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giovedì 31 ottobre 2013
Tutte le feste di domani, di Veronica Raimo (Rizzoli). Intervento di Nunzio Festa
Quasi esile, ma al punto
proprio di diventare sinuosa in somiglianza del corpo stesso dell'autrice, e a
incrinature meditate ma improvvise come certi atteggiamenti sempre
dell'autrice, la lingua di Veronica Raimo in "Tutte le feste di
domani" è piana e leggera, però dotata d'accenti virtuosi che non si
fregiano comunque d'ampliamenti barocchegianti - perché si nutrono invece di
quel che rimane dalla forza dei personaggio del romanzo. Se la prima scena è
quasi banale, quando i coniugi Falsini, Flavio e Alberta, provano a lambiccarsi
su come e quanto ristrutturare il loro appartamento di borghesi precisi, puliti
e perfetti, alla stregua di scegliere la strada giusta dell'educazione per la
loro poverina e ricca figlioletta, la parte vera della storia si dota di luoghi
comuni per abbatterli uno per volta. Ché, infatti, i tradimenti da fedifraga
impenitente di lei sono macchiati da una specie d'amore che potrebbe o dovrebbe
esser antidoto, addirittura, alla solitudine. Per esempio. E contro la noia non
sono lanciate le continue provocazioni, sempre da parte della moglie Alberta,
in quanto sono garantiti discorsi seri, argomentati e rigorosi. Oltre che resi
obesi da una bella quantità di bugie che devono ingoiare e mostrare al
professore e "filosofo" Flavio. La trama parte praticamente da quando
lei, Alberta è una studentessa affascinante, povera testarda e fortemente di
sinistra, che si sta per laureare, lui un brillante e facoltoso professore di
Estetica nonché membro della commissione di laurea e collega del più vecchio
Giordano, altro futuro amante della donna. Quindi Alberta seduce Flavio. Prima
d'esser estratto da questi da una specie di comune che le stava dando l'illusione
di sperimentare libero amore in libera casa. E ad Alberta piaceranno assai gli
agi borghesi: dal vino di qualità alla possibilità di sputare idealmente sul
campo da golf dei suoceri che però agli sposi hanno intestato case. E rivolto
una discrezione lineare interrotta soltanto dalle spiate della fidata e
onestissima colf, tanto che questa dote della serva alla padrona di casa
Alberta - che giustifica e conosce il furto - da fastidio assai. Chiaramente,
di certo, per i Falsini tutto è falso. Tranne la noia della signora Falsini.
Che fortunatamente conoscerà il giovane scrittore ancora inedito, Carsten.
Americano degli Usa che riserverà sorprese non necessariamente soprendenti. Se
a Parente è proprio una certa levità ad aver sconvolto, tanto da portare a una
netta stroncatura dell'opera, siamo certi che la leggerezza della narrazione è
il vero elemento vincente del secondo romanzo di Raimo. Altrimenti la tormentata esistenza d'un
funerale vestito da matrimonio non ci sarebbe potuta interessare. Quindi la scorrevolezza
dello stile permette di vedere il meglio celato sotto una lunga serie di
dialoghi imbellettati di mascherine e flussi di coscienza provata dei signori
protagonisti. Che sono un pezzo di mondo.
mercoledì 30 ottobre 2013
"Nigredo" libro dell'anno per questo 2013 per l'editore I libri di Emil
Nigredo, di Stefano Delacroix è
il romanzo della collana Composizioni ( I libri di Emil) che ha maggiormente
attirato l'attenzione di lettori e critica nel corso del 2013.
“Si respira, nell'aria, l'aspro
odore della Rivoluzione. Lungo le buie strade di Poitiers, nella Francia
centrale, il lusso ostentato sovrasta la miseria delle genti del popolo. Occhi
iniettati di sangue, assetati di potere, amanti del piacere delle carni, della
gloria”. (Valeria Mingolla – Nuovo Quotidiano di Puglia)
“L’autore offre forbite
descrizioni storiche al lettore che si intrecciano con una trama interessante,
tetra e misteriosa come gli intrugli e le pozioni magiche che si trova a
preparare Vincent perchè vuole diventare un guaritore o come molti del suo
quartiere parigino lo definiscono l’esorcista. Vuole fare il mestiere del
padre, a differenza del padre però guadagnare soldi ingannando poveri bisognosi
d’aiuto e senza speranze con preparazioni di medicine naturali. Insomma un
ciarlatano dei nostri tempi: guaritore di se stesso più che del male, se pur si
professi come Bernardo di Chiaravalle un abile guaritore. Si susseguono episodi
tipici di un romanzo noir e storico con riferimenti senza dubbio coinvolgenti e
attualizzabili nel nostro presente. È singolare ed è apprezzabile la scrittura
di Delacroix colta e mai superficiale nel raccontare il districato destino di
Vincent. Bellissimi i riferimenti a Voltaire, Diderot, Montesquieu - i grandi
illuministi del 700 francesi e a Rousseau che cita spesso richiamando il
concetto di iniquità più che di giustizia e uguaglianza. Eh si è un imperativo
che incombe in “Nigredo”: è l’iniquità della vita e della morte, della povertà
che alberga nei quartieri parigini e nelle morti disumanizzanti di vittime
colpite da malattie dalle quali non si può sfuggire neanche con preparati di
erbe e intrugli che sembravano avvelenassero corpi già martoriati.” (Alessandra
Peluso – Affari Italiani)
Grande successo di critica e di
pubblico per il nuovo libro di Stefano Delacroix dal titolo “Nigredo”edito da I
Libri di Emil.
