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giovedì 24 febbraio 2011

Giosuè Rizzi. Giudizio e pregiudizio, di Giosuè Rizzi e Angelo Cavallo, illustrazioni di Emiliano Properzi (Perdisa Pop). Intervento di Nunzio Festa









In sostanza, siamo, con “Giosuè Rizzi. Giudizio e pregiudizio”, ‘ovviamente’, nella biografia d’un bandito d’altri tempi. Siamo, in sostanza, oltre la biografia raccolta con meticolosa Solidarietà da Angelo Cavallo. Veramente nel corpo del pregiudizio. Oltre che, è più che chiaro, del giudizio. E’ questo, diciamo, c’interessa maggiormente. Rizzi è in libertà solamente dal novembre dell’ultimissimo 2010; dopo che, da detenuto e qualche volta da fuggitivo, è stato per anni delinquente comune. Insomma forse non proprio il “Papa di Foggia” come un pentito di camorra volle definire l’uomo. Ma, anche se così fosse stato e quindi tanto potente fosse diventato, non possiamo che leggere la vita di Rizzi Giosuè per intero. Ovvero da quando decide, lui che è classe ’52, di cominciare a essere un fuorilegge. Però partiamo da un altro punto. Che, per quanto sia finanche giusto, l’editore punta su questo libro, su questo volume tutto umano cominciando e sottolineando aspetti d’un rapporto a distanza e vicinanza con il “caso Vallanzasca”. E, lasciatecelo dire, il confronto non è sostenibile. E non per differenza di potere o poteri. Invece questo faccia a faccia fra Cavallo e Rizzi, che la struttura mantiene il racconto d’Angelo Cavallo a riportare vicende cronachistiche in luce e testimonianze dirette di Giosuè Rizzi sulla propria esistenza e sulle sue tante attività, intanto ci spiega il carcere. La vita nel carcere. La vita del carcere. Le vite che sono il carcere. E quanto questo luogo, soprattutto a quanti tanto devono scontare molti anni, incide sulle caratteristiche personali dei detenuti stessi. Per non parlare, infine, del personale di servizio lavorativo negli assilli di queste strutture che sempre dovrebbero reintegrare nella società chi ha commesso qualcosa che non sia ottemperato dalle leggi dello Stato. Per di più, e ripartiamo dal pregiudizio, Rizzi fra le altre cose fu condannato per la “strage del Bacardi” dell’86 nella ancora bollente Foggia. Quanto alla storia, Rizzi si dice e s’è detto innocente per questa. Eppure la cronaca non ci racconta il grido dell’innocenza – almeno intima – quanto piuttosto ci propone di studiare il solito concetto del capro espiatorio. Rizzi e Cavallo, sentiamo adesso i contenuti, non vogliono spingere su una presunta buona anima di Giosué. Infatti si racconta dei furti cominciati in tenerissima età fino agli accoltellamenti vari per amicizia e per onnipotenza nelle varie e diverse carceri italiane (fino alle crisi dei manicomi criminali). Proprio in ragione d’una giusta considerazione d’un personaggio che similmente ad altri ha plasmato, persino a tratti involontariamente, l’immaginario collettivo. Attirando giudizio e pregiudizio. In prima battuta: pregiudizio. Senza scordarci che, è le cose non sono assolutamente cambiate, le carceri italiote sono il purgatorio più l’inferno dello Stato e dell’Antistato. Che lo stato deve punire, molte volte ricorrendo a trattamenti disumani, mentre l’antistato deve cercare quantomeno di sopravvivere. Ma alla fine Giosuè Rizzi comunque è riuscito a riprendersi la sua vita. Dopo tanti patimenti e tante cattive azioni ha voluto riconsegnarsi nelle mani d’una sua vecchia passione. Per sconfiggere pregiudizio e giudizio. Senza aver più debiti con una società che essenzialmente non perdona.

Giosuè Rizzi. Giudizio e pregiudizio, di Giosuè Rizzi e Angelo Cavallo, illustrazioni di Emiliano Properzi, Perdisa Pop (Bologna, 2011), pag. 184, euro 15.00.

mercoledì 23 febbraio 2011

IL LIBRO DI RENFIELD. La vera storia del discepolo di Dracula di Tim Lucas (Gargoyle Books)












Il libro - Nel suo celebre saggio The Annotated Dracula, Leonard Wolf - tra i massimi studiosi del personaggio e dell'opera stokeriana - scrive: «Con il suo brusco annuncio, Il Maestro è vicino, Renfield assume il ruolo di un anti-Giovanni Battista che proclama la nascita di un anti-Cristo», così come il Battista annunciava l'avvento di un Dio buono e misericordioso, Renfield annuncia l'imminente arrivo in Occidente, in primis nell'Inghilterra vittoriana, di un'entità straniera, portatrice di lutto e sciagura. Renfield appartiene dunque all'inquietante stirpe degli annunciatori, di coloro che danno l'allarme, che avvertono della prossimità di eventi sconvolgenti. Ed è proprio l'esaltazione di quest'importantissimo ufficio a costituire la fertile materia narrativa dai disarmanti risvolti del Libro di Renfield di Tim Lucas. La struttura dinamica del romanzo - formata, da un lato, dai diari privati dello psichiatra Seward e dall'altro dalle trascrizioni stenografiche dei racconti del paziente Renfield - agevola la messa a fuoco di molteplici prospettive, sfaccettature e dettagli, nonché il sedimentarsi di un tono incredibilmente realistico. Si ha, così, l'impressione di trovarsi dinnanzi a una sorta di documentario letterario in corso d'opera, attraverso cui il lettore viene direttamente immesso nella mente deformata di Renfield, comprendendo a pieno i motivi che lo hanno spinto a porsi come ambasciatore del Male. Lucas rende manifesto il tributo d'ispirazione a Dracula innestando nel suo romanzo stralci originali che evidenzia in grassetto. Questa vivida e costante interlocuzione con l'opera stokeriana attraverso la selezione di alcune sue parti ha l'effetto di enfatizzare particolari significati e atmosfere, altrimenti solo evocati. Lucas è, dunque, autore che non sfugge l'intertestualità, anzi la cerca, la esplicita, l'esalta. «Cosa fanno molti dei narratori migliori se non tracciare dei parallelismi», egli afferma. Il libro di Renfield è diventa, dunque, testo emblematico della validità di continuare ad attingere dalla storia, inclusa, la storia della letteratura, detentrice di un ruolo di primo piano nella decodifica del reale. Mostrando il suo debito di riconoscenza al Dracula stokeriano, Lucas ne sancisce, quindi, non solo la perdurante modernità, ma persino l'attualità. In tal senso può leggersi il collegamente con l'11 settembre - il Grande Lutto americano prima e occidentale poi - che lo scrittore attua verso la fine del suo romanzo inserendovi un articolo originale scritto all'indomani di Ground Zero dall'amico newyorkese Richard Harland Smith, il quale, per spiegare i sentimenti di devastante precarietà che attanagliano lui e i suoi concittadini, li paragona a quelli provati da alcuni personaggi dell'opera stokeriana verso il catastrofico infiltrarsi di Dracula nelle loro esistenze. Agendo da monito contro la seduzione del Male - un Male che spesso non si è in grado di riconoscere, né tanto meno di combattere e che forgia adepti, responsabili di delitti terribili compiuti in nome di una fede accecante qualsiasi razionalità - la parabola di Renfield seguita ad agganciarsi con le paure più profonde dell'uomo di oggi.

