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lunedì 21 giugno 2010

Il libro del giorno: Il fattore scarpetta di Patricia Cornwell (Mondadori)




















È la settimana prima di Natale e Kay Scarpetta sta prestando servizio volontario presso l'Istituto di medicina legale di New York, dove le viene chiesto di esaminare il cadavere di una ventiseienne, Toni Darien, ritrovato poco prima dell'alba a Central Park. La causa del decesso sembra banale ma, quando si tratta di stabilire l'ora precisa della morte, l'ipotesi di Kay pare incompatibile con gli elementi emersi dalle indagini. Inevitabilmente l'omicidio viene messo in relazione con la recente sparizione di Hannah Starr, bellissima multimilionaria svanita nel nulla. Tutto ciò rischia di innescare una psicosi collettiva, amplificata dall'apparizione di Kay Scarpetta a una trasmissione di attualità della CNN, durante la quale riceve un'inquietante telefonata da un ex paziente del marito. La CNN, tra l'altro, le propone di condurre una trasmissione, Il fattore Scarpetta, ma Kay teme di diventare lo stereotipo di se stessa. Quella sera stessa, tornata a casa, riceve un pacco sospetto, forse una bomba. Una minaccia che ha origine nel suo passato e in quello delle due persone che le sono più vicine: il marito e la nipote Lucy. Il fattore Scarpetta riunisce tutti i personaggi più amati da Patricia Cornwell in una New York imbiancata dalla neve, ancora pesantemente segnata dalla tragedia dell'11 settembre e scossa sia dalla crisi economica sia dalle pesanti speculazioni finanziarie. Un complicatissimo caso di omicidio, un nuovo agghiacciante capitolo nella vita di Kay Scarpetta.

La commorienza. La misteriosa morte dei fidanzatini di Policoro, di Andrea Di Consoli (Marsilio). Intervento di Nunzio Festa




















La notte del 23 marzo del 1988 vengono trovati morti, in una vasca da bagno, Luca Orioli e Marirosa Andreotta, due studenti ventunenni di Policoro, piccolo paese della provincia di Matera. Ma giustizia non è stata fatta. Anzi le indagini hanno portato a costruire una serie di brutture sicuramente messe in atto dagli stessi inquirenti. Troppe cose anomale. E, nel frattempo, troppa cronaca che ha avvallato l'ipotesi d'un legame, almeno altamente improbabile, tra la giovane Andreotta e festini testimoniati solamente nel 1993 pare costruiti per notabili e imprenditori. Il giornalista Andrea Di Consoli, abbandonando le vesti dello scrittore e del poeta, del critico letterario e dell'autore televisivo e radiofonico, ma facendo scorrere queste 'doti' nelle pagine e nello studio delle tante carte sul caso, prova a indicare, prima di tutto, dando utili indicazioni. Grazie alla sua inchiesta giornalistica. Inchiesta che, solamente due volte, mostra tentennamenti: nell'incontro con l'ex sindaco di Matera Buccico, già accusato d'aver partecipato a festini a base di sesso e droga nella fascia jonica lucana, e durante un pezzettino di faccia a faccia con tale “brigante moderno” Caldararo. Ma la ricostruzione di Di Consoli, che per fortuna finalmente smonta – magari una volta per tutte – tesi davvero precostituite e pregiudizi che spesso sanno di paese e che indicano spesso le donne appellandole 'puttane'. Quello che emerge dal libro, riuscito e ben strutturato, e che l'omicidio di Marirosa Andreaotta e Luca Orioli, dai medium definiti “i fidanzatini di Policoro” avviene non nella Basilicata felice recentemente presentata, tanto per dire, dal procuratore Giuseppe Chieco, il delitto (questo è certo al di là di quello che vogliano provare a inventare perizie a piacimento) ma nella Lucania tormentata dalla corruzione e dalla coscienze rovinate. Però anche dal bigottismo, e allo stesso tempo veramente e troppo da pregiudizi e reti d'amicizie ingannevoli quanto ingannanti. Di Consoli, questa volta, oltre a ragionare per la verità e la giustizia, s'è posto essenzialmente il problema di riuscire a trasmette quanto e in che maniera un gruppo di ragazzi prese a calci la linea sottile della maturità. Compromettendosi con il sangue vivo. L'autore, inoltre, si pone tanti interrogativi. Tenta, qualche volta, d'argomentare risposte in virtù di carte già possedute dalle mani d'altri. Senza dimenticare che esiste il rispetto dei morti. Che si deve, anche, rispetto ai vivi. Quindi la volontà di Andrea Di Consoli di sostenere la battaglia delle famiglie Orioli e Andreotta è dimostra tramite l'impegno delle pagine scritte. Righe che sono il frutto d'una malattia e quasi d'una ossessione dello stesso Di Consoli. Oltre che vergate con la china del lavoro quotidiano. Lo scrittore e poeta lucano entra a pieno corpo in questo libro. Perché ha vissuto almeno sentimentalmente buona parte delle vicende. Come, infine, è stato capace, eliminando il problema della lingua, - ma in contemporanea ricorrendo a un linguaggio accessibile e tremendamente scorrevole – di non farsi ingoiare dalla tante malattie della Basilicata. Problemi secolari che in tanti articoli giornalistici lo stesso Di Consoli ha fatto sapere di conoscere benissimo. Non è più possibile, dunque, per esempio dopo aver letto le cose che ormai si sanno e quello provando a immaginare quello che quindi non si sa, dire che Luca Orioli e Marirosa Andreotta sono stati ammazzati da un incidente domestico. E che, invece, non sia trovato o non siano trovati autore o autori del duplice omicidio.


domenica 20 giugno 2010

Il libro del giorno: Cartoline di morte di Liza Marklund e James Patterson (Longanesi)





















Sono giovani, belli, felici. Sono giovani coppie in viaggio di nozze, in giro per le più importanti capitali europee. Hanno tutta la vita davanti. Ma sono morti che camminano. Perché qualcuno li uccide e ricompone i cadaveri in pose enigmatiche, li fotografa con una Polaroid e poi invia la foto a un giornalista del quotidiano locale. Ma quel giornalista sa che cosa lo aspetta, perché pochi giorni prima ha ricevuto una cartolina dai killer, una cartolina di morte. Roma, Francoforte, Copenhagen, Parigi... e Stoccolma. Jacob Kanon, detective del NYPD, è l'unico sulle tracce dei killer, ma è sempre un passo indietro. Eppure non si arrende, non può cedere, perché ha un motivo del tutto personale per fermare la strage. Ora, finalmente, è a pochi passi dalla soluzione. Stoccolma potrebbe essere l'ultima tappa della catena di omicidi. Tutto dipende da una giornalista svedese, la giovane e agguerrita Dessie. Lei ha ricevuto l'ultima cartolina di morte e solo lei può aiutare Kanon, prima che i killer mettano in atto una contromossa imprevista. 0 forse l'hanno già fatto?

