 OTTOBRE 2012 presso la libreria Feltrinelli di Bari di
via Melo 119, alle ore 17.00, Giuliano
Sangiorgi, voce e autore, dei Negramaro, presenterà il suo esordio
letterario, "Lo spacciatore di
carne" edito da Einaudi e già entrato nella classifica dei libri più venduti
in Italia. L'attore e regista Mimmo Mongelli leggerà alcuni brani del romanzo.
"Lo spacciatore di
carne" (Einaudi), Giuliano Sangiorgi - I cadaveri di animali ammassati
come pezzi di ricambio, tutti perfettamente uguali, odorano di sangue e gelo. È
rimasta cosí tanta carne nel frigo che forse riuscirò a resistere un po'. Finché
ci sarà carne ci sarò io in questa casa. Sono diventato l'odore di mio padre e
forse sempre lo sono stato. In una foto che ho adesso nitidamente negli occhi,
ma che stava nel salotto dei miei, sigillato con il cellofan, avevo poco piú di
qualche ora di vita e mio padre mi mostrava al mondo, fiero, tenendomi in
braccio in malomodo, come un pezzo d'animale. Il suo sorriso tra la bocca e i
baffoni è identico. Da qualche parte in casa ho le foto dei suoi primi macelli.
Come trofei alzati in aria per i piedi li espone davanti a chi lo fotografava
con la stessa identica fierezza con cui mostrava la mia nascita. Ero io. Come i
suoi agnellini, un pezzo di carne la cui vita o morte dipendeva esclusivamente
da lui. L'odore del suo camice sporco sarebbe stato il mio. Non mi sarei dovuto
illudere. Sono io quell'odore.
Non c’è legame più forte del
sangue. E il sangue, la carne, nella vita di Edoardo sono molto più che una
metafora: sono la materia di cui è fatto il suo passato e quella a cui deve
tornare. Aveva cinque anni, «cinque anni di niente» il giorno in cui ha visto
suo padre sgozzare un agnello. Da allora il sangue non ha smesso di scorrere
nel mattatoio, «la carne-officina» dove il padre macellaio (un tempo il suo
gigante buono, adesso un estraneo) attende con pazienza che prenda la laurea
prima di raggiungerlo e mettersi all’opera accanto a lui. Perché quello è il
destino che la sorte – una sorte incarnata in famiglia – gli ha assegnato,
contro cui Edoardo può al limite provare a ribellarsi nascondendo gli agnellini
sotto al suo letto, illudendosi che giocare a proteggerli possa salvarli
davvero dal loro futuro segnato, e non semplicemente rimandarlo. Dopotutto
rimandare, nascondersi, è quello che fa anche lui: studente fuorisede a
Bologna, è lontano da casa da due anni ma ha dato solo un esame, il più facile.
Vive in un appartamento di via Zamboni con due ragazzi, in uno spazio a compartimenti
stagni, dove l'unico contatto con gli altri è dato dagli odori e dal vuoto
lasciato dai coinquilini quando vanno in facoltà. La sua è una vita in stallo,
«un presente parcheggiato». Finché, sul treno per Bologna, incontra Stella. Un
faccia bianchissima da bambima, vent’anni sulla pelle e mille negli occhi.
Stella è bellissima, misteriosa, bacia e morde con la stessa passione, e
Edoardo se ne innamora in un istante. È l’inizio di un rapporto simbiotico, un
triangolo travolgente e pericolosissimo che ha come terzo vertice la droga. Per
procurarsela (per lui, ma soprattutto per Stella) Edoardo rivende i tagli
pregiatissimi di carne che suo padre gli spedisce orgoglioso ogni settimana: la
carne in cambio della droga, la droga in cambio di Stella. Ma ciò che inizia
nel sangue non può che finire nel sangue. Quando Edoardo capisce che Stella
l’ha abbandonato, quella carne che alimentava il suo legame comincia a
trasformarsi in ossessione. In un mondo ormai allucinato dove tutto appare
possibile, la carne diventa denaro contante e l’amore diventa incontrollabile
follia. L’abilità di paroliere dimostrata da Giuliano Sangiorgi, leader dei
Negramaro, nei pezzi per il suo gruppo, l’ha trasformato in uno degli autori
più richiesti dai grandi interpreti italiani (ha scritto tra gli altri per
Jovanotti, Andrea Bocelli, Malika Ayane, Elisa, Patty Pravo, Adriano
Celentano); oggi, il suo esordio letterario mantiene intatta la potenza di una
delle voci più forti della nuova scena italiana. Diviso in 35 capitoli brevi e
fulminanti come canzoni, Lo spacciatore di carne getta una sguardo straniato
sulla vita studentesca, superandone i cliché e portando invece alla luce gli
aspetti più ancestrali. Sangue, destino, amore e follia sono gli archetipi su
cui Sangiorgi costruisce questo romanzo che sembra ispirarsi al mito, che gioca
con la lingua e la scrittura e ci regala il ritratto inedito di una generazione
in lotta con il futuro. Un libro appassionato e viscerale, come il rock
migliore.”
