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martedì 26 aprile 2011

Yılmaz Guney. Liberare il cinema a cura di Massimo Causo (Besa editrice)








Quando, il 9 settembre del 1984, la parabola di Yilmaz Güney si esaurì nel tragico destino di un male incurabile che lo sorprese a Parigi, dove finalmente aveva ritrovato la libertà di vivere, pensare e fare cinema sia pur in esilio, a morire non era solo un grande regista che il mondo intero aveva imparato ad ammirare per la sua “resistenza cinematografica”, ma anche una delle figure più carismatiche del panorama sociale, artistico e politico turco. Star popolarissima del cinema turco, protagonista di più di cento film e poi autore pieno e consapevole di opere tanto popolari quanto impegnate socialmente e politicamente, Yılmaz Guney ha vissuto un tormento civile che lo ha visto più volte imprigionato per le sue idee, per i suoi scritti, per ciò che rappresentava (anche, ma non solo, rispetto alla questione curda). Fu capace di fare cinema nel buio delle prigioni turche, plasmando i suoi film nel rigore di sceneggiature dettagliatissime, che sottoponeva ai suoi assistenti, impegnati sul set a riprodurre la sua visione. I festival diedero risonanza alla sua opera, sino a consegnargli la Palma d’Oro a Cannes nel 1982 per Yol, riconoscimento che lo trovò in fuga dalle prigioni turche, esule a Parigi, intervistato dai giornali di tutto il mondo, impegnato in azioni di solidarietà con il cosiddetto “terzo cinema” mondiale... Questo libro ripropone la straordinaria parabola umana e artistica di questo cineasta attraverso i saggi di Orsola Casagrande, Massimo Causo, Giuseppe Gariazzo, Emanuela Martini, Roberto Silvestri e Silvana Silvestri, Completano il volume scritti inediti del regista, testimonianze di compagni e collaboratori, immagini e materiali critici.

Massimo Causo

Critico cinematografico, fa parte del gruppo “Sentieri Selvaggi”, è curatore della sezione “Onde” del Torino Film Festival e consulente del Festival del Cinema Europeo di Lecce. Critico del quotidiano “Il Corriere del Giorno” di Taranto, è redattore della rivista “Il Ragazzo Selvaggio” e collabora con “Duellanti”, "Cineforum”,"Filmcritica”, “Panoramiche/Panoramiques". Ha insegnato Storia e Critica del Cinema all'Università del Salento e, oltre a numerosi saggi su autori e tendenze del cinema mondiale, ha pubblicato monografie su Kathryn Bigelow, Francesco De Robertis, Michele Placido, Ugo Tognazzi, Andrej Konchalovskij, Andrzej Wajda, Maurizio Nichetti, Lucia Bosè, Margherita Buy, Valeria Golino.

Il libro del giorno: Viaggio nel tutto di Umberto Di Grazia (Youcanprint)






















"Siamo nel 2010, ho accumulato molte esperienze e posso dare un mio contributo per la ricerca delle potenzialità umane e del loro uso e far così emergere una nuova coscienza presente in noi da sempre. I cosiddetti fenomeni anomali sono le avanguardie di energie che ci uniscono a “mondi incredibili”. La mia è certamente una strana esistenza e per questo posso essere, da qualcuno, considerato diverso. Quando capiremo che ognuno di noi porta con sé verità relative, che devono essere unite alle altre?".
Umberto Di Grazia è un uomo straordinario. Questa è la descrizione sintetica che si può fare dell'autore de "Viaggio nel Tutto", libro edito da Youcanprint.it. Come avevano già scoperto i filosofi scienziati dell'antica Grecia i sogni hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita. Umberto Di Grazia potrebbe essere definito come una persona che non ha cessato un solo attimo, fin dalla tenera età di tre anni, di restare sintonizzato su tutte le dimensioni della realtà, diventando anche egli filosofo e scienziato. L'autore de "Viaggio nel Tutto", si propone con molta semplicità di descrivere i fenomeni particolari che lo hanno accompagnato per tutta la sua vita. Esistono energie sottili, lati nascosti, forze latenti e impetuose in ciascuno di noi, forze che non sappiamo di possedere e che ci permettono di padroneggiare la nostra mente fino a far saltare quel tenue meccanismo che ci lega a "una" spazialità e a "una" temporalità, in modo da poter viaggiare sia nel passato che nel futuro. La possibilità dunque di compiere viaggi nel tempo su piani extramentali ed extracorporei rivoluziona le fondamenta della nostra cultura e anche i concetti stessi di Morte e Reincarnazione. (dalla presentazione di Stefano Donno e Luciano Pagano)

La leggenda del morto contento, di Andrea Vitali (Garzanti). Intervento di Nunzio Festa











Questa volta Andrea Vitali, tramite il suo ultimo e fiabesco “La leggenda del morto contento”, ci tiene sempre desti grazie a un piccolo escamotage narrativo. Che, insomma, non capiamo né all'inizio della trama che scorre in stile delfino né nel suo mezzo, di chi il titolo appunto da fiaba ci parlerà veramente. E la trovata funziona. Il quel 25 luglio del 1843, nonostante i tentativi di scoraggiamento all'impresa del sarto Lepido, due giovinotti di famiglia bene prendono il volo leggero e imbecille, date le condizioni del tempo, dal molo di Bellano. Perché i giovini vorrebbero farsi una gitarella allegrotta. Dunque entrambi i ragazzi scompaiono. Il primo corpo ad apparire dai fondali è quello del ricco e potente mercante del paese. L'altro che addirittura non si riesce ad agguantare dal nulla è quello d'un forestiero ugualmente gettonato. Ma i fascisti ante-litteram, ovvero podestà procuratori austriaci delegato di polizia eccetera devono assolutamente trovare una colpa che non sia invece troppo riconducibile all'errore di gioventù dei rampolli. Eppure nemmanco è possibile, si capirà, fare come al solito: cioè chiudere in quattro e quattro sette il gigantemente Drammatico caso. La storia, meglio, costringe innanzitutto a guardare negli occhi di certe famiglie che in quei tempi e in questi tempi non sono ben raccontate. Dunque il sarto Lepido che fa una vita di merda. Quindi i notabili e ricchi vari che sono poveracci d'animo e che comunque sono sotto il ricatto di mogli forti ma del loro lavoro poco se ne sbattono. Più la vita di comari e di più beoni. In mezzo a tutto questo ingranaggio descritto e descrittivo, per giunta, il mistero della parola 'giustizia' è arroccato in un angolino. Sotto scacco di retorica e tornaconti personali. Allora il sorriso, o ghigno, a seconda dei punti di vista, del morto del quale si rammentava, a chi è rivolto? Soprattutto chi esattamente lo mette fuori dalla pancia? Per quale bella o brutta ragione? Visto che questo romanzo del sempre brillante Vitali, dove persino stare al gioco d'una narrativa fatta da rimandi su rimandi, ma comunque alla vicenda stessa e alle sue protezioni ambientali, si riempie del brio della ricerca di 'sto mistero, non s'aggiungerà altro. Mentre s'aggiunge, per inciso, che di capri espiatori e di valide scappatelle del valore delle giustizia se ne vedono e sicuramente vedranno tante alti altri esemplari.

lunedì 25 aprile 2011

La cena - la sfuriata di Giancarlo Giannini



Regia: Ettore Scola (1998) Attori: Giancarlo Giannini, Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant

Giancarlo Giannini. Il fascino sottile dell'interprete a cura di Gianni Volpi e Antongiulio Mancino (Besa editrice)














Il volume è la prima pubblicazione dedicata al più grande e prestigioso attore italiano. Si tratta di una rivisitazione della sua evoluzione lavorativa: un itinerario che percorre tanti personaggi, ciascuno con uno stile proprio assolutamente originale, inventati e costruiti sottolineando
ed esaltando le sfumature e i particolari. Il cinema e la vita di Giancarlo Giannini vengono raccontati nella loro estrema duttilità e contraddizione, con episodi di lavorazione e riflessioni sulla sua esperienza d’attore.“- Chi è per lei l’attore?