La Forza dentro di Max Calderan: scopri l’infinita energia che è in te! (Macro edizioni)












«Perché , mi chiedono in tanti vuoi andare oltre i limiti dell’uomo … vorrei rispondere perché non sono un uomo. Poi penso che chi supera i limiti , in realtà sono proprio loro, i normali … Consumare una vita terrena in nulla è compiere un gesto oltre …ogni mia umana comprensione» Ormai è un fattore visibile a tutti gli operatori nell’editoria italiana che cresce il numero di quei libri che servono alla gente per auto-migliorarsi, e raggiungere risultati ottimali in ambito economico, intellettuale ed emotivo attraverso un sostanziale lavoro psicologico di base. L’auto-aiuto o in termini anglosassoni “Self – Help”, utilizza informazioni provenienti da gruppi di sostegno o leader o meglio ancora “guru”, che attraverso programmi specifici a livello teorico e pratico, portano significativi cambiamenti nella vita di una persona. Secondo il dizionario di Psicologia APA, i potenziali vantaggi insiti nel seguire seminari o workshop d’auto aiuto e letture inerenti a tali argomenti, non si limiterebbe solo al sostegno emotivo, ma anche a conoscenze esperienziali, ricostruzioni di identità individuali, definizioni di ruoli significativi, e senso di appartenenza. Ad oggi dei grandi leader del “Self Help” conosciamo Roy Martina, Alesandra Mattioni, Bob Proctor, Lucia Giovannini, tutti maestri di vita e grandi conoscitori del genere umano. Mi è capitato in questi giorni di leggere il lavoro di Max Calderan (che secondo me bisognerebbe aggiungere nella top ten di questi nuovi illuminati) dal titolo “La Forza Dentro” edito da una casa editrice specializzata in contenuti alternativi: Macro edizioni. Max Calderan è un esploratore estremo di deserti, con tanto di medaglia al Valore Civile ricevuta dal Presidente della Repubblica in persona e vincitore di 5 Prime Mondiali Assolute, come unico uomo al mondo in grado di sopravvivere nel deserto in totale solitudine, in autosufficienza alimentare, senza assistenza medica, seguendo in parole povere la mistica sufi del “mangia come un malato e dormi quanto un naufrago”.

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sabato 19 giugno 2010

Il libro del giorno: Memoriale del convento di Josè Saramago (Feltrinelli)




















Nel Portogallo del primo Settecento dominato da Inquisizione e auto da fé, incrociano i loro destini personaggi opposti e complementari: Giovanni V re di Portogallo, che per la grazia ricevuta di un erede avvia la faraonica costruzione del convento di Mafra; padre Bartolomeu Lourenco de Gusmào, che mescola scienza e misticismo nel progetto di vincere la gravità con una macchina per volare; Baltasar Mateus il Sette-Soli, ex soldato monco di una mano; Blimunda la Sette-Lune, giovane dotata di poteri occulti che a Baltasar si lega di tenacissimo amore; e il musicista Domenico Scarlatti. In questo prodigioso romanzo storico e d'invenzione, utopia e morte, riso e tragedia, affresco corale e struggente vicenda personale, immaginazione sfrenata e spirito critico si coniugano nella voce, ironica e compassionevole assieme, del narratore messo di fronte all'ipocrisia e all'arroganza dei tempi, ma anche ai primi sintomi di un rinnovamento sociale e culturale.

Da Gli Affari di famiglia a Il partito dei padroni di Filippo Astone (Longanesi): che italietta la nostra. Di Nunzio Festa





















Che razza di padroni ha l’Italietta? Due indispensabili inchieste del giornalista economico Filippo Astone spiegano che i padroni del vapore della nazione in distruzione Italia sono, essenzialmente, la crocchia – elevatasi da sola a élite dirigente – vera rovina e portatrice dei danni collettivi; perché, tanto per cominciare, disegna le scelte strategiche del Paese (attraverso Confindustria) e, nel contempo, non cerca la via del riscatto della lobby stessa - affidando importanza e ruoli, di solito, fuori dal criterio della meritocrazia, quindi ai Tesori di famiglia. E per servire il grande affare di famiglia. Prevalentemente poi raccolti, per essere tenuti insieme, dal Salotto Buono, Medio Banca e dintorni, e nella casa madre Confindustria, appunto. Dove, infine, la politica non è che la continuazione d’una caduta. Che, per esempio, affonda nel legame profondo sempre fra interesse economico delle società e diramazioni nel capitombolo partitico. Una caduta che è caduta, però, tale solamente in vetta alle tasche dei contribuenti, ma anche dei vari azionisti di minoranza, e certamente non nei conti dei Marcegaglia o degli Agnelli-Elkan. Per non parlare dei Berlusconi, chiaramente. Stando attenti alla certezza, va aggiunto, che se in passato i dettami del Salotto Buono erano mediati, oggi posizioni di controllo e volontà corrispondono direttamente con la politica partitica. In uno scenario dentro in quale, appunto, le corrispondente fra Pdl e Pd sono lo scherzo più bello a confronto con l’approccio raggiunto in passato da, per esempio, soggetti politici quali Dc – Psi – Pci su tutti. Il giornalista Filippo Astone, redattore del Mondo, settimanale di economia allegato al Corriere della Sera, per “Affari di Famiglia” e “Il Partito dei padroni” si serve essenzialmente d’interviste, articoli di colleghi della stampa, libri, bilanci societari e documenti economici fondamentali; una mole documentaria, quindi, che gli consente di scrivere un vero e proprio stato dell’arte della finanza italiana e, inoltre, del suo grado d’influenza sulla gestione del pubblico. Il lavoro di Astone è, in un certo senso, tutto speculare alle inchieste dei colleghi Stella e Rizzo sulla ‘casta’: nel senso che l’idea che esce dai libri di Astone, ovviamente, va a rompere gli schemi edificanti d’un luogo comune forse involontariamente edificatosi - e poi spalleggiato dai poteri predominanti - dalla inchiesta di Stella e Rizzo: che colpa di tutto sia la politica ladra e che salvatori della patria sono i padroni. Quindi, grazie alle inchieste di Astone, tanto per rispondere, capiamo come i capitani coraggiosi delle varie rappresentanze in società incastonate fra loro, abbiamo colpe d’altra natura. Ma comunque, spesso, tanti demeriti. In un importante passaggio de “Il Partito dei padroni”, l’autore spiega però che “l’inchiesta non serve certo a rafforzare il pensiero unico castale del quale abbiamo parlato nel primo e nel secondo capitolo di questo libro, precisando che non lo condividiamo. Lo scopo è diverso. In primo luogo raccontare, da cronisti, come funziona una parte del Paese che gode spesso delle luci dei riflettori ma che non viene mai illuminata al suo interno, rendendone chiari i complicati meccanismi. In secondo luogo, mettere in luce le incongruenze del pensiero unico castale. Caratterizzato – ci si scusi il gioco di parole – di alcune caste che accusano altre caste di essere delle caste”. Se l’élite dirigente della politica non si sottomettesse a finanza a economia, si potrebbero consigliare i due volumi, soprattutto il più recente, di F. Astone al presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo. Primo fra i primi, modello fra i modelli che con la vittoria alle ultime elezioni regionali ha affidato un ruolo in giunta all’ex presidente di Confindustria della Basilicata, Attilio Martorano. E dovrebbero già essere stati letti dai vari Prodi, Veltroni, Bersani, Letta. Grazie ad “Affari di famiglia”, tanto per portare un esempio simbolico, sappiamo che il Ligresti arrestato durante Tangentopoli è tutt’altro che scomparso, e che il fratello del ministro La Russa, oltre a essere deputato pidiellino, ha cariche societarie più che significative in pista. E dal “Partito dei padroni” che l’altrettanto carcerato Enzo Papi ha accumulato, dopo i patteggiamenti successivi agli scandali di Tangentopoli, successo e moneta. Oltre che, alla maniera di Salvatore Ligresti, tanta influenza da ventilare. In un punto cruciale sempre del “Partito dei padroni”, tanto per dire, l’implacabile autore del già bestseller “Gli affari di famiglia”, indaga “l’élite (che) pretendono dai lavoratori il massimo della flessibilità, ma (per i quali) il loro potere e le loro retribuzioni sono pietrificati”. Due inchieste molto scomode, nonostante siano costruite in virtù d’analisi economiche e parole dettate dagli imprenditori stessi. Soprattutto, per “Gli affari di famiglia” Astone si pone il problema di rispondere alla domanda cruciale: in che mani sta finendo l’economia italiana. Entrando nella valutazione di figure che vanno da Alessandro Benetton, Rorberto Berger, a Marina – Pier Silvio – Barbara Berlusconi, passando per John e Lapo Elkan e Federica Guidi e Jonella Ligresti. A definire: “l’ascesa al potere della nuova razza padrona”. Regolando il termometro coi vizi e le virtù dei rampolli, dei figli illustri della patria economico-finanziaria. In “Il Partito dei padroni” l’autore s’addentra in temi che spaziano dalle retrovie delle questioni di Alitalia, Expo e Fastweb ai progetti politici di Luca Cordero di Montezemolo. Senza scordare “la guerra per la successione a Emma Marcegaglia”. I due libri d’inchiesta di Astone non possono, per merito a una scrittura a servizio della più ampia voglia di divulgazione, che condurre nel più immenso terreno della riflessione sui mali della società italiana, di quel settore tanto citato che è nominato normalmente ‘tessuto economico’. E’ fuor di dubbio che il peso dei padroni del vapore è mantra all’ordine del giorno. L’attualità, dal citato caso Basilicata alle sfacchinate del re Berlusconi a bordo degli incontri dei suoi fratelli imprenditori non ci permette di dimenticare. In ultimo, pare dire in aggiunta Astone, non è possibile non fare caso ai tanti politici che per appannare le loro proposte dipinte di nulla, puntano il dito sulle piccine esternazioni di imprenditori vari e confindustriali in auge. Per di più, insegna lo stesso Filippo Astone, tante volte la cronaca giornalistica, quando non direttamente dipendente dagli interessi industriali e simili, troppo volte non scava oltre la superficie della dimensioni d’apparenza dell’economia. A unico vantaggio della razza padrona.