sabato 13 ottobre 2012
13 sotto il lenzuolo di Giuliano Pavone (Marsilio). Intervento di Paola Scialpi
13 sotto il lenzuolo di Giuliano
Pavone edito da Marsilio è un libro che si legge con positiva leggerezza anche
se tra le righe si scorge spesso un languore intriso di nostalgia e un pizzico
di cinismo. Ottima l’impalcatura introspettiva dei personaggi che si muovono
nella storia come protagonisti nella scena della vita con le loro debolezze,
ossessioni ma sempre, in fondo, con molta umanità. Traspare dalla storia un
attaccamento alle proprie origini che se da un lato riflettono vicende non
sempre felici, dall’altro identificano uno dei momenti più belli della vita :
quello della giovinezza. Anche il sesso è vissuto dal protagonista come una
sorta di routine necessaria al di là di sottili, probabili risvolti
sentimentali. 13 sotto il lenzuolo parla di un giovane rampollo di una nobile
famiglia in decadenza dove le figure genitoriali non sono certo un esempio
positivo. Il giovane protagonista in fondo, e comunque, fa tesoro dei
comportamenti defraudanti del padre per trarne vantaggio ed arricchirsi,
aiutato da una serie di vicissitudini positive. La storia attraversa un arco di
tempo che va dai primi anni ottanta ai trent’anni successivi con riferimenti
storici alla musica ed al cinema di quegli anni . Federico Nugnes Peluso, questo
è il nome del protagonista, ritorna nel suo paese natio Sprusciàno nel sud
Puglia lasciando momentaneamente Milano, meta dei suoi studi universitari, per
lavorare in un Hotel del luogo dove poi incontrerà la donna della sua vita: un
attricetta che attraversa un precoce viale del tramonto con una troup
cinematografica che tutto è, tranne quello che vuol sembrare. Il protagonista vive la sua vita con
spregiudicata avvenenza , con spensierata sete di scoperta che lo porta ad una
accelerazione di vissuti dove non c’è spazio per la riflessione, dove i
sentimenti degli altri sono d’ impedimento ma dove, se prevale l’intelligenza ,
il tutto poi torna ad una propria rivincita sociale ed affettiva.
In libreria L’Anello Inutile di Maria Pia Romano (Besa Editrice)
"Un tuffo nel mare, un mare di parole, una trama a
maglie scopre gli elementi primordiali della nostra anima: l'acqua, l'aria, la
terra e il fuoco. La giovane scrittrice salentina (d'adozione) ti trascina in
profondità, ti scuote, a rischio di farti fuggire, ti spinge lì dove non
vorresti osare. Giù in fondo a (ri)scoprire il sentimento dell'amore, in un
abbraccio con la terra, rossa, ma in realtà blu. Nel Salento le radici sono
nelle profondità marine. Solo quando risali il blu diventa rosso, mantello
delle radici della storia secolare, raccontata dagli ulivi. Un inno all'Heimat,
alla piccola patria del Sud. Leggi le pagine del libro, e quasi cominci ad implorare,
vorresti urlarle, ora fermati, basta, ma Maria Pia Romano non ne vuole sapere,
lei non si ferma, ti trascina nella profondità del sogno, del desiderio
inespresso, ti fa mancare il respiro, per poi respingerti velocemente in
superficie. Girandole di parole. Giri pagina e respiri, ti fermi a pensare,
ricominci a leggere. Un libro di onde, marine, dell'anima. Onde che ti
sollevano dal rifugio e
dalla nicchia che ti costruisci, onde di vita."