- La definizione più bella dell’attore l’ha data Jean-Louis Barrault, in un libro sulla recitazione poco conosciuto: l’attore è colui che con il suo movimento incide uno spazio e con il suo suono incide un silenzio. L’attore entra in uno spazio e deve raccontare. In realtà non è l’attore che recita, è il pubblico che recita per l’attore. L’attore è la sintesi di una storia. È un segno, un ponte fra la storia e il pubblico che vuole entrare nella storia. Non importano le tecniche applicate, sei un plagiatore. Con un principio: meno fai, più fai. Devi fare il minimo per ottenere il massimo. Per chi osserva, non per chi fa.”

365 giorni con Giovanni Paolo II a cura di Aldino Cazzago (Edizioni San Paolo)









Gli scritti, i pensieri, le parole più significative di Karol Wojtyla presentati al lettore divisi per temi e scanditi giorno per giorno. Nel quinto anniversario della morte un’opportunità per avvicinare la straordinaria figura di Giovanni Paolo II e coglierne la profondità spirituale, dagli anni in cui era vescovo di Cracovia fino al lungo pontificato.
Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1920-2005), ordinato sacerdote il 1° novembre 1946, nominato arcivescovo di Cracovia il 30 dicembre 1963, fu eletto papa il 16 ottobre 1978, ed è stato una delle maggiori figure della storia della Chiesa e del Novecento. Primo pontefice polacco e primo straniero dal 1522, ha intrapreso numerose azioni politiche e diplomatiche: la lotta al comunismo e la riconciliazione con gli ebrei sono stati due dei momenti più importanti del suo operato internazionale. Compì più di cento viaggi in tutto il mondo allo scopo di costruire un ponte di relazioni tra paesi e religioni diversi, in uno sforzo ecumenico che fu uno dei punti fermi del suo pontificato. Basta ricordare gli incontri interreligiosi di Assisi e le Giornate mondiali della gioventù. Il 13 maggio 1981, ricorrenza della prima apparizione della Madonna di Fatima, subì un attentato da parte del killer turco Mehmet Ali Ağca. Sottoposto a un lungo intervento, il pontefice sopravvisse e due anni dopo fece visita in carcere all’attentatore per concedergli il suo perdono. I postumi dell’intervento iniziarono a minare la sua robusta salute, che attraversò fasi alterne fino ad aggravarsi notevolmente nel 2005. Il 30 marzo apparve al pubblico per l’ultima volta, dalla finestra su piazza San Pietro. Si spense tre giorni dopo, il 2 aprile, alle 21.37. Milioni di persone giunsero a Roma per partecipare al funerale. Dopo la sua morte i fedeli che accorrono incessanti alla sua tomba ne chiedono la beatificazione e la canonizzazione.
Aldino Cazzago (1958) appartiene all’Ordine dei Carmelitani Scalzi ed è sacerdote dal 1983. Ha studiato al Pontificio Istituto Orientale di Roma. Insegna Teologia dell’Oriente cristiano e Agiografia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’Università Cattolica (sede di Brescia). Tiene corsi anche presso lo Studio Teologico Sant’Antonio di Padova della Facoltà Teologica del Triveneto. Ha pubblicato Cristianesimo d’Oriente e d’Occidente in Giovanni Paolo II (Jaca Book, 1996); Paolo VI. Invito alla lettura (San Paolo, 1999); I santi danno fastidio (Jaca Book, 2004); Il cristianesimo orientale e noi. La cultura ortodossa in Italia dopo il 1945 (Jaca Book, 2008). Dal 2007 è direttore dell’edizione italiana della rivista «Communio» che annovera tra i suoi fondatori Hans Urs von Balthasar e Joseph Ratzinger.

Adriano Accattino, Tema supremo. Un salto nell'alto vol. 4 (Mimesis). Intervento di Silla Hicks








Questo non è un libro facile, non sono nemmeno 100 pagine ma ci vuole tempo per leggerle, e ancora di più per pensarci, capirle sinceramente non lo so: voglio dire: io, l’ho letto. Non so se l’ho capito. Certo, mi è piaciuto, e mi ha indignato, anche. Non so se sia poesia, e nemmeno se sia un saggio. Piuttosto, parlerei di monologo filosofico, ammesso che esista come categoria letteraria. E che sia letteratura, non c’è dubbio. Insomma, ci vuole coraggio a parlare di morte. Che sia il tema supremo: non so, io che come giustificazione dell’esistenza non riconosco nessun dio e nessun fine, e che anche adesso, solo e qui, la ragione di tutto penso sia l’amore. Ma certo interrogarsi sulla morte, rivoltare come un calzino il buco nero che ci aspetta, con la caparbia paura di un bambino che si sfida a dormire a luce spenta per non avere più terrore del buio affamiliandoselo, non è un compitino elementare, significa guardarci attraverso costringendosi a occhi aperti, stare fermo quando vorresti solo scappare via. Tanto più oggi, che vivere ci assorbe in una tensione spasmodica di ipermercati di cose e di corpi, che ci strema al punto che nessuno pensa o vuole pensare debba finire. Non concordo su qualche conclusione, ché la morte non si porta via solo bellezza sfiorita e perfezione corrotta, si porta via a caso ciò che vuole e quando vuole, l’ho capito al Fazzi nel 2003, ero in fila per donare il sangue e una ragazzina B-E-L-L-I-S-S-I-M-A mi ha chiesto una sigaretta che abbiamo fumato nel sole di giugno: aveva 16 anni e faceva la dialisi peritoneale ed è morta dopo qualche settimana e, cazzo, non era imperfetta né giunta alla fine di nessun ciclo, era solo all’inizio, solo l’embrione della donna dei sogni di tutti che poteva essere, e non potrò mai accettare che ci sia senso, in questo, né nel morire di Ilva o di strada o di freddo o di guerra o di pace come Vittorio che è stato massacrato ieri, se non vuoi chiamarla livella chiamala come ti pare, ma è sempre lei, è Samarcanda, una lotteria cattiva e insensata, almeno da quaggiù, dal mio angolo di visuale: non sono un filosofo, io, ma solo un uomo. Ma è vero, che stiamo solo in mezzo al crinale del monte, e che dalla vetta forse le macchie di colore impastato che ci sembrano solo sporco diventano un quadro, che tutto assume il senso del disegno globale solo visto dall’alto, come il pointillisme che se non ti metti abbastanza lontano non riconosci volti né case né strade. E che quindi – lo ha detto anche la Fallaci, sai – anche se uno muore (o anzi: anche se io o te moriamo) alla fine non importa, ché la vita non muore, si trasforma e basta, passa dalla nostra forma e la rimpasta in qualcos’altro, come rimpasta in noi gli animali che mangiamo. Ed è vero che la nostra casa, il nostro corpo, si consuma mentre ci accresciamo nell’essere più vero, con le esperienze e le cicatrici e le carezze e i libri e i film che ci nutrono nel tempo che ci è concesso avere: i nostri muscoli che diventano marcia zavorra che inesorabilmente ci trascina a fondo, proprio mentre finalmente impariamo a nuotare. Ancora più vero mentre lo dici tu, che hai il nome dell’imperatore di Marguerite, folgorantemente consapevole di tutto mentre tutto finisce, e gliene restano solo memorie: dio, quante domande e quante risposte,nel tuo nome, Adriano. Una su tutte, il senso della vita nel continuo evolversi, nella ricerca di espansione di cui parli e che ricorda a un tempo Eraclito e Siddartha, un’espansione che è fame di altrove – un salto nell’alto - ma anche di pensiero cesellato: se io ci ho messo a leggerlo tu ci hai messo di sicuro molto di più a scriverlo, questo libro, una parola che s’incastra nell’altra, cento pagine di mosaico. Rivoluzionario consiglio, oggi come oggi, che tutto è instant book: ma questo credo che lo sai. Com’è rivoluzionaria la tua idea di scrittura, tutto l’universo in trentadue libriccini divisi in 11 volumi, un’opera da titano, adesso che lo spazio disponibile sono 3-4.000 caratteri al massimo, chè di più on-line non si riesce a leggerne, mi hanno spiegato. Per questo – solo per questo – devo fermarmi, adesso, ma leggetelo, questo libro, leggetelo anche se vi farà male, e avrete voglia di tirarlo contro il muro, perché per voi – per me – la morte resta livella ingiustamente ingiusta. Non so se vi riconcilierà con la morte o no. Con me, non c’è riuscito. Ma so che se a leggerlo ce ne vuole, e ce ne vuole a rifletterci sopra, ce ne vuole di più per non restare a pensarci. Ed è a questo – a fare pensare – che serve, quando è buono, un libro, uno vero.

