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venerdì 4 agosto 2017
giovedì 3 agosto 2017
Brilliant Orange. Il genio nevrotico del calcio olandese di David Winner (Minimum Fax)
Di Brilliant Orange
Simon Kuper ha scritto che «usa il calcio per comprendere una nazione». Ma
questa lode meritata deve anche essere capovolta: David Winner usa la cultura,
la storia, l’arte e il paesaggio dell’Olanda per comprendere il totaalvoetbal. Brilliant
Orange è così un vero e proprio libro totale sul calcio olandese e sulla sua
enorme influenza, da Amsterdam a Barcellona e oltre, da Rinus Michels a Van
Basten, da Rijkaard a Guardiola. Winner racconta come un piccolo paese abbia
avviato la rivoluzione del football moderno e in Johan Cruijff abbia trovato il
massimo esponente di quella genialità nevrotica, il giocatore e poi
l’allenatore simbolo. Cruijff è il giovane che non rispetta le regole e sul
campo di calcio fa quello che i giovani Provos facevano per le strade
nell’Olanda degli anni Sessanta. Ma l’autore ci mostra che il ribelle e i suoi
compagni tanto si opponevano quanto continuavano, innovandola, la tradizione. Perché
quella modernissima concezione del calcio fondata sullo sfruttamento e il
controllo dello spazio di gioco proseguiva, in nuovi modi, la secolare
battaglia degli olandesi per stappare terre al mare, e la geometrica perfezione
dei quadri di Mondrian ritornava, in diversa forma, nei «Tulipani» su un prato
erboso.
Anche gli alberi bruciano di Lorenza Ghinelli (Rizzoli)
“Magari è tutto
sbagliato, magari no. Magari sono più pazzo dei miei genitori, magari sono
l'unico sano di mente. Magari me ne pentirò ogni giorno della mia vita. Magari
no. In ogni caso,
oggi decido io”
Sin da piccolo, Michele
ha marciato lungo i giorni, i mesi e gli anni senza mai uno scarto, senza mai
una ribellione. Unico, solido legame è quello con nonno Dino, ex partigiano,
ora spento dall’Alzheimer. Ma un giorno, complice una lezione di judo saltata,
Michele torna a casa prima del previsto e sorprende il padre, algido professore
universitario, tra le braccia di una sua studentessa. Lo scossone emotivo lo
sbalza fuori dai binari della sua educata regolarità, e lo sospinge verso Vera,
una compagna di classe taciturna quanto spiazzante, che sembra l’unica in grado
di capirlo. Quando i genitori, in un goffo tentativo di salvare il matrimonio,
annunciano il trasferimento di loro tre in America, e quello conseguente di
nonno Dino in casa di riposo, Michele alza la testa, e per la prima volta nella
sua vita prende una decisione che scardina gli equilibri precari da cui è
sempre stato condizionato. Accanto, si ritroverà proprio Vera, ma anche tutti i
suoi segreti scuri.
mercoledì 2 agosto 2017
Cortile nostalgia di Giuseppina Torregrossa (Rizzoli)
Con un romanzo corale e
pieno di vita, Giuseppina Torregrossa racconta la necessità innata di essere
accolti in un abbraccio: quello di una madre, un marito, un amico, o una città
che sappia tenere aperte le porte anche nella notte. "Era quello il
segreto della felicità: prendersi cura degli altri". A Palermo c’è una
piazzetta abitata dalla magia, dove ogni notte sette fate, una chiù bedda di
n’autra, rapiscono i passanti per condurli verso luoghi lontani e poi
riportarli a casa, storditi dalla meraviglia, alle prime luci dell’alba. È in
questo cortile che vive Mario Mancuso, nel cuore dell’Albergheria, tra le
abbanniate dei mercanti di Ballarò e i rintocchi del campanile di Santa Chiara.
Orfano, ha conosciuto solo l’affetto di zia Ninetta, che però lo abbandona al
primo giro di vento, inseguendo i propri sogni. L’incontro con Melina è la sua
occasione per ritrovare in una nuova famiglia il calore che il destino gli ha
negato. Per lei, bella e infelice, quel ragazzo rappresenta la libertà da due
genitori che l’hanno educata più alle privazioni che all’amore. Lo sposo però
deve partire per Roma, dov’è stato assegnato come carabiniere semplice, così le
nozze sono celebrate in fretta e furia, e con la stessa voracità vengono
consumate. Forse soltanto un figlio può colmare la distanza tra marito e
moglie, sempre in bilico tra tenerezza e passione; ed è così che nasce Maruzza.
A legarli sarà una sottile nostalgia, la stessa che gli abitanti della
piazzetta, di Paesi e colori diversi, curano ogni sera con i piatti cucinati
dalla donna che tutti chiamano Mamma Africa e che sembra avere lo stesso dono
delle sette fate.
