Chi era Francesco
d'Assisi? Vagabondo, "folle d'amore", "elemosiniere di
Dio", è una figura affascinante e provocatoria. Attorno a lui si sono
appassionati, e talora divisi, laici e religiosi, credenti e scettici di ogni
tempo, ma soprattutto coloro che non smettono di interrogarsi sul senso e sul
destino della fede. Ostinato, irruente, libero come nessuno, Francesco compie
il gesto più difficile per un uomo: con la sua scandalosa, coraggiosa
"svestizione" perde un padre ma trova una sposa delicata e
dolcissima, la Povertà, il cui "manto di sacco", pur "pieno di
rattoppi / era una veste angelica". Ed è proprio come "apostolo di
sogni", "contadino di fede", insieme terribile e tenero, che
Francesco ci viene incontro in queste pagine, che restituiscono tutta la
tensione, non priva di fragilità e turbamento, del santo di Assisi, di colui
che, come ci ricorda lo scritto di Gianfranco Ravasi, non ha voluto innalzare
"barriere di orgoglio e di ricchezza contro il vento dello Spirito".
Nelle poesie di Alda Merini, negli echi di questi versi in forma di monologo, o
preghiera, che possiedono la sapienza di un canto d'amore mistico e la forza di
una lauda, il santo ritrova tutta la sua sostanza vitale, la sua gioia, follia
e pietà. E diventa un'icona di amore e redenzione incomprensibile alla ragione.
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giovedì 14 gennaio 2016
mercoledì 13 gennaio 2016
Configurazioni dell'ultima riva. Testo francese a fronte di Michel Houellebecq (Bompiani)
Michel Houellebecq
torna alla poesia per dirci, col suo stile arreso all’evidenza dei fatti, al
male di vivere, che esiste la possibilità di un’isola. Sì, oltre le notti senza
cielo, oltre le mattine in cui la speranza esita a raggiungere gli uomini, c’è
un momento di possibile dolcezza, quando le pelli si toccano, si incontrano, in
cui il mondo può addirittura risplendere. Così appena finito di leggere le
quasi cento poesie di uno dei più grandi scrittori francesi ‘sopravviventi’ ci
toccherà rimanere indecisi: ci avrà contaminato quel suo senso di condanna, di
maledizione e disincanto, oppure ci avrà fatto sentire tutta l’esitazione, la
fragilità e la bellezza dell’amore, della compassione, dei corpi?
martedì 12 gennaio 2016
UN PREMIO PER IL ROMANZO DELLA STORIA
Aperte le candidature per la seconda edizione Premio Vino del Terriccio, riconoscimento dedicato alle novità letterarie nell’ambito della narrativa storica. A giungo la cerimonia di premiazione presso il Terriccio, a Castellina Marittima in provincia di Pisa.
Al primo classificato andranno 20mila euro, 3mila euro a ai
due secondi.
Il premio è stato istituito lo scorso anni con l’intento di
diventare nel tempo una vera eccellenza tra i premi letterari assegnati in Italia.
Nuova giuria d’eccellenza composta da Isabella Bossi
Fedrigotti, Giovanni Aldobrandi e Niccolò Capponi (?). La storia dovrà essere
ambientata tra il settembre 1066, mese della battaglia di Hastings, e il 1815,
quando il Congresso di Vienna mette fine all’esperienza napoleonica.
Le opere ammesse a concorso devono essere pubblicate a
partire dal 30 giugno 2014 fino al 31 marzo 2016. Il termine di presentazione
delle opere è il 31 marzo 2016.
Il premio ha l’obbiettivo di rivalutare il genere del romanzo
storico con lo scopo di avvicinare il grande pubblico alla lettura del Romanzo
della Storia e di conseguenza alla storia stessa.
Con un atto di affetto verso l’opera letteraria, l’ideatore
del premio, Gian Annibale Rossi di Medelana, intende “riconoscere il valore del
tempo, dimensione fondamentale lungo la quale si dispiegano le vicende degli
uomini e le loro azioni”, nella ricerca di un romanzo di genuina qualità, che
sia erede della grande tradizione Neoclassica e Romantica.