domenica 24 aprile 2011

Il libro del giorno: Sputami a terra di Stefano Bianchi (Fara editore)









Il qui e ora regge l’intera produzione per versi di questo poeta che registra toni di significati e significanti in bilico tra profondissima quiete e slanci vertiginosi. Se si tratti di un flusso di coscienza è veramente arduo in questo caso stabilirlo, tant’è che le visioni di Bianchi sono sempre di/equilibranti il dire e il respiro. « In qualche modo egli slega i sentimenti dalla sillabazione delle parole che compongono i versi, quasi in una rinnovata ascendenza futurista. Dall’abisso insondabile egli trascende nel minuto, nel particolare evocativo e spezzato di un singhiozzo represso. In lui si accorpano fulminee visioni alla Montale con il lento scorrere degli ingenui versi pascoliani; che poi tanto ingenui non erano, dato che, perlopiù, erano il grido del suo cuore esacerbato dall’orfanità. Come non sono ingenui i versi di Stefano Bianchi: ci si sente dentro il ribollire del ‘mal de vivre’.» (dalla Prefazione di Rita M. Astolfi e Guido Lucchini)
«La poetica di Stefano Bianchi è giocata sull’asse di equilibrio fra epigramma e ballata, assurdo e ironia, sorpresa fanciullesca e consapevolezza adulta del rischio esistenziale che tutto sia apparenza, finanche le nostre scelte “sbagliate” (v. la poesia che apre il libro), quasi a precludere la possibilità di correzioni di rotta (benché desiderate). Ci piace pensare che il messaggio “sputato a mare” dal Nostro non sia però un gesto inane: lo sputo aggregato alla terra può avere un potere salvifico…» (dalla Postfazione di Alessandro Ramberti)
Stefano Bianchi nasce nel 1972 a Rimini. È diplomato al Liceo classico e Laureato in Economia e commercio. Ha pubblicato le raccolte di poesie La bottiglia (Edizioni Pendragon, Bologna, 2005) e Le mie scarpe son sporche di sabbia anche d’inverno (Fara Editore, 2007), che ha presentato assieme a testi inediti in vari contesti pubblici, compresa una breve apparizione televisiva. Alcune sue poesie sono presenti in rete (ad esempio, nel blog farapoesia), nelle antologie tematiche: Il desiderio, Sogno, Il Ricordo, Nella notte di Natale. Racconti e poesie sotto l’albero (presentata alla fiera Più libri più liberi 2007) edite da Perrone Editore, Roma, tra il 2007 e il 2009, e nella raccolta Poeti romagnoli d’oggi e Federico Fellini, Società Editrice «Il Ponte Vecchio», Cesena, 2009. Attualmente collabora con il «Corriere Romagna».
Ognuno si torna - Ognuno si torna un po’ dove si è stati// da bambini//. Le donne indiane fanno il bagno col vestito// lungo// i vecchi pescano seduti a un molo finto// il sole li attraversa per toccare ancora giù// e riabbracciare la mattina come è stato ieri sera//. Tu sei sempre per la via che par andar lontano// lei pian piano t’avvicina e t’avvicina a casa tua//.

Giacomo Rondinella, Virna Lisi, Pippo Baudo nella trasmissione Novecento della Rai



Un frammento dalla Trasmissione Novecento (Rai) condotta da Pippo Baudo, Giacomo Rondinella racconta come ha scoperto Virna Lisi e in seguito Pippo Baudo la intervista e ripercorrono alcuni momenti della sua carriera artistica.

Virna Lisi. Un'attrice per bene (Besa Editrice) a cura di Sergio Toffetti e Alberto La Monica














Quello che più sorprende in Virna Lisi, è la duttilità – davvero non comune nel cinema italiano – di un’attrice capace di affrontare con identica immedesimazione commedie e melodrammi, passando dal confronto con Jack Lemmon in Come uccidere vostra moglie, dove Richard Quine la sceglie come “nuova Marilyn Monroe” per una parte da “svampita” tra il comico e il brillante; al tenero ritratto di Milena, la giovane cassiera innamorata che Pietro Germi le disegna addosso in Signore e signori; alla Wilma Malinverni della Cicala di Alberto Lattuada, che va apparentemente contro la sua bellezza, invecchiandola, per farle meglio esprimere una disperata vitalità. Dopo mezzo secolo di indiscusso “predominio del regista”, oggi si torna a interrogarsi su chi sia l’autore di un film, sottolineandone gli aspetti di opera collettiva, cui molti talenti e molte professionalità devono contribuire per garantirne il successo. In questa prospettiva, ripercorrere la straordinaria carriera di un’attrice come Virna Lisi può dunque suggerire una delle possibili risposte.
Col passar degli anni molte attrici smettono di lavorare. Lei, invece, è sempre riuscita a trasformarsi e avere dei personaggi in sintonia con la sua età. Perché ho saputo a volte anche precorrere il tempo. Senza averne paura. Nel film della Cavani, mi sottoponevo a tre ore di trucco la mattina perché dovevo avere le rughe, mi mettevano le sopracciglia finte, mi arricciavano i capelli. Insomma, mi facevano più vecchia della mia età. Non ho mai avuto paura di invecchiare né a venticinque né a quarant’anni. Quando mi capitava un ruolo in cui potevo essere diversa da quello che sono nella vita era il benvenuto. Tante attrici invece hanno avuto paura. Oppure ci sono persone che a sessant’anni vogliono ancora fare i ragazzini. Per loro è difficile continuare a lavorare.(dalla conversazione di Virna Lisi con Sergio Toffetti)

Diario di un’amicizia : La famiglia Półtawski e Karol Wojtyła (Edizioni San Paolo) a cura di Półtawska Wanda









Il diario di un’amicizia spirituale che ha accompagnato tutta la vita di Karol Woytjla. Con quarantasei lettere inedite di Giovanni Paolo II all’Autrice. La vita di Wanda Półtawska, rinchiusa in un campo di concentramento e sottoposta a esperimenti medici, l'incontro con Karol Wojtyla che diverrà sua guida spirituale e amico fraterno, fino al punto di chiamarsi reciprocamente fratello e sorella. I lunghi campeggi trascorsi insieme a meditare, la malattie e la miracolosa guarigione, le riflessioni spirituali e il lungo carteggio tra i due. Wanda Półtawska è una delle persone che sono state più vicine a Giovanni Paolo II, lo ha ascoltato e consigliato, è stata presente nel momento della sua morte. Un ritratto inedito e intimo del grande papa polacco presto beato.
Wanda Półtawska è nata il 2 ottobre 1921 a Lublino. Durante l’occupazione tedesca fu arrestata dalla Gestapo e rinchiusa nel campo di concentramento di Ravensbrück, dove fu sottoposta a crudeli esperimenti da parte dei medici nazisti. Dopo la sconfitta dei tedeschi poté far ritorno in Polonia, dove sposò Andrzej Półtawski, dal quale ebbe quattro figli. Medico di successo, fu legata da amicizia con il giovane sacerdote Karol Wojtyła. Nel 1961 pubblicò il volume E ho paura dei miei sogni, nel quale racconta la sua vita nel lager di Ravensbrück.

D/battiti fra le righe (AcmeLab) con Luisa Ruggio



"D/battiti - fra le righe" è una rubrica letteraria prodotta da ACMElab e curata da Stefano Donno. Novità, curiosità e recensioni dal mondo letterario. Il primo ospite della nuova serie dedicata agli autori è Luisa Ruggio con il suo romanzo AFRA (Besa). www.acmelab.it

sabato 23 aprile 2011

Il libro del giorno: Contrapunctus di Amedeo Anelli (Lietocolle)
















18 Contrapuncta, proprio come nell’Arte della fuga di Bach, ultima sua opera, incompiuta alla diciottesima fuga. Adoro la poesia di Amedeo Anelli, come quella di Gezim Hajdari, Marina Pizzi, Luciano Erba, e Mario Luzi (ma i preferiti sono in troppi per stare ad enumerarli in uno spazio così angusto) soprattutto perchè il sistema del verso in questa voce autentica proveniente dalle sensuali e dolci flessuosità di Poesia, possiede una cifra metafisica che si nutre di ricongiungimenti e sradicamenti dalla fonte primaria di tutto, di ogni cosa, di spazio, di tempo, dell'esistente e dell'inesistente. Profonda in me è poi la sensazione che il canto che questo poeta mette in scena, sia computazionale , nel senso che il verso si fa ontologicamente numero che si flette a sua volta in creazione splendida e luminescente.
Contrapunctus III - Di slancio //la bicicletta //in piedi sulla sella //senza mani. //Così tutta la vita. //In intensificazione// il senso //il grande fiume //gli alberi con le chiome //a pelo d’acqua //l’argine a raso //le strade del bosco //sommerse //non più i responsori //degli uccelli fra gli //alberi //ma il boato sordo //dell’acqua //nell’ansa del fiume. //Se si sostiene //il canto.