Gli affari di famiglia. Fatti e misfatti della nuova generazione di padroni, di Filippo Astone, prefazione di Fabio Tamburini, Longanesi (Milano, 2009), pag. 368, euro 18.60.

Il Partito dei padroni. Come Confindustria e la casta economica comandano l’Italia, di Filippo Astone, Longanesi (Milano, 2010), pag. 384, euro 17.60.

venerdì 18 giugno 2010

Il libro del giorno: Logicomix di Apostolos Dioxadis e Christos H. Papadimitriou (Guanda graphic)



















Chiamato a esprimere un'opinione sull'intervento degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, Bertrand Russell decide di cominciare il discorso da lontano, raccontando la propria vita. Così le vicende personali di Russell, dalla rigida educazione puritana dell'infanzia ai tormentati amori della maturità, si intrecciano alla sua storia di scienziato e filosofo, che getta le fondamenta della logica matematica moderna. Un viaggio che comincia sul finire del XIX secolo, per continuare in anni di grandi speranze e terribili conflitti, in compagnia di pensatori del calibro di Frege, Wittgenstein e Gödel. Ma anche insieme agli autori di questo libro, che intervengono in prima persona nel flusso del racconto, per coinvolgere i lettori in una storia che è quella di un cruciale capitolo della scienza. Logicomix segna un nuovo traguardo per il graphic novel come forma d'arte e strumento di divulgazione. La logica, la matematica e la filosofia non sono mai apparse così affascinanti ed emozionanti.

Intervista a Marco Moro direttore editoriale di Edizioni Ambiente, Intervista di Stefania Ricchiuto

Edizioni Ambiente è uno di quei mondi veri che avverti come “necessari”, quando percorri il tuo paese e inciampi ovunque in una sgradevole assuefazione alla catastrofe. La cappa di remissività che ci sovrasta è soporifera: invade i cataloghi delle case che consideravi più resistenti, gli scaffali della libreria amica che sapevi essere l’unica invulnerabile, i tavoli da studio di compagni una volta irremovibili, ora “variabili” anche loro. Nell’aria fasulla generale, una realtà capace di darti la sveglia è ossigeno autentico e ha un che di confortante, anche se fa libri tutt’altro che rasserenanti. L’inquietudine che la muove, è per missione concentrata sullo spazio umano naturale, preda delle nostre piccole/grandi disattenzioni quotidiane, ma anche delle altrui sin troppo interessate “accuratezze”. Incontrando entrambe nella lettura di saggi e narrativa, l’invito urlato è alla riconquista collettiva di una dimensione vitale che sia condivisa e custodita con cura, e reca con sé il nostalgico sapore di quel”riprendiamoci la strada” di qualche tempo fa. Ce ne offrono un assaggio le risposte del direttore editoriale Marco Moro (MM) e del curatore di VerdeNero Alberto Ibba (AI), che insieme alla responsabile dell’ufficio stampa Maddalena Cazzaniga hanno avuto disponibilità infinita nei confronti miei e delle mie domande.


Avete dato avvio alla vostra attività editoriale nel 1993, quando il concetto di impegno ambientale era ancora “limitato” alla pulizia delle spiagge malcurate, o alla salvaguardia delle specie animali a rischio. Le vostre pubblicazioni ponevano attenzione, già allora, alla urgenza di un’informazione che indagasse tutti i contesti coinvolti nel rapporto comunità umana/dimensione naturale, in primis quello economico. Come sono stati gli inizi di questo sentimento differente?

(MM) Complicati ed entusiasmanti. Complicati perché si trattava di far conoscere contemporaneamente un marchio editoriale nuovo ed un tema che stava prendendo forma in quello stesso momento, tema che sin dall’inizio abbiamo affrontato in modo ampio, cercando di rivolgerci a tutti i soggetti che in diverso modo sono toccati dal tema “ambiente”. Quindi non solo il mondo dell’ambientalismo, ma anche le imprese, i settori professionali e produttivi che con questa tematica si confrontano quotidianamente, senza dimenticare enti e amministrazioni locali e centrali, oltre all’università. Una molteplicità di soggetti che rispecchia la quantità di saperi, competenze, campi di attività e di ricerca, che attorno alla parola “ambiente” si coagulano e si intrecciano. Entusiasmanti perché ci rendevamo conto di avere di fronte un ambito di lavoro veramente enorme e destinato ad acquisire via via maggior peso negli anni. C’era la consapevolezza di esserci collocati su quello che sarebbe diventato gradualmente “il” tema, centrale per la cultura, l’economia e la società. La parola attorno a cui tutto avrebbe iniziato necessariamente a ruotare.

Che ruolo hanno avuto, ai vostri esordi, le associazioni ecologiste presenti in Italia? Si è creata da subito una comunità di sostegno, un “fare rete” che provasse ad attuare, attraverso la lettura d’impegno, anche un’evoluzione socio-culturale fatta di reali coerenze quotidiane?

(MM) La collaborazione con le associazioni ambientaliste risale addirittura a prima della nascita di Edizioni Ambiente ed è una aspetto che ha caratterizzato fortemente la nostra attività editoriale. Tuttora alcuni dei nostri titoli più autorevoli nascono da questa collaborazione, in particolare con Legambiente e WWF Italia. L’intento comune era evidentemente quello di far crescere la sensibilità del pubblico rispetto ai temi dell’ambiente, qualcosa che si traducesse in un effettivo cambiamento a livello socio culturale. La capacità di “fare rete”, di veicolare verso la base di soci e simpatizzanti i contenuti che venivano prodotti è invece ancora un “lavoro n corso”, anche se, soprattutto con Legambiente, si sono raggiunti buoni risultati. Di maggiore efficacia è stata a volte la collaborazione con associazioni più piccole, che si rivolgono ad un settore di pubblico molto identificato, come nel caso di ANAB, l’associazione nazionale per l’architettura bioecologica, con cui sono state attuate iniziative editoriali di grande successo. L’impatto sulla cultura dei professionisti è stato senza dubbio più “palpabile” e si traduce in un effettivo cambiamento, nel consolidamento di quelle che definisci “reali coerenze quotidiane”.