L'autore- Nato a Cincinnati (Ohio) nel 1956, Tim Lucas è un affermato critico cinematografico, curatore della pluripremiata rivista Video Watchdog, attiva da oltre venti anni, e storico collaboratore della sezione video del Mystfest di Cattolica, grazie al suo impegno è stato possibile conoscere pellicole altrimenti invisibili in Italia.

Oltre a varie attività come sceneggiatore, biografo e poeta, Lucas è autore di Mario Bava: All the Colors of the Dark (2007), considerato il saggio più approfondito ed esaustivo sul cinema del grande Maestro italiano dell'horror, premiato con l'International Horror Guild Award. Il libro di Renfield è il suo secondo romanzo dopo Throat Sprockets (1994), ispirato a un graphic novel.

Dal Libro di Renfield - “Immagino che voi, come me, conduciate una vita scissa, diciamo così, tra l'azione esterna e la contemplazione interna. Introspezione, così la chiamano. Io ho sempre prediletto l'introspezione all'azione, e ho passato gran parte della vita a guardarmi dentro. Dentro, amico mio, non c'è altro che un vuoto abissale. Il nostro scopo è riempirlo, non esplorarlo. Non spetta a noi vedere o capire l'opera di Dio. Le risposte alle nostre domande risiedono oltre i nostri limiti, assolutamente fuori dalla nostra portata.”

Dalla Nota finale "La follia e il corpo: le maschere di Renfield"- [.] il romanzo di Lucas, come chiarisce il suo sottotitolo - A gospel of Dracula - è un vangelo, un cammino di avvicinamento al Dio Oscuro, in cui la comunione è rappresentata dal cibarsi della carne e del sangue delle vittime, con un chiaro riferimento ai sacrifici precristiani. [.] Renfield ci lascia intuire "un mondo in cui esiste il male" : il mondo moderno; non perché il male non esistesse prima, ma perché il "secolo breve" ce ne ha concesso la consapevolezza. [.] Il problema svelato dall'esistenza di Dracula è dunque la scissione del mondo, o meglio la perdita dell'innocenza ottocentesca [.] Dracula però è anche uno dei modi con cui il vittorianesimo si sfalda, dando un nome alla resistenza/ribellione nei confronti dell'imperante positivismo. Il finale del romanzo di Lucas, d'altronde, è, con ogni evidenza, un finale etico, in cui ci viene ricordato che ignorare la realtà del male è una delle strade del demonio.

IL LIBRO DI RENFIELD. La vera storia del discepolo di Dracula di Tim Lucas (Gargoyle Books). Traduzione di Elena Cecchini. Con una Nota finale di Alessandro Defilippi

Il libro del giorno: Aspetta primavera, Lucky di Flavio Santi (Edizioni Socrates)






















L’inverno di Fulvio Sant, giovane traduttore e letterato tuttofare, trascorre come il suo metabolismo, dipendente dalle mail altrui e dal tubicino del suo inseparabile aerosol. Un povero cristo del nostro umanesimo che odia il potere e vorrebbe avere il talento di Martin Amis o l’impeto sardonico di Bianciardi, ma si ritrova invece a ruminare i suoi giorni come un novello Fantozzi. La sua vita, mese dopo mese, ha sempre più un sapore agro e con lei gli affetti: ama Giulia, la moglie, clone di Simone Weil, ma desidera Sveva e la sua schiena da nuotatrice. Vive in un Paese dove il futuro è dei giovani ma non il presente e nel quale fa sempre più fatica a riconoscersi. Ogni sua azione gli sembra velleitaria: un sogno con Pasolini che resta in Friuli per tutta la vita, una lettera a Veltroni, insegnare letteratura a giovani brufolosi, vagheggiare la bomba al Pirellone. Non restano che le parole di un poeta, di Simone, amico vero che ormai però non c’è più. Aspettando sempre che la neve sul parabrezza si sciolga e arrivi primavera.

"La notte è fatta per gli uomini che si svegliano di colpo nel cuore della notte. Così anch’io mi sveglio di colpo nell’oceano scuro e sterminato di questa notte. Un triangolo delle Ber mu da formato camera da letto due metri per tre. Soffoco, annaspo, cerco un’ancora di salvezza nel buio fitto delle tenebre, esposto ai gelidi monsoni del mio disorientamento. Mi sento uno struzzo, la testa sotto terra. Accanto a me c’è Giulia. Devo aver svegliato anche lei. Sento che borbotta qualcosa. «Cristo, ho fatto un sogno, un lungo sogno» le faccio, tremando ancora, la gola chiusa e una specie di brina sugli occhi. Cerco di raddrizzarmi. Per un attimo avverto una fitta alla schiena. Allora lei allunga una mano e accende la luce sul comodino. Un cono giallo canarino invade il suo spazio, illuminandole i capelli e parte del cuscino. Non riesco a vederle il viso, mi dà le spalle. Immagino che tenga gli occhi chiusi. «E che hai sognato?» gorgoglia ancora incredula e addormentata. «Ti va se te lo racconto?» le faccio di getto, come se in bocca avessi un tizzone ardente da sputare via prima possibile..".

Flavio Santi - (1973) vive in campagna alle porte di Pavia. Alterna l’attività di traduttore (Balzac, Celan, Gifford, Kelman, Stone, Smith ecc.) a quella di libero docente universitario. È autore di libri di poesia, tra cui Rimis te sachete (Marsilio, 2001), Il ragazzo X (Ed. Atelier, 2004), dei romanzi Diario di bordo della rosa (PeQuod, 1999) e L’eterna notte dei Bosconero (Rizzoli, 2006), della raccolta di racconti La guerra civile in Italia (Sartorio, 2008).
Suoi racconti, romanzi e poesie sono tradotti in numerose lingue.

martedì 22 febbraio 2011

Il libro del giorno: Topi di Gordon Reece (Giunti)





















Impaurite e remissive, Shelley e sua madre sono abituate a subire: dal padre che le ha abbandonate scappando con una ventenne, dalle compagne di scuola che con le loro violenze hanno rovinato il volto di Shelley, dai colleghi di lavoro della madre. Per questo decidono di ritirarsi in una tranquilla casa di campagna lontana da tutto e da tutti: in fondo sono topi e i topi hanno bisogno di un nascondiglio per sottrarsi agli artigli dei gatti. Ma una notte un balordo entra in casa, le lega e le minaccia per ore. La rabbia per l'ennesimo sopruso fa esplodere in Shelley una ferocia mai provata: la ragazza riesce a liberarsi, insegue il ladro e lo pugnala fino ad ammazzarlo con l'aiuto della madre. Nello spazio di una notte, le due donne si trovano trasformate da vittime in carnefici. Da topi in gatti. In un crescendo sbalorditivo di colpi di scena, madre e figlia decidono di seguire il nuovo corso degli eventi. Fino a che punto saranno disposte a spingersi per occultare l'omicidio e restare impunite?

