Crans-Montana è
l'amore. Anzi no, è l'innamoramento. È il regno di una gioventù occupata solo
dai propri desideri e dal fascino che naturalmente irradia la giovinezza. A
quel tempo, a Crans-Montana, ne eravamo tutti innamorati. Di loro tre insieme,
o prima dell'una e poi dell'altra, oppure di una sola, un'ossessione che faceva
capolino alla pista di pattinaggio, in panetteria, davanti alle funivie, che ti
sorrideva e ti straziava il cuore. Erano visioni che poi ritrovavamo nei sogni,
di ritorno ai nostri appartamenti borghesi, ripercorrendo i ricordi delle
vacanze come diapositive in cui loro sfilavano, inondate di luce, sussurrando
parole dolci in una lingua segreta Era l'inverno del 1965? L'estate del 1966?
Non ha nessuna importanza. Un gruppo di ragazzi ebrei di buona famiglia si
ritrova due volte all'anno per le vacanze nella località svizzera che dovrebbe
simboleggiare aria limpida e tranquillità. Ma per i ragazzi, che a Parigi
conducono vite ordinarie, Crans-Montana è il luogo dove la luce è forte, il
cielo tagliente, le foreste cupe e inquietanti. È il luogo selvaggio dove poter
finalmente godere della libertà – dove i cuori battono troppo forte. Loro
fremono e osservano la banda delle tre C. Chris, Charlie e Claudia. Sempre
insieme, con l'aria di divertirsi e infischiarsene del mondo attorno. Una
costellazione perfetta e luminosa fatta di capelli sciolti sulle spalle,
sorrisi maliziosi e gambe lunghe, sguardi spavaldi. Un gruppetto di divinità
che sembra essere lì, a pattinare sul ghiaccio o bere una Coca-Cola con la
cannuccia, solo per farsi ammirare, per turbare i cuori dei ragazzi. E loro le
spiano come investigatori che conoscono il sospettato, sulle piste da sci, a
bordo piscina, fuori dai night club. Raccolgono indizi, prove della loro
esistenza: sigarette al mentolo, chewing gum Hollywood al limone, caramelle
alla violetta, e un anello con un teschio di onice dimenticato sul bordo di un
lavandino e infilato febbrilmente in una tasca – la prova lampante del grande mistero
femminile. Gli anni passano. I ragazzi diventano adulti, i destini si separano
e le vite fanno il loro corso lontano dalle montagne svizzere. Eppure il
ricordo delle tre ragazze continua a perseguitarli come il fantasma di una
giovinezza dorata eppure piena di segreti. In fondo "erano i nostri primi
amori, e in seguito tutte le altre donne della nostra vita sarebbero state
paragonate a loro, e nessuna avrebbe mai potuto cancellare i loro fantasmi, che
riemergevano più reali delle nostre mogli, delle amanti, delle madri dei nostri
figli". E nei trent'anni che seguiranno ognuno di loro cercherà di
raggiungere qualcosa di grande, l'amore, la verità o semplicemente il senso di
esistere e che la propria esistenza non sia vana. Finendo per tornare sempre a Crans-Montana.
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lunedì 7 agosto 2017
venerdì 4 agosto 2017
Ti meriti un amore di Alessandra Appiano (Cairo Publishing)
A
un certo punto dell'esistenza può capitare, in modo del tutto inaspettato, di
trovarsi catapultati in un territorio sconosciuto grazie a una passione
sconvolgente, improvvisa. Cinzia è una donna a metà della vita, con un certo
privilegio, ottime frequentazioni, un buon matrimonio e un lavoro creativo
nella Milano che conta. Non è felice, ma nemmeno può dirsi infelice. Emma
invece vive ancora con i genitori, mentre le sue coetanee hanno già figli grandi,
non ha mai conosciuto l'amore e abita in un paesino dove tutti sanno tutto di
tutti. Insomma, una vita impresentabile, la sua, come lei stessa la definisce.
A una serata charity Cinzia conosce un uomo che la corteggia in modo inusuale,
la sorprende. In una parola, le fa perdere la testa. Lei si lascia inondare di
emozioni, del corpo e del cuore, che, se ne accorge solo ora, le sono mancate
troppo. Anche Emma perde la testa, ma se la spacca insieme al cuore, per un
ragazzo che potrebbe essere suo figlio. Il primo individuo di sesso maschile
che le si rivolge con amore. Per questo lei gli si affida completamente. E lui
si dilegua con tutti i suoi soldi. Cinzia ed Emma sono amiche dai tempi
dell'università, anche se si sono perse di vista, ma dopo tanti anni le loro
voci tornano ad ascoltarsi, le parole a toccarsi, i destini a intrecciarsi. Di
nuovo come quand'erano ragazze. Fino all'epilogo sorprendente, violento,
assurdo, che sa tanto di vita vera.
A bocca chiusa non si vedono i pensieri di Benjamin Ludwig. Traduttore: C. Lionetti (HarperCollins Italia)
Ginny
Moon è per molti versi una tipica quattordicenne: suona il flauto
nell'orchestra della scuola, gioca a basket due volte alla settimana e studia
le poesie di Robert Frost per la lezione di letteratura americana. C'è solo un
piccolo particolare che la distingue dalle altre ragazzine della sua età: Ginny
è autistica. E ciò che per lei è irrinunciabile - come iniziare ogni giornata
con nove chicchi d'uva a colazione, per esempio, oppure cantare Michael
Jackson, o prendersi cura della sua bambola ed elaborare in gran segreto piani
di fuga - a qualcuno potrebbe sembrare un po'... strano. Per anni, dopo che
l'hanno portata via alla madre naturale, tossica e violenta, è passata da una
famiglia affidataria all'altra. Adesso però, finalmente ha trovato la sua Casa
Per Sempre, un posto in cui si sente al sicuro, protetta, con genitori che le
vogliono bene e si prendono cura di lei. È esattamente il tipo di famiglia che
tutti i ragazzini nelle sue condizioni sognano... eppure lei ha altri progetti.