BILLY Il vizio di leggere, TG1
maria pia romano è nata a Benevento nel 1976, è iscritta
all’Albo dei giornalisti dal 2000. Scrive per alcune testate regionali e nazionali e inoltre si
occupa di comunicazione pubblica, uffici stampa e organizzazione di eventi. Ha vinto una segnalazione nella sezione Cultura al premio
“Michele Campione” giornalista di Puglia, settima edizione 2010.Ha all’attivo
quattro raccolte di poesie, Linfa (1998), L’estraneo (2005), Il funambolo
sull’erba blu, (2008) e La settima stella (2008) e il romanzo Onde di Follia
(2006). Ha ricevuto riconoscimenti in campo nazionale e internazionale per i
suoi lavori. I suoi libri sono inseriti nel Museo della Poesia di Perla
Cacciaguerra a Cesa. È stata tradotta da Amina Di Munno e Cassio Junqueira per
il festival della letteratura italiana in Brasile del 2011.
venerdì 12 ottobre 2012
Recensione di Alessandra Peluso su Avere fiducia. Perchè è necessario credere negli altri di Michela Marzano (Mondadori)
Un salto in libreria, l’abituale
visita settimanale, dove incontro me stessa leggendo i libri che destano la mia
attenzione e ad un tratto volgo lo sguardo su un titolo: Avere fiducia. Bizzarro questo titolo, mi dico, sarà ironico?
Prendo il libro e inizio a sfogliare. Mi convinco, lo acquisto. Comincio con la
lettura attenta e immediatamente mi lascio immergere dalle riflessioni fluide e
acute che smuovono il mio animo scettico. Innanzitutto l’autrice Michela
Marzano spiega l’origine storica del termine “fiducia”, poi enuncia i motivi
per i quali è necessario avere fiducia oggi, Perchè è necessario credere negli altri (sottotitolo). E allora si guarda
alla situazione italiana. Attualmente in Italia ogni giorno si apprende che un
politico ha rubato i soldi agli italiani che pagano regolarmente le tasse e
stentano a sopravvivere; gli evasori fiscali che, - prima comparivano sugli spot pubblicitari rappresentati da
povera gente magari meridionali, mentre sappiamo che gli evasori sono in tutta Italia
da nord a sud, isole comprese, - spesso e volentieri sono anche rappresentati
da gente benestante che deteniene il potere. Insomma è una nitida immagine
dell’Italia oggi inquietante dove la fiducia sembra non aver posto. Come si può
dunque avere fiducia? C’è la necessità, mi convinco, di avere fiducia per
evitare una condizione paralizzante. Senza dubbio dopo aver letto l’ultima pagina
del libro di Michela Marzano, ho compreso la necessità di credere agli altri. E
quindi penso di aver assolto l’obiettivo dell’autrice: insinuare il germoglio
della fiducia, con la speranza che cresca e rinvigorisca. È un impegno fidarsi
totalmente delle persone, credo sia un’impresa ardua forse persino titanica. Appare
pertanto una straordinaria epopea della fiducia: la fiducia afferma Marzano è
il cemento delle nostre società. Una società senza fiducia è una società senza
ossatura. La diffidenza è un circolo vizioso che finisce per indebolire il
mondo sociale. È l’unica che ci può assicurare che il nostro mondo privato non
è anch’esso un inferno (Hannah Arendt): questa è citazione posta al principio
del libro, incisiva, magistrale la scelta del’autrice, che conduce a rifletterere,
insinua il dubbio, la possibilità di credere nell’altro, al quale un minuto
prima probabilmente non credevi e racconta la natura dell’essere umano che è un
animale sociale, come sostiene Aristotele, e dovendo vivere con gli altri ha
bisogno di credere negli altri, atrimenti il genere umano non avrebbe avuto e
probabilmente non ha senso di esistere. Nietzsche scrive in Umano troppo umano che la fiducia è un
mito sorto dalle esigenze di determinate situazioni storiche e di determinate
necessità pratiche. È chiaro che sostiene l’autrice, ed ogni psicanalisita o