Baustelle ft. Valeria Golino - Piangi Roma - www.bauaffair.it



Videoclip completo di "Piangi Roma", canzone tratta dal film "Giulia non esce la sera" di Giuseppe Piccioni.
http://www.bauaffair.it

Valeria Golino. Respiro d'attrice (Besa editrice)














Venticinque anni di carriera e una settantina di film interpretati in giro per il mondo (Hollywood, Francia, Grecia, oltre all’Italia naturalmente), eppure Valeria Golino resta il volto più limpido e sorprendente del cinema italiano contemporaneo, il meno “abusato”, quello che ogni volta stupisce per la capacità di sorprendere lo spettatore con una immediatezza che solo le dive naturali possiedono. Ha lavorato con registi come Sean Penn, Zanussi, Carpenter, Skolimowski, Levinson, Figgis; in Italia con Maselli, Soldini, Montaldo, Piccioni, Ozpetek, Crialese, Capuano. L’abbiamo vista accanto a star come Dustin Hoffman, Tom Cruise, Viggo Mortensen, Nicolas Cage, Salma Hayek, Nastassja Kinski, Daniel Auteuil, Jean Reno. La conosciamo per la sua presenza sempre fresca, luminosa, disponibile. La ammiriamo per la sua capacità di essere una star alla portata di tutti i ruoli e di ogni spettatore. Valeria Golino sta al cinema italiano come una ricchezza rara e questo volume rende omaggio alla sua arte, raccontandola attraverso una lunga e appassionante intervista esclusiva, raccogliendo le testimonianze dei registi e degli attori che hanno lavorato con lei e proponendo una serie di interventi critici che ripercorrono la sua carriera. Completano il volume un ricco portfolio fotografico a colori (dove, tra l’altro, l’attrice mostra per la prima volta alcuni autoscatti e le Polaroid artistiche che ama realizzare) e la sua filmografia completa e aggiornata.

Massimo Causo, critico cinematografico, fa parte del gruppo “Sentieri Selvaggi”, è redattore della rivista “Il Ragazzo Selvaggio” e collabora con “Duellanti”, Filmcritica”, “Cineforum”, “Panoramiche”. Critico del quotidiano “Il Corriere del Giorno” di Taranto, è selezionatore del Torino Film Festival e consulente del Festival del Cinema Europeo di Lecce. Docente di Storia e Critica del Cinema all’Università del Salento, è Vicepresidente del Centro Studi Cinematografici. Ha pubblicato monografie su Kathryn Bigelow, Francesco De Robertis, Michele Placido, Ugo Tognazzi, Andrej Konchalovskij, Maurizio Nichetti, Lucia Bosè, Margherita Buy.

Ecco tua madre (Gv 19,27) : La Madre di Gesù nel magistero di Giovanni Paolo II di Salvatore M. Perrella (Edizioni San Paolo)









Un ampio trattato di mariologia che si caratterizza per: 1) l’attenzione riservata all’insieme della problematica mariana, senza escludere le questioni controverse; 2) il ricorso a un grande numero di documenti del magistero cattolico e lo spoglio della ricchissima letteratura teologica sul tema; 3) l’estrema sicurezza della dottrina, incentrata su una dichiarata fedeltà al pensiero dei papi e dei vescovi; 4) l’attenzione agli sviluppi futuri della mariologia, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con le altre tradizioni cristiane.

Salvatore M. Perrella (Napoli, 1952), sacerdote dei Servi di Maria, ha studiato filosofia e teologia a Napoli, Firenze e Roma, ove si è specializzato in mariologia e laureato in teologia. È docente di teologia dogmatica e mariologia presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, la Pontificia Università “Antonianum” e l’Istituto Patristico “Augustinianum” di Roma. È membro del consiglio direttivo della Pontificia Academia Mariana Internationalis (PAMI, Città del Vaticano); fa parte dell’Associazione Mariologica Interdisciplinare Italiana (AMI, Roma). Le sue pubblicazioni scientifiche vertono sul magistero e sulla mariologia moderna e contemporanea. Ha recentemente pubblicato: I “vota” e i “consilia” dei vescovi italiani sulla mariologia e sulla corredenzione nella fase antepreparatoria del Concilio Vaticano II, Roma 1994; «Virgo ecclesia facta». La Madre di Dio tra due millenni. Summula storico-teologica, Roma 2002; Maria Vergine e Madre. La verginità feconda di Maria tra fede, storia e teologia, Cinisello Balsamo 2003; La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, Città del Vaticano 2005; «Non temere di prendere con te Maria» (Mt 1,20). Maria e l’ecumenismo nel postmoderno, Cinisello Balsamo 2004; Le apparizioni mariane, “dono” per la fede e “sfida” per la ragione, Cinisello Balsamo 2007.

venerdì 22 aprile 2011

Il libro del giorno: Il buio delle volpi di Tony Sozzo (Lupo editore)












Il protagonista vive una vita tranquilla nel Salento, fatta di piccole cose e di delusioni poetiche piene di dolcezza e docili dolori, ovattato dal suo esistere ai bordi. Quando il padre si stanca di tutto questo e decide di mandarlo al Nord per vederlo finalmente con un lavoro e una posizione come i figli degli altri, il suo mondo diventa la nostalgia, l’insensatezza del dolore gratuito, la lenta agonia di una vita impressa nel suo desiderio disfatto. Lì, lontano dalle radici, dal suo nulla, dalle radici del suo nulla, la vita è agra, direbbe Bianciardi. È degli altri. Lui, che gioiva per le piccole cose, si vede costretto a sopportare questa lontananza per un bisogno non suo, per una debolezza estranea. Il mistero della natura salentina, l’anima di chi ne sente le confidenze si contrappongono alle luci artificiali, al dovere, alla banalità del necessario, al pensiero unico che logora e stritola. Ed in un letto perso tra ciminiere e freddo un cuore batte per il suo stupido angolo steso al sole, lontano. Il buio delle volpi è il respiro della propria terra, consumata dalla dimenticanza e da una bellezza inconsapevole. È il momento del trapasso dalla Storia alla carezza di un mondo fiabesco creato da una mente abituata a non infrangere l’equilibrio dell’aria e delle cose. Il buio delle volpi è nello sguardo che si perde nel Salento, la sera. Verso una campagna di promesse.

TONY SOZZO - Nasce a Copertino (Le) nel 1974. Vive a Carmiano, quando la vita gli permette di scegliere. Nel 1999 si laurea in Lettere Moderne all’Università degli Studi di Lecce. Studia la grande letteratura, quella che rimane nel tempo e non quella che si fa bella per qualche applauso con la data di scadenza. Ascolta il jazz e tutta la musica di qualità, lasciando alle note la libertà di rendere la vita cibo degli dei.Segue qualche eroe di carta a disegni per il piacere di sentirsi non cresciuto e perde il tempo a credere che nulla sia cambiato da quando giocava per ore a pallone in campetti improvvisati. Adora il Salento, la sua luce, il suo puro esistere, il mare, il sole, la campagna assolata. Con la Lupo Editore ha pubblicato L’eterna cosa peggiore (2006) e Nolente (2008).