Tua di Claudia Piñeiro (Feltrinelli). Intervento di Elisabetta Liguori













Prendiamo una famiglia latina media, e forse non soltanto latina. Prendiamo una famiglia media. Una donna poco oltre i 40, non bella non brutta, casalinga frustata, dotata di madre tiranna capace di instillarle, anche da lontano, i soliti estenuanti sensi di colpa; un marito di successo ancora piacente; la sua amante adorante; una figlia adolescente, incompresa e incomprensibile, serrata perla nella sua ostrica di dolore. Prendiamo un matrimonio ventennale, comunicazione ridotta all’osso, sesso scarso e silente, solita routine: prendiamo una coppia come tante, insomma, e infiliamoci dentro un evento imprevisto. Un colpo di scena. Mescoliamo il tutto ed ecco “Tua”, romanzo di esordio di Claudia Piñeiro, classe 1960, drammaturga e romanziera, molto affermata in Sudamerica, appena edito in Italia da Feltrinelli. Un thriller ben orchestrato, con scenari che si trasformano vorticosamente fino ad un finale inevitabile. Difficile da credere, ma la forza di questo romanzo sta proprio nella consuetudine, oserei direi nella banalità dei gesti, nell’ovvietà del plot, sviluppato attraverso un lessico immediato. L’autrice narra in prima persona, guarda dritta in telecamera: prese dirette, campi corti, stacchi repentini, e tutto accade esattamente come potrebbe accadere nella vita reale di ciascuno di noi. Leggendo nulla ci disorienta, eppure tutto ci sorprende, anche questa sorta di vivisezione del cuore e delle sue manifestazioni formali e sociali. Come diceva Flannery O’Connor, per il male basta la realtà, non c’è bisogno della letteratura. Il male per Claudia Pinero ha, dunque, il colore e la consistenza collosa di un rossetto. È letteratura quasi senza volerlo essere. La storia, infatti, è sintetizzabile in poche battute: Inés, moglie devota, sospetta che Ernesto la tradisca; ne ha la conferma trovando per caso nella sua borsa da lavoro un messaggio firmato col rossetto. “Tua” è il codice condiviso dai due amanti. “Tua” è il nome del dolore di Inés, quindi, al quale la donna sceglie di reagire con tutta la dignità della quale è capace. Seguendo il marito, la sera stessa lo trova che discute con l’amante in una zona appartata della città. Dopo un’accesa discussione “Tua” viene spintonata da Ernesto e cade, battendo fatalmente e violentemente la testa su un sasso. Il morto c’è, quindi, come in tutte le storie simili; quello che invece manca è il reato. Ernesto sembra innocente. O almeno è questo ciò che Inés vuol credere. Ciò che una donna come lei deve poter credere per sopravvivere. All’inizio la donna decide di non condividere con nessuno questa scoperta, né con il fedifrago né con la figlia, e costruisce una strategia di difesa solitaria. Da qui prende il via il thriller psicologico, in cui tutto vorrebbe essere diverso da quello che sembra, mentre invece è esattamente come deve essere. Anche la tragedia che vive parallelamente la figlia dei due coniugi è un dramma estremamente comune, uno dei quali oggi sono pieni i consultori. Potrebbe accadere a me, a te, potrebbe accadere a chiunque, anche domani stesso. Quello che sembra un triangolo, infatti, è figura solida ben più complicata, ma nota. Stella a più punte, che coinvolge mogli, amanti, figli, sconosciuti, con una ironia ed una comicità tragica che coinvolge il lettore fin nel midollo. Imponendo allo stesso un’immedesimazione tanto obbligata quanto piacevole.

lunedì 21 febbraio 2011

Il libro del giorno: Mammut di Antonio Pennacchi (Mondadori)




















Benassa è lo storico, coriaceo rappresentante sindacale dei lavoratori alla Supercavi di Latina-Borgo Piave. La tuta blu sull'anima, la trattativa nel sangue, era il terrore di ogni direttore del personale. Tutti i comunicati che emetteva il Consiglio di fabbrica, li componeva lui di notte. Ed erano poemi. "Mazzate a rotta di collo sull'Azienda e su tutti i Dirigenti. Come movevano una paglia, lui li tartassava sopra la bacheca." Sapeva fare solo quello. E solo quello aveva sempre fatto. Per anni ha guidato le lotte dei compagni, tra cortei e blocchi stradali, picchetti e occupazioni, conquiste e delusioni, ma ora che bisogna combattere l'ultima decisiva battaglia sindacale, la gloriosa azione collettiva per tenere la fabbrica aperta e sul mercato, Benassa è stanco. Sul punto di mollare. O forse no. Dopo un'occupazione epica della centrale nucleare di Latina, in due giorni di febbrile clausura nel sepolcro dello stabilimento, Benassa cerca di spiegare ai propri compagni le sue ragioni. Perché dopo vent'anni spesi a lottare per loro sta per cedere alle richieste del capo del personale? Perché è sul punto di accettare di essere pagato per stare fuori dalla fabbrica? Questo è il primo libro di Antonio Pennacchi, il suo romanzo d'esordio, una grande epopea operaia scritta nel 1987, quando era lui pure come Benassa operaio in Fulgorcavi, e il suo eccentrico talento doveva vedersela coi turni di notte alle coniche e alle bicoppiatrici.

Warszawa di Fabio Elia (Edizioni La Gru). Intervento di Paolo Merenda












Warszawa è un romanzo strano. Così strano, forse, da non poter essere nemmeno definito romanzo. Una storia la cui trama è semplice: Felix, un polacco, che insegue Felix, un turco, per ucciderlo, nonostante i due non si conoscano e non ci sia reale motivo per l’astio che l’uno prova per l’altro. Descritto così, potrebbe non attrarre il lettore, che invece, una volta aperto il libro e iniziata la lettura, si trova immerso nella storia, ironica, cinica e dai personaggi apparentemente senza senso. Ma proprio questa mancanza di punti cardine apre un mondo completamente nuovo. Dalle forze dell’ordine, che servono la legge in maniera del tutto originale, ai vari personaggi con cui i due Felix interagiscono. Un festival del nonsense, nel quale fa capolino più volte la città di Varsavia, forse la vera protagonista, con i suoi monumenti, le sue costruzioni, le piazze, e la popolazione. Gli abitanti della capitale polacca infatti sono parte della città e della trama, assorbiti dalla loro vita ma che si lasciano prendere dai due Felix. Come Kapustka, ossessiva cassiera del Carrefour-Rapido, che di rapido non ha nulla, la cui vita cambia nel momento in cui incontra l’aspirante omicida e il fuggiasco. Fino ad allora, la sua esistenza era stata scandita dai bip-bip delle compere. Una vita a emozionarsi grazie solo alla verdura che vede passare dalla sua postazione alla cassa e che da quel momento, gradualmente, cambia. Allo stesso modo cambia l’occhio del lettore, quando, col passare delle pagine, trovano spazio le digressioni e i pensieri dell’autore “onniscente senza i” e coglie qualche particolare della storia della città, come è uscita dalla guerra, dai bombardamenti, provata, segnata in maniera indelebile, ma capace di rialzarsi. Come per un condannato a morte, che deve scontare la sua pena in uno stato di salute ottimale, così il Felix polacco, l’aguzzino, aiuta il Felix turco, la preda, quando capisce che sta per perdere le forze. Un incontro, il loro, nel quale si spalleggiano, mangiano l’immancabile kebab, e con la potenziale vittima che, in altri frangenti, fa in modo di non farsi prendere, ma restando vicino all’inseguitore, in modo da non terminare la caccia all’uomo. Tutto prima del finale in crescendo, una danza bizzarra con Kapustka che decide di vivere appieno la sua vita, il folle personaggio di Arunas, aspirante sindaco e padre del Felix polacco, e i due protagonisti alle prese con l’ultima corsa. Un romanzo che lascia, a lettura conclusa, sì il buonumore, ma anche numerosi, e validi, spunti di riflessione.

domenica 20 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il cuore del regno di Arturo Paoli (Dissensi edizioni/Edizioni Creativa)



















I suoi libri e la sua opera a fianco degli ultimi del sud del mondo ne fanno una delle figure (anche se critica) della Chiesa più amate degli ultimi decenni. Da sempre si batte con coerenza per un cristianesimo più autentico e vicino al vero messaggio di Gesù.

Abbiamo costruito e seguiamo un cristianesimo individualista. Tante persone, per fortuna, ora sempre in meno, sono ossessionate dal pensiero di salvarsi l’anima, mentre si continuano ad esportare guerre, a rapinare i beni delle nazioni povere. (…) In questo modo si è spento il messaggio reale di Cristo che è quello di trasformare in modo concreto la realtà attraverso progetti politici guidati dal vero bene.

