Ormai sappiamo che la pandemia di coronavirus è molto più di
un'emergenza sanitaria. È come se sorgesse dall'universo delle paure che
da tempo ormai detta la nostra agenda per soppiantarle tutte, e
riscriverle. E se attraverso il mito gli umani generano il mondo, come
ci insegna l'Iliade, allora la pandemia è una figura mitica, una
costruzione collettiva. Che non significa che sia irreale o fantastica,
anzi: si può dire che quasi tutte le scelte, di ogni tipo, fatte dagli
umani negli ultimi cinquant'anni ne abbiano creato le condizioni. Così
Alessandro Baricco prova a pensare la pandemia, in queste pagine lievi e
dense, e ci invita, mentre salutiamo i morti, curiamo i malati e
distanziamo i sani, mentre lo sguardo è fisso sul virus e i suoi
movimenti, a chiudere gli occhi e metterci in ascolto di tutto il resto –
come un rumore di fondo. Ci troveremo un misto di paura e audacia, di
propensione al cambiamento e nostalgia per il passato, di dolcezza e
cinismo, di meraviglia e orrore. Non perdiamo allora l'occasione per
guardare dentro lo choc, per leggerci i movimenti che l'hanno generato e
che ci definiscono come comunità. Se avremo il coraggio di affrontare
la partita, una partita che ci aspettava da tempo, potremmo trovarci
alcune sorprese, potremmo scoprire che questo deragliamento del corpo,
personale e collettivo, è destinato a condurci in territori inesplorati,
e che “chi ha amato, saprà”.
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