Che tempo che fa - Margherita Buy e Fabio Fazio



fonte Youtube
L'intervista completa su Rai.tv

Margherita Buy. Immagine di donna a cura di Massimo Causo (Besa editrice)














Tra le attrici italiane più premiate e di maggior successo, Margherita Buy ha interpretato in 25 anni di carriera una cinquantina di ruoli che l’hanno subito imposta nel cinema italiano come interprete di una femminilità forte e definita, dando vita, tra commedie e drammi, a personaggi capaci di nutrire le proprie certezze esistenziali e il proprio ruolo di donna, passando attraverso un lavoro di ricerca spesso doloroso e problematico. Formatasi all’Accademia Silvio D’Amico, dopo la gavetta teatrale Margherita Buy ha portato al cinema personaggi che cercano una via d’uscita dagli schemi sociali e dai drammi personali, figure apparentemente fragili ma anche imprevedibilmente forti, che si confrontano con rivelazioni dolorose, fanno scelte coraggiose e scoprono una insospettata vitalità interiore. Capace di sostenere con straordinaria tensione emotiva ruoli drammatici, Margherita Buy non ha mancato di rivelare spesso una notevole propensione alla commedia, affidandosi anche a ruoli imprevedibili e sorprendenti. La sua carriera l’ha portata a recitare con i più importanti autori del cinema italiano contemporaneo, da Ferzan Ozpetek a Cristina Comencini, da Giuseppe Piccioni a Carlo Verdone, da Silvio Soldini a Sergio Rubini, da Roberto Faenza a Nanni Moretti. Nel corso di tutti questi anni ha vinto più volte sia il David di Donatello che il Nastro d’Argento e il Ciak d’Oro: tutti riconoscimenti che la confermano tra le attrici italiane più amate non solo dal pubblico, ma anche dalla critica e dal mondo del cinema.

Massimo Causo, critico cinematografico, fa parte del gruppo “Sentieri Selvaggi”, è redattore della rivista “Il Ragazzo Selvaggio” e collabora con “Duellanti”, “Filmcritica”, “Cineforum”, “Panoramiche”. Critico del quotidiano “Il Corriere del Giorno” di Taranto, è selezionatore del Torino Film Festival e consulente del Festival del Cinema Europeo di Lecce. Docente di Storia e Critica del Cinema all’Università del Salento, è Vicepresidente del Centro Studi Cinematografici. Ha pubblicato monografie su Kathryn Bigelow, Francesco De Robertis, Michele Placido, Ugo Tognazzi, Andrej Konchalovskij, Maurizio Nichetti, Lucia Bosè.

Giovanni Paolo II: la biografia di Andrea Riccardi (Edizioni San Paolo)










La biografia più documentata su Giovanni Paolo II. Un viaggio attraverso le vicende che hanno caratterizzato la seconda metà del XX secolo, per comprendere appieno la carismatica figura del Pontefice. Giovanni Paolo II, protagonista per più di un quarto di secolo sulla scena mondiale, è stato definito il papa slavo, colui che ha dato il colpo di grazia all’Unione Sovietica e al suo impero, l’uomo del secolo. Più semplicemente, egli riteneva di aver ricevuto il compito di introdurre la Chiesa nel nuovo millennio. Questo era il senso del suo viaggio condotto, secondo la sua convinzione, dal filo invisibile della Provvidenza. Questa guida nascosta l’aveva sottratto alla guerra e alle deportazioni di cui erano caduti vittima tanti suoi compagni; l’aveva chiamato alla vita sacerdotale; l’aveva scelto come vescovo e come papa. Ancora nel 1981 questo scudo di grazia l’aveva protetto in occasione dell’attentato in piazza San Pietro. Una volta ristabilito, Giovanni Paolo II ampliò ulteriormente il suo raggio d’azione. Al servizio della Chiesa cattolica, egli si impegnò a favorire l’unione tra i cristiani, l’amicizia con l’ebraismo, il dialogo tra le religioni, la pace nel mondo. Al termine della sua vita, consumato dalla dedizione, commosse il mondo con la sua sofferenza. L’opera di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio che conobbe e collaborò a lungo con il papa polacco, è la prima vera biografia scritta su base scientifica e testimoniale di un papa che ancora vive nel ricordo di credenti e non credenti.
Andrea Riccardi è ordinario di Storia contemporanea presso la Terza Università di Roma e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. Presso le Edizioni San Paolo ha pubblicato: Le politiche della Chiesa (1997); Vescovi d’Italia. Storie e profili del Novecento (2000), Dio non ha paura. La forza del Vangelo in un mondo che cambia (2003), La pace preventiva. Speranze e ragioni in un mondo di conflitti (2004) e ha curato Il sogno di un tempo nuovo. Lettere di Giorgio La Pira a Giovanni XXIII (2009).

Suture. La poesia come resilienza, di Luca Artioli, prefazione di Massimo Sannelli (Fara Editore). Intervento di Nunzio Festa






















Dobbiamo ammettere che siamo stati indotti, e forse si tratta una delle poche volte cui questo accade, a leggere questo “Suture” partendo dalla 'firma' del prefatore dell'opera. Che di Massimo Sannelli, infatti, ce ne son ben pochi; e, di nuovo, nonostante gli approcci ugualmente diversi alla lettura delle liriche, abbiam trovato nella parola del Sannelli l'apertura giusta a entrare nel mare delle composizioni. Ma sentiamo Artioli. Il poeta Luca Artioli, bancario alla stregua d'una serie d'altre penne italiane, e non solo, che sappiamo, vedi i lucani, su tutti, Di Lillo e Tramutoli, appena trentacinquenne, lo ricorda addirittura il vagabondo Hirschman, “crea una poesia che è saggia e piena di velenosa grazia”. Strillo a parte, dunque, siamo certi che il Jack non si sbagli. Perché lo dimostrano parte delle poesie di Artioli, ovviamente. Mantovano, il poeta non è alla sua prima esperienza editoriale, ma in un certo senso è come se lo fosse. In quanto le antologie non sempre lasciano le autonomie autoriali in bella evidenza. Rubando invece da Sannelli sentiamo che, giustamente, Artioli trova un'originalità, dice fra le parole il critico esperto, che superano tutta quella banalità che molto contemporaneo ci propina. O almeno vorrebbe propinarci. Insomma Artioli, direbbe un Lucini, non è un versificatore di talento. Ma un poeta. Quindi il discorso di Luca Artioli, piaccia o non piaccia, dove piace e nel bel mezzo del cammin di quel che non piace, è costantemente ed estenuantemente discorso poetico. Per eccellenza. Nella luce del presente, Artioli trova il frizzo libero, che non è frizzare senza innovazioni, utile a mescolare linguaggio volgare a volgo del linguaggio. Al fine di costruire un mondo riconosciuto solamente dalla forza della stessa parola. Ovvero il più delle volte appena più in là del limite dell'immagini. Nelle sfumature essenziali delle descrizioni tali e quali. In epoca di poco, infine, la poesia di Artioli ci fa pensare che esista, pensiamo, una via di mezzo, che è senza dubbio un'altra via, tra questa beat spesso applaudita e il passato anche italiano d'una letteratura, non solo quindi di poesia, che fa da retroterra a tanti giovani penne. Una verità, innanzitutto, che spiega semplicemente la fine di molta scuola di pennivendoli. Oppure che mette in castigo quella categoria d'approfittatori e/o approfittatrici. La poesia moderna di Luca Artioli, che in punta di “Suture”, senza dimenticare un sottotitolo che raccontato sarebbe fine della lettura, aumenta la voglia di cercare poesia del Millennio Nuovo.

giovedì 21 aprile 2011

Carlo Verdone - da Un sacco Verdone del 1982



da Un sacco Verdone del 1982: Fonte Youtube con contenuti Rai

Il libro del giorno: Carlo Verdone. L'insostenibile leggerezza della malinconia a cura di Enrico Magrelli (Besa editrice)














Carlo Verdone da trent’anni è un detective arguto e garbato della nostra società. Esplora il linguaggio quotidiano, plasma tipologie, costruisce personaggi memorabili, formatta tic e fragilità, sfrontatezza e timidezze, ingorghi lessicali e bradisismi emotivi.
È un autore. Un virtuoso della comicità. Un architetto della messa in scena e della battuta.
Lo spettatore davanti ai suoi film si vede riflesso come in uno specchio: riconosce, nei personaggi di Verdone e in se stesso, l’iperbole e la malinconia, la dolcezza degli affetti e la tenerezza della commedia umana.