Uno dei vostri progetti, VerdeNero, è articolato in tre collane: Noir, Romanzi, Inchieste. La prima propone storie - riprese dai fatti denunciati nel Rapporto Ecomafia - dalla struttura piuttosto elaborata, che ben rende la sofisticatezza di vicende animate da deviazioni criminal-politiche e scandali ambientali. Perché trasportare la realtà nella forma del noir ecologista? La denuncia è percepita con più efficacia?

(AI) Siamo giunti alla scelta di genere quasi spontaneamente. Già lo svolgimento delle inchieste raccolte nel Rapporto Ecomafia di Legambiente alludevano inconsapevolmente al noir. Inoltre una buona parte degli autori che avevo in mente di coinvolgere e che sapevo essere sensibili alle tematiche ambientali, erano noiristi. Il noir da sempre è il genere più adatto a disvelare i meccanismi del potere.

Si può parlare di “narrativa critica militante”?

(AI) Mi pare eccessivo, nel senso che parlerei più volentieri di autori che si sono messi al servizio di una denuncia condivisa. La narrativa militante mi richiama ad un livello di partecipazione intellettuale che in questo momento non scorgo nel nostro paese.

Come hanno reagito ai vostri inviti gli scrittori contattati? Qualcuno ha rifiutato, timoroso dei possibili esiti di una presa di posizione – un autentico atto politico - così evidente?

(AI) Devo dire che hanno tendenzialmente reagito tutti bene, tanto che oggi sono gli autori a proporci le loro idee. I pochi che hanno declinato l’invito non l’hanno fatto per motivi politici, fosse altro perché scegliamo esattamente chi non dovrebbe avere di questi problemi. Di solito si tratta di impegni con altre case editrici, o più banalmente problemi di budget,

Siete comunque una casa editrice tematica, il che può comportare il “rischio della nicchia”. Avete scelto di collaborare con Einaudi anche per sciogliere questo nodo?

(AI) La questione paradossalmente è inversa. Non siamo noi che collaboriamo con Einaudi, ma è la casa editrice torinese che ha chiesto a noi se poteva riprodurre la collana VerdeNero nei Tascabili. Quando siamo riusciti a strappare il nostro marchio in quarta di copertina, ho capito che era un’operazione senza precedenti e per noi una vetrina promozionale importante.

(MM) La nostra strategia è stata quella di rivolgerci a quante più “nicchie” di pubblico possibile. Per arrivare negli ultimi anni, consapevoli della maggiore penetrazione del tema nella quotidianità, ad accettare la sfida del “grande pubblico”, elaborando diverse linee di prodotto mirate. Le collane Verdenero e la nuova serie dei Tascabili dell’Ambiente vanno in questa direzione. Evidentemente la cosa non è passata inosservata e il rapporto con Einaudi ne è una prova. Di fatto, la riproposta di alcuni nostri titoli da parte di una casa editrice così importante non fa che favorire la maggiore percezione del tema in fasce di pubblico che per noi sarebbero difficili da raggiungere. Un “effetto megafono” che non può farci che bene. Di “rimbalzo”, ci aiuta ad attenuare il rischio dell’effetto nicchia.

Per concludere, tutte le vostre pubblicazioni sono dei quadri reali spiazzanti, capaci di veicolare non solo delle informazioni accuratissime, ma anche una dose insostenibile di indignazione. Una vostra novità “portatrice di rabbia sana”?

(MM) Un libro che spiega nel dettaglio cosa si può fare per uscire da un “business as usual” che sta spingendo le società e le economie verso scenari imprevedibile e preoccupanti: “Piano B 4.0”, di Lester Brown. Se mentre lo si legge si pensa a quanto accade nel nostro paese, provare una sana indignazione è il minimo.


giovedì 17 giugno 2010

Il libro del giorno: Gli ultimi giorni della Fiat di Giuseppe Turani (Sperling & Kupfer)



















Gli ultimi giorni della Fiat sono già cominciati. Non nel senso che la casa torinese si appresti a chiudere i battenti. Ma nel senso che sta per diventare un'altra cosa, molto diversa da quella che abbiamo conosciuto fino a oggi e che in parte pensiamo ancora che sia. Dire che cosa era la Fiat non è difficile. È stata, a partire dal nome - Fabbrica Italiana Automobili Torino sinonimo dell'industria in Italia. La più grande azienda, e anche quella che ha esercitato il maggior potere sui nostri destini e sul nostro modo di vivere. Dire che cosa dovrebbe diventare è altrettanto facile. La Fiat si sta trasformando in un'azienda mondiale dell'auto, con un azionariato diffuso a livello planetario. E quindi se ne deve andare dall'Italia.

Libero Pensiero e Liberi pensatori di Damiano Mazzotti



















Se gioventù sapesse… Se vecchiaia potesse…

PROVERBIO FRANCESE

Il segreto della conoscenza è che il mondo è fatto di parole e solo chi conosce i vari significati delle parole può provare a comprendere e a padroneggiare il mondo.

AMIAN AZZOTT

(cittadino italiano a metà strada tra Piero Angela e uno Sciamano Internettiano)

“La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire”.

GEORGE ORWELL


“Chi è disposto a rinunciare a una libertà essenziale per acquisire una piccola sicurezza temporanea, non merita né l’una né l’altra”.

BENJAMIN FRANKLIN

“La più grande tentazione dell’uomo è accontentarsi di troppo poco”

THOMAS MERTON (uomo religioso)

“Giornalismo è diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia; il resto è propaganda. Il suo compito è additare ciò che è nascosto, dare testimonianza e, pertanto essere molesto.”

HORACIO VERBITSKY (Giornalista investigativo e scrittore argentino nato nel 1942)

“Non ci può essere libertà per una comunità che manchi di strumenti per scoprire le menzogne.”

WALTER LIPPMANN (Giornalista e scrittore statunitense, 1889-1974).

“Chi legge sa molto, chi osserva sa molto di più.” ALEXANDRE DUMAS (figlio)

