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sabato 12 luglio 2014
venerdì 11 luglio 2014
Babelfish di Gino Pitaro (Ensemble)
Con Babelfish, racconti
dall'Era dell'Acquario, Gino Pitaro racconta una realtà divisa in molteplici
tasselli, frammentata e allo stesso tempo esistente come entità unica. Il tema
che fa da sfondo a tutte le trame è il “nomadismo esistenziale”, ossia il saper
vivere nell'ambientazione allargata del mondo facendosi strada in mezzo alle
molteplici contaminazioni socio-culturali che ne fanno parte. Dalla Spagna a
Singapore, da Roma a Ginevra i protagonisti disegnano una sorta di melting pot,
una realtà multipla che prende corpo nell’arco della narrazione. Sei storie
differenti e sei protagonisti accomunati da uno stesso approccio alla vita, da
una stessa condizione dell’anima che affronta ciò che vede cercando sempre
l’analisi ragionata e la ricerca del dettaglio rivelatore. Vite uguali e
diverse di cui l’intersezione con l’altro e l’osmosi culturale costituiscono il
fulcro essenziale. I racconti possono essere letti sia in chiave sequenziale e
cronologica che su binari paralleli, come se si trattasse dei molteplici alter
ego di uno stesso protagonista alle prese con diversi destini. Per ogni storia
un diverso aspetto della vita da sviscerare. Babelfish-racconti dall'Era
dell'Acquario' ha vinto il Premio Nazionale Letterario di Calabria e Basilicata
III ediz. (sez. narrativa) e il premio speciale antologia Caterina Martinelli,
II ediz.
Gino Pitaro nasce a
Vibo Valentia il 7 luglio 1970. Nel suo percorso svolge varie attività, tra cui
quella di redattore e articolista freelance e di documentarista indipendente.
Nel 2011 esce il suo I giorni dei giovani leoni (Arduino Sacco Editore), che
ottiene buoni riscontri di critica e diviene una delle opere underground più
lette nel 2012. Babelfish, racconti dall’Era dell’Acquario è il suo secondo
libro.
giovedì 10 luglio 2014
L’Avvocato Francesca G. Conte apre su Facebook la sua pagina dedicata al Diritto
Qualche mese fa il noto
avvocato leccese Francesca G. Conte aveva aperto un suo blog su piattaforma
Blogger oggi consultato a livello nazionale e internazionale, al fine di
offrire una bussola sempre più efficiente agli operatori del Diritto, per
meglio orientarsi nell’intricato sottobosco di news,
segnalazioni dottrinali, editoriali, norme e cronache che hanno a che fare con
il Diritto in maniera completa ed esaustiva. Oggi l’Avvocato Francesca Conte si
dota di un ulteriore strumento on line aprendo una sua pagina su Facebook il più importante social network del mondo
all’indirizzo
Se è vero che il
tentativo di racchiudere in unico concetto il significato della parola
“diritto” diventa oggigiorno sempre più complesso, è anche pur vero che i nuovi
sistemi di comunicazione e condivisione dei saperi, anche nell’ambito degli
studi giuridici costituiscono strumenti indispensabili nel superare limiti,
categorie, ermeneutiche fuorvianti attinenti al Diritto e alla sfide che
quotidianamente gli operatori di questo settore devono affrontare. La nuova
pagina on line dell’Avvocato Francesca Conte sarà anche uno spazio dedicato
alle segnalazioni editoriali riguardanti il Diritto e alla narrativa noir,
thriller, e gialla proprio nell’ottica di una comunicazione friendly come
Facebook richiede
Info
Avv. Francesca G. Conte
Facebook -
Quanto lunghi i tuoi secoli (Archeologia personale) di Filippo Tuena, con una nota introduttiva di Tatiana Crivelli, Pro Grigioni Italiano - Armando Dadò editore (Locarno CH, 2014), pag. 273.
“Dal confine grigionese di Le
Prese alla Roma capitale, da Milano a Parigi”. Questo battuta perfetta di
Crivelli, raccolta dalle righe introduttive alla madeleine di Filippo Tuena, “Quanto lunghi i tuoi secoli”, presenta
perfettamente origine e destino di questo scrittore. Il padre di Filippo era
d’origini poschiavine e romane, mentre la madre aveva sangue triestino e
pugliese. E Filippo Tuena ha molto vissuto nel quartiere romando di suo padre,
dal quale aveva ereditato un negozio d’antiquariato, prima di salpare verso il
capoluogo lombardo. Detto ciò, andiamo al libro di memorie, al volume
sottotitolato “Archeologia personale”. Che comincia, non a caso, con una
lettera dell’autore al figlio Cosimo. Sull’identità, insomma sulla famiglia.
