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mercoledì 23 agosto 2017
martedì 22 agosto 2017
LA MANTELLA ROSSA DI DOMITILLA CALAMAI e MARCO CALAMAI DE MESA (La Lepre Edizioni)
Questo romanzo, scritto
a quattro mani da padre e figlia, è ambientato alla fine del XV secolo. I Re
Cattolici, Isabella e Ferdinando, hanno conquistato il regno di Granada,
ponendo fine a otto secoli di presenza araba nella penisola iberica. Poche
settimane dopo gli ebrei sono obbligati per decreto reale a scegliere tra
convertirsi al cristianesimo o lasciare per sempre il paese. L’Inquisizione
condanna migliaia di presunti eretici. Nell’ottobre dello stesso anno
Cristoforo Colombo scopre l’America.
In quel clima teso ed
euforico, in Andalusia ha inizio la storia d’amore tra i giovanissimi Clara
Fonseca, figlia di un noto medico converso di origine ebraica, e Diego de Mesa,
di nobile e antica famiglia cristiana. Pochi mesi dopo, Diego diventa capitano
di cavalleria nella conquista di Tenerife, l’ultima delle Canarie ancora nelle
mani degli indigeni. Da quel momento, le loro vite entrano con forza nella
Storia, tra fughe nella Roma dei Borgia e la conquista di un mondo sconosciuto.
Una narrazione avvincente, che alterna l’amore contrastato tra i protagonisti
con la tensione epica degli eventi storici narrati.
DOMITILLA CALAMAI - diplomata
all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica con Andrea Camilleri e Luca Ronconi.
Si è occupata di comunicazione per cinema, televisione e cultura. Imprenditrice
agricola, produce olio biologico. Ha scritto e pubblicato saggi, racconti e
romanzi, tra cui Vado via (Baldini Castoldi Dalai ), Tutta colpa di Fidel (La
Tartaruga/Baldini Castoldi Dalai, pubblicato anche in francese da Actes Sud )
da cui è stato tratto il film La Faute a Fidel di Julie Gavras con Stefano
Accorsi e Julie Depardieu.
MARCO CALAMAI DE MESA -
ingegnere, dirigente sindacale, giornalista presso diverse testate, italiane e
spagnole, funzionario Onu in America latina e Medio Oriente. Consigliere
speciale della Coalition Provisional Authority in Iraq (Nassiriya), si è
dimesso in aperta polemica con l’occupazione americana. Ha pubblicato saggi e
libri su Spagna, America latina, Kosovo, Iraq. In particolare: Diario da
Nassiriya da cui è stata tratta la miniserie televisiva Nassiriya (regia di
Michele Soavi con Raul Bova) e l’autobiografia Contromano. È stato decorato per
meriti civili dal Re di Spagna.
lunedì 21 agosto 2017
Top 10 Biggest Differences Between The Lord Of The Rings Movies And Books
A Galatone e Copertino Lettere da una Taranta di Raffaele Gorgoni il 22 e il 23 agosto 2017
Primo
appuntamento - Per la rassegna Estate Galatea, con il Patrocinio della Regione
Puglia (Assessorato all’Industria Turistica e Culturale), dell’Assessorato alla
Cultura della Città di Galatone, e la collaborazione di A Levante spaziper la
ricerca, l’arte, la memoria, il territorio di Galatone, e del Movimento di
Cooperazione Educativa Il Piccolo Principe martedì 22 agosto 2017 ore 21,00
presso il Giardino del Palazzo Marchesale in Via Castello a Galatone ci sarò la
presentazione del nuovo libro del giornalista e scrittore Raffaele Gorgoni (I
Quaderni del Bardo Edizioni). Interverranno insieme all’autore l’editore
Stefano Donno, e Giulia Santi. Letture del testo a cura di Marco Inguscio. E’
previsto un “momento pizzicato” a cura dell’Associazione Punto Danza e
un’installazione fotografica a cura di Carlo Elmiro Bevilacqua.
Secondo
appuntamento - Il 23 agosto alle ore 21.00 a Copertino (Lecce) atrio Palazzo
Comunale (Palazzo Briganti) in via Malta 10 a Copertino ”, con il Patrocinio
dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Copertino, e di
Copertino Borgo Autentico d’Italia nell’ambito della Rassegna Estiva “Senza
Fine”, ci sarà la presentazione del
libro "Lettere da una taranta. I ragni e la politica", di Raffaele
Gorgoni edito da I quaderni del bardo edizioni. Conversano con l’autore
Cristina Prenner, il Sindaco di Copertino Sandrina Schito, . Interverrà
l’Assessore alla Cultura Cosimo Lupo, e l’editore Stefano Donno. Sono previste
azioni “pizzicate” a cura di LUANA CHIRIATTI, dell'Accademia Scena Muta di
Copertino
Lettere da una
taranta – I Ragni e la Politica è l'ultima fatica letteraria di Raffaele
Gorgoni. Originalissimo il testo in cui dopo tante pizziche e notti
melpignanesi è proprio la tanto " bistrattata, odiata e amata, adulata e
disprezzata, incensata e criticata, vezzeggiata e maltrattata" Taranta ad
esserne la protagonista. È proprio lei la Lycosa Tarantola ad infrangere il
velo di omertà e dire tutto quello che pensa del Salento, dei politici, della
notte della Taranta e delle tarantate. E lo fa scrivendo delle lettere ad un
essere umano di cui probabilmente non conosce neanche il nome, ma che è
l'interlocutore più adatto ad accogliere le sue opinioni e i suoi sfoghi
confidenziali, finalmente libera dalle catene di tradizioni e grottesche
maldicenze.Le lettere sono precedute da uno sfogo vocale che l'autore traspone
in dialetto e poi parte il racconto storico che non lascia spazio alla noia.