“La parola sa ferire meglio che guarire.” GOETHE

Il linguaggio si può definire come un essere vivente che evolve velocemente nell’ambiente sociale in rapida trasformazione come quello umano in cui vive. Questa evoluzione linguistica rappresenta anche un vero e proprio elemento di progresso civile e politico poiché nel suo sviluppo cerca di tenere insieme i differenti stili di comportamento verbale e le abitudini cognitive delle innumerevoli e, a volte molto diverse psicologie. Ad esempio c’è la grande suddivisione delle menti analitiche e di quelle prevalentemente sintetiche, ci sono quelle assolutiste e quelle relativiste. Il sistema linguistico crea inoltre una simbologia comune dove sono inserite tutte le rappresentazioni dei vari ambienti culturali e sottoculturali, e delle differenti classi sociali. Quindi il comportamento verbale, nel suo sviluppo legato al caso, alla necessità e alla formazione, è molto probabilmente orientato ad una maggiore libertà e verità: con tutti i limiti però connessi al mantenimento della buona convivenza umana (l’eterna utilità delle bugie positive per difendere se stessi e per non ferire l’amor proprio delle altre persone). Perciò le parole e i pensieri che troverete in questo libro verranno liberamente espressi nella lingua moderna, snella e pratica che si può riscontrare oggi nel WEB. Non è il linguaggio settoriale e accademico dei professori universitari o dei professionisti dei vari mestieri, ma è la lingua che rappresenta la persona comune con una buona cultura di base, che è cosciente del ruolo attivo che ogni cittadino deve avere nella società civile europea. E ci sono anche i linguaggi che manifestano la trasformazione dei Mass Media nei Media Partecipati (The Economist). Nel libro vengono quindi raccolti quasi tutti i miei articoli che sono usciti sui diversi siti internet di giornalismo partecipativo: cioè quelle organizzazioni online dove il cittadino sviluppa e diffonde direttamente la notizia. In particolare si fa riferimento al sito italo-europeo AgoraVox Italia e al sito italiano ReportOnLine.it (il periodo va dal primo settembre 2008 a metà marzo 2009). Comunque, come affermato da Giovanni Valentini in un saggio sulla comunicazione di qualche anno fa, “la graduatoria (delle notizie) non la stabilisce più il giornalista, bensì il lettore, non più chi produce e fornisce le notizie, bensì chi le richiede e le riceve”. Il lettore diventa quindi un soggetto attivo che entra a far parte integrante di un sistema completamente aperto e senza le tradizionali gerarchie che riproducono le strutture di potere economico, politico e culturale della società. Bisogna ricordare che oggi tutte le aziende editoriali pagano i caporedattori e un direttore per impedire la diffusione delle notizie più indesiderate e pericolose per i più potenti (politici e grandi imprenditori). Non a caso l’ordine dei giornalisti era stato istituito a suo tempo da Benito Mussolini per controllare e imbavagliare la stampa. E ha mantenuto tutto il suo valore nel tempo. Nei siti partecipativi invece la maggior parte dei reporter fornisce un contributo libero e volontario. Tra le altre cose, molte delle notizie che escono su questi siti sono poi adottate e diffuse gratuitamente da diversi network di informazione tra cui Google News, Wikio, Liquida, ecc. Inoltre ricordo che il giornalismo partecipativo è nato in Corea del Sud nel 2000, con l’apertura del quotidiano on-line “Ohmy-News” e grazie a questo nuovo tipo di informazione l’avvocato dei diritti dell’uomo Roh Moo-hyun riuscì a diventare Presidente battendo i vecchi governanti corrotti e autoritari (la fonte è l’European Journalism Observatory: www.ejo.ch). Per quanto riguarda AgoraVox esiste una piccola e tradizionale redazione centrale di giornalisti professionisti e una grande redazione virtuale decentrata di reporter moderatori che vota gli articoli non ancora pubblicati (off-line), così da poter permettere la pubblicazione di quelli più interessanti (i moderatori sono quei cittadini-giornalisti più qualificati che hanno pubblicato almeno cinque articoli). C’è inoltre la possibilità per qualsiasi lettore di votare un articolo per dargli maggiore visibilità e di commentare poi direttamente la notizia sul sito inserendo la sua opinione personale, a cui chiunque altro cittadino potrà successivamente rispondere a sua volta (compreso il cittadino-giornalista autore della notizia), in un botta e risposta dialogante. E bisogna tenere conto che molti singoli cittadini sono portatori di un bagaglio di esperienze e di conoscenze che possono superare tranquillamente quello di molti cosiddetti professionisti.

Quindi il libro è stato pensato per le giovani generazioni che sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli per elaborare un pensiero e una forma di conoscenza sempre più libera, sempre meno fondamentalista, e sempre più rispettosa dei punti di vista alternativi e dei diritti delle minoranze. Ai giovani più internazionalisti e più interessati a perfezionare l’uso di una lingua straniera, consiglio di visitare periodicamente anche l’edizione francese o inglese di AgoraVox: www.agoravox.fr e www.agoravox.com [su questa versione ora ci sono lavori in corso].

La pubblicazione raccoglie anche tantissime citazioni e reinterpretazioni di autori famosi, diventando così un “piccolo manuale pratico” per chi vuole stimolare la scrittura creativa e un’amichevole promemoria per valutare diversi consigli su altri libri interessanti da leggere per approfondire un particolare tema (cosa molto utile a chi è impegnato a scrivere tesi, tesine e ricerche, oppure articoli vari). Il libro può così diventare un’eccitante palestra mentale dove ci si diverte a tener allenati gli invisibili muscoli dei cervelli passivi e quelli più visibili delle “Teste Creative”. Ci sono perciò molte indicazioni di siti web e molte recensioni di saggi su cui si può riflettere a fondo per avviare un ulteriore approfondimento delle conoscenze personali e professionali.

(dalla prefazione di Libero Pensiero e Liberi pensatori di Damiano Mazzotti)

mercoledì 16 giugno 2010

Il libro del giorno: L'agenda nera della seconda Repubblica. Via D'Amelio 1992-2010 di G. Lo Bianco e S. Rizza (Chiarelettere)




















La verità su via D'Amelio è ancora lontana perché è stata insabbiata. Un falso pentito ha retto ben sei processi e due sentenze della Suprema corte. Perché? Com'è possibile che investigatori considerati pilastri dell'antimafia abbiano dato credito a un'assurdità così clamorosa? Lo Bianco e Rizza ce lo raccontano fotografando questi ultimi 18 anni di complici mistificazioni. "L'agenda nera" si apre sul teatro della strage, ne ricostruisce i retroscena raccontandone, per la prima volta, le indagini, i processi, la fiera di dichiarazioni, ritrattazioni, arresti e minacce. E il ribaltone politico che ha portato alla nascita di Forza Italia. Fino alla nuova inchiesta di Caltanissetta che vede indagati alti ufficiali di polizia. In attesa degli esiti dell'indagine, una domanda che nasconde verità scomode si impone: agirono da soli? Dietro la falsa pista Scarantino, secondo i pm, potrebbe celarsi un progetto eversivo per nascondere i mandanti occulti della strage. La verità la chiedono i familiari e i cittadini che in Borsellino hanno visto il simbolo più alto delle istituzioni. Quelle stesse che probabilmente lo hanno tradito. Chiude il libro un'intervista al procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo.

Colonia alpina Ferranti Aporti Nava, di Marino Magliani, introduzione di Giulio Mozzi (Senzapatria Editore). Intervento di Nunzio Festa
















Il destino acattolico di Marino Magliani è d'essere un autore che vive di memoria e ricordi. Che scrive di memoria e ricordi; di cose andate, quando, sappiamo, vuole inventare la sua storia. Fatta, ogni volta, d'una trama che corre sempre indietro nel nostro piccolo spazio-tempo. Con quel tono soave e pacato. Con quella lingua che pare mettere il lettore attorno al camino. Magari a bordo di braccio d'un parente che narra. Visto che è il racconto l'idea forte, sia molto chiaro, dello scrittore Marino Magliani. Con “Colonia alpina Ferranti Aporti” il miracolo si ripete. Per un romanzo esile ma non smilzo. A favore d'una vicenda corta e non striminzita. Un miracolo ovviamente acattolico. Al di là della ricerca d'una religione o della religione. E persino della presenza delle chiese, appunto, cattoliche nel romanzo. Romanzo, tra l'altro, che apre la giovanissima collana “Sostengo Pereira”, primo titolo in pratica, del giovane editore Senzapatria. Cosa ci dice la storia che Magliani avrebbe per giunto potuto riportare servendosi di dosi d'oralità? Un cinquantenne, invece d'aver raggiunto il tormento della tranquillità, vuole con tutte le proprie forze rimettere la mente alle chiee che ha frequentato nella sua Liguria d'origine. Dove, si deve aggiungere, ha per esempio fatto il chierichetto. Senza contare, ovviamente, gli altri luoghi di culto incontrati camminando nel resto del mondo. Dunque, la memoria viaggia al mondo dei collegi, proprio partendo da Nava, e passando da Mondovì, Velletri. Fino a toccare Spagna e America Latina. Con termine, come per l'autore stesso, queste sono infatti le cifre che riportano alle frequentazioni dell'autobiografia, la residenza nel nord Europa. L'assillo dell'uomo è di ricordare un preciso dettaglio della sua permanenza al collegio Ferranti Aporti Nava. Del e nel '70-'71. Un dettaglio che non dovrebbe sfuggire. E che lo condurrà nello spazio del rivivere. Un mistero, laico, che è attanaglia l'uomo. Che il protagonista del romanzo deve spiegarsi. Marino Magliani, nuovamente, ripaga la stima che sta riscuotendo nei suoi confronti. Conferma d'essere, se ce ne fosse ormai bisogno, quello che si dice un narratore di razza. Ci addolcisce però usando l'arma del bene e del male. Privando il suo romanzo, e sempre i suoi romanzi, di vezzi e lazzi della giovine furbizia odierna.