Il libro - Vincent Fernand
Daudet, guaritore e realizzatore di pozioni della salute, è un uomo dal passato
oscuro, orfano d’arte (il padre era un uomo ‘vissuto pericolosamente’ a metà
tra la medicina e l’alchimia esoterica), trafugatore di cadaveri, frequentatore
di bettole, avvezzo a miasmi e sollazzi nei postriboli di una Parigi mefitica e
pestilenziale, salvatore di fanciulle pudiche, amante di donne fedifraghe,
amico di ladri e impostori. Il destino che Vincent ha cucito addosso è quello
iniziatico dell’alchimia e dei sentieri esoterici dello spirito. Uno spirito
che combina elementi di chimica, fisica, astrologia, medicina, misticismo e
religione. L’obiettivo del protagonista è la conquista dell’onniscienza e la
creazione di un rimedio a tutte le malattie. E la vita eterna…”
L’autore - Stefano Delacroix è
nato a Taranto nell’agosto del 1966, da genitori leccesi. Dopo una lunga
militanza giovanile con la band The Act, prodotto da Mimmo Locasciulli pubblica
tra il ’94 e il ’97 due album solisti, Ribelli e La Legge Non Vale (ed. Hobo,
distribuzione Sony Music). Dedicatosi alla letteratura, pubblica nel 2007
Peristalsi (ed. Il Foglio) e La Memoria del Mare (ed. La Riflessione), nel 2009
Il Sesto (Lupo Editore), raccolta di racconti noir uscita in seconda edizione
nel 2012.
Info
I libri di Emil
martedì 29 ottobre 2013
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RADICAL CHIC DI MINO DE SANTIS NELLA NUOVA COMPILATION REALIZZATA DA PUGLIA SOUNDS E XL DI REPUBBLICA
In uscita giovedì 31 ottobre in
allegato a XL di Repubblica - Il brano “Radical Chic” di Mino De Santis, tratto
dal suo recentissimo album “Muddhriche”, edito da Ululati, etichetta
discografica di Lupo Editore, è stato selezionato per la nuova compilation
realizzata da Puglia Sounds e XL di Repubblica, che sarà in edicola giovedì 31
ottobre in allegato gratuito al numero di novembre 2013 della rivista musicale.
La compilation, distribuita in tutte le edicole italiane, contiene 17 brani
selezionati da Luca Valtorta, direttore di XL, tratti da dischi di artisti
pugliesi pubblicati negli ultimi 12 mesi. La scelta di “Radical Chic” non è
casuale, infatti, il brano si caratterizza per un testo dai tratti ironici e
pungenti, nel quale il cantautore salentino non esita a mettere alla berlina un
certo intellettualismo sterile, che a volte caratterizza una certa sinistra.
Emerge così una critica, senza mezzi termini, a quanti “uomini e donne liberi
dal bisogno, con le spalle sempre coperte da papà”, “gente distinta e raffinata/figli di una
sinistra acculturata/che mangia, parla, beve, scrive e fa opinione ma aspetta
il popolo per la rivoluzione” disquisendo per ore “sui mali della terra, sulla
miseria, sulla povertà”, come della “Palestina, la vivisezione, e poi il
buddismo la contro religione. L’islam, la pace, i clandestini”, ed immancabile
“poi la buona cucina”. “Radical Chic” è un esempio, dunque, di come il
songwriting di Mino De Santis, partendo dalle radici della cultura salentina,
si sia aperto verso un immaginario poetico e critico orientato verso temi di
rilevanza sociale e politica.
Muddhriche, il disco
“Chi si nutrirà di queste
muddhriche, che lascio qui? Non sono gli avanzi, non sono gli scarti della
vita, queste note. Sono il dono di chi mi ha cresciuto, mi ha allevato, mi ha
librato nell’aria. “T’aggiu crisciutu cu lu pane e senza pane, muddhrica
muddrica. Ti ho tirato su con tutto lo zelo possibile”. Risuona ancora nelle
mie orecchie. Perché queste sono le briciole, ma sono anche il mio nutrimento, sono
ciò che mi ha insegnato ad accontentarmi e godere delle cose piccole e belle.
