«Quando ero nei campi di concentramento e nessuno veniva a liberarmi, mi
chiedevo: come può il mondo essersi dimenticato di noi?». Appena
dodicenne all'epoca della deportazione, Edith Bruck è fra i pochi
superstiti dell'Olocausto, che come i messaggeri di Giobbe sono scampati
per raccontare. "Chi ti ama così" è un romanzo autobiografico in cui il
debito nei confronti del passato e del dolore non può dirsi mai saldato
completamente. Un diario che attraversa il tempo, lo spazio e diverse
lingue, dal quale emerge potente la voce di una donna che ha sentito il
bisogno di ripercorrere la tragedia vissuta, per consegnarci intatti
l'orrore ma anche la speranza di ritornare a vivere. «Ho incominciato a
scrivere questo racconto autobiografico alla fine del 1945 in Ungheria,
nella mia lingua. Ma durante la fuga in Cecoslovacchia persi il mio
quaderno marrone che conteneva anche poesie scritte nell'infanzia e
dedicate a mia madre. Ho cercato poi di riscriverlo più volte nei vari
paesi dove sono stata. Solo a Roma, tra il 1958 e il 1959, sono riuscita
a scriverlo fino in fondo in una lingua non mia».