Enrico Magrelli è conservatore della Cineteca Nazionale. Dal 1994 è autore e conduttore del programma radiofonico “Hollywood Party”. È consulente della Mostra di Venezia e vicedirettore del BIF&ST di Bari. Fa parte della Commissione del fondo di garanzia per il cinema del Ministero dei Beni Culturali. Scrive per la “Rivista del Cinematografo” e collabora con la Casa del Cinema di Roma. Ha scritto e curato una dozzina di libri.

Giovanni Paolo II - Pensieri. A cura di Renzo Sala con illustrazioni di Nani Tedeschi (Edizioni San Paolo)









Una piccola galleria di ritratti del grande pontefice, accompagnati da citazioni e cenni biografici. Un libretto che raccoglie alcuni dei disegni di Nino Tedeschi su Giovanni Paolo II esposti dapprima alla mostra in San Giovanni Laterano, realizzata dal Vicariato di Roma, poi a Savona, nella cappella Sistina del Duomo e infine alla XX biennale di arte a Pinerolo.

Nani Tedeschi è nato a Cadelbosco Sopra (Reggio Emilia) nel 1938. Ha partecipato a importanti rassegne nazionali (Biennale di Venezia, Triennale di Milano) e internazionali, esponendo nella principali capitali mondiali. Ha collaborato col «Corriere della Sera», il «Sole 24 Ore» e la RAI.


Soltanto per loro di Leonardo Caffo (Aracne)











Perché gli animali? Davvero è questa la natura dell’uomo? Dove finisce la natura, e dove inizia l’artificio? In Soltanto per loro (Aracne, 2011) di Leonardo Caffo queste e altre interessanti questioni vengono discusse alla luce di quella tutt'ora scottante tematica che è la questione animale, che ci permette, comunque, un lungimirante ragionamento sui problemi umani e sociali in generale. Un testo che alterna la sua ragion d’essere tra la politica e la filosofia, regalando anche importanti riflessioni sul ruolo della futura pedagogia e dell’educazione sino a scoprire il significato profondo dell’empatia. Caffo spiega, senza inutili filtri derivanti da precednti teorie e studi, come nascono e cosa sono le ideologie di "dominio" esemplificate dallo specismo e come si caratterizzano, dagli anni ’70 ad oggi, le argomentazioni dei filosofi morali attenti alla decisiva frattura ontologica tracciata dalla sfruttamento animale. Un testo semplice e chiaro, ma che nella sua disarmante semplicità commuove e fa riflettere, affinché ognuna delle nostre lacrime sia davvero per gli individui offesi dal dispotismo antropocentrico.

mercoledì 20 aprile 2011

UGO TOGNAZZI INTERVISTATO DA ENZO BIAGI

Tognazzi. L'alterugo del cinema italiano a cura di Massimo Causo (Besa editrice)














“Uomo e personaggio prima, e solo poi veniva l’attore”: così Marco Ferreri raccontò l’amico Ugo Tognazzi, sottolineando il più autentico tratto distintivo di questo interprete formidabile del versante “normale” e medioborghese della commedia all’italiana: l’umanità. Una caratteristica dissimulata nel personaggio e manipolata dall’attore, ma mai disabitata dalla persona.
A poco più di vent’anni dalla scomparsa di Ugo Tognazzi, questo libro ripercorre l’esperienza di un attore che ha offerto alla nostra società l’immagine spesso complessa, a volte acida, a tratti surreale, ma sempre ironica e profondamente umana, dei propri vizi e delle proprie virtù, delle debolezze e delle grandezze, delle illusioni e delle irrimediabili sconfitte.
Il tutto per offrire il ritratto di quello che non è certo difficile immaginare come l’alter ego del cinema italiano. Anzi, l’alter... Ugo.


Massimo Causo, critico cinematografico, fa parte del gruppo “Sentieri Selvaggi”, è curatore della sezione “Onde” del Torino Film Festival e consulente del Festival del Cinema Europeo di Lecce. Critico del quotidiano “Il Corriere del Giorno” di Taranto, è redattore della rivista “Il Ragazzo Selvaggio” e collabora con “Duellanti”, “Cineforum”, “Filmcritica”, “Panoramiche/Panoramiques”. Ha insegnato storia e critica del cinema all’università del Salento e, oltre a numerosi saggi su autori e tendenze del cinema mondiale, ha pubblicato monografie su Kathryn Bigelow, Francesco De Robertis, Michele Placido, Ugo Tognazzi, Andrej Konchalovskij, Andrzej Wajda, Maurizio Nichetti, Lucia Bosè, Margherita Buy, Valeria Golino.

Il libro del giorno: Scarface, una storia violenta di Daniele Cavagna (Zerounoundici, collana Opera prima)











“Il ragazzino lasciò il marciapiede dissestato e sporco sul quale tutti gli altri stavano muovendo i loro passi elettrici e allucinati. Si accinse ad attraversare il parco, anch’esso squallido e sporco, dentro al quale svettavano quattro alberi spogli che non avrebbero avuto più nemmeno l’orgoglio di opporsi con forza al rumoroso e devastante taglio di una motosega. Si sarebbe detto che ognuno di quegli alberi non solo meritasse, ma avesse addirittura il diritto di essere abbattuto per tornare almeno, in qualche umile modo, utile. Sotto la sovranità di quei principi senza gloria versavano ancora pochi fedeli sudditi raggruppati in famigliole di fili d’erba ingiallita. Altrove l’unico vero tiranno era il marrone di una madre terra capricciosa ed esigente che per fiorire avrebbe avuto bisogno di attenzioni. La direzione era quella di casa. L’ometto avrebbe dovuto oltrepassare la desolazione buia del parco, prima di calpestare l’asfalto della Quinta strada. Da lì avrebbe potuto incunearsi nel canyon di cemento che si stagliava a poche centinaia di metri dai suoi occhi. Quella gola che, per qualche scherzo del destino, aveva un nome alquanto insolito e rassicurante. Un nome dedicato da una sudicia, enorme, città alla memoria di un qualche scrittore dimenticato. Un intento nobile e fallito, poiché il ricordo dell’artista era già da tempo esclusivo patrimonio della targa arrugginita appesa all’inizio della via.

VIALE DEI PENSIERI luogo prediletto dallo scrittore Luciano Fontana per “riflettere e filosofeggiare”.

Il Viale dei Pensieri poteva in qualche modo considerarsi l’equivalente del veneziano Ponte dei Sospiri che conserva questo romantico e malinconico nome per via del luogo, che niente aveva di romantico, al quale conduceva in passato.

“Lasciate ogni speranza voi ch’entrate“, avrebbe piuttosto dovuto recitare quella targa. E chi avesse percorso il Viale dei Pensieri avrebbe avuto questa sensazione in cuor suo, questa frase nella testa. “Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”. Non esiste nessun ragionevole dubbio per credere il contrario.”

Soldi, per avere rispetto, per avere potere: lo schema a cascata che riassume il sogno di molte persone." Dopo la visione del film, Scarface diventa anche il sogno di un ragazzino di periferia che, pur di seguire l'esempio di Tony Montana, è pronto a sacrificare ogni cosa.

Giovanni Paolo II nel cuore del mondo a cura di Angelo Comastri (Edizioni San Paolo)








Angelo Comastri racconta Giovanni Paolo II, un papa entrato nel cuore del mondo. Un papa carismatico, capace di radunare folle oceaniche e conversare con la stessa sensibilità e attenzione con gli umili come con i potenti. Un papa consapevole della sua missione, che ha interpretato il suo ruolo da pellegrino apostolico deciso araccontare a tutti la gioia di avere conosciuto e incontrato Gesù Cristo, questo e molto altro è stato Giovanni Paolo II. La devozione mariana e le storiche visite in Polonia – un anno prima della nascita di Solidarność – e in Messico – dove ancora una volta si schiera con i più deboli –, l'amarezza per i viaggi mai fatti in Cina e Russia e l'attentato subito per mano di Mehmet Ali Ağca: il cardinale Angelo Comastri racconta quest'uomo eccezionale da osservatore privilegiato quale è stato, alternando storia e ricordi personali, non ultimo la benedizione ricevuta da papa Wojtyla poche ore prima del suo addio al mondo terreno. Un libro che racchiude la grande storia e la piccola, di tutti i giorni, fatta dai messaggi lasciati dai fedeli in fila per l'ultimo saluto al pontefice e la loro immediata percezione della sua santità. Parole che ci fanno comprendere come Giovanni Paolo II sia stato un papa nel cuore del mondo, perché ha portato la luce del Vangelo ovunque con la forza della sua parola e i suoi 250 viaggi apostolici, ma anche per l'amore che i fedeli, e non solo, hanno sin da subito manifestato nei suoi riguardi.

Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro a Roma e Vicario generale di Sua Santità Benedetto XVI per la Città del Vaticano, è autore di numerosi volumi di spiritualità, liturgia e meditazione. Predicatore profondo e ispirato, sa trasmettere il messaggio cristiano con passione e convinzione. Presso le Edizioni San Paolo ha pubblicato Dov’è il tuo Dio? (2004), La firma di Dio (2004), Come andremo a finire? (2004), Dio è amore (2005), Non uccidere la libertà (2005), Nel buio brillano le stelle (2005), Prepara la culla: è Natale (2005), Prega e sarai felice! (2006), Via della croce e del cristiano (2007), Nelle mani di Dio (2010).

martedì 19 aprile 2011

Giovanni Paolo II. Il mio amato predecessore Benedetto XVI (Joseph Ratzinger) a cura di Elio Guerriero (Edizioni San Paolo)









Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i due ultimi papi della Chiesa Cattolica hanno tanti punti in comune. Sono quasi coetanei, sono nati ambedue in Europa Centrale, su fronti opposti sono scampati alla seconda guerra mondiale, hanno partecipato insieme al Concilio ecumenico Vaticano II. Hanno poi collaborato a Roma per quasi un quarto di secolo. Gli eventi esteriori, tuttavia, non ci dicono l’essenziale: al di là della lunga collaborazione, tra il papa polacco e il prefetto della dottrina della fede si erano sviluppate stima, cordialità e amicizia come raramente capita di incontrare nella storia.

I testi di Benedetto XVI che qui vengono presentati, tratti da varie occasioni, sono una lettura privilegiata della figura e del pontificato di Giovanni Paolo II. Danno una interpretazione autorevole di alcuni eventi decisivi del pontificato, soprattutto lasciano intravedere, attraverso la commozione del ricordo il cuore del grande papa.

Tim Powers, Mari stregati (Fanucci)












“Aggrappandosi a una delle cime verticali tese e sporgendosi più che poté oltre la battagliola, John Chandagnac aspettò che l’onda sollevasse l’enorme, scricchiolante struttura della poppa e del cassero su cui si trovava, e poi lanciò il biscotto con tutta la forza che aveva. Sulle prime gli era sembrato un lancio davvero lungo, ma appena il biscotto cadde in rapide spirali verso l’acqua, si accorse che non lo aveva lanciato poi così lontano; ma il gabbiano lo aveva visto. Accorse a volo radente sull’acqua verdastra e all’ultimo momento, come per esibirsi, lo afferrò al volo. Il biscotto si frantumò appena l’uccello si sollevò in volo verso altezze più congeniali, ma sembrò comunque che ne avesse preso un bel boccone. Chandagnac aveva un altro biscotto nella tasca della giacca, ma per un po’ si limitò a guardare il gabbiano che planava – notando appena il modo in cui non sembrava fare il minimo sforzo, battendo di tanto in tanto le ali, per mantenere la sua posizione proprio sopra la lucerna di poppa del Vociferous Carmichael –, annusando il vago odore di terra che si percepiva nella brezza sin dall’alba. Il capitano Chaworth aveva detto che avrebbero avvistato i monti verdi e porpora della Giamaica nel primo pomeriggio, aggirato Punta Morant prima di cena e attraccato nel porto di Kingston prima di sera; ma mentre le operazioni di scarico del Carmicheal avrebbero significato la fine delle preoccupazioni che avevano fatto deperire visibilmente il capitano durante quell’ultima settimana di viaggio, per Chandagnac lo sbarco avrebbe rappresentato l’inizio del lavoro. E ricordati, si disse freddamente, mentre tirava fuori il biscotto dalla tasca, che sia tu che Chaworth siete entrambi in parte responsabili dei vostri problemi.”

Le avventure del burattinaio John Chandagnac si svolgono nella prima metà del XIX nel Mar dei Caraibi, mentre il giovane è alla ricerca di uno zio che non ha mai incontrato, apparentemente responsabile della morte di suo padre, scappato con l’eredità di famiglia. Poco prima di giungere a destinazione, la nave su cui John Chandagnac e i suoi compagni di viaggio – Beth Hurwood e suo padre Benjamin, un folle scienziato – sono imbarcati viene attaccata dai pirati, che uccidono il capitano e costringono Chandagnac a unirsi alla loro ciurma. Chandagnac (ribattezzato Jack Shandy) viene a conoscenza della terrificante storia di Benjamin Hurwood e della sua defunta moglie, e dei piani di riportarla in vita, che coinvolgono anche la figlia Beth. Jack Shandy dovrà cercare in ogni modo di frenare i folli propositi di suo padre, e potrà farlo solo assumendo il controllo della nave su cui viaggiano. E tra emozionanti e incredibili avventure, incrocerà anche il cammino del celebre pirata Barbanera.

Timothy Thomas Powers, nato a New York nel 1952, è uno scrittore di romanzi fantasy e di fantascienza, in cui avvenimenti e personaggi storici si mescolano a elementi occulti e soprannaturali. Powers è stato amico di Philip K. Dick, al punto che il personaggio di David nel romanzo Valis trae ispirazione proprio da Powers. La sua prima opera ad avere successo è stato Il Re Pescatore nel 1979, ma il lavoro che lo ha fatto conoscere al grande pubblico è stato Le porte di Anubis (The Anubis Gates), vincitore del premio Philip K. Dick e tradotto in numerose lingue. Mari stregati ha vinto il World Fantasy Award e il Ditmar Award.

Il libro del giorno: VICTOR GISCHLER “NOTTE DI SANGUE A COYOTE CROSSING” (Meridiano Zero)












In mezzo allo sconfinato nulla dell’Oklahoma, nella contea di Coyote Crossing, gli abitanti dormono sonni tranquilli, o almeno così credeva il giovane aiuto sceriffo Toby Sawyer, prima di quella notte. I Jordan sono piombati in città, assetati di vendetta per l'omicidio del fratello Luke, ma il cadavere è scomparso e tutti sembrano avere troppe cose da nascondere per raccontare la verità. Toby deve ritrovare il corpo prima dell'alba, e scoprirà ben presto di non essere il solo a cercarlo: tre killer chicanos gli distruggono il trailer a raffiche di mitra, e lui fa appena in tempo a fuggire con il figlio in braccio, sotto una pioggia di proiettili. Nello spazio di una notte, senza potersi fidare di nessuno, uomo o donna, amico o collega, il giovane Toby diventerà uomo, scoperchiando segreti pericolosi che lo costringeranno a combattere contro il cuore marcio di un'intera città e a scontrarsi con i Jordan in un’ultima sfida che profuma di O.K. Corral.

Una frenetica corsa contro il tempo tra esplosioni, incendi e inseguimenti mortali. Victor Gischler, adorato non a caso da Joe R. Lansdale e Don Winslow, ancora una volta sfodera humour, velocità e colpi di scena in un noir mozzafiato dal sapore western.

Victor Gischler vive a Baton Rouge, in Louisiana.

È autore di sette romanzi tradotti in dodici lingue, è stato a lungo professore di Scrittura creativa presso la Rogers State University, in Oklahoma, ed è sceneggiatore Marvel per fumetti come The Punisher, Wolverine, Deadpool e la nuova serie degli X–Men che ha venduto solo nella prima settimana più di 100.000 copie.

Il suo romanzo “La gabbia delle scimmie”, che è stato nominato come miglior esordio agli Edgar Award, sta per diventare un film a Hollywood.