psicoterapeuta condividerebbe, ma non solo, per aver fiducia negli altri
occorre aver fiducia e amare prima se stesso. Come è possibile? Come si fa ad amarsi? Sembra
scontato, ma non lo è. Altri dubbi si insinuano nella mente del lettore che pensava
di avere delle certezze, e legge: «L’amore di se stesso è un sentimento
naturale, che porta ogni animale ad aver cura della propria conservazione e
che, diretto nell’uomo dalla ragione e modificato dalla pietà, produce
l’umanità e la virtù. L’amor proprio ... porta ogni individuo a tenere conto
più di se stesso che di ogni altro, ispira agli uomini tutti i mali che si
fanno reciprocamente ed è la vera origine dell’onore». Muovendo dal pensiero di
Rousseau si passa a quello di un altro filosofo Adam Smith che ha fatto
dell’amore di sé la chiave dello sviluppo economico: dandosi fiducia, afferma, l’essere
umano può ricominciare a prestare interesse all’altro e scoprire i vantaggi
della cooperazione. Può orientare il suo agire verso fini e valori che hanno
una logica diversa dalla semplice soddisfazione del proprio interesse. Così
prosegue il libro fino a giungere ad un’analisi attenta e realistica della
nostra società: la società della sfiducia appunto e della paura. Sentimenti
paralizzanti che annullano l’agire, denigrano la natura dell’essere umano. Si
tratta infatti di sentimenti che appartengono al Medioevo, utilizzati spesso
per detenere il controllo sulla plebe allora, sul popolo oggi, ed essere in
grado da chi deteniene il potere di dominare.
L’avvincente viaggio della
fiducia prosegue, approdando nell’amicizia e nell’amore. La fiducia in questo
tipo di relazioni affettive necessita di una presenza che rinvia ad una forma
di impegno. Un impegno però che non implica degli obblighi, non si può infatti
promettere di amare sempre costantemente allo stesso modo. Spesso accade di
pretendere l’amore, inutilmente afferma Marzano, in quanto “promettere la
costanza significa impegnarsi a fare qualcosa che in realtà non si è in grado
di mantenere”. L’amore non è un atto la cui realizzazione dipende interamente
da noi. Si tratta di un sentimento che si nutre di forte impegno affichè duri,
ma non è razionale, è buona parte sfugge al nostro controllo. Pertanto, occorre
nutrire sì fiducia nelle relazioni affettive come l’amore o l’amicizia, ma
essere consapevoli che non si tratta di sentimenti assoluti, incondizionati, ma
di sentimenti che si nutrono delle debolezze, degli smarrimenti e delle
fragilità degli uomini e delle donne allo stesso modo. Occorre capire che
l’autonomia personale è fatta dell’accettazione di una certa dipendenza dagli
altri, del riconoscimento delle nostre debolezze. Paradossalmente è perchè abbiamo
una qualche fiducia in noi stessi che possiamo esporci alla critica o al
rifiuto degli altri. Dinamiche che l’autrice spiega accuratamente e acutamente nei
capitoli VII e VIII che consiglio vivamente di leggere per capire un pò di più
di se stessi. Quest’ultima parte infatti aiuta a compiere un’introspezione nel
proprio ego, a conoscersi e a
migliorarsi, qualora un lettore desidera farlo. Aiuta a interrogarsi sulla
propria vita, sull’idea di fiducia che si ha o si dovrebbe avere e sul fatto
che noi esseri umani non siamo creature semplici, non siamo perfetti. Da qui si
giunge alla conclusione del libro e Michela Marzano augura a chiunque volesse
accostarsi alla lettura attenta e profonda della sua opera di scommettere nella
fiducia: “nulla mi garantisce che sarà vincente, posso anche perdere. Ma
scommettendo mi concedo la possibilità di scoprire l’altro, e ancor più, di
scoprire me stesso”. È un augurio sincero che faccio anch’io a me stessa.