Tutta la prima parte del corposo e riassuntivo libro, che ovviamente non poteva
contenere i bellissimi romanzi di Tuena (vedi il magnifico “Ultimo parallelo”)
– pur ricordandone quasi la genesi e praticamente d’ognuno -, raccolta in
“Prose”, ci dice infatti di: “Prezzi di un mondo autobiografico”, “Appunti di
un viaggio in motocicletta”, “Città straniere”, “Antartica”, “Passioni e
letture”, “Donne ostili (una certa cifra)”; tutta la materia interiore, la
formazione dello scrittore. Dall’esordio. In mezzo, “Versi”. Infine la sezione
dedicata all’opera teatrale, con “Cuori separati” e “La tempesta”. Non basta
dire che Filippo Tuena con questo libro definitivo si mette a nudo. Insufficiente
risulta specificare che Tuena scrive della sua famiglia tornando a prima della
guerra e al fascismo. Tra ricordi di Renato Guttuso e incontri col regista del
“Deserto dei Tartari”, Valentino Zurlini. Il libro, ovviamente, ripropone anche
delle recensioni di Tuena. Ché da lettore d’opera altrui pure, questo nostro
straordinario scrittore vuole dare il suo contributo alla letteratura. Mentre,
per esempio, adesso sta lavorando a un libro sugli ultimi anni di vita di
Robert Schumann. Ultimo parallelo, invece, partiva dai diari di Robert F.
Scott. Ma il nostro ha scritto pure facendosi suggerire dal Michelangelo. Tra
“autofiction” e “saggistica narrativa”, vive la vita del Tuena. Brillante,
fluente, riflessivo al massimo. Dotato d’una scrittura che proprio sempre ti
mette in soggezione.
NUNZIO FESTA
mercoledì 9 luglio 2014
Più del tuo mancarmi, di Emiliano Gucci (Noripios). Intervento di Nunzio Festa
Emiliano Gucci con i
cinque racconti che compongono la triste melodia di “Più del tuo mancarmi”,
accende fiammiferi nelle nostre viscere. Ogni racconto ci fa male. La
letteratura di Gucci, questa volta, non gioca scherzando col superficiale, come
c’era stato dato in abitudine, ma graffia negli stomaci nostri. Si parte con
una donna che abbandonata dodici anni prima, con figlio in grembo poi chiaramente
cresciuto senza il padre naturale, deve vedersi bussar alla sua porta l’uomo
che l’aveva lasciata a se stessa. Un uomo che torna a parlare dell’amore nei
suoi confronti come nulla fosse successo. Poi un paio di stivali buoni a gelare
un altro padre colpevole. Oppure un uomo appena lasciato dalla sua donna che
decide di catapultarsi in casa dell’amante del suo genitore morto, mentre anche
sua madre sta per morire: quindi il passato raccontato dalla donna rimette
tutto in discussione. E da qui, forse, potremmo dare il senso del libro stesso.
Perché ogni racconto, appunto, gela proprio in quanto capace di spiegarci che
il dubbio mai deve morire. Le storie d’amore che reggono ogni vicenda di Gucci,
tutte dette con voce praticamente esterna al quadro, sono messe in un certo
segno ogni volta in crisi da situazioni che i protagonisti o i comprimari di
queste, mai avevano visto oppure mai avrebbero potuto capire. Gucci ci dice
come nulla è reale al cento per cento. Ci fa vedere quanto possiamo sbagliarci
se pensiamo solamente a coccolare certezze. Tutto può cambiare. Possiamo di
sicuro aver commesso errori. Non aver visto. E ogni chiusa d’Emiliano Gucci,
più raggelante a ogni racconto, sottolinea proprio che non tutto può esser vero
per l’eternità. Con Più del mio mancarmi lo scrittore toscano dimostra che
anche scegliendo il racconto quale genere letterario rimane una delle migliori
penne italiane.
martedì 8 luglio 2014
Grandi sorelle di Nino G. D'Attis (Lupo Editore). Intervento di Nunzio Festa
Dal mondo di Passignaro
Salentino al mondo della disco e dei flash che ammazzano. Teresa, sorella
minore, cubista nei locali notturni quando non bada a un anziano professore. E
la maggiore Ester, bodybuilder e personaggio chiacchierato degli ambienti
romani. Da Passignaro allo scandalo. Sono le protagoniste, compreso lo
scandalo, del romanzo dello spericolato Nino G. D’Attis. La solitudine di due
sorelle, che avranno destino ovviamente diverso. A forza d'estremo
disorientamento nelle cose del mondo. Mentre i flussi di coscienza di Teresa
fanno il racconto della sconfitta. Il racconto della minore delle "Sorelle
Ficainfiamme". Per l'altra disperazione, questa volta del povero padre
Pietro; papà che per difendere l'onorabilità delle due figlie diede un
biglietto d'ingresso al pronto soccorso del paesello al presentatore di grido
Dubini. Tutto messo su you tube. Alla comoda cifra di 68.634.369
visualizzazioni. In realtà Teresa Malina, a differenza della sorella Ester,
passata tra gossippate ecc., è protagonista positivo della storia. Ovvero
l'unica figura, nemmanco la madre..., prova fermamente a contrastare la
"decadenza" del presente. Dove, comunque, la sua famiglia squazza.
Fino alla morte, per dire, del poverà Pietro. Le figure più belle del romanzo,
comunque, sono la madre delle Ficainfiamme e il professore che,
nell'immaginazione di qualcuno ?, da consigli ed esperienza, chiaramente, a una
Teresa già cubista per sbarcare il lunario nella suo domicilio romano. Scattano
flash in continuazione. Ma, soprattutto, dalla penna vibrante di D'Attis
nascono situazioni che tra luccichio del moto e lettura della psciche formano
un effetto imperdibile.
Internazionale » Cinema » “La madre” di Grazia Deledda al cinema con Carmen Maura
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