Introduzione di Gianluca Ferrara

Vivere con frequenza di Paolo Lunghi (Ibiskos-Ulivieri)












Dopo la pubblicazione di “Via Etere” e dopo l’uscita del “RadioLibro”, Lunghi torna in libreria con un nuovo libro che racconta la Radio attraverso i dialoghi di coloro che c’erano, visto con l’occhio dei personaggi che hanno vissuto la storia delle Radio Libere. Una storia dei nostri giorni, le molte facce della stessa medaglia che ha caratterizzato il nostro passato, il presente e che condiziona il futuro di tutti noi. Passaggi fondamentali attraverso il "tempo", il nostro "tempo", quello che abbiamo alle spalle e quello che ci resta da "vivere... con frequenza ".

Tappe importanti vissute attraverso i protagonisti del vecchio e del nuovo secolo, passando dalla Radio, dalla Musica, dai grandi Concerti, dai Film, dai dubbi e dalle speranze della nostra Storia personale.

Un’analisi sulle dinamiche dell’informazione e sulle logiche mediatiche, raccontate attraverso i dialoghi dei protagonisti e dei fatti realmente accaduti, che hanno determinato cambiamenti epocali e storici.

Un libro edito da Ibiskos-Ulivieri che già da oggi può vantare la vincita dell’Oscar della Radio 2010, prestigioso premio nazionale organizzato da Tonino Luppino nel comune di Vibonati.

Il libro vede oltretutto la preziosa partecipazione, con pezzi scritti di pugno, di molti personaggi noti del modo della comunicazione che, ognuno per il proprio ruolo, ha condiviso e vissuto la storia raccontata quali: Carlo Conti, Marco Baldini, Marco Liorni, Dario Ballantini, Cristiano Militello, i cantanti: Marco Masini, Leee John, Ronnie Jones, Belen Thomas, Ryan Paris, Laura Luca, il giornalista Antonio Mancini, la giornalista e On. Tana de Zulueta, oltre ad Annalisa Marconcini, il prof. Cristiano Mazzanti, l’ing. Marco Lastri, l’assessore alla cultura Eleonora Caponi e la dirigente scolastica Rossana Ragionieri, che ha redatto l’introduzione.

Un viaggio nell’etere, con la musica, la creazione dei format anche attraverso i messaggi racchiusi nelle canzoni, i rapporti d’identificazione con i personaggi della radio, i film, i grandi concerti che hanno caratterizzato il nostro tempo, partendo dalla Sicilia facendo tappa in Toscana e passando attraverso molte città e paesi quali: Livorno, Firenze, Sapri, Empoli, Napoli, Roma, Venezia etc… per concludersi a Londra al mitico concerto dei Pink Floyd del 6-8-88 e poi con l’estrema espressione del concetto di normalità nelle sue molteplici e soggettive facce, anche in ambito religioso e sessuale, a Brighton città cara all’autore, sul prato del Royal Pavillion,

Un libro ricco di domande e forse risposte, che attraversano il "tempo" e che incidono sul nostro modo di vivere e giudicare, insomma una profonda storia dei nostri giorni che vale veramente la pena di “vivere”, cercando di non essere la persona sbagliata nel posto sbagliato.

Un libro pubblicato grazie al supporto di REA Radiotelevisioni Europee Associate ed Assoartisti/Confesercenti, e al contributo dell’Avis, e i Fornai Pasticcioni.

sabato 19 febbraio 2011

Il libro del giorno: I 99 giorni che travolsero il Cavaliere di Philip M. Godgift (Fazi editore)






















Protagonisti del romanzo/saggio di Godgift sono i principali politici italiani che si muovono, parlano e agiscono in maniera più che realistica durante i 99 giorni che portano alla caduta del Cavaliere. Attentati, sesso, violenza, lusinghe, ricatti, pedofilia e congreghe occulte si intrecciano sullo sfondo cabalistico della lotta politica in vista delle nuove elezioni che devono decidere le sorti dell’Italia.
Sembra tutta fantasia, si tratta invece di uno scenario verosimile, per non dire del tutto veritiero nell’immediato futuro: con un tono grottesco e a tratti esilarante, l’autore costruisce una campagna elettorale insanguinata e costellata di finti dossier, una svolta autoritaria che spingerà il Presidente Napolitano ad abbandonare il Quirinale e a candidarsi premier per il centrosinistra.

L’autore, Philip M. Godgift, si presenta come un giornalista italoamericano che, inviato a Roma per un’inchiesta sulla pedofilia nella Chiesa, si ritrova ad assistere ai 99 giorni che portano alla caduta del Cavaliere. Su consiglio di un amico italiano ha pubblicato questo suo diario in cui ha annotato, giorno dopo giorno, senza ipocrisie e ambiguità, le impressioni ricavate dall’osservatorio privilegiato della sala stampa estera.

È stato però insinuato che Philip M. Godgift non sia un inviato straniero, ma che si tratti del nom de plume di due noti giornalisti dei maggiori quotidiani italiani che hanno dovuto indossare i panni esteri per non incorrere nelle ire dei rispettivi editori e dei loro amici variamente sbeffeggiati.

Tocca al lettore scoprire la reale identità dell’autore, aggirandosi tra i mille indizi seminati in questo romanzo che aderisce come uno spiritoso rebus alla storia politica di un’Italia già ricca di misteri irrisolti.

Basta poco di Antonio Galdo (Einaudi)





















Antonio Galdo, con il suo “Basta poco” (Einaudi) illustra quali sono i piccoli gesti coi quali nel nostro quotidiano possiamo incominciare a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti dell’eco-sistema nel quale viviamo e che dobbiamo preservare.

“Lo spreco è stato il motore truccato di un capitalismo senza anima. Ma la grande crisi ci costringe a cambiare. Che fare? Basta poco per una nuova vita, ma può valere molto.” Basta poco per cambiare il mondo, passo dopo passo. E basta poco a chi vuole vivere bene, felice e senza sprechi. Dopo Non sprecare, Antonio Galdo ritorna sul necessario (e possibile) cambiamento del nostro modello di consumo e di sviluppo, raccontando le grandi idee che potrebbero salvare il pianeta, ma anche i comportamenti quotidiani che migliorano il mondo intorno a noi. Se la crisi globale rischia di rendere tutti più poveri, forse vale la pena di riscoprire la sobrietà; se l’inquinamento e lo sfruttamento delle risorse naturali sta minacciando il nostro futuro, forse bisogna capire che si può vivere meglio con meno; se le nostre giornate sono assediate dal lavoro, dal traffico, dallo stress, forse si può tornare a un rapporto più equilibrato con il tempo e lo spazio che ci circonda. Come possiamo liberarci dalla dipendenza del petrolio? Come possiamo utilizzare meglio gli strumenti tecnologici che abbiamo, senza farcene dominare? Come tornare al piacere della normalità, senza finire nell’ossessione della decrescita? Un libro di storie da tutto il mondo, alla frontiera dell’innovazione, ma anche della dimensione individuale delle nostre scelte quotidiane.