“Finsi un colpo di tosse e mi portai la mano alla bocca per nascondere il sorriso. Che non ci fosse niente da ridere era ovvio, ma l’espressione stupita in faccia al cadavere di Luke Jordan mi aveva colto di sorpresa. Mai visto un morto così da vicino, prima, al di fuori di una camera ardente. Il Capo della polizia, Frank Krueger, fece un lungo e rumoroso sospiro e si grattò la pancia, scostando il cappello di paglia per asciugarsi il sudore con un fazzoletto rosso. Abbassò lo sguardo sul corpo di Luke, che sporgeva dal vecchio pick-up, e si mise a contare puntando il tozzo indice in direzione del cadavere. — Nove fori di proiettile, per me, — disse alla fine. — Ti torna? Figurarsi se perdevo tempo a contare, io. — Come no. — Mi toccai la stella di latta che portavo appesa alla T-shirt dei Weezer, sentendomi veramente uno stupido tra le scarpe da basket slacciate e i pantaloni della tuta. Quando la telefonata del Capo ti scaraventa giù dal letto a mezzanotte, afferri la prima cosa che capita e fili via come una scheggia. Con una mano mi reggevo dietro la schiena la fondina con tanto di revolver. Avevo provato ad agganciarla ai pantaloni della tuta ma, da quanto era pesante, continuava a tirarmeli giù fino a metà delle chiappe. Così non mi misi a contare i fori di proiettile, ma fissai Luke: i suoi occhi sbarrati e stupefatti, il sangue grumoso che iniziava a rapprendersi sulla camicia a quadri. Luke era uno di quei rednecks di bell’aspetto e dall’aria un po’ ruvida, sempre in jeans stinti e T-shirt senza maniche. Stivali da cowboy in finta pelle – ma lui probabilmente aveva raccontato a tutti che erano di serpente a sonagli.”

lunedì 18 aprile 2011

Le nozze del secolo del principe William con Kate Middleton














Sembra che tutto sia pronto per le nozze del secolo. Il 29 aprile 2011 si avvicina e la curiosità di mezzo mondo aumenta. Cosa indosserà Kate Middleton il giorno del suo matrimonio con il principe William? Ma soprattutto, chi firmerà l’abito? Se qualcuno sostiene che la futura regina si disegnerà il vestito da sola, altri fanno già dei nomi. Il più insistente? Sophie Cranston vestirà (pare) la futura regina d’Inghilterra nel giorno più importante della sua vita. La stilista, inglesissima, già conosciuta nel mondo di Hollywood, sembra essere stata scelta per questo importantissimo compito.

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Il libro del giorno: Ne uccide più la penna di Mario Baudino (Rizzoli)












Splendida uscita per la Rizzoli, perché si tratta di un’operazione editoriale molto intelligente, colta, raffinata, e soprattutto che può incontrare veramente il gusto e l’attenzione di un pubblico variegato e poliforme. In una parola una trovata degna di attenzione e profondo rispetto. Parliamo di “Ne uccide più la penna” di Mario Baudino, che si preoccupa di cercare con la lente d’ingrandimento tra le pagune dei noir e gialli più belli e avvincenti, la figura “ancestrale” e quasi mitologica del libraio, quasi a voler suggerire in punta di penna che dietro una scia di sangue ci può essere il detective bibliofilo e a volte bibliomane, o il libraio agguerrito dal grande acume investigativo. Mario Baudino ci procura una grande letizia attraverso questo lavoro, e si prodiga in un'indagine suadente, mai banale, di numerosi “casi” della letteratura di genere da Umberto Eco a Hans Tuzzi, dal mystery classico a Nero Wolfe, da Alexandre Dumas all’hard boiler. Dunque il viaggio si fa sempre più interessante, pagina dopo pagina, e il lettore non tema di lasciarsi ammaliare da questa “cartografia” delittuosa messa in piedi dall’incredibile maestria di Baudino. E allora sia esso un manoscritto dalle pagine avvelenate, un codice con oscure profezie o un'introvabile prima edizione coronata da refuso, questo testo maledetto diventa “la chiave di volta” in nome del quale uccidere e morire.

SULL'ONDA DELLE LEGGENDE DEL SALENTO (Kurumuny edizioni)





















“…all’improvviso vede un’ombra furtiva che risale dal mare attraverso quella spaccatura, scavalca il muretto a secco, si mangia l’uva e se ne torna velocemente in mare! Che cos’era?” Guarda il DVD per scoprirlo “Sull’onda delle leggende del Salento” è un’opera multimediale composta da un libro-guida con all’interno un documentario che raccoglie le leggende di mare della costa Salentina. Partendo da Roca, sul versante Adriatico, giungendo sino a S. Caterina, sullo Jonio, passando per Otranto, Leuca, Gallipoli e tutti quei luoghi in cui si narra ancora oggi una leggenda. Testi, foto, interviste, riprese, registrazioni: il materiale prodotto durante la ricerca sul campo, svolta nel 2010, viene arricchito da illustrazioni e animazioni, dando poi vita ad un documentario coinvolgente, che seguendo gli scrosci del mare e le note del pianoforte, ci accompagna alla scoperta di leggende tramandate da secoli. I racconti non sono riadattati o ritoccati, sono narrati in prima persona dagli abitanti del luogo come gli hanno ascoltati da sempre. Torre del Serpente, Rupe della Dannata, Grotta della Poesia, Isola della Fanciulla. Ogni leggenda è all’origine del nome del luogo dove si svolge. “Sull’onda delle leggende del Salento” non è solo una raccolta di leggende popolari, è anche un viaggio alla scoperta dei misteriosi luoghi che le hanno ispirate: per far scoprire un territorio unico, dove le pietre hanno ancora un posto nella memoria degli uomini. Non è solo un libro, non è solo un documentario, è un vero e proprio tuffo multimediale nella cultura popolare.

Il grande libro di Giovanni Paolo II a cura di Elio Guerriero (Edizioni San Paolo)














Un volume di grande pregio, riccamente lavorato, che alterna immagini a colori e parole, e ripercorre l’esistenza e il pontificato di Giovanni Paolo II. Curato da Elio Guerriero, il volume consta di quattro parti. Nella prima Luigi Accattoli racconta la vita di Karol WojtyBa: l’infanzia e l’adolescenza, la vita in seminario e il sacerdozio, l’elezione al soglio pontificio e l’attentato subito, la malattia e la morte. La seconda parte, dedicata al suo Ministero, raccoglie i contributi del suo successore, Benedetto XVI e di Camillo Ruini e Vincenzo Paglia. Angelo Comastri e StanisBaw Dziwisz, che gli sono stati vicini fin negli ultimi momenti di vita, fanno conoscere al lettore la grandezza di Giovanni Paolo II nella sofferenza, nel suo completo affidarsi al Signore e rivelano l’immediata percezione della sua santità. In appendice una selezione di scritti di papa WojtyBa: l’omelia per l’inizio del pontificato, la Lettera alle donne e quelle agli anziani, ai bambini e ai giovani.
Il volume è racchiuso in un cofanetto cartonato con immagine fotografica di Giovanni Paolo II.

domenica 17 aprile 2011

Il libro del giorno: Volevo essere una gatta morta di Chiara Moscardelli (Einaudi)












La gatta morta è la più controversa categoria femminile. Non seduce, non diverte, non esprime apertamente le sue convinzioni, la borsa le pesa, c’ha lo sbuffo incorporato, le mestruazioni per le i sono un calvario, gli amici del suo ragazzo per lei sono off-limits, i thriller per lei sono come “l’anticristo”, non te la da al primo appuntamento, e in testa ha un chiodo fisso: il matrimonio. Chiara Moscardelli è stata per anni una studiosa diligente, obiettiva, imparziale del fenomeno “gatta morta”, giungendo alla conclusione che “la gatta morta” ha la stessa mortalità del morso di un mamba: è mortale. Splendido romanzo d’esordio di un’altrettanto splendida trentacinquenne, che ti fa iniziare con un sorriso e ti lascia con un sorriso. Ecco un piccolo assaggio: «Con le mutande alle caviglie e il sedere all'aria non ebbi il tempo di pensare, né tanto meno di rivestirmi. Ero circondata da una cinquantina di militari con i mitra puntati, che mi intimavano di alzare le mani. Cosí per lo meno credetti di capire. E io le alzai. L'unica frase che mi venne fu: - Molto mal di pancia. - Montezuma, - mi rispose un militare senza abbassare l'arma. Quella sera imparai due cose. Era scoppiata la guerra in Chiapas: quelli che salivano sul pullman erano guerriglieri zapatisti. E avevo contratto un'infezione intestinale chiamata la vendetta di Montezuma. Comune cacarella».

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