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giovedì 10 marzo 2016

Capitano della steppa di Oleg Pavlov. In libreria il 24 marzo per Meridiano Zero



Il Romanzo - Primo capitolo della trilogia “Racconti degli ultimi giorni”
Kazakhistan, anni Ottanta. Il capitano Chabarov, al comando della sesta compagnia, una primavera s’imbarca in una missione apparentemente semplice e logica, ordinando ai suoi uomini di piantare, anziché divorare, la propria magra razione di patate. Venuto l’autunno, ce ne sarà in quantità per tutti, e la loro dura esistenza in questo remoto avamposto diverrà leggermente più sopportabile. Il problema è che questo “surplus” si rivela essere di proprietà dell’esercito, e il consumo non autorizzato di beni statali è perseguibile come tradimento. L’unità militare di Chabarov è annessa a una colonia penale sovietica collocata nelle aride pianure dell’Asia Centrale. Per lo stato, essa fornisce un ambiente ideale per la rieducazione sociale, oltre che una miniera di risorse minerali. Tanto per i prigionieri quanto per i soldati coscritti mandati laggiù, la steppa è una terra desolata che non lascia speranze. Nessuno di loro è lì per propria scelta, ed entrambe le categorie si ritrovano a condividere la stessa fame, la stessa noia, la stessa alienazione. Mentre la vicenda delle patate si sviluppa grottescamente nelle successive indagini condotte da un perverso inquirente della sezione speciale, affondando il protagonista in uno stato di assente depressione, prendono vita e colore tutta una serie di assurde vite secondarie, una su tutte quella del cosacco itinerante Il’ja Peregud, il cui cuore e la cui anima sono “alimentati a vodka”.
A sorprendere in Pavlov è uno stile tanto innovativo e di grande personalità quanto classico: impossibile, leggendolo, non ricordare il Gogol delle Anime Morte o de L’ispettore generale, la sua esagerata iperbolizzazione del grottesco ottenuta attraverso procedimenti semantici e fonici, la sua capacità di suscitare ilarità nei momenti narrativi più drammatici. E insieme la profonda introspezione umana e psicologica di Dostoevskij, la tragedia lirica di Arcipelago Gulag di Solženicyn. Ci sono scene – come l’ “affare dei sette” soldati fulminati vivi da un cavo elettrico mentre picconano escrementi congelati nella latrina intasata, o l’ordine del reggimento di curare feriti e malati sul posto in quanto “la sola disponibilità di un letto d’ospedale indeboliva parecchio la disciplina” – che non sono forse abbastanza surreali ai fini della satira, ma solo quel tanto da discostarsi appena dalla realtà. Il romanzo abbonda di questi episodi abilmente bilanciati e cadenzati, tanto da suscitare un inquietante dubbio: che la vera tragedia della vita nei lager e campi militari sia tale da rendere sufficiente una leggera indoratura perché si trasformi in farsa.

Oleg Pavlov (Mosca, 1970) è uno degli autori più dotati e stimati del “rinascimento letterario” russo contemporaneo. Molto giovane ha prestato servizio a Karaganda come guardia carceraria, testimoniando ogni sorta di degradazione umana; alla fine una grave commozione cerebrale l’ha portato a essere ricoverato presso l’ospedale psichiatrico locale. Ha lasciato l’esercito all’età di vent’anni a causa di una diagnosi di “instabilità mentale” e scritto questo suo primo romanzo breve semiautobiografico a ventiquattro. Leggendo Arcipelago Gulag di Solženicyn, afferma di avervi scorto esattamente il lager in cui aveva lavorato. Negli ultimi anni di vita di Solženicyn, è diventato suo allievo e aspira a proseguirne la grande opera. Nel suo insieme, la sua trilogia narrativa fornisce un resoconto ironico ma agghiacciante di cosa volesse dire essere un soldato nelle remote regioni asiatiche dell’ex impero sovietico nel momento insieme tragico e assurdo della sua dissoluzione.