Antonio Galdo, giornalista e scrittore, ha pubblicato per Einaudi Fabbriche, il romanzo della fabbrica italiana. Per molti anni si è occupato nei suoi libri degli sprechi, denunciando fatti e misfatti della vita pubblica, da Ospedale Italia a Guai a chi li tocca fino a Saranno potenti? In Non sprecare (Einaudi, 2008) ci racconta lo spreco peggiore: quello che ognuno di noi coltiva nell’indifferenza e nell’egoismo. E ci porta a scoprire uomini e donne straordinari: quelli che non sprecano. Nel 2011 ritorna con Basta poco raccontando le grandi idee che potrebbero salvare il pianeta, ma anche i comportamenti quotidiani che migliorano il mondo intorno a noi.

venerdì 18 febbraio 2011

Il libro del giorno: Una forma di vita di Amélie Nothomb (Voland)


















"Quella mattina ricevetti una lettera diversa dal solito". Inizia così l'ultimo libro di Amélie Nothomb, in cui la scrittrice si confronta con un genere che conosce bene, quello epistolare. Amélie infatti passa parte del suo tempo a rispondere alle lettere dei suoi numerosissimi fan. La lettera arriva da un soldato americano di stanza a Bagdad, Melvin Mapple. Siamo agli inizi della presidenza Obama. L'uomo spera di tornare a casa. Come molti soldati americani in Iraq è afflitto dalla bulimia e da un'obesità sempre più preoccupante, legate alla paura degli attentati, all'orrore della repressione e alle costrizioni della vita militare. Poco a poco Amélie si affeziona al soldato Mapple e ai suoi compagni obesi, quelli di taglia XXXXL. Per aiutarlo a trovare una via d'uscita, gli suggerisce di praticare la body art fotografando sé stesso e il cibo in ogni momento della giornata. All'improvviso però Melvin Mapple smette di scriverle e Amélie, sconcertata, tenta di ritrovarlo... Il finale è naturalmente del tutto inatteso. In questo romanzo l'autrice torna ad affrontare temi a lei profondamente congeniali, come la bulimia, la solitudine e la fuga nella monomania.

La città di Adamo di Giorgio Nisini (Fazi editore)










Dopo La demolizione del Mammut, vincitore nel 2010 del Premio Corrado Alvaro Opera Prima, finalista al Premio Tondelli 2009, Giorgio Nisini esce con il nuovo e atteso romanzo, un “giallo morale e esistenziale” (Massimo Onofri), che si propone, grazie alla messa in scena di un conflitto all’apparenza insanabile tra dato razionale e intuitivo, come punto di partenza per un “realismo metafisico” italiano. Una storia sui limiti della conoscenza, sulla difficoltà di separare il bene dal male. La città di Adamo è il romanzo che Fazi Editore candida alla 65° edizione del Premio Strega. Marcello Vinciguerra è un imprenditore agricolo di successo. La sua azienda, ereditata dal padre, è una tra le più importanti d’Italia. Ha una bella moglie, Ludovica, donna sofisticata e complessa, proprietaria di un negozio di arredamento e amante del lusso e del design, vive in una bella casa, conduce una vita – almeno in apparenza – piena di sicurezze. Una sera, però, un servizio televisivo dedicato a un potente boss della camorra fa riaffiorare nella sua memoria un ricordo dell’infanzia. E con il ricordo il dubbio. Quel boss era lo stesso uomo che lui e suo padre incontrarono, tanti anni prima, in mezzo a strani edifici a forma di cilindro? Chi era davvero suo padre? E quale ombra si nasconde nel passato della sua famiglia? L’inquieto affollarsi di queste domande spingono Marcello a una ricerca ossessiva della verità, che in una crescente spirale di avvenimenti – tra cui la scoperta di una misteriosa fotografia risalente ai primi anni Cinquanta e un breve viaggio in un’immaginaria cittadella camorrista – lo porterà a scontrarsi con un mondo inafferrabile e ambiguo, in cui tutti possono essere onesti o collusi, corrotti o corruttori.

Giorgio Nisini è nato a Viterbo nel 1974. Studioso di cinema e letteratura, insegna Sociologia della letteratura all'Università di Roma "La Sapienza”. Il suo primo romanzo, La demolizione del Mammut (Perrone, 2008), ha vinto il Premio Corrado Alvaro Opera Prima ed è arrivato tra i cinque finalisti del Premio Tondelli.

giovedì 17 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il futuro bruciato di Stefano Montanari (Dissensi edizioni)













Un viaggio affascinante in quella pallina blu tanto piccola per l’Universo e tanto grande per noi che è il pianeta Terra. L’Uomo ci abita da due milioni di anni e per tre quarti di questo tempo è vissuto come qualsiasi altro animale. Poi… Poi un gigante cugino di Giove gli ha regalato il fuoco e da lì l’Uomo ha cominciato, prima lentamente, e via via a velocità crescente, a cambiare se stesso e l’ambiente. In bene o in male? In maniera snella e divertente, Montanari ci fa da guida nella visita ad un pianeta che forse non conosciamo del tutto, spiegandoci in termini semplici quali sono le leggi della Natura da cui non si può sfuggire, quali sono le conseguenze dell’essere l’unico animale che produce rifiuti e che spreme energia, che cosa sono le polveri sottili di cui tanto si parla e di cui poco si sa… Insomma, un libro facile che chiarisce le idee su argomenti universali diventati di stretta attualità per i problemi planetari ora improvvisamente, e quasi a sorpresa, sotto gli occhi di tutti ma che sarebbero stati facilmente pronosticabili semplicemente applicando le conoscenze scientifiche acquisite da tempo. E, allora, sulla scorta di ciò che sappiamo ora vediamo di pronosticare il futuro. Bello o brutto dipende solo da noi.

Illustrazioni di Vilfred Moneta

Come vendere un milione di copie e vivere felici di Antonio D'Orrico (Mondadori). Intervento a cura di Elisabetta Liguori












Il grande Vladimir Nabokov, preso come era dal rigore naturale di farfalle e lepidotteri, oltre che dalla letteratura, era solito affermare che il vero scrittore non deve essere un precettore, né una guida morale, né tanto meno un sociologo. A suo parere doveva sforzarsi di essere invece un illusionista. Un abile mago. Di Nabokov, è certo, possiamo fidarci e permetterci dunque di immaginare Antonio D’Orrico come un giocoso Haudini.