martedì 15 giugno 2010

Bari e Dispari di Gianpaolo Santoro. Di prossima uscita per Manifesto Libri


















Il mondo si divide in quattro categorie: i vincenti, i perdenti, i fortunati e gli sfortunati.Se le prime due categorie sono un dato oggettivo, le altre sono, invece, chiaramente un dato soggettivo. Perché la fortuna sarà pure bendata, ma alla fine dei conti sa bene dove andare. Basta guidarla, aiutarla. Però bisogna saperlo fare.
"Bari & dispari" svela trucchi, retroscena, raggiri, "combine", imbrogli e truffe dello sconfinato, indelebile, indecifrabile universo del gioco d'azzardo che ha un'unica certezza: il gioco, come la legge, non è uguale per tutti. Poker, roulette, chemin de fer: storie vere di giocatori professionisti, sullo sfondo magico e fatato dei Casinò e nelle carnali e palpitanti bische clandestine. Ma non solo: anche corse di cavalli e di cani, ovunque c'è da piazzare una scommessa vincente. Ovunque c'è la possibilità di fare soldi, insomma.
Una storia che si snoda fra Napoli e la Costa Azzurra, con una entusiasmante serie di colpi di scena dentro e fuori i Casinò.
GIANPAOLO SANTORO napoletano, giornalista professionista dal 1979, ha lavorato come inviato al Mattino di Napoli e al Roma scrivendo di politica, cronaca, attualità e sport. È stato il responsabile delle pagine meridionali de L'Avanti. Ha collaborato da Napoli con l'agenzia Adn Kronos e con il quotidiano Reporter. È stato responsabile dell'informazione politica della Fininvest per il Mezzogiorno e della rubrica Parlamento In. Curatore e articolista delle pagine di cultura del quotidiano Il Denaro. Bari & Dispari è il suo primo libro.

Il libro del giorno: Sei fuori posto. Storie italiane (Einaudi)




















Da un Sud del mondo all'altro: nel lungo racconto "Il contrario della morte", di Roberto Saviano, un giovanissimo reduce dall'Afghanistan incontra la sposa di un compagno rimasto ucciso. Anche Maria è molto giovane, troppo per essere vedova, e sa benissimo che cos'è l'amore... Un secolo indietro, un'altra guerra: in "Ferenti" di Carlo Lucarelli, a Massaua, Colonia Eritrea, agli occhi della serva Aster, che l'amore non lo conosce, gli italiani non fanno bella figura. Fanno paura. Altre serve, o schiave, che forse si libereranno: come Grazia, la protagonista del racconto di Valeria Parrella, "Il premio", nell'Italia ancora contadina del secondo dopoguerra. Nella Milano degli anni Ottanta, dove il marcio appare quando meno te lo aspetti, ci porta invece Piero Colaprico con "Scala C": all'ex maresciallo Pietro Binda torna in mente una storia di quegli anni, il giorno che il suo nipotino londinese gli chiede, nonno che cos'è il destino? Scatenato, vorticoso, esilarante, Wu Ming mette in scena nel segno della libertà della scrittura, e di un singolarissimo made in Italy, tra l'Italia d'oggi e l'America di Benjamin Franklin, la strana indagine che porta a scoprire chi è davvero "American Parmigiano". In chiusura, Simona Vinci, con una meditazione controcorrente sulla vita solitaria che è anche risorsa, premessa per rimettere a fuoco lo sguardo nell'eccesso di rumore che è il nostro presente: "Un'altra solitudine".

Non esiste saggezza di Gianrico Carofiglio (Rizzoli, collana "La Scala"). Intervento di Vito Antonio Conte





















Ancora un suo libro. Non so perché non me ne perdo uno. Sarà che la sua scrittura scivola come onda. O forse che mi ritrovo. Come un ritorno. Dopo un lungo viaggio. La partenza obliata. Forse è proprio come andare. Ignorando, ogni volta, la meta. O per le ragioni che già ho scritto in altri interventi. Forse una ragione non c'è. Ora che ne scrivo, potrebbe essere un luogo. Una stagione. Un volto. Una presenza. Che fa male. Come una tristezza. Un'assenza. Che segna il vuoto. Come di malinconia. Una canzone, forse. Che riassume tutto. Senza dire niente. Di certo c'è che “Non esiste saggezza” in questo stare. No, “Non esiste saggezza” se tutto continua a ripetersi con ogni maledetto errore, se il tempo non muta chi abita questo spazio, se la stoltezza umana ignora la poesia e fabbrica ignoranza, se bisogna -tutte le volte- dimenticare tutto per ricominciare... “Non esiste saggezza” è l'ultimo libro di Gianrico Carofiglio (Rizzoli Edizioni, Collana “La Scala”, pagine 145, € 14,00, maggio 2010) e raccoglie dieci racconti già diversamente pubblicati dal 1991 al 2008. Dell'ultimo racconto, “La doppia vita di Natalia Blum”, avevo visto (il 9.4.2010 su RAI DUE) la trasposizione in pellicola: un bel film, intrigante e avvincente, diretto da Anna Negri, con Emilio Solfrizzi (nei panni dell'editor di una famosa casa editrice...) e Anita Caprioli (scrittrice all'esordio...), interamente ambientato e girato a Bari (realizzato col contributo dell'Apulia Film Commission). Anche “Giulia” mi ricorda un film che ho visto qualche tempo fa, ma non ricordo null'altro... Tra gli altri racconti, tutti meritevoli di attenzione, m'è piaciuto moltissimo “Intervista a Tex Willer”, fantastico dialogo con l'eroe di Bonelli tra l'esilarante e il più vero del vero (fantastico, appunto). Una nota a parte merita “Città”, denso di poesia purissima, “racconto ispirato a un fatto realmente accaduto su un aereo, da qualche parte del mondo, nella primavera del 1996”. Rimanda alle atmosfere della saga dell'avvocato Guerrieri, invece, “Il paradossso del poliziotto”, narrato anche questo nella forma della para-intervista di un aspirante scrittore a un poliziotto, tutto giocato sul dialogo, con pause che dicono molto. Come -spesso- soltanto il silenzio può. Del primo racconto, che dà il titolo al libro, conservo ogni parola e, in particolare: “Il nostro sacro mestiere / esiste da millenni. / Con lui al mondo non occorre luce: / ma nessun poeta ha detto ancora / che la saggezza non esiste, / che non esiste la vecchiezza, / e forse nemmeno la morte.”, versi che non lasciano scampo. E che non ammettono altre parole. Qualche errore ancora, sì! Ché, per fortuna, “Non esiste saggezza”.

lunedì 14 giugno 2010

Il libro del giorno: L'ombra del Re di James Rollins (Nord)




















