Mancano pochi anni al pensionamento, e finalmente il suo sogno può realizzarsi: tornare nel paese calabrese dov’è nato, godere della luce del Sud, passare le giornate a guardare il mare. Nel frattempo, però, nella sua fabbrica si muore, Milano appare sempre più incomprensibile nel suo orrore sociale e urbanistico e “la peste” della modernità sembra aver tramortito ogni forma di fraternità. Lentamente si avvicina il giorno del ritorno, ma l’operaio calabrese non ha fatto i conti con i figli, che di andare a vivere in Calabria non ne vogliono sapere. Da quel momento in poi da “romanzo di fabbrica” il libro di Maffìa diventa romanzo psichiatrico, perché l’operaio è ogni giorno di più afflitto da una cocciuta mania ossessiva (il paese del Sud come paradiso, la città del Nord come inferno), tanto da rischiare la psicosi paranoide. Chiunque tra i famigliari prova a fargli capire che tornare in Calabria con sei figli grandi è impossibile diviene ai suoi occhi un nemico. Ma il suo progetto non subisce ripensamenti, e infatti alla fine riuscirà a tornare nel suo Eden calabrese, dove riabbraccerà la Casa, il mare, gli odori, la lingua, la pace, a costo, però, di una estrema e autistica solitudine. Milano non esiste è un romanzo scritto con la furia orale di un operaio non acculturato; è un lungo e barbarico monologo viscerale; ma è, soprattutto, un romanzo su quell’umile Italia popolare che ancora odora di pelle, di lavoro, di rabbia, di vino, di sudore e di carne. Un’Italia vera, senza maquillage. Hanno letto il testo ancora inedito Giorgio Barberi Squarotti, Claudio Magris, Alberto Bevilacqua, Luigi Reina e Sebastiano Martelli.
Barberi: “Prima del guaio e di nuovo ora ho letto il tuo romanzo. Secondo me è uno dei pochissimi romanzi davvero degni e grandi degli ultimi decenni e uno dei fondamentali in genere del nostro novecento. Hai mirabilmente reinventato un tema decisivo del nostro tempo diviso e contraddittorio: l’angoscia, l’ansia, l’incertezza, il dubbio fra il nuovo (così confuso e senza valori) e le radici che dovrebbero essere davvero per tutti il riferimento… Pubblicherai il romanzo? Aggiungo che la scrittura è perfetta, elegante, rigorosa, efficacissima”.
Magris: ''Si tratta di un libro scomodo, che arriva nel profondo, che mette dinanzi alla realtà del dolore e della perdita dei valori in maniera violenta. Mi viene da dirti, ma lo faccio con molta cautela perché troppo si è abusato della parola, che hai scritto un capolavoro”.
Bevilacqua: “Lo sapevo che eri bravo, che sei uno dei nostri grandi poeti… con questo romanzo così sincopato, così privo di veli, così rutilante... subito occuperai un posto notevole, alto, anche tra i narratori”.
Reina: “Ho cominciato a leggere come legge un amico, con la disponibilità che sempre ho nei tuoi riguardi e a un certo punto ho sentito i brividi, ho sentito la “cattiveria” dello scavo. La materia trattata è incandescente, viva, e mostra la tragedia del nostro tempo attuale con una efficacia rara oggi tra i narratori non soltanto italiani”.
Martelli: “Io sono un sociologo della letteratura, uno che guarda, oltre che allo stile e alla struttura di un romanzo, anche agli aspetti che toccano il sociale. Ebbene, questo tuo libro è la sintesi perfetta di ciò che oggi sta avvenendo nel Mediterraneo e altrove. Il protagonista è il simbolo di milioni di emigranti che non trovano pace e non sanno inserirsi nei nuovi approdi; è come se il suo essere spaccato in due non potesse, non può mai trovare senso. Credo che tu abbia fatto centro e che ''Milano non esiste'' si imporrà perentoriamente all’attenzione dei critici e dei lettori, diventerà un best seller”.