Tutto è condotto con accuratezza di dettagli e con grande semplicità,
catturando il lettore ansioso di scoprire aneddoti ed episodi storici, e quasi
“mitologici” un po' forse dimenticati che si sono succeduti negli stessi
vent'anni della notte melpignanese e che riaffiorano nella memoria con grande
godimento. Il contenuto all'interno delle lettere è quasi sfacciato, perché la
Taranta si toglie finalmente tanti" sassolini nelle scarpe" (proprio
come il titolo della collana editoriale diretta dallo stesso Gorgoni) rivelando
cose viste entrando in quei luoghi dove gli umani non avevano accesso. Lo sfogo
di una taranta non può certo incorrere in accuse partitiche e per questa sua
immunità è libera di raccontarci fatti ai più sconosciuti. Dalle prime forme di
tarantismo alla sua quasi sparizione con le prime emigrazioni verso il nord
anche da parte delle donne, con le assunzioni nelle fabbriche quando il morso
che provocava convulsioni sincopate viene sostituito dal valium o da una seduta
dal parrucchiere. La scrittura ha il ritmo sincopato del tamburello ancestrale,
e chi legge è preso nel vortice delle notizie e degli episodi raccontati.
Parallelamente ai vent'anni della notte della Taranta nulla viene dimenticato.
La politica con eventi non sempre edificabili, gli antropologi, gli scienziati,
gli anni cinquanta, la televisione, il muro di Berlino, l'Ilva, la democrazia,
la prima Repubblica, i vari politici che nel Salento hanno fatto il buono e il
cattivo tempo, i flussi migratori e l 'incapacità di trarne beneficio derivante
da altre culture. Non vengono tralasciati neanche Ovidio e le sue Metamorfosi,
Plutarco, l'Odissea , l'Iliade e Dante. La Taranta nelle sue lettere non
dimentica di criticare personaggi che si sono mossi nell'ambito della kermesse
di Melpignano, ma fa anche tanti elogi a chi aveva capito sin dall' inizio il
senso vero di quella manifestazione. Chi pensava, avendo in mano il libro, di
trovarsi dinanzi ad una favola moderna avrà la piacevole sorpresa, leggendolo,
di avere in mano un pezzo di storia ironicamente descritta dall' autore con la
sua solita penna insolente.
iQdB edizioni
di Stefano Donno(i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Sede Legale e
Redazione: Via S. Simone 74 - 73107 Sannicola (LE)
Info Link
- http://www.iquadernidelbardoedizioni.it/
sabato 19 agosto 2017
Letteratura e fotografia di Silvia Albertazzi (Carocci)
La fotografia, fin dal
suo apparire, ha influito sulla letteratura sia a livello tematico sia sulla
stessa scrittura, mutandone attitudini, modi e ritmi e aumentandone
l'autocoscienza. Il volume considera tanto la tematizzazione attraverso il
ricorso a elementi quali il ritratto fotografico, l'album di famiglia, la foto
vernacolare e l'apparizione del fotografo investe di personaggio e/o narratore
quanto l'imporsi di una vera e propria "scrittura fotografica". Da
Nathaniel Hawthorne àiphoto-books contemporanei, dal dagherrotipo al digitale,
si propongono varie letture (e usi) della fotografia in letteratura:
dall'utilizzo metanarrativo della figura del fotografo alla metafora della
fantasmatizzazione, frammentazione e perdita di identità; dall'ausilio per la
memoria all'esaltazione del feticcio e del simulacro; dalla riflessione sul
tempo e sulla mortalità alla poetica dell'istante decisivo.
venerdì 18 agosto 2017
Il buon vino del signor Weston di Theodore F. Powys. Traduttore: G. Pannofino (Adelphi)
Con questo romanzo del
1927, da molti considerato il suo capolavoro, Powys sembra essere riuscito a
condensare più che in ogni altro suo libro – protetto dall’onnipresente «humour
di pece» – la qualità essenziale del Male: impedire al Bene di essere riconosciuto.
Un pomeriggio di fine novembre del 1923, un vecchio furgoncino Ford con a bordo
due uomini fa il suo ingresso in un piccolo villaggio della campagna inglese,
seguito dall'apparizione in cielo di una grande scritta luminosa: «Il buon vino
del signor Weston». Nella locanda al centro del villaggio, dove gli uomini si
ritrovano ogni sera intorno al fuoco «come miti piante carnivore», il vecchio
orologio a pendolo si ferma e un inspiegabile senso di attesa si diffonde fra
gli ignari e malvagi abitanti, accompagnato solo dal vago presentimento «che
sarebbe successo qualcosa»: come se di lì a breve «la vacca zoppa stesse per
partorire un vitello a sei zampe». Da dove vengono quei due stranieri dall'aria
familiare? Cosa si nasconde all'interno del furgone e che cosa sono venuti a
vendere? Con questo romanzo del 1927, da molti considerato il suo capolavoro,
Powys sembra essere riuscito a condensare più che in ogni altro suo libro –
protetto dall’onnipresente «humour di pece» – la qualità essenziale del Male: impedire
al Bene di essere riconosciuto. Perché «come tutti sanno, l'evento più
importante e gravido di conseguenze passa spesso inosservato e viene ignorato
da quasi tutti i nostri simili. E se davvero un giorno l'Eternità arrivasse,
potete star certi che nessuno ci farebbe caso».
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