Yucatán, Messico. Si dice che la Montagna delle Ossa sia un luogo maledetto. Si dice che chiunque abbia osato avventurarsi nella giungla per scalarla non sia più tornato indietro. Ma i coniugi Ransom non si sono lasciati intimorire e hanno scoperto un segreto straordinario. Un segreto che però non potranno raccontare a nessuno... Londra, tre anni dopo. Un'antica moneta maya, spezzata a metà, è l'unico ricordo che Jake e Kady hanno del padre e della madre, spariti in circostanze misteriose durante una spedizione archeologica in Messico. E quindi con un misto di orgoglio e di speranza che accettano l'invito del British Museum per l'inaugurazione della mostra allestita coi reperti rinvenuti sulla Montagna delle Ossa: potrebbe essere l'occasione per trovare un indizio su cosa sia realmente accaduto ai loro genitori. E infatti un oggetto enigmatico attira subito l'attenzione di Jake: una piramide maya in miniatura, che presenta un intaglio di forma identica ai frammenti di moneta da cui lui e la sorella non si separano mai. Spinti dalla curiosità, i ragazzi li incastrano nella piramide e succede l'incredibile: all'improvviso non sono più a Londra, ma a Calipso, una terra magica abitata da civiltà scomparse da secoli. Spaesati e atterriti, i giovani Ransom dovranno attingere a tutto il loro coraggio per sopravvivere in quel mondo sconosciuto e pericoloso, perché sul loro destino incombe l'ombra del re Teschio, un malvagio stregone che stava aspettando proprio l'arrivo di Jake...

Pinkerton dal tratto salentino Presentato in questi giorni la nuova miniserie della Star Comics di Giuseppe De Luca. Intervento di Angela Leucci















Negli Stati Uniti con un po' di salentinità. È stato presentato nei giorni scorsi a Lecce presso la fumetteria Mondi Sommersi “Pinkerton SA”, nuova punta di diamante della Star Comics, che porta la firma, per questo numero, del disegnatore casaranese Giuseppe De Luca. Dirk Pinkerton è una persona pragmatica, che non crede nell'intangibile, sebbene abbia ereditato dal nonno la licenza di indagatore del paranormale. Precettato dal governo con una richiesta che non si può rifiutare si trova a lottare con mostri di tutti i generi. Pinkerton ha il volto espressivo che ricorda un po' Jim Belushi e un po' Steven Seagal ed è firmato per il primo numero da De Luca, già autore per “Nemrod”, sempre della Star Comics, ma viene da una lunga esperienza nel mondo del fumetto internazionale. Questo mese uscirà, sempre di De Luca, nelle fumetterie francesi “Les enragés du Normandie-Niemen” per Zephyr Editions. La copertina, realizzata dallo stesso De Luca, è colorata da Ketty Formaggio, colorista per “Lupo Alberto” e per uno sin off tratto da “Geronimo Stilton”.


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domenica 13 giugno 2010

Il libro del giorno: Le mappe dei miei sogni di Reig Larsen (Mondadori)

















T.S. Spivet è un genio dodicenne che disegna mappe. Vive in un ranch del Montana con il padre, un cowboy silenzioso, e con la madre, una studiosa di coleotteri che da vent'anni è alla ricerca di una mitica specie di scarafaggio. Il fratello è morto e la sorella è apparentemente normale. T.S. cerca di dare un ordine alle cose tracciando su un taccuino mappe bellissime e meticolose. Mappe di tutto: del comportamento della famiglia, di animali, di piante, di posti, di cose. La sua avventura comincia quando si mette in viaggio per andare a ricevere un importantissimo premio conferitogli dallo Smithsonian Institution. Scappa nel cuore della notte e su un treno merci attraversa l'America per oltre 2000 miglia incontro alla fama. Ma è proprio questo ciò che vuole? Le mappe e le liste sono davvero capaci di spiegare il mondo, il suo confuso affastellarsi di dolori, silenzi, misteri? E l'enigma che sono gli adulti? Le illustrazioni di Ben Gibson e Reif Larsen accompagnano e arricchiscono tutta la storia.

Noi contro la legge. Berlusconi e il corto circuito mediatico. Intervento di Luciano Pagano















C’è una cosa che, chi mi conosce bene lo sa, non ho mai fatto negli ultimi sei anni. E se l’ho fatto è stato con criterio, per un motivo particolare, mai sentito come in questo momento. Berlusconi ha un potere, anzi, è dire poco, Berlusconi ha tanti poteri. Uno dei suoi poteri più efficaci, quello più subdolo, è il potere che lo fa entrare strisciando per la porta di casa, attraverso uno schermo, un modo di dire, una battuta. Il potere di seduzione con cui cattura quotidianamente sempre più italiani disposti a dimenticare che cosa Berlusconi è stato. Perché è troppo difficile studiare, documentarsi, leggere i libri, guardare i film, i telegiornali, ascoltare le interviste, cercare gli approfondimenti. Così basta una battuta detta al momento giusto e il sorrisino scappa anche a chi ha votato Bertinotti fino alla legislazione precedente. Sempre migliore di chi non è andato a votare con la convinzione che comunque il nostro posticino lo avremmo avuto. Ed ecco che mi trovo a fare qualcosa che ho fatto poche volte, ovvero sia prendere un articolo per intero e postarlo su Musicaos.it. Oggi è stato un giorno particolare, per via del caldo sono rimasto chiuso in casa fino alle 19.30, ho twitterato e ho avuto modo di seguire la vicenda di Daniele Luttazzi e la replica di Wu Ming. Secondo me tutta questa vicenda deve essere letta sotto la lente orbicolare dell’ansia da prestazione di resistenza culturale cui ci impone, per il solo fatto di esserci e agire, Berlusconi. Ecco, dopo ciò che ho veduto e letto in questa settimana posso soltanto dare una definizione di Berlusconi, quella cioè di Re Mida, con la differenza che al posto dell’oro c’è la merda, con la differenza che la merda ha lo stesso inodore colore dell’oro. Ci sembra che sia oro finché non ne apprezziamo le conseguenze sulla democrazia. Daniele Luttazzi? Soltanto uno che copia le sue batture. Travaglio e Santoro? Due furbi che tirano su soldi grazie all’odio che riescono a diffondere per Berlusconi. Beppe Grillo? Andiamo a controllare il suo 740 prima di parlare! Saviano?!? Non parliamo di Saviano, lui che grazie a Berlusconi ha fatto i soldi con Gomorra! Berlusconi: ciò che tocca lo trasforma in merda, anche quando ad agire non è direttamente il premier bensì il modello robotico mentale che ognuno di noi, volente o nolente, ha implementato nel cervello. Apriamo gli occhi, con un po’ di anarchia, al di sopra delle parti. Con questo spirito e soprattutto con la voglia di lanciare un messaggio a chi ci sta più vicino, almeno a loro, che ricopio per intero l’articolo di Umberto Eco preso dal sito de L’Espresso. Buona lettura, finché è possibile.