Perché in quella vita perfetta manca qualcosa. Qualcosa di così importante che
per riaverla è disposta a rubare, a mentire, ad approfittare della
disponibilità di tutti quelli che le vogliono bene. Qualcosa per cui arriverebbe persino a farsi rapire.
giovedì 3 agosto 2017
Brilliant Orange. Il genio nevrotico del calcio olandese di David Winner (Minimum Fax)
Di Brilliant Orange
Simon Kuper ha scritto che «usa il calcio per comprendere una nazione». Ma
questa lode meritata deve anche essere capovolta: David Winner usa la cultura,
la storia, l’arte e il paesaggio dell’Olanda per comprendere il totaalvoetbal. Brilliant
Orange è così un vero e proprio libro totale sul calcio olandese e sulla sua
enorme influenza, da Amsterdam a Barcellona e oltre, da Rinus Michels a Van
Basten, da Rijkaard a Guardiola. Winner racconta come un piccolo paese abbia
avviato la rivoluzione del football moderno e in Johan Cruijff abbia trovato il
massimo esponente di quella genialità nevrotica, il giocatore e poi
l’allenatore simbolo. Cruijff è il giovane che non rispetta le regole e sul
campo di calcio fa quello che i giovani Provos facevano per le strade
nell’Olanda degli anni Sessanta. Ma l’autore ci mostra che il ribelle e i suoi
compagni tanto si opponevano quanto continuavano, innovandola, la tradizione. Perché
quella modernissima concezione del calcio fondata sullo sfruttamento e il
controllo dello spazio di gioco proseguiva, in nuovi modi, la secolare
battaglia degli olandesi per stappare terre al mare, e la geometrica perfezione
dei quadri di Mondrian ritornava, in diversa forma, nei «Tulipani» su un prato
erboso.
Anche gli alberi bruciano di Lorenza Ghinelli (Rizzoli)
“Magari è tutto
sbagliato, magari no. Magari sono più pazzo dei miei genitori, magari sono
l'unico sano di mente. Magari me ne pentirò ogni giorno della mia vita. Magari
no. In ogni caso,
oggi decido io”
Sin da piccolo, Michele
ha marciato lungo i giorni, i mesi e gli anni senza mai uno scarto, senza mai
una ribellione. Unico, solido legame è quello con nonno Dino, ex partigiano,
ora spento dall’Alzheimer. Ma un giorno, complice una lezione di judo saltata,
Michele torna a casa prima del previsto e sorprende il padre, algido professore
universitario, tra le braccia di una sua studentessa. Lo scossone emotivo lo
sbalza fuori dai binari della sua educata regolarità, e lo sospinge verso Vera,
una compagna di classe taciturna quanto spiazzante, che sembra l’unica in grado
di capirlo. Quando i genitori, in un goffo tentativo di salvare il matrimonio,
annunciano il trasferimento di loro tre in America, e quello conseguente di
nonno Dino in casa di riposo, Michele alza la testa, e per la prima volta nella
sua vita prende una decisione che scardina gli equilibri precari da cui è
sempre stato condizionato. Accanto, si ritroverà proprio Vera, ma anche tutti i
suoi segreti scuri.
mercoledì 2 agosto 2017
Cortile nostalgia di Giuseppina Torregrossa (Rizzoli)
Con un romanzo corale e
pieno di vita, Giuseppina Torregrossa racconta la necessità innata di essere
accolti in un abbraccio: quello di una madre, un marito, un amico, o una città
che sappia tenere aperte le porte anche nella notte. "Era quello il
segreto della felicità: prendersi cura degli altri". A Palermo c’è una
piazzetta abitata dalla magia, dove ogni notte sette fate, una chiù bedda di
n’autra, rapiscono i passanti per condurli verso luoghi lontani e poi
riportarli a casa, storditi dalla meraviglia, alle prime luci dell’alba. È in
questo cortile che vive Mario Mancuso, nel cuore dell’Albergheria, tra le
abbanniate dei mercanti di Ballarò e i rintocchi del campanile di Santa Chiara.
Orfano, ha conosciuto solo l’affetto di zia Ninetta, che però lo abbandona al
primo giro di vento, inseguendo i propri sogni. L’incontro con Melina è la sua
occasione per ritrovare in una nuova famiglia il calore che il destino gli ha
negato. Per lei, bella e infelice, quel ragazzo rappresenta la libertà da due
genitori che l’hanno educata più alle privazioni che all’amore. Lo sposo però
deve partire per Roma, dov’è stato assegnato come carabiniere semplice, così le
nozze sono celebrate in fretta e furia, e con la stessa voracità vengono
consumate. Forse soltanto un figlio può colmare la distanza tra marito e
moglie, sempre in bilico tra tenerezza e passione; ed è così che nasce Maruzza.
A legarli sarà una sottile nostalgia, la stessa che gli abitanti della
piazzetta, di Paesi e colori diversi, curano ogni sera con i piatti cucinati
dalla donna che tutti chiamano Mamma Africa e che sembra avere lo stesso dono
delle sette fate.
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