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lunedì 18 dicembre 2017
Come una mezzaluna nel sole di maggio. Ricognizione della poesia pugliese 1975-1994 (Fallone Editore)
Come una mezzaluna nel
sole di maggio. Ricognizione della poesia pugliese 1975-1994 è volume
antologico contenente i testi di diciotto poeti pugliesi nati tra il 1975 e il
1994, alcuni dei quali già consolidati a livello nazionale e altri ancora
inediti, censiti per generazioni: Gianpaolo Altamura, Francesco Cagnetta,
Attilio Cantore, Antonella Chionna, Giacomo Cucugliato, Michele de Virgilio,
Andrea Donaera, Lidia Fraccari, Simone Giorgino, Angela Greco, Gianluca Maria
Lacerenza, Gianpaolo G. Mastropasqua, Francesco Mola, Vito Russo, Carla
Saracino, Vanni Schiavoni, Ilaria Seclì, Salvatore Tafuro. Nell’immaginario
collettivo, ma anche in qualche misura nella realtà effettiva delle cose, il
poeta è notoriamente consacrato a una giovinezza prolungata, esente dalle
ordinarie classificazioni, dalle categorie socio-demografiche, quasi un animale
mitologico non trasmutativo, al punto da potersi consolidare ‘vecchio’ – e
dunque con una sua rilevanza – solo post mortem. Una mitografia che questo
lavoro tenta in parte di scardinare e lo fa iniziando da un territorio
circoscritto, la Puglia, particolarmente pregno di talento.
venerdì 15 dicembre 2017
A Natale noi de I Quaderni del Bardo Edizioni non vogliamo …
Non vogliamo porti
davanti a dubbi amletici di alcun tipo, ma sappiamo che è un fatto: alcuni di
noi hanno sviluppato una forte idiosincrasia al Natale e vivono dicembre stringendo
i denti e la cinghia, aspettando fiduciosi l’arrivo della Befana (che tutte le
Feste si porta via, urrà!), mentre altri ascolterebbero “Jingle bells”
sorseggiando dell’ottimo spumante 365 giorni all’anno.
Su http://www.iquadernidelbardoedizioni.it/
troverai il modo di essere altro, di essere altrove,
di essere oltre! Buona lettura con i
nostri libri
La danzatrice di Izu di Yasunari Kawabata. Traduttore: G. M. Follaco. Curatore: G. Amitrano (Adelphi)
La danzatrice di Izu
non è una vera love story, ma evoca una situazione tanto universale quanto vaga
e difficile da descrivere: il passaggio, nella giovinezza, di una possibilità
che accende l'immaginazione senza realizzarsi. Dalla postfazione di Giorgio Amitrano
«La danzatrice, che
giaceva proprio lì ai miei piedi, arrossì e si coprì il viso con le mani.
Divideva il futon con una delle ragazze più grandi. Era ancora truccata dalla
sera prima. Le restavano tracce di rosso sulle labbra e intorno agli occhi.
vederla appena svegliata, e così emozionata, mi diede una strana tenerezza.
Forse infastidita dalla luce, si girò dall'altra parte, quindi, con le mani
sempre sul viso, scivolò fuori dal futon e si sedette sul pavimento del
corridoio. "Grazie per ieri sera" disse, poi si inchinò con
delicatezza verso di me, che ero ancora in piedi, confondendomi.»
Scritto nel 1926 e
divenuto a partire dal dopoguerra immensamente popolare, "La danzatrice di
Izu" è la storia dell'iniziazione di uno studente che, per scacciare i
suoi «tormenti di ventenne», si mette in viaggio verso la penisola di Izu. Un
viaggio - nei colori autunnali di boschi incontaminati, catene montuose e
scoscese vallate - che lo segnerà per sempre, giacché, grazie all'incontro con
una giovane artista girovaga, scoprirà la pura bellezza. Kaoru ha lunghe gambe
che rendono il suo corpo simile a un giovane albero di paulonia, occhi
magnifici, e quando ride pare che sbocci: ma soprattutto colpisce in lei la
semplicità piena di stupore, il candore infantile nel mettere a nudo i
sentimenti. Effimera, evanescente, ineffabile nella sua assoluta naturalezza,
la bellezza è dunque - come ci rivelano due magnifiche conferenze del 1969 che
costituiscono il secondo pannello di questo libro - 'ichigo ichie', cioè incontro
unico e irripetibile, miracolosa combinazione di elementi insostituibili: come
il prezioso tè che viene raccolto nella prefettura di Shizuoka la
ottantottesima notte dopo l'inizio della primavera, capace di regalare eterna
giovinezza, lunga vita e salute. Scoprire e registrare fugaci momenti di
bellezza nell'arte, nella natura, nella vita di ogni giorno, e insieme la gioia
e il dolore che suscita la sua impermanenza è precisamente, per Kawabata, la
funzione della letteratura giapponese.
Quel romanzo breve che dalle Alpi di Cuneo abbraccia l’intero arco alpino
“L’altra Montagna” di
Gabriele Gallo è tra le ultime opere pubblicate dal compianto Tommaso Labranca
e racconta la vita di chi resiste sulle Terre Alte, nonostante tutto. Un’ottantina
di pagine inserite nel maneggevole formato della vecchia BUR 10*15cm. Un
libricino di veloce lettura, insomma, uno schizzo sulla quotidianità alpina di
oggi. Un romanzo verosimile sporcato da un linguaggio giornalistico, che
intende stimolare la riflessione sulla moderna concezione di montagna. Gabriele
Gallo, in effetti, è un giornalista trentunenne che nella vita si occupa
proprio di cultura montana, abile a miscelare la dimensione narrativa con
quella autobiografica e documentaristica. Dalle vallate della provincia di
Cuneo è così nato un prezioso volumetto che abbraccia la dimensione delle Terre
Alte in generale, raccontando le difficoltà, le paure e le amarezze dei
montanari di oggi. L’opera, giunta alla sua seconda ristampa, ha gareggiato
pochi mesi fa al premio Leggimontagna 2017 (che ha visto trionfare ancora una
volta Paolo Cognetti con “Le Otto Montagne”) ed è distribuita dalla micro-casa
editrice milanese 20090, fondata dal compianto Tommaso Labranca, eclettico
intellettuale tra i più interessanti degli ultimi decenni. Lo stesso Labranca,
a proposito del lavoro di Gallo, disse: “Mi ha fin da subito colpito per
brevità, precisione e incisività. Non a caso gli spedii una bozza di
impaginazione appena quattro ore dopo aver ricevuto la proposta”. Detto da lui,
forse, c’è davvero da fidarsi per un regalo di Natale che profuma di montagna,
ottimismo e originalità.
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giovedì 14 dicembre 2017
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