Critico letterario, giornalista, opinionista, festoso scrittore di tendenza D’Orrico, con il suo romanzo Mondadori dal provocatorio titolo “Come vendere un milione di copie e vivere felici” tenta infatti la strada di una funambolica evasione. Con la forma del romanzo grottesco, Antonio D’Orrico ci racconta il dorato, equivoco, strabiliante mondo della letteratura e il primo desiderio che si prova leggendone è quello di fuggire. Perché stupirsene? A certi giochi D’Orrico ci ha abituato da tempo, attraverso miracolose recensioni, che, più che far critica, fanno satira, costume, colore. Le sue castigant ridendo mores, direi quasi, secondo le più nobili tradizioni latine. Letterato sempre pronto ad incenerire miti, colpire eccessi, ridimensionare correnti o incoronare romanzi capolavori da altri trascurati, d’Orrico ha scoperto scrittori sommi, creato paralleli e confronti tra diverse letterature, che a molti colleghi erano sfuggiti. È stato il caso di Faletti, Piperno e Cappelli. La recente esaltazione per i romanzi di Gaetano Cappelli resta la battaglia più meritevole, la più ardua e, nello stesso tempo, la più affine. Per certi versi, infatti, lo stile di D’Orrico ricorda proprio quello caustico, brioso ed amaro del grande Cappelli, pur senza toccarne i vertici passionali. La storia in sintesi? Il prof Federico Sicoli insegna agli allievi della Scuola Superiore di Scrittura “ C. Pavese”. Scrivere è un “ruba ruba”, spiega sin dalle sue prime lezioni, e, per far sì che gli aspiranti scrittori se ne convincano, fa addirittura indossare loro le mascherine nere della Banda Bassotti. Da questo incipit prendono il via le avventure, tra il comico e tragico, di due allievi in particolare: Vittorio Campari e Kashmir Paolazzi, due individui particolarmente dotati, con i quali, in tempi diversi, il prof Sicoli ingaggia un vero e proprio duello, a suon di pubblicazioni, sortite nei salotti della buona società, folli sceneggiature, fiction e sgambetti vari. Nessun colpo è escluso. Nel nome della Scrittura, infatti, per Sicoli sono possibili molte nefandezze. Lo scrittore deve sapersi trasformare di continuo, afferma il docente con cognizione di causa, mascherarsi, usare il nome giusto al momento giusto, deve saper infrangere ogni tabù, essere senza vergogna, senza pudore, deve sapere preservare, conservare se stesso e le proprie parole, perché nulla si cestina, ma tutto si ricicla. Ciò che più conta per lo scrittore, infine, è conoscere, sempre e comunque, le giuste domande (mentre le risposte, invece, non contano granché!). Siamo quindi dinanzi ad un romanzo gioco, che ha tutta l’aria di uno sberleffo nei confronti di quanti, in quello stesso mondo, tendono a prendersi troppo sul serio. Una serie di scatole cinesi, con rimandi dotti ad altri romanzi, citazioni, coriandoli d’arte che oscillano tra il noir e la commedia, con risultati a volte sorprendenti. D’Orrico, quindi, sembra davvero dotato di una sorprendente tecnica circense, producendosi in questa sua nuova, talentuosa risata, ma quello che latita, forse scientemente, nel suo romanzo è giusto il cuore. O, meglio, la pietas, quella rivolta alle miserie e alle debolezze degli uomini, pure tanto cara ai latini.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il libro del giorno: Gli ingegneri non vivono funzionano di Federico Bellucci (Fazi editore)












Proprio così noiosi? - Identikit dell'ingegnere - Da bambino - L'università - In cerca di un lavoro - Lavori tipici - Il nucleo familiare - Il rapporto di coppia - Hobby - Il senso dell'umorismo - I diversi rami - Le rivalità - Gli ingegneri e il sesso - Gli ingegneri e il lavoro - Definizioni e dimostrazioni. Questi alcuni dei capitoli in cui è suddiviso questo spassosissimo libretto che prende di mira una categoria come quella degli ingegneri attraverso la disamina di luoghi comuni, barzellette e battute che ne tratteggiano ironicamente la figura. Dal suo identikit alla vita quotidiana, l'ingegnere-tipo è descritto nei minimi particolari grazie alle acute osservazioni dell'autore - ingegnere a sua volta - che, con uno stile semplice ma pieno di verve, riesce a coinvolgere chi legge in maniera irresistibile.

Federico Bellucci, laureato in ingegneria elettronica con indirizzo informatico, è nato e vive a Roma.


Federico Bellucci

Gli ingegneri non vivono, funzionano!

pp. 96 ca. - euro 10,00

isbn: 978-88-6411-149-0

Ci sono cose che una non può fare scalza, di Margarita García Robayo, traduzione di Claudia Tarolo (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa












Le donne di Margarita Robayo, ovvero tutte le donne del mondo, ovvero le nove donne – Julia, Beatriz, Sofia, Mary, Lili, Miriam, Susy, Diana, Rina – del mondo esemplare di M. G. Robayo sono ritratte all'altezza d'un dettaglio. Che interamente è capace di spiegarci la vita della protagonista delle vicende del racconto. E, alla fine, il fattore che siamo ovviamente in una dimensioni d'incroci fra soggetti è quasi secondario. Potremmo trovarci in più angoli del pianeta, ma quel che è sicuro è che intanto siamo in una città: lo si comprende, soprattutto, da ritmi di vita e spazi analizzati col flash. Queste donne narrate dalla giovane autrice colombiana, di stanza in Argentina, sono infiocchettate grazie al talento della scrittrice - con il quale è brava a sperimentare il dettaglio (firmare chiuse vitali e contro la vita che non lasciano in bocca il gusto del non detto); nonostante tutto. Se Julia è l'anima sicura di sé, dall'altra parte della finestra spunta Beatriz che seppure in banca incontri l'ex d'una sola volta Carlos, è moglie dell'Arturo che la stessa Beatriz porta a letto. E attenti al tacco. Mentre Sofia aspetta Rodrigo che fa il medico in Africa, allo stesso barista che aveva incontrato Beatriz fa mettere le mani sensuali sul suo golfino dono del maritino. Dimenticando l'amica Mary, che ha come ex marito il Carlos di prima. Eccetera. A ognuna di questa anime, però, anzi ovviamente, manca qualcosa. Tutte queste donne sono soddisfatte solamente in parte. Eppure godono almeno le loro piccole soddisfazioni. Il solito uomo, invece, ha una serie di colpe. A seconda dei casi che si vogliano analizzare o solo ascoltare. Le doti di Margarita Garcìa Robayo non si fanno notare esclusivamente per il fatto che letto un racconto si voglia subito correre al successivo, ma quando nella quotidianità riscoperta viene eliminato lo strato di banale pronto a mettere il cellofan a descrizioni su descrizioni. Qui la penna pazzerella e a tratti sarcastica della autrice beve ogni respiro pronunciato di nascosto dalla donna. Senza dubbio, il racconto più bello parla dell'ex bambina prodigio. Quella che non si toglie di dosso l'immagine di se stessa premiata continuamente in televisione per la sua forza nei quiz. Non più bimba, la donna è ancora piccina. Con in più la certezza assoluta rappresentata da un padre che non la sostiene come dovrebbe. Inutile privilegiare autori statunitensi, soprattutto, terra d'adozione creativa della scrittrice. Perché il piccolo canto della Robayo permette di ripensare all'intera figura della donna. Ed è certo che sempre ce ne sia ancora bisogno.

martedì 15 febbraio 2011

Il libro del giorno: Il libro rosso di Carl Gustav Jung (Bollati Boringhieri)
















Carl Gustav Jung lavorò al Libro rosso dal 1913 al 1930 e ancora in tardissima età lo definì l'opera sua capitale. L'opera in cui aveva deposto il nucleo vitale e di pensiero della sua futura attività scientifica. Eppure non volle mai autorizzarne la pubblicazione, e dopo di lui anche gli eredi si attennero alla consegna. Così solo oggi, a ottant'anni dalla sua conclusione e a mezzo secolo dalla morte del suo autore, questo testo straordinario esce dal caveau della banca svizzera in cui era conservato. Il Libro rosso è il libro segreto di Jung, scrigno privato di un'anima che lì si cela nella sua nudità, e che un comprensibile pudore ha inteso proteggere da sguardi curiosi, e si situa al centro di una straordinaria sperimentazione artistica e psicologica che ne fa un unicum nel panorama novecentesco. Quella che Jung chiamerà più tardi "immaginazione attiva" e che fu ampiamente utilizzata in questo volume, è appunto lo strumento inedito di cui egli si servì, nel corso della sua discesa agli inferi, per suscitare i contenuti archetipici della psiche e oggettivarli attraverso il dialogo interiore, la scrittura, la pittura, la scultura. Prefazione di Ulrich Hoerni.

