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mercoledì 1 giugno 2016

LIBERA UNIVERSITÀ ITALIANA DEGLI STUDI ESOTERICI

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Claudia Gerini, Federico Zampaglione, intervista, Tulpa, RB Casting

"Nemiche per la pelle" - intervista con Claudia Gerini e Margherita Buy

“Ho dimenticato il cappotto di pannonero vecchio alla fermata del pesce” di Maurizio Leo (iQdB edizioni di Stefano Donno) al Dimora Silente di Copertino



















Lunedì 6 giugno 2016 alle ore 20:30 presso il B&B Dimora Silente in Via Amendola n°1,  a Copertino (LE)  nelle vicinanze del Castello Angioino sarà presentato l’ultimo lavoro di Maurizio Leo dal titolo “Ho dimenticato il cappotto di pannonero vecchio alla fermata del pesce” (iQdB edizioni di Stefano Donno). Dialogheranno con l’autore Lucia Cordella e Valentina Chiriatti per VeleRacconto, Cristina Prenner per Laboratorio di Idee Vico Serpe ed Anastasia Leo de iQdB Edizioni di Stefano Donno. Interverranno Maurizio Nocera, Piero Rapanà, Vito Antonio Conte ed Elio Coriano. Perfomance musicali a cura di Gabriele Calasso e Pierpaolo Leo.
“Ho dimenticato il cappotto di pannonero vecchio alla fermata del pesce, ovvero dell'andamento discendente del verso nello sconfinamento nel nulla. È la tensione del vuoto come campo esperienziale che si rivela nella pratica di queste poesie di Maurizio Leo. Alla luce di un discorso antologico che ospita opere, che spaziano dalla poesia alla critica, dalla prosa poetica alla modulazione cronachistica, raccolte fra il settembre del 1991 e il maggio del 2015 sulla rivista Il Bardo, fondata dallo stesso Leo, occorre considerare come l’incasellamento delle parole produca e/o risponda ad un effetto di vuoto che permette l’allestimento della parola sulla pagina. Dare corpo e forma a questo vuoto, da una parte, lasciare che le parole ci sprofondino, dall’altra, è la condizione liminale di una poesia che passando dall’esperienza della Beat Generation americana percorre in lungo e in largo certe istanze, a questa sempre legate, tipiche del pensiero orientale – che va ad interessare appunto l’intelaiatura della parola – fino a modulazioni di matrice surrealista e, ancora, germinate in progress dalla poesia francese in un senso più ampio e nei cui territori l’autore sembra muoversi con disinvoltura. Maurizio Leo raccoglie a piene mani gli stimoli dei poeti Beat, dalle istanze culturali e quelle ritmiche, dalle geografie spazio-temporali a quelle esistenziali. L’incedere jazzistico della parola poetica, il ritmo incalzante del verso, una poetica fluidificata nell’automatismo del pensiero (di chiara discendenza surrealista, con riferimento puntuale a Breton) che aggira il blocco diurno della ragione e sposta l’asse dell’azione poetica su di un piano liminale, poi precoscienziale, che pare strizzare l’occhio agli strumenti offerti dal Kerouac teorico nei Fondamenti della prosa spontanea (1957). L’attenzione verso la sonorità della parola poetica affonda le proprie radici, in modo ampio e organico, nella letteratura francese. È secondo un percorso che dal “gergo nuovo” del Kerouac de I Sotterranei arriva dritto al verso asintattico surrealista, spostando e ampliando il raggio d’azione dalla letteratura americana alla tradizione francese. Delle successioni sillabiche, sconnesse, modulate nelle esperienze fonetiche del movimento Dada e poi ne I Sotterranei di Kerouac, Maurizio Leo conserva l’attenzione per la sonorità della parola letta fin nelle sue sillabe, senza sconfinare nel nonsense estremo, mantenendo viva e integra la parola. Questa è giocata nel verso come fosse un’isola, una costellazione di mondi che in diverse prove deriva dall’assenza di una consecutio logica volta a determinare una apertura di immagini eteroclite e plurivoche.” (dall’introduzione di Francesco Aprile)

