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giovedì 17 agosto 2017
Sideralgia di Marta Vigneri (I Quaderni del Bardo Edizioni)
La ferita che sai dire,
non è ferita.
La ferita s'apre prima
del nome.
È anteriore alla voce.
È lì, nel disabitato, e
scuote gli arti e serra la mandibola.
È lì, per risucchiarti
tutta intera.
Lì, per irridere
l'infuturarsi.
Per inchiodare l'adesso
al suo inesauribile
ripetersi.
Uguale.
La ferita è anteriore
al nome,
lesione appestata dal
silenzio.
Marta Vigneri è nata a
Galatina, in provincia di Lecce, nel 1978. Laureatasi in Filosofia presso
l’Università degli studi di Lecce, ha successivamente conseguito il titolo di
Dottore di Ricerca in “Scienze della Mente e Teoria dei Significati” nella medesima
Accademia. Sogna di vivere in un querceto, dove le sia garantito l’amore di un
gigantesco cane corso dagli occhi di stagnola. E la vita, inventata, della
scrittrice di cose minime.
Un' educazione milanese di Alberto Rollo (Manni)
Questa è una
ricognizione autobiografica ed è il racconto della città che l'ha ispirata. Si
entra nella storia dagli anni Cinquanta: l'infanzia nei nuovi quartieri
periferici, con le paterne "lezioni di cultura operaia", le materne
divagazioni sulla magia del lavoro sartoriale, la famiglia comunista e quella
cattolica, le ascendenze lombarde e quelle leccesi, le gite in tram, le gite in
moto, la morte di John F. Kennedy e quella di papa Giovanni, Rocco e i suoi
fratelli, l'oratorio, il cinema, i giochi, le amicizie adolescenziali e i primi
amori fra scali merci e recinti incustoditi. E si procede con lo scatto della
giovinezza, accanto l'amico maestro di vita e di visioni, sullo sfondo le
grandi lotte operaie, la vitalità dei gruppi extraparlamentari, il sognante
melting pot sociale di una generazione che voleva "occhi diversi". A
questa formazione si mescola la percezione dell'oggi, il prosciugamento della
città industriale, i progetti urbanistici per una Grande Milano, le
trasformazioni dello skyline, il trionfo della capitale della moda e degli
archistar.
mercoledì 16 agosto 2017
La nonna a 1000° di Hallgrímur Helgason. Traduttore: S. Cosimini (Mondadori)
"Fa bene a tutti
perdere la facciata della propria casa, sentire lo stridore dei freni davanti
al proprio figlio o vedere sparare alla schiena al proprio innamorato. Ho
sempre detestato frequentare gente che non ha mai dovuto scavalcare un
cadavere." A Herra Bjornsson tutto questo è capitato. Ma non solo. Le è
capitato anche di baciare il più famoso dei Beatles quando erano solo ignoti
scarafaggi appena sbarcati ad Amburgo e di incrociare in una bettola di Parigi
lo sguardo libidinoso di Sartre. Le è capitato di attraversare la guerra con
un'unica ricchezza, due perle della collana di Casanova, peccato che un soldato
tedesco alto e idiota le abbia viste e se le sia mangiate. Ha scaricato più di
un uomo con la frase: "È arrivato il taxi", compreso, ancora in sala
parto, il padre del suo primogenito. Ha fatto tre figli con nove uomini,
conoscendo le canaglie di mezzo mondo. Nipote titolata del primo presidente
d'Islanda, ha attraversato il vecchio continente e si è spinta fino in
Sudafrica e in Argentina, ha conosciuto le guerre e si è fatta nuovi amici (e
spasimanti) su Facebook. È sopravvissuta ai figli privi di talento e a tutte le
terribili nuore. Ma ora, chiusa in un garage nella sua amata Reykjavik, in
compagnia di un computer portatile, due stecche di Pall Mall e una bomba a mano
di fabbricazione tedesca, è decisa a battere sul tempo la propria malattia. Non
senza aver preparato la sua ultima, grandiosa vendetta...
venerdì 11 agosto 2017
giovedì 10 agosto 2017
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