Absence. Il gioco dei quattro di Chiara Panzuti (Fazi)
Viviamo anche
attraverso i ricordi degli altri. Lo sa bene Faith, che a sedici anni deve
affrontare l'ennesimo trasloco insieme alla madre, in dolce attesa della
sorellina. Ecco un ricordo che la ragazza custodirà per sempre. Ma cosa
accadrebbe se, da un giorno all'altro, quel ricordo non esistesse più? E cosa
accadrebbe se fosse Faith a sparire dai ricordi della madre? La sua vita si
trasforma in un incubo quando, all'improvviso, si rende conto di essere
diventata invisibile. Nessuno riesce più a vederla, né si ricorda di lei. Non
c'è spiegazione a quello che le è accaduto, solo totale smarrimento. Eppure
Faith non è invisibile a tutti. Un uomo vestito di nero detta le regole di un
gioco insidioso, dove l'unico indizio che conta è nascosto all'interno di un
biglietto: 0°13'07''S78°30'35''W, le coordinate per tornare a vedere. Insieme a
Jared, Scott e Christabel - come lei scomparsi dal mondo - la ragazza verrà
coinvolta in un viaggio alla ricerca della propria identità, dove altri
partecipanti faranno le loro mosse per sbarrarle la strada. Una corsa contro il
tempo che da Londra passerà per San Francisco de Quito, in Ecuador, per poi
toccare la punta più estrema del Cile, e ancora oltre, verso i confini del
mondo. Primo volume della trilogia di Absence, Il gioco dei quattro porta alla
luce la battaglia interiore più difficile dei nostri giorni: definire chi siamo
in una società troppo distratta per accorgersi degli individui che la
compongono. Cosa resterebbe della nostra esistenza, se il mondo non fosse più in
grado di vederci? Quanto saremmo disposti a lottare, per affermare la nostra
identità? Un libro intenso e profondo; una sfida moderna per ridefinire noi
stessi. Una storia per essere visti. E per tornare a vedere.
martedì 1 agosto 2017
I viaggi di Daniel Ascher di Déborah Lévy-Bertherat. Traduttore: M. Botto (Einaudi)
Segreti di famiglia.
Crocevia della Storia. Un vecchio prozio giramondo parte da Parigi verso ogni
angolo della terra per sognare e scrivere le sue affascinanti storie
d'avventura. La nipote ventenne, seria e ben salda nella realtà, scava nelle
pieghe del tempo per scoprire la verità su un uomo che non conosce e sulla
propria famiglia. Su viaggi nel mondo che in fondo altro non sono che viaggi
nel passato e nei misteri della vita. Un anno veramente particolare ha inizio
per Hélène quando dalla provincia si trasferisce a Parigi per studiare
archeologia. La ragazza va ad abitare in una piccola camera sui tetti ospite
del prozio Daniel. Lo zio Daniel è un vecchio giramondo, chiacchierone e un po'
eccentrico che, usando lo pseudonimo di H. R. Sanders, scrive Il marchio nero,
una serie di romanzi di avventura per ragazzi. Hélène non ha mai letto i libri
dello zio e in verità non ama molto neppure lui. I due non potrebbero, infatti,
essere più diversi: seria, precisa e severa lei, rumoroso, scherzoso e
affabulatore lui. Ma il fidanzato della ragazza, Guillaume, un giovane
brillante che riesce a rendere allegro tutto quello che tocca, è invece fin da
bambino un ammiratore di H. R. Sanders e riesce a convincere Hélène a interessarsi
di più a Daniel e ai suoi avventurosi viaggi in ogni angolo del pianeta. I due
si mettono così sulle tracce dell'infanzia e della giovinezza di Daniel Ascher
scoprendo diversi misteri della sua vita: perché lo zio compare soltanto a un
certo punto nelle foto di famiglia? Perché il suo cognome non è lo stesso della
nonna ed è di origine ebraica? Comincia allora una ricerca tra i quartieri
parigini: da rue d'Odessa a Montparnasse, dove il padre di Daniel aveva prima
della guerra uno studio fotografico, poi a Clermont-Ferrand, a Saint-Ferréol, a
Moulins fino a Manhattan. Con pazienza e metodo, da vera archeologa, Hélène
scopre piano piano un uomo di cui ignorava tutto. Scopre ad esempio che Daniel
è l'unico sopravvissuto di una famiglia composta da padre, madre e una sorella
amatissima, tutti scomparsi a Birkenau, e che i suoi viaggi giovanili negli
Stati Uniti nascondono un altro mistero familiare che renderà il vecchio
giramondo molto più prossimo ad Hélène e a suo fratello. Seguendo le tracce lasciate
da Daniel nelle strade della sua città e fra le righe dei suoi libri si rivela
piano piano il ritratto di un uomo ferito, diviso fra due identità e
prigioniero di un amore impossibile ma fatale. E la scoperta di un'altra casa
nel sotterraneo, in fondo a una botola, getta una nuova luce sui viaggi
avventurosi dello zio. Forse l'unico vero viaggio che Daniel abbia mai fatto è
sempre stato un viaggio nel passato. Déborah Lévy-Bertherat ha scritto un libro
delicato, emozionante e dal ritmo avvolgente riuscendo nelle sue pagine a dar
vita a personaggi vivissimi a cui è impossibile non affezionarsi.
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