lunedì 11 gennaio 2016
domenica 10 gennaio 2016
sabato 9 gennaio 2016
venerdì 8 gennaio 2016
giovedì 7 gennaio 2016
mercoledì 6 gennaio 2016
martedì 5 gennaio 2016
lunedì 4 gennaio 2016
Ho dimenticato il cappotto di pannonero vecchio alla fermata del pesce di Maurizio Leo (iQdB edizioni di Stefano Donno)
“Ho dimenticato il cappotto di pannonero vecchio alla fermata del pesce,
ovvero dell'andamento discendente del verso nello sconfinamento nel nulla. È la
tensione del vuoto come campo esperienziale che si rivela nella pratica di
queste poesie di Maurizio Leo. Alla luce di un discorso antologico che ospita
opere, che spaziano dalla poesia alla critica, dalla prosa poetica alla
modulazione cronachistica, raccolte fra il settembre del 1991 e il maggio del
2015 sulla rivista Il Bardo, fondata
dallo stesso Leo, occorre considerare come l’incasellamento delle parole
produca e/o risponda ad un effetto di vuoto che permette l’allestimento della
parola sulla pagina. Dare corpo e forma a questo vuoto, da una parte, lasciare
che le parole ci sprofondino, dall’altra, è la condizione liminale di una
poesia che passando dall’esperienza della Beat
Generation americana percorre in lungo e in largo certe istanze, a questa
sempre legate, tipiche del pensiero orientale – che va ad interessare appunto
l’intelaiatura della parola – fino a modulazioni di matrice surrealista e,
ancora, germinate in progress dalla poesia francese in un senso più ampio e nei
cui territori l’autore sembra muoversi con disinvoltura. Maurizio Leo raccoglie
a piene mani gli stimoli dei poeti Beat,
dalle istanze culturali e quelle ritmiche, dalle geografie spazio-temporali a
quelle esistenziali. L’incedere jazzistico della parola poetica, il ritmo
incalzante del verso, una poetica fluidificata nell’automatismo del pensiero (di
chiara discendenza surrealista, con riferimento puntuale a Breton) che aggira
il blocco diurno della ragione e sposta l’asse dell’azione poetica su di un
piano liminale, poi precoscienziale, che pare strizzare l’occhio agli strumenti
offerti dal Kerouac teorico nei Fondamenti
della prosa spontanea (1957). L’attenzione verso la sonorità della parola
poetica affonda le proprie radici, in modo ampio e organico, nella letteratura
francese. È secondo un percorso che dal “gergo nuovo” del Kerouac de I Sotterranei arriva dritto al verso
asintattico surrealista, spostando e ampliando il raggio d’azione dalla
letteratura americana alla tradizione francese. Delle successioni sillabiche,
sconnesse, modulate nelle esperienze fonetiche del movimento Dada e poi ne I Sotterranei di Kerouac, Maurizio Leo conserva l’attenzione per la
sonorità della parola letta fin nelle sue sillabe, senza sconfinare nel nonsense estremo, mantenendo viva e
integra la parola. Questa è giocata nel verso come fosse un’isola, una
costellazione di mondi che in diverse prove deriva dall’assenza di una
consecutio logica volta a determinare una apertura di immagini eteroclite e
plurivoche.” (dall’introduzione di Francesco Aprile)
Maurizio Leo è nato nel 1959. Vive
e opera a Copertino in provincia di Lecce. Da circa 25 anni porta avanti con
immensi sacrifici di impegno e di tempo una piccola casa editrice I Quaderni
del Bardo. Ha pubblicato: L’Uac (Il Muro, Sondrio, 1984); Fobia (Odes Ed.,
Lecce, 1990); Nel volo del proprio inconscio (Ed. di Immaginale, Copertino, 1992);
Dogmaginazione (I Quaderni del Bardo, Copertino, 1994); L’Albergo di Latta (I
Quaderni del Bardo, Copertino, 1995); Fobia (I Quaderni del Bardo, Copertino, 1998);
Non suona più il jukebox nell’appartamento di Allen (I Quaderni del Bardo,
Copertino, 2002); Il bazar delle parole scomposte (I Quaderni del Bardo,
Copertino, 2005); Il cimitero di memoria (Luca Pensa Ed., Cavallino, 2005); Ha
rinchiuso le parole (Ed. Il Raggio Verde, Lecce); Del gatto delle fusa e del
suo strusciamento (Lupo ed. , Copertino, 2007). Nel luglio 2014 ha ricevuto per
i suoi meriti editoriali il premio Millenium nell'evento ''L'Olio della poesia''
iQdB
edizioni di Stefano Donno (i Quaderni
del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
Sede
Legale e Redazione: Via S. Simone 74
73107
Sannicola (LE)
Redazione
- Mauro Marino
Editor Poesia
– Francesco Aprile
Social
Media Communications - Anastasia Leo, Ludovica Leo
domenica 3 gennaio 2016
sabato 2 gennaio 2016
venerdì 1 gennaio 2016
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