I nipoti di Scanderbeg di Artur Spanjolli (Besa)
La vicenda, narrata in prima
persona, racconta del secondo esodo di migliaia di albanesi verso le coste
pugliesi, nell’agosto del 1991. Andi parte da Durazzo inseguendo il sogno di
una vita migliore. L’Italia, l’Occidente rappresentano per la popolazione
albanese una forte attrattiva in un periodo in cui in patria la miseria e il
disordine, seguiti alla caduta del regime comunista, imperversano. Il viaggio
della speranza di Andi dura 16 ore e a esso fanno seguito molti giorni trascorsi
all’addiaccio nel porto di Bari. Le razioni alimentari scarseggiano, la
situazione è al limite dell’umana sopportazione. Andi, al porto di Bari con lo
zio, finge un malore per guadagnarsi un posto nell’accampamento medico, dove
resterà per molti giorni e dove avrà la fortuna di rifocillarsi meglio di
altri, di dormire decentemente e di lavarsi. Andi continua a fantasticare di
una nuova vita, pensa al modus vivendi occidentale come a una conquista;
immagine che cozza però con l’estrema tragicità della situazione reale vissuta
in quel limbo. Dopo una settimana, Andi viene rispedito in Albania assieme ad
altri profughi, in aereo, ma non abbandonerà il suo sogno italiano.
Artur Spanjolli è nato a Durazzo
nel 1970. Dal 1992 vive in Italia, dove si è laureato in lettere. Artista e
poeta, con Besa ha pubblicato Eduart (2005), La Teqja (2008), Cronaca di una
vita in silenzio (2010) e La sposa rapita (2011).
Piccoli seminaristi crescono (Negroamaro) di Alfredo Romano a Nardò
Piccoli seminaristi crescono
(Negroamaro) di Alfredo Romano sarà presentato domenica 14 ottobre 2012 alle
ore 19.00 alla Sala Roma di Piazza Pio XI a Nardò. Introduce Norberto
Pellegrino (Presidente Caffè Letterario di Via Roma a Nardò). Relatore sarà
Pier Paolo Tarsi. L’appuntamento è organizzato dai Presidi del Libro di Nardò e
dal Caffè Letterario di Via Roma.
Così, con tonaca, zimarra e
"saturno" in testa, inforcai la bicicletta per recarmi dal dentista.
Che bello era pedalare tutto solo per le vie della città. Mi voltavo a destra e
a manca catturando in libertà l'aria impregnata della tarda primavera, le
ignare facce della gente per strada, i variopinti colori dei vestiti, le
facciate delle case e dei palazzi, le insegne dei negozi, le strida delle
rondini... Avevo come l'impressione che tutti si voltassero a guardarmi e
dicessero:"Nah, cce beddhu papiceddhu sta be ppassa! (Toh, che bel piccolo
prete sta passando!)". Pedalavo con disarmante incantamento e, come capita
quando si è innamorati, avevo voglia di abbracciare tutto il mondo, di far
partecipe ogni passante della mia manifesta e sconfinata felicità.
Info
giovedì 11 ottobre 2012
Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald (Minimum Fax). Intervento di Vito Antonio Conte
È raro, molto raro, che rilegga
un libro. Ché già una vita intera non basta per leggere tutto quel che meriterebbe
d’esser letto… Ma quest’estate (ormai quasi andata) ho ripreso qualche vecchia
lettura e qualche classico (che non guasta mai). Non vi dirò di Piero Chiara e
di alcune sue pagine che ho riaperto, né d’altri libri spolverati, ma di un
classico che ho letto dopo tanto che volevo farlo: “Il grande Gatsby” di
Francis Scott Fitzgerald. Perché? Perché parlarne ancora? Dopo tutta
l’attenzione di cui ha già goduto, e dopo tutte le “scritture” che ne hanno
sviscerato il corpo e l’anima, e dopo tutti i film? Potrei rispondere: “per il
mio gusto”! Oppure: “per la sua attualità”! O ancora: “perché a febbraio
dell’anno che verrà ci sarà la prima del remake del film già interpretato (nel
1974) da Robert Redford e Mia Farrow”! Confesso che sono curioso di vedere la
pellicola in 3D di Baz Luhrman e scoprire Leonardo DiCaprio che ci prova con
Carey Mulligan, ma –invero- la ragione per la quale vado spendendo qualche
parola per questo libro del 1925 è che mi sento più padre e con questa maggiore
consapevolezza guardo i miei figli e, nel contempo, sento lo sguardo di mio
padre. Sorvolerò su molto, dunque, e lascerò a chi ne avrà voglia
l’approfondimento sugli anni venti, su quel che hanno significato gli otto
milioni e mezzo di morti e gli oltre venti milioni di feriti irreversibilmente
contati all’indomani della prima guerra mondiale, sulla voglia di svago cercata
e trovata dai giovani, sull’emancipazione dagli archetipi preesistenti per
abbracciare la liberazione dell’individuo, sul boom economico e dei mass media
(iniziato con la radio), sull’incredibile mutamento delle arti e, in una
parola, sulle cause che hanno aperto al mondo l’ingresso nell’era moderna.