Afra di Luisa Ruggio. Il nuovo book trailer

lunedì 14 febbraio 2011

Il libro del giorno: La fuga del signor Monde di Georges Simenon (Adelphi)





















In una bella mattina d'inverno, mentre il suo autista lo portava, come ogni giorno da trent'anni, nella ditta di import-export fondata da suo nonno, Norbert Monde ha deciso di scomparire. Anzi no: non c'è stato niente da decidere. "Probabilmente lo aveva sognato spesso, o ci aveva pensato così tanto che adesso aveva l'impressione di compiere gesti già compiuti": farsi radere i baffi, scambiare il completo dal taglio elegante con un abito di seconda mano, andare alla Gare de Lyon, chiedere un biglietto di terza classe per Marsiglia. Ma perché è accaduto proprio quel giorno? Forse perché era il suo compleanno; o forse perché, alzando gli occhi, ha visto i comignoli rosa stagliarsi contro un cielo di un pallido azzurro in cui fluttuava pigra una minuscola nuvola bianca - e gli è venuta voglia di vedere il mare. Quando finalmente se l'è trovato davanti, il signor Monde ha pianto. E quelle lacrime, che si portavano via "tutta la stanchezza accumulata in quarantotto anni", erano dolci, "perché ora la battaglia era finita", e lui era finalmente come uno di quei clochard che dormono sotto i ponti di Parigi, e che più di una volta gli era capitato di invidiare. Così è andato a vivere con una tale Julie, che fa l'entraîneuse in un locale notturno di Nizza dove hanno dato un lavoro anche a lui. Ed è diventato per tutti Désiré Clouet, il contabile del Monico. Un giorno, però, gli apparirà dinanzi un fantasma della sua vita di prima: allora il signor Monde riprenderà la sua identità, ma non sarà più lo stesso.

Fantafornication. L'immaginario violato di Luca Vecchi (Montag, collana Le Fenici)













Luca Vecchi, vincitore della sezione Letteratura di MArteLive 2010, si presenta al pubblico con una prima “fantasiosa” raccolta di racconti. In Fantafornication – questo il titolo della raccolta - l'autore scrive nuove sceneggiature per i personaggi che hanno animato l'immaginario infantile di più di una generazione, inserendoli, così, brutalmente in contesti tratti dalla peggiore delle realtà contemporanee. Pinocchio, Winnie the Pooh, Sailor moon e tanti altri diventano i protagonisti di thriller e film drammatici, si mescolano le carte, bene e male vanno a braccetto spingendoci a fare i conti con i bambini che eravamo e con l'ingenuità perduta. Le pagine di Fantafornication metaforicamente stuprano la società, andando a toccare quanto di più “puro” e immune dal degrado possa esserci nel comune sentire. Nel mondo dell'immaginario è sparito il lieto fine. Parliamoci chiaro, in una società come la nostra, la netta distinzione tra bene e male risulterebbe oramai una storia incredibile. Il vizio si vende meglio, il cammino dell'eroe passa per i sobborghi, si ferma dagli spacciatori o in una squallida bettola di periferia a bersi un drink, e soltanto alla fine andrebbe a fare i conti con la morale. E' difatti quello che accade a Pi-key, enorme topo giallo ex-campione dei pesi massimi, oramai alcolizzati e con i postumi fisici di una massiccia cura a base di anabolizzanti: o a Winnie l'orsetto, che si vede Charles Manson fare irruzione al bosco dei 1000 acri per portare semplicemente della sana ed effimera ultraviolenza. Che fine possono aver fatto le mitiche guerriere Sailor in una realtà sempre più mercificatrice sessualmente parlando? Si trovano infatti al ciglio del marciapiede in vendita al miglior offerente.

Luca Vecchi - "Nasce prematuro; nel senso prima del previsto: quando tutti ancora non se l'aspettano. Tuttavia lo fa già essendo anzianodentro. Studia presso il Consultorio di Santa Cecilia in Roma e, benché rimanga colpito in particolar modo dal metodo di raschiamento del Dott. Bove, si dedica a tutt'altro: la scrittura, abbandonando così quella parte della medicina dedicata alla vagina delle future meretrici del domani costrette a mantenere il frutto della loro incoscienza dovuto, niente popo' di meno che, al semplice proferire della frase "...dai, ho un'idea!...vengo fuori..." del genio che le ha condotte in stato interessante raggirandole con un'astuzia decisamente dozzinale. Riceve l'investitura di Cavaliere della Repubblica e dello Zodiaco all'irrisoria età di diciannove anni, declinando la proposta per un lavoro al fast-food di zona, dove la madre, pochi anni dopo, in un conflitto a fuoco, perderà la vita. Morso da un ragno radiattivo, al giovane R.R. vengono asportati entrambi i testicoli, rimpiazzati solo in un secondo momento da due sfere cinesi accordate in chiave di Sol. Nel '94 perde il cellulare in un cinema di Taiwan non potendo telefonare a casa per comunicare che non ce l'avrebbe fatta a tornare per pranzo. Lo scolo lo sorprende in una fredda notte di Novembre, alle porte di Aushwitz, durante il terzo Reich.

Vince il premio Nobel per la franchezza, ma é costretto a declinare per un NEGRONI fatto bene. E non come lo fanno all'Openbar, con i super-alcolici da Discount diluiti con l'indifferenza dalla barman sorpresa dai clienti in piena fase pre-mestruale. Ora scrive alternando coliche renali a mastodontici orgasmi dal retrogusto asiatico minorile con le sue concubine di tredici anni acquistate in Corea del Sud, durante una gita domenicale con la parrocchia. (O era MediaWorld?) Preferisce scrivere le prime stesure dei suoi scritti sulle carrozzerie delle automobili fresche di fabbrica. E' fermamente convinto del fatto che la cromatura metallizzata stimoli il flusso di coscienza umano.

Ora sta pubblicando un libro su questa tesi discussa nel 1862 da lui medesimo alla Bocconi di Milano. (O era MediaWorld?). Nel tempo libero adora sbucciare bambini.

domenica 13 febbraio 2011

Il libro del giorno: Satori di Don Winslow (Bompiani)






















È l'autunno del 1951 e la Guerra di Corea è in pieno svolgimento. Nikolaj Hel, ventiseienne, ha trascorso gli ultimi tre anni della sua vita in una cella di isolamento nelle mani dei soldati americani. Hel è un maestro di hoda korosu, uno stile di combattimento che permette di uccidere l'avversario a mani nude, parla sei lingue e ha affinato uno straordinario "sesto senso", una sorta di acuta percezione di pericolo imminente. Ha insomma tutte le carte in regola per diventare il più inarrestabile assassino del mondo, e la CIA ha bisogno di lui. Gli americani offrono a Hel la libertà in cambio di un semplice lavoro: andare a Pechino e uccidere l'Alto Commissario sovietico di stanza in Cina. Quasi certamente sarà una missione suicida, ma Hel accetta. Ad addestrarlo per questa missione mortale è la bellissima Solange, una e prostituta francese che, però, finisce con l'innamorarsi Hel. Insieme, Hel e Solange si troveranno ad affrontare caos, violenza, sospetti e tradimenti, fino all'ultima fatale e inevitabile decisione.

VULCANO BUONO L’INTERVISTA A RAFFAELE CALAFIORE – NONSOLOPAROLE EDIZIONi a cura di Michela e Alessia Orlando























VULCANO BUONO. L’INTERVISTA A RAFFAELE CALAFIORE (NONSOLOPAROLE EDIZIONI).
NONSOLOPAROLE AL I° SALONE MEDITERRANEO DEL LIBRO. “VULCANO BUONO” DI NOLA

“NON SIAMO LA VOCE. QUELLA APPARTIENE A TUTTI COLORO CHE A VARIO TITOLO PUBBLICANO SUL PORTALE. NOI SIAMO SOLO L’ECO!”
NonSoloParole.Com

I° SALONE MEDITERRANEO DEL LIBRO:

http://www.vulcanobuono.it/it/fiere/salone-mediterraneo-del-libro.html

IL DESTINO DELLA LETTURA E DEGLI E-BOOK, E TANTO ALTRO ANCORA IN UNA “CONVERSAZIONE” CON RAFFAELE COLAFIORE, SCRITTORE E FOTOGRAFO NONCHÉ PROTAGONISTA TRA LE TANTE ANIME DI NONSOLOPAROLE.COM.