Maurizio Leo è nato nel 1959. Vive e opera a Copertino in provincia di Lecce. Da circa 25 anni porta avanti con immensi sacrifici di impegno e di tempo una piccola casa editrice I Quaderni del Bardo. Ha pubblicato: L’Uac (Il Muro, Sondrio, 1984); Fobia (Odes Ed., Lecce, 1990); Nel volo del proprio inconscio (Ed. di Immaginale, Copertino, 1992); Dogmaginazione (I Quaderni del Bardo, Copertino, 1994); L’Albergo di Latta (I Quaderni del Bardo, Copertino, 1995); Fobia (I Quaderni del Bardo, Copertino, 1998); Non suona più il jukebox nell’appartamento di Allen (I Quaderni del Bardo, Copertino, 2002); Il bazar delle parole scomposte (I Quaderni del Bardo, Copertino, 2005); Il cimitero di memoria (Luca Pensa Ed., Cavallino, 2005); Ha rinchiuso le parole (Ed. Il Raggio Verde, Lecce); Del gatto delle fusa e del suo strusciamento (Lupo ed. , Copertino, 2007). Nel luglio 2014 ha ricevuto per i suoi meriti editoriali il premio Millenium nell'evento ''L'Olio della poesia''

iQdB edizioni di Stefano Donno  (i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Sede Legale e Redazione: Via S. Simone 74 / 73107 Sannicola (LE)
Redazione - Mauro Marino
Social Media Communications - Anastasia Leo, Ludovica Leo

giovedì 26 maggio 2016

Una visita serale e altri racconti, di Emmanuel Bove, traduzione di Claudio Panella, Fusta (Saluzzo, 2016), pag. 128, euro 13.00. Intervento di Nunzio Festa



Quante penne possono vantarsi l'apprezzamento contemporaneo di Rilke, Beckett, Barthes e Handke? Decisamente poche firme. Emmanuel Bove, all'anagrafe Emmanuel Bobovnikoff, che usò anche tra l'altro gli pseudonimi Pierre Dugast e Jean Vallois, da questi grandi grandi della letteratura ricevette elogi. Unendosi al piccolo elenco degli editori italiani, vedi quando soltanto nel finire degli anni Novanta del Duemila, grazie al lavoro per esempio di Beppe Sebaste e Giulio Mozzi, alcuni cominciano a tradurre Bove nell'ex Belpaese, adesso Fusta ci restituisce gli scritti minimalisti e a effetto da laser raccolti sotto al titolo "Una visita serale e altri racconti". Racconti che annunciano ogni volta un annuncio, che sono suspense e tensione per tensione. Queste frecce furono scagliate tra il 1925 e il 1936, ma non tutti i racconti furono immediamente pubblicati (l'edizione italiana della raccolta propone anche "Viaggio intorno a un appartamento" e "Ritorno a casa"). I maschi di Bove sono la riproposizione della loro stessa indolenza. Fanno paesaggio col piccolo paesaggio illustratto e puntualmente riscritto dall'autore. Emmanuel Bove firmò molte opere, in vita, epperò poco riuscì a portare al successo; per quanto, diciamo, ne avesse davvero voglia. L'arte del racconto breve è dote d'un'élite di penne. I personaggi di Bove snobbano costantemente la banalità. Se la logica vuole che restino, vanno. Se pare debbano andare, restano. Per esempio. Oppure ci lasciano in un'immensa vasta e inespugnabile ma allo stesso tempo abbastanza comoda zona grigia che ci va vivere tutta l'indecisione e la sospensione assoluta delle scene composte. Alla fine, certo, l'amaro in bocca. Anzi l'amore che ci tocca immaginare fuori dalla chiusa d'ogni scritto. Mentre le sensazioni offerte dallo scrittore, sono il facile tormento che l'autore ci consiglia di carezzare. Vien voglia, allora, di leggere o rileggere qualche romanzo breve di Bove. Ma al momento di sicuro rileggiamo queste frecce.


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Fabio Concato Fiore di maggio

Le leggi del desiderio: Nicole Grimaudo

Nicole Grimaudo, intervista, Non è mai troppo tardi, RB Casting

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