Sorvolerò sulla rovina del 1929. E pure sulla degenerazione del sogno
sorvolerò. Ascolterò senza nostalgia il jazz del mitico Duke Ellington, farò un
passo di fox-trot, guarderò belle gambe saltellare nel charleston, e cercherò
di struggervi dentro (soltanto un po’) con un tango. Soltanto musica.
Nient’altro. Ché tutto quel che ho cennato –tutt’intero- sta ne “Il grande
Gatsby”. Io vi dirò altro. Poc’altro. Che riguarda oggi. E, forse, lo stesso
disfacimento d’allora. La mia è stata un’infanzia serena… grazie (anche) a mio
padre. E poi ho (più di prima) piena coscienza dell’importanza di mio padre per
la mia scrittura… Non è un caso che l’incipit de “Il grande Gatsby” scomodi
questo rapporto genitoriale: “Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mi
padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente. mi disse . Non disse altro, ma
eravamo sempre stati insolitamente comunicativi nonostante il nostro riserbo, e
capii che voleva dire molto più di questo. Perciò ho la tendenza a evitare ogni
giudizio, un’abitudine che oltre a rivelarmi molti caratteri strani mi ha anche
reso vittima di non pochi scocciatori inveterati”. Non dirò nulla, quindi, che
abbia a che fare con il ruolo paterno nell’educazione né con altro che non sia
quel che ho appena espresso, ossia qualcosa di molto particolare che, a ben
vedere, può valere per pochi, per chi –come me- scrive… Saranno stati gli
ultimi avvenimenti, le recenti esperienze, questo (e qualche altro) libro, ma
credo che qualunque scrittura (e, soprattutto, il romanzo) non possa
prescindere da quel ch’è stato (e/o da quel ch’è) il rapporto tra chi scrive e
suo padre. Comunque. Nel bene e nel male. Ovvio. E senza distinzione (ultronea)
di scrittura maschile e femminile. Senza scomodare scienza alcuna. È una
consapevolezza iniziata con una sensazione e diventata sempre più forte nel
tempo. Non so dire per quale ragione precisa. Se una ragione precisa c’è. C’è
che questo percepisco. Non mi va di indagare. Per me è così. E mi fido. Ché
“Ognuno pensa di possedere almeno una delle virtù cardinali, anche la più
piccola, e questa è la mia: sono una delle poche persone oneste che io abbia
mai conosciuto”. Semmai ho scritto qualcosa di degno d’esser ricordato, semmai
ancora dovesse accadermi di farlo, è e sarà perché c’è il respiro di mio padre…
Credo che il sogno di ogni scrittore sia quello di non finire mai di scrivere
(…) e di pubblicare un solo libro, l’unico che non finirà al macero, quello che
non ha temperatura sino a allora conosciuta. Ché “Non c’è fuoco né gelo tale da
sfidare ciò che un uomo può accumulare nel proprio cuore”. Jay Gatsby (che pure
non ho amato…) è stato tutto questo: un uomo sbagliato in un mondo sbagliato
capace di regalare in un sorriso “l’intero eterno mondo per un attimo”.