Abbiamo svelato come nel Vesuvio ci sia un negozio di colori. Da una delle tante “visioni” è nato l’articolo: http://www.napolimisteriosa.it/alessia-e-michela-orlando-vesuvio-una-surreale-visione/
Siamo state costrette a ritornare sul tema giacché ci siamo imbattute nel “VULCANO BUONO”, quello che si vede dall’autostrada all’altezza di Nola. Quello progettato dall’architetto Renzo Piano, anche lui visionario, ma con attitudine a lasciare segni ben più duraturi dei nostri.
Non ci siamo mai state, limitandoci a guardarlo da lontano, rasentando il torcicollo. E ora ci giunge l’invito a verificare che cosa sia già accaduto e cosa stia per accadere nel I° Salone Mediterraneo del Libro (5-13 febbraio 2011; ingresso libero).

L’invito ci è giunto da Renato Calafiore che, quando ci siamo imbattute in NonSoloParole, ha immediatamente risposto a una nostra mail. Volevamo sapere qualcosa di più sul loro portale. È un web_container che non può non colpire. Eviteremmo di dire quali siano i pregi, giacché certe perle vanno scoperte in prima persona.

Alla seconda mail eravamo ormai sulla strada della concretezza. Volevamo porre qualche domanda e se gentilmente qualcuno ci avesse risposto gliene saremmo stati grate. È tutto qui.

L’INTERVISTA

D– Per l’articolo, vorremmo sapere poche cose. Da dove nasce l’idea del portale?

R – L’idea nasce verso la metà del 2000, quando si assisteva alla crescita esponenziale delle connessioni a internet, e sempre più persone si relazionavano in rete. Un nuovo modo di comunicare si stava facendo strada. La domanda che mi sono posto, e che poi ho condiviso con altre persone, era: in che modo questo nuovo mezzo potrà influire nel fare comunicazione e nel fare arte…oltre che nella fruizione. Da qui l’idea di creare uno spazio che potesse essere punto di incontro tra l’istanza della creazione e quello della fruizione all’insegna della libera circolazione delle idee.

D – A chi i meriti; i collaboratori…

R – L’idea di partenza è stata di Raffaele Calafiore (mia), scrittore e fotografo, ben presto condivisa da altre persone, tutti professionisti della comunicazione. Al nucleo di fondatori, si sono succeduti in questi anni altri e nuovi collaboratori. Tra i co-fondatori, oltre il sottoscritto vanno ricordati: Tristana loj, Ciro Riccardo, Paolo Mazzotta, Sergio Gandrus. Qualcuno si è subito distaccato…qualche altro è rimasto per oltre un anno. A questi si sono poi succeduti, tra i tanti collaboratori, Luciano Mallozzi e Assunta Veneruso. Ma i veri protagonisti sono stati gli utenti del portale che con le loro storie, poesie, recensioni, foto, commenti e sfoghi…lo hanno animato; in una ottica di redazione allargata e organizzata NON verticisticamente, ma in modo orizzontale. Se vuoi… potremmo dire oggi con molta tranquillità che NonSoloParole è stato come un grande BLOG, quando questa parola/concetto era per nulla usata. Poi, nel 2003, è iniziata anche la nostra avventura su carta, con l’omonima sigla editoriale NonSoloParole Edizioni. Un’avventura che dopo una pausa durata due anni (2008-2010), riprende nei primissimi giorni del 2011 con la messa in linea del nuovo portale www.nonsoloparole.com , rifatto nella grafica e implementato nelle funzioni…sempre seguendo una logica di libera circolazione delle idee.
Da subito, nel 2001, avevamo lanciato lo slogan “NON SIAMO LA VOCE. QUELLA APPARTIENE A TUTTI COLORO CHE A VARIO TITOLO PUBBLICANO SUL PORTALE. NOI SIAMO SOLO L’ECO!

D – Cosa si pensa dei nuovi mezzi di comunicazione, da Internet all’iPad, in relazione alla scrittura: sono davvero utili?

R – Sicuramente hanno aperto nuove finestre. In nessun caso hanno soppiantato i vecchi media, ma si sono aggiunti a essi. Un nuovo modo di comunicare e, da qualche anno, con un proprio linguaggio più strutturato. Mi spiego meglio: all’inizio si è pensato di applicare a internet, la stessa logica che governava la carta stampata o la televisione… ed erroneamente all’inizio si pensava che ogni cosa che fosse dotcom o avesse la chiocciolina nel mezzo… fosse destinata al successo… La storia ci ha insegnato che non è cosi. E se provi a guardare l’evoluzione anche degli mesg pubblicitari che passano su internet…puoi immediatamente renderti conto che hanno subito una modifica radicale, rispetto a tv e stampa… anche perché il sistema internet permette di interagire immediatamente e direttamente con il potenziale cliente,,, cosa che non avviene per gli spot tv, con affissioni o cartacei. In merito poi al concetto di comunicazione,,,in termini più ampi: sicuramente internet ha permesso il compiersi di una democrazia. Soprattutto nella circolazione delle idee e dei saperi,,,anche se, però, c’e’ da considerare una cosa importante: la troppa informazione (intesa come valanga di parole/concetti/dati), annulla la stessa informazione, nel senso che la disperde…

D – E gli e-book possono essere-divenire uno strumento che incentivi la lettura?

R – Incentivare la lettura? Questa si che è una bella domanda…In un paese fanalino di coda in Europa per tasso di lettura (dopo di noi ci sono la Grecia e il Portogallo), narcotizzato dalla tv/spazzatura, modificato antropologicamente da venti anni di tv commerciale… Come si fa a recuperare persone verso la lettura?…che poi in sintesi è la disponibilità a porsi in ascolto di un pensiero altro da sé, e riflettere su quel pensiero… Come si fa? È una domanda che mi pongo un giorno si e l’altro pure… Per quanto concerne gli e-book, sicuramente avranno una esplosione, grazie anche ai costi più abbordabili dei lettori portatili,,,ma temo che possa essere solo un fuoco di paglia, legato più alla moda che non alla crescita di lettori. Poi, sarà che sono legato alla puzza della carta stampata, preferisco il cartaceo di gran lunga…anche se NON nego i vantaggi dell’e-book, soprattutto pensando a testi di manualistica,,, codici…legislazione….insomma verso quelle pubblicazioni più tecniche,,,strumentali e meno di svago.


Ma spero di sbagliarmi e che qualcuno tra un po’ mi possa dire… “che c…dici?...dati alla mano non vedi che siamo passati dal terzultimo posto al secondo posto per tasso di lettura/popolazione?”; davvero mi piacerebbe sbagliarmi…

D – Quali dovrebbero essere i requisiti dell’e-book per essere davvero letto, magari anche a scuola? La graphic novel potrebbe essere uno strumento capace di interessare ragazzi e magari gli adulti abituati a leggere i classici?

R – Sicuramente nuove forme di scrittura…e, perché no, anche la novella grafica,,, possono incentivare, appassionare di più, soprattutto quando parliamo di testi di studio…quindi testi imposti e non scelti. Renderli più piacevoli,,,godibili,sicuramente aiuta. Ma credo che il vero lavoro vada fatto nell’educare le persone al confronto… a considerare che esiste un “altro da sé” e mettere in moto un meccanismo di scoperta e di confronto…

la cover è del libro di Giovanni Messina "Diario di una guerra quasi giusta"

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