Premi letterari:
Novy Mir Literary Magazine Prize (1995)
October Literary Magazine Prize (1997 e 2002)
Russian Booker Prize (2002)
Premio Solženicyn (2012)
Finalista Prix du Meilleur Livre Étranger (2012)

Emis Killa - Soli (Assieme)

Emis Killa - Lo sanno i veri (intro) C'era una volta

lunedì 7 marzo 2016

La ragazza con le scarpe di vernice rossa di Andrea Sperelli
























Vent'anni dopo la fine di una grande storia d'amore, un uomo affronta un viaggio che lo riporta negli stessi luoghi di allora. Man mano che li riscopre, nella sua mente tornano a disegnarsi gli avvenimenti passati, dal primo incontro fino alla passione irrefrenabile e all'inevitabile separazione. I flashback tendono quasi a fondersi con il presente, in un susseguirsi di momenti di tenerezza, di rabbia e di estrema carica erotica. Pian piano l'uomo lo rivisita il passato e lo analizza quasi in terza persona, per cercare di dare un ordine compiuto alle emozioni che ancora vagano dentro di lui in maniera caotica. Alla fine del viaggio scopre finalmente la verità nascosta dietro quella storia, una verità che dà forma e sostanza all'intera sua vita.

Qui

William H. Macy I SAG Awards Acceptance Speech 2015

William H. Macy Is Cinema's Number One Loser

domenica 6 marzo 2016

L' esatto contrario di Giulio Perrone (Rizzoli)



Quel bacio rubato ai tempi dell'università, Riccardo non se l'è mai dimenticato. Se si concentra, riesce a sentire ancora il profumo di Giulia, così dolce... Ma il suo sogno d'amore aveva avuto un brusco risveglio, perché lei era morta, uccisa nei bagni della Sapienza: un omicidio che aveva scioccato tutti e di cui era stato subito riconosciuto colpevole l'insospettabile professor Morelli. Caso archiviato. Dieci anni, un cambio di facoltà e un fidanzamento mandato all'aria dopo, l'unica certezza per Riccardo è rimasta la fede nella Roma. Non è diventato un grande giornalista, scrive recensioni di libri su "TuttoGiallo" - un infimo settimanale di nera - e di una relazione seria nemmeno l'ombra, se si esclude quella con i coinquilini Sandro, fanatico di Proust, e Rachele, mistress per passione. Fino a quando la sua vita tranquilla, senza scossoni, viene sconvolta dall'urto con il passato, che torna prepotente a pronunciare quel nome: Giulia Rusconi. La notizia è che Morelli, l'assassino uscito da poco dal carcere, è stato ritrovato morto. Tanto basta per riaccendere in Riccardo quella fiamma che non si era mai spenta. E, complice il diario di Giulia ritrovato dopo anni, per trasformare uno svogliato cronista senza ambizioni in un investigatore privato goffo ma deciso a scoprire la verità. Perché, forse, chi ha davvero le mani sporche del sangue di Giulia non ha ancora pagato il prezzo della sua colpa...

Rami Malek Hacks His Way Into Breakout Stardom In 'Mr Robot'

Rami Malek Pretended to be His Identical Twin Brother

sabato 5 marzo 2016

Leonardo e gli ingegneri del Rinascimento di Bertrand Gille. Per Odoya dal 17 marzo 2016

Uno dei motivi dominanti della moderna storia della scienza consiste nel tentar di chiarire gli elementi di continuità che legano fra loro le varie epoche del pensiero scientifico. È altrettanto vero che esistono personalità eccezionali, capaci di dominare con la loro intelligenza e il loro talento intere epoche. Ma queste personalità non nascono dal nulla. Ricostruire la formazione di un genio significa spesso abbassare il piedistallo su cui lo hanno collocato le generazioni successive e render giustizia a numerose figure minori che hanno contribuito al progresso della scienza. Quello degli ingegneri del Rinascimento è un mondo affascinante e ricchissimo in cui, se da un lato si raccolgono certe eredità del mondo antico e medievale, dall’altro si vengono organizzando e consolidando certe nozioni di statica e dinamica che contribuiranno al sorgere della scienza moderna. Nei taccuini di Leonardo abbiamo un quadro vivo di un’epoca in cui, nel lavoro degli ingegneri, comincia a infiltrarsi una preoccupazione nuova: quella di una base scientifica su cui costruire. Le prodigiose “macchine di Leonardo”, che hanno meravigliato e stupito generazioni, hanno spesso antecedenti precisi, individuabili nelle scoperte di Kyeser, Villard de Honnecourt, Guido da Vigevano, Taccola, Valturio, Francesco di Giorgio Martini. Quel che forse di veramente nuovo c’è in Leonardo, oltre ai suoi studi di idraulica e ai suoi progetti di macchine tessili, è il bisogno di razionalizzare, l’esigenza di giungere a uno stretto legame tra scienza e tecnica.   