ANIMA LUNGA DI STEFANO CRISTANTE (BESA EDITRICE)
Sguardi sul presente che hanno
valore di tagli e ferite, dove il fatto sentimentale si snoda come un pericolo
attorcigliato sulle reciproche e irriducibili alterità degli amanti e dove la
costruzione dei rapporti affettivi passa per materiali irrazionali –
premonizioni, percezioni, immedesimazioni istantanee, deja vu – che solo i
versi poetici hanno una speranza di poter trattare. Stefano Cristante investe
nel dialogo a distanza con i classici della poesia italiana le proprie chance
di scrittura. Verso libero ed endecasillabo rappresentano la sostanza formale
dei versi di Cristante che, nella parte finale, trasmigrano nella prosa poetica
(agganciata alla creazione di una personale cosmogonia), prima di congedarsi
con un inno alla solitudine che chiarisce il suo tragitto narrativo e il suo
obiettivo esistenziale.
Stefano Cristante (Venezia, 1961) è sociologo
dei processi culturali e comunicativi presso l’Università del Salento. Anima
lunga è la sua terza raccolta di versi, dopo Il rosso dell’oblio (1991) e
Visite inattese (2007).
Maurizio Fumarola-Mauro e Simonetta Grezzi presentano "Quelli di Brioni...i figli degli anni terribili" (Besa editrice). Ospite dell’appuntamento l'On. Alfredo Mantovano
Sabato 13 Ottobre alle ore 17.00,
presso l'Hotel President di Lecce (Via Salandra), l'avv. Maurizio
Fumarola-Mauro e Simonetta Ghezzi parleranno del loro "Quelli di
Brioni...i figli degli anni terribili" (Besa editrice). Modera l’Avv.
Rodolfo Petrucci. Ospite
dell’appuntamento l'On. Alfredo Mantovano.
Dopo sessant’anni Fumarola rompe
il silenzio e racconta la propria esperienza nel IX Corso per allievi ufficiali
di complemento di Marina, che subì la vergognosa cattura e il conseguente
trasferimento nei campi di concentramento nazisti.
La storia di un giovane
catapultato da un tranquillo ambiente di provincia alle prove atroci della
deportazione e della prigionia, narrata per uscire da quel profondo
disorientamento che colpì i reduci quando constatarono amaramente che alcuni
avvenimenti storici fondamentali erano stati travisati o compresi parzialmente,
e che un ampio settore bellico, compreso tra Istria, Balcani ed Egeo, in cui si
era consumato il sacrificio di più di un milione di militari, era stato
trascurato o addirittura dimenticato.
Solo oggi che aguzzini e vittime
sono entrati tutti “nello stesso stato d’innocenza”, ci si chiede se sia
finalmente giunta l’ora non di riscrivere la storia, ma di comprenderla fuori
da schemi preconcetti, imposti politicamente. In questo senso il testo si
prefigge lo scopo di offrire, attraverso una sofferta testimonianza e
prescindendo dall’ottica di una sola nazione e di un solo schieramento, una
visione più completa e un giudizio più equanime sul significato di quanto in
quegli anni terribili accadde.
Info
mercoledì 10 ottobre 2012
Politiche della felicità. Controstoria della filosofia. Vol. 5 di Michel Onfray (Ponte alle Grazie)
Come rifondare la sinistra? Onfray
non ha dubbi: ispirandosi ai coraggiosi filosofi che, nell'Ottocento, seppero
ripensare la felicità umana e tradurla in programma politico. L'anarchico
Bakunin, gli utopisti Fourier e Owen, il "liberalista radicale" John
Stuart Mill, l'utilitarista Jeremy Bentham progettarono infatti nuove umanità
liberate, basandosi sui principi della felicità materiale per il massimo numero
di persone: un ideale anche oggi perseguibile e da perseguire a fondo.
Proseguendo la sua opera di demistificazione di venticinque secoli di
storiografia filosofica, Onfray dedica questo suo nuovo libro a mostrare la
dimensione utopica degli edonismi liberali ottocenteschi e a sottolineare le
potenzialità degli edonismi socialisti, comunisti, libertari e anarchici.