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Umberto Eco
“A piccoli passi verso il regime”

Le norme sulle intercettazioni. Il controllo dei tg della tv pubblica. E prima il lodo Alfano, i tagli alla scuola… Berlusconi trasforma le istituzioni un passo dopo l’altro, con lentezza. Perché i cittadini assorbano i cambiamenti come naturali. Così al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato. È nota la definizione della democrazia come sistema pieno di difetti ma di cui non si è ancora trovato nulla di meglio. Da questa ragionevole assunzione discende, per la maggior parte della gente, la convinzione errata che la democrazia (il migliore o il meno peggio dei sistemi di governo) sia quello per cui la maggioranza ha sempre ragione. Nulla di più falso. La democrazia è il sistema per cui, visto che è difficile definire in termini qualitativi chi abbia più ragione degli altri, si ricorre a un sistema bassamente quantitativo, ma oggettivamente controllabile: in democrazia governa chi prende più consensi. E se qualcuno ritiene che la maggioranza abbia torto, peggio per lui: se ha accettato i principi democratici deve accettare che governi una maggioranza che si sbaglia. Una delle funzioni delle opposizioni è quella di dimostrare alla maggioranza che si era sbagliata. E se non ce la fa? Allora abbiamo, oltre a una cattiva maggioranza, anche una cattiva opposizione. Quante volte la maggioranza può sbagliarsi? Per millenni la maggioranza degli uomini ha creduto che il sole girasse intorno alla terra (e, considerando le vaste aree poco alfabetizzate del mondo, e il fatto che sondaggi fatti nei paesi più avanzati hanno dimostrato che moltissimi occidentali ancora credono che il sole giri) ecco un bel caso in cui la maggioranza non solo si è sbagliata ma si sbaglia ancora. Le maggioranze si sono sbagliate a ritenere Beethoven inascoltabile o Picasso inguardabile, la maggioranza a Gerusalemme si è sbagliata a preferire Barabba a Gesù, la maggioranza degli americani sbaglia a credere che due uova con pancetta tutte le mattine e una bella bistecca a pasto siano garanzie di buona salute, la maggioranza si sbagliava a preferire gli orsi a Terenzio e (forse) si sbaglia ancora a preferire “La pupa e il secchione” a Sofocle. Per secoli la maggioranza della gente ha ritenuto che esistessero le streghe e che fosse giusto bruciarle, nel Seicento la maggioranza dei milanesi credeva che la peste fosse provocata dagli untori, l’enorme maggioranza degli occidentali, compreso Voltaire, riteneva legittima e naturale la schiavitù, la maggioranza degli europei credeva che fosse nobile e sacrosanto colonizzare l’Africa. In politica Hitler non è andato al potere per un colpo di Stato ma è stato eletto dalla maggioranza, Mussolini ha instaurato la dittatura dopo l’assassinio di Matteotti ma prima godeva di una maggioranza parlamentare, anche se disprezzava quell’aula «sorda e grigia». Sarebbe ingiusto giocare di paradossi e dire dunque che la maggioranza è quella che sbaglia sempre, ma è certo che non sempre ha ragione. In politica l’appello alla volontà popolare ha soltanto valore legale (“Ho diritto a governare perché ho ricevuto più voti”) ma non permette che da questo dato quantitativo si traggano conseguenze teoriche ed etiche (“Ho la maggioranza dei consensi e dunque sono il migliore”). In certe aree della Sicilia e della Campania i mafiosi e i camorristi hanno la maggioranza dei consensi ma sarebbe difficile concluderne che siano pertanto i migliori rappresentati di quelle nobilissime popolazioni. Recentemente leggevo un giornalista governativo (ma non era il solo ad usare quell’argomento) che, nell’ironizzare sul caso Santoro (bersaglio ormai felicemente bipartisan), diceva che costui aveva la curiosa persuasione che la maggioranza degli italiani si fosse piegata di buon grado a essere sodomizzata da Berlusconi. Ora non credo che Berlusconi abbia mai sodomizzato qualcuno, ma è certo che una consistente quantità di italiani consente con lui senza accorgersi che il loro beniamino sta lentamente erodendo le loro libertà. Erodere le libertà di un paese significa di solito mettere in atto un colpo di Stato e instaurare violentemente una dittatura. Se questo avviene, gli elettori se ne accorgono e, se pure non hanno la forza di zione di colpo di Stato che è con lui cambiata. Al colpo di Stato si è sostituito lo struscio di Stato. All’idea di una trasformazione delle strutture dello Stato attraverso l’azione violenta il genio di Berlusconi è stato ed è quello di attuarle con estrema lentezza, passettino per passettino, in modo estremamente lubrificato. Pensate alla inutile violenza con cui il fascismo, per fare tacere la voce scomoda di Matteotti, ha dovuto farlo ammazzare. Cose da medioevo. Non sarebbe bastato pagargli una buona uscita megagalattica (e tra l’altro non con i soldi del governo ma con quelli dei cittadini che pagano il canone)? Mussolini era davvero uomo rozzissimo. Quando una trasformazione delle istituzioni del Paese avviene passo per passo, e cioè per dosi omeopatiche, è difficile dire che ciascuna, presa di per sé, prefiguri una dittatura – e infatti quando qualche cassandra lo fa viene sbertucciata. Il fatto è che per un nuovo populismo mediatico la stessa dittatura è un sistema antiquato che non serve a nulla. Si possono modificare le strutture dello Stato a proprio piacere e secondo il proprio interesse senza instaurare alcuna dittatura. Si può dire che il lodo Alfano prefiguri una tirannia? Sciocchezze. E calmierare le intercettazioni attenta davvero alla libertà d’informazione? Ma suvvia, se qualcuno ha delitto lo sapranno tutti a giudizio avvenuto, e l’evitare di parlare in anticipo di delitti solo presunti rispetta se mai la privatezza di ciascuno di noi. Vi piacerebbe che andasse sui giornali la vostra conversazione con l’amante, così che lo venisse a sapere la vostra signora? No, certo. E se il prezzo da pagare è che non venga intercettata la conversazione di un potente corrotto o di un mafioso in servizio permanente effettivo, ebbene, la nostra privatezza avrà bene un prezzo. Vi pare nazifascismo ridurre i fondi per la scuola pubblica? Ma dobbiamo risparmiare tutti, e bisogna pur dare l’esempio a cominciare dalle spese collettive. E se questo consegna il paese alle scuole private? Non sarà la fine del mondo, ce ne sono delle buonissime. È stalinismo rendere inguardabili i telegiornali delle reti pubbliche? No, se mai le vecchie dittature facevano di tutto per rendere la radio affettuosissima. Ma se questo va a favore delle reti private? Beh, vi risulta che Stalin abbia mai favorito le televisioni private? Ecco, la funzione dei colpi di Stato striscianti è che le modificazioni costituzionali non vengono quasi percepite, o sono avvertite come irrilevanti. E quando la loro somma avrà prodotto non la seconda ma la terza Repubblica, sarà troppo tardi. Non perché non si potrebbe tornare indietro, ma perché la maggioranza avrà assorbito i cambiamenti come naturali e si sarà, per così dire, mitridatizzata. Un nuovo Malaparte potrebbe scrivere un trattato superbo su questa nuova tecnica dello struscio di Stato. Anche perché di fronte a essa ogni protesta e ogni denuncia perde valore provocatorio e sembra che chi si lamenta dia corpo alle ombre. Pessimismo globale, dunque? No, fiducia nell’azione benigna del tempo e della sua erosione continua. Una trasformazione delle istituzioni che procede a piccoli passi può non avere tempo per compiersi del tutto, a metà strada possono avvenire smandrappamenti, stanchezze, cadute di tensione, incidenti di percorso. È un poco come la barzelletta sulla differenza tra inferno tedesco e inferno italiano. In entrambi bagno nella benzina bollente al mattino, sedia elettrica a mezzogiorno, squartamento a sera. Salvo che nell’inferno italiano un giorno la benzina non arriva, un altro la centrale elettrica è in sciopero, un altro ancora il boia si è dato malato… Tagliare la testa al re o occupare il Palazzo d’Inverno è cosa che si fa in cinque minuti. Avvelenare qualcuno con piccole dosi d’arsenico nella minestra prende molto tempo, e nel frattempo chissà, vedrà chi vivrà. Per il momento, resistere, resistere, resistere.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/noi-contro-la-legge/2127975

P.S.

riprendo questo intervento di Luciano Pagano dal suo blog. Puntuale rispetto all'esigenza del dire, consono rispetto ai contesti

http://lucianopagano.wordpress.com/2010/06/13/noi-contro-la-legge-berlusconi-e-il-corto-circuito-mediatico/

fonte iconografica: http://filipspagnoli.files.wordpress.com/2008/08/hitler-chaplin.jpg

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