Bertrand Gille (1920-1980), archivista e storico della tecnologia francese, ha insegnato all’Università di Clermont-Ferrand, ha diretto la École Pratique des Hautes Études e istituito il corso di Storia della tecnologia presso la Sorbonne di Parigi. Tra le sue pubblicazioni: Histoire générale des techniques, Histoire de la métallurgie, Les Mécaniciens grecs. La naissance de la technologie, Petites questions et grands problèmes: la brouette.

'Viaggio nell'Italia che innova', Delrio e Madia a Bari per la seconda t...

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Kung fu Panda 3 | Spot 30'' Like this [HD] | In anteprima il 12 e 13 Marzo

venerdì 4 marzo 2016

DAVID BOWIE. L’UOMO CHE CADDE SULLA TERRA, A cura di Pippo Delbono (EDIZIONI CLICHY)



David Bowie ci ha appena lasciati e sarà difficile fare a meno di lui. Forse più di chiunque altro il «Duca Bianco» è riuscito, nei suoi quasi cinquant’anni di incredibile carriera, a incidere sul costume, sulla moda, sull’immagine, sull’arte, sulla cultura e sulla musica dei nostri tempi. Senza mai assumere il ruolo di rockstar, spiazzando ogni volta il mondo con i suoi mutamenti, David Bowie ci ha accompagnati come uno strano fratello o come un angelo venuto da un altro mondo, e con i suoi mutamenti e i suoi esperimenti ha demolito i generi e le identità sessuali, ha ispirato almeno tre generazioni di musicisti, ha influenzato le tendenze artistiche, ha anticipato spesso di decenni tutti i successivi movimenti musicali, esplorando terreni sconosciuti, ma anche raccontando i sogni e le paure di tutti noi. Scrive Pippo Delbono nella sua introduzione a questo volume: c’è sempre l’amore nelle canzoni di David Bowie, come del resto si potrebbe dire che l’amore c’è sempre in tutte le canzoni, anche nelle canzonette. Ma in Bowie come nei «grandi» della storia l’amore è un amore che non scappa dalla trasgressione, dalla ribellione. Un amore libero. E quindi eterno. Sacro.
«Ho sovvertito l’ordine del tempo, ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo l’ho fatto per te. Non ti sembra abbastanza generoso?»

Pippo Delbono - Negli anni 80 inizia  gli studi di arte drammatica in una scuola tradizionale che lascia in seguito   all’incontro  con Pepe Robledo,  un attore argentino proveniente dal Libre Teatro Libre (formazione teatrale attiva in Sud America negli anni 70 che utilizzava la creazione collettiva come mezzo di espressione  e di denuncia della dittatura in Argentina). Nel corso di un’importante carriera nel mondo del Teatro Pippo Delbono diviene uno dei più fervidi protagonisti dello spettacolo. Impossibile riassumere in poche righe la sua biografia, ma ci piace sottolineare come la sua Compagnia, Delbono, è stata ospite di diversi festival teatrali internazionali tra cui il Festival di Avignon, che l’ha accolta per quattro volte co-producendo lo spettacolo Urlo, e come, nel tempo, molti teatri hanno dedicato retrospettive agli spettacoli della Compagnia, fra questi: il Théâtre du Rond Point di Parigi, il CCB di Lisbona, il Palais des Beaux Arts di Bruxelles, il Berliner Festpiele di Berlino, il Festival di Otono di Madrid. L’Enrico V,  è stato rappresentato  alla Royal Shakespeare Company di Stratford-upon-Avon. La Compagnia Delbono ha fatto tappa in più di cinquanta paesi al mondo rappresentando un caso unico nella storia del teatro italiano.

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