Contro un aspetto importante della mitologia marxista, che relega nell'utopia
ogni altro pensiero socialista, Onfray riabilita varie forme di socialismo che
anticiparono acquisizioni moderne: un socialismo femminista con Flora Tristan,
individualista con Stuart Mill, sperimentale con Owen, gnostico dionisiaco ed
ecologico con Fourier, libertario con Bakunin. Un inno all'epoca filosofica che
ha saputo immaginare futuri possibili forse più di ogni altra; una
dimostrazione definitiva della validità e della fecondità del pensiero di tanti
dei suoi filosofi cosiddetti minori.
martedì 9 ottobre 2012
La fisica del diavolo di Jim Al-Khalili (Bollati Boringhieri)
Jim Al-Khalili è un fisico teorico
di grande talento comunicativo. Per lui i paradossi apparentemente insolubili
sono un'ottima occasione per spiegare come funziona la scienza. Per questo ne
ha scelti nove, tra più e meno noti, e sulla loro traccia ha costruito questo
libro, divertente, stimolante, ironico e che ha la capacità di sconcertare con
la semplice accumulazione di elementi imprevedibili. Insomma, un libro che non
lascia riposare la mente. Si va dal classico paradosso di Achille e la
tartaruga (del quale però scopriamo un insospettabile risvolto quantistico)
alla più semplice domanda che l'uomo può farsi guardando la volta stellata:
perché di notte fa buio? Sembra incredibile, ma dietro a questa domanda
apparentemente banale si nasconde una delle più eclatanti scoperte della fisica
contemporanea, che era lì, alla portata degli esseri umani fin dalla
preistoria, ma che ha trovato una soluzione plausibile solo pochissimo tempo
fa. Incontreremo anche l'inquietante diavoletto di Maxwell, il povero gatto di
Schrödinger, che è contemporaneamente vivo e morto, lo strano caso degli
oggetti che si accorciano viaggiando, quello ancor più strano del tempo che si
dilata e si contrae a suo capriccio, per non dire del mistero (paradossale
anch'esso, grazie a un'intuizione di Enrico Fermi) della vita extraterrestre.
Sono i diabolici paradossi della fisica, che danno da pensare, ma alla fine
hanno una soluzione insperata.
lunedì 8 ottobre 2012
Esce per Chiarelettere L’Illusionista a cura di Pino Corrias, Renato Pezzini e Marco Travaglio
Esce per Chiarelettere
L’Illusionista a cura di Pino Corrias, Renato Pezzini e Marco Travaglio. Il
regno di Umberto Bossi politico – già barista, fattorino, installatore di
antenne, impiegato all’Aci, supplente, infermiere, finto medico, cantante – è
durato un ventennio. Come quello di Mussolini, come quello di Berlusconi. Ora
che la marcia trionfale che lo ha portato dalla provincia lombarda alla
conquista di Roma si è esaurita e un’intera stagione politica si sta chiudendo,
è tempo di raccontarne la storia.
Pino Corrias è giornalista e
scrittore. Già inviato speciale del quotidiano “La Stampa”, collabora con “la Repubblica”,“il Fatto
Quotidiano” e “Vanity Fair”. Dirigente Rai, è sceneggiatore e produttore di
film (LA MEGLIO
GIOVENTÙ, Rai1 2003). Tra i suoi ultimi libri,VICINI DA
MORIRE (Mondadori 2007) e IL CONTABILE E LE MURENE (Feltrinelli 2012).
Renato Pezzini è giornalista de
“Il Messaggero”. Ha fondato e dirige “Oblò”, mensile di informazione libera
realizzato con i detenuti del carcere di San Vittore. Con Pino Corrias per Rai2
ha curato l’inchiesta MANI PULITE.
Marco Travaglio è vicedirettore
de “il Fatto Quotidiano” e collaboratore de “l’Espresso” e della trasmissione
di Santoro SERVIZIO PUBBLICO. Dopo il successo di PROMEMORIA, è in scena con lo
spettacolo ANESTESIA TOTALE insieme con Isabella Ferrari. Il suo ultimo libro è
BERLUSMONTI (Garzanti 2012).
L’ILLUSIONISTA è il primo titolo
dei PROTAGONISTI DELL’ANTIPOLITICA, una nuova serie della collana Reverse
dedicata ai politici che hanno distrutto la politica e ci hanno portato alla
rovina. Economica, politica e morale. Le loro vicende appartengono già alla
storia, per questo vale la pena fissarle in un fermo immagine che ne faccia vedere
tutti i contorni in un racconto per parole e fatti da non dimenticare. E
conservare a futura memoria per ricordarci quanto l’Italia è caduta in basso.
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