Come gli uccelli, che vivono un’esistenza intera appagati dai manuzzuli, così
ho imparato a far tesoro di quello che la storia mi ha voluto regalare. Ci
hanno lasciato le briciole, dice qualcuno, ma noi, uomini del sud, tanimu lu
coriu tostu e de le muddhriche nde facimu pane”. Mino De Santis
Ogni qual volta si ascolta Mino
De Santis, si hanno ben chiare le sue radici, la sua storia, le origini
musicali e i suoi ascolti al juke box. La voce e l'ironia amara di De Andrè, ma
anche l'impegno di Stefano Rosso o la compostezza di Paolo Conte. Ma per non
abbandonarsi a facili semplificazioni, bisogna fermarsi un attimo e rimettere
play.
Mino De Santis è a tutti gli
effetti un fuoriclasse, unico nel suo genere perché ama ancora raccontare e lo
fa come potrebbe fare un fotografo con le sue istantanee, un pittore
impressionista nel fermare tutto su una tela o il saggio del paese nel riferire
vizi e virtù della sua gente. Con dovizia e ironia.
Anche in questo terzo album
"Muddhriche" prodotto dall'etichetta Ululati (Lupo Editore) si
raccolgono piccoli momenti di vita quotidiana, come fossero proprio molliche
minute ed essenziali, messe insieme per farne pane e nutrimento. Ci sono le "macchiette",
i personaggi del paese: "Lu prete" scaltro e smaliziato o la "La
bizoca e la svergognata", apparentemente diverse ma "le stesse e
l'hanno sempre saputo".
C'è la bellezza e la malinconia
degli "Anni" passati tra casa, chiesa e sogni di libertà ma anche il
sud amaro dei "Pezzenti"(feat. Nando Popu / Sud Sound System), quegli
immigrati trattati come animali tra "patruni e capurali", senza
diritti o assistenza, pagati venti euro alla giornata me definiti lo stesso
invasori.
E tra mandolino e fisarmonica, si
continua a raccontare di quei "Radical chic", quelli bravi a dare
definizioni, che hanno così poco da dire ma tanto da parlare.
A poco a poco le
"Muddhriche" compongono il quadro di un uomo che, come ben
rappresentato dalla copertina del disco, dall'alto, osserva, riconosce, cerca
di individuare quelle briciole, le piccole cose che continuano a dargli
godimento. È un carnevale di personaggi e situazioni, dove si respira a pieni
polmoni l'aria scanzonata di un bonaccio che ama quello che compone perché è il
suo modo di continuare a credere al sogno di anarchia.
Tracklist
1.Anni - 2. Fiche cu le mendule - 3. Radical chic - 4. Sutta ‘na
chianta te chiapperu - 5. Lu preute - 6. Porta verde - 7. La pizzoca e la
sbergugnata - 8. Ieu fazzu gezz - 9. Certi culi - 10. Pezzenti (feat. Nandu
Popu) 11.Arbulu te ulie (bonus track)
Mino De Santis, note biografiche
Mino De Santis - La poesia di
Fabrizio De Andrè, il ritmo di Paolo Conte, l’ironia “eretica” di Giorgio
Gaber, il racconto disincantato di Stefano Rosso, una passione per la big band
alla Renzo Arbore. Tutto questo in un solo cantautore: Mino De Santis. Molti di
voi si stanno chiedendo certo chi sia
mai costui. I programmi televisivi non lo ospitano e le radio commerciali
nazionali non trasmettono le sue canzoni
eppure stiamo parlando di un artista di valore eccezionale. Quando si racconta
la biografia di un artista spesso si comincia dicendo “da giovane fece il
minatore”, come Tom Jones, oppure “ha lavorato in fabbrica”, per Mino De Santis
bisogna usare ancora il presente indicativo e dire: quando non fa concerti fa
l’imbianchino oppure il contadino, accettando un po’ tutti i lavori che ha
sempre fatto per vivere. Mino non è un ragazzino, è un quarantenne che ha
sempre scritto canzoni principalmente per se stesso, per i suoi amici, per quel
irrefrenabile bisogno di “raccontare la vita” che ogni vero artista sente
bruciare dentro. Solo 3 anni fa fa ha
prodotto il suo primo cd “scarcagnizzu”, venduto solo attraverso i suoi
concerti, passato di mano in mano mentre le sue canzoni era possibile
ascoltarle su you tube. A distanza di un
anno nel 2012 esce l'album
"Caminante" accompagnato dal
videoclip di 8 minuti ( quasi un corto) "Lu ccumpagnamentu" diretto
dal Regista Gianni De Blasi. A luglio 2013 esce "Muddriche" ed è la
seconda produzione della nuova etichetta "Ululati" di Lupo editore,
anche in questo caso è stato prodotto un videoclip con la partecipazione di
Alessandro Haber e Nandu Popu dei Sud Soun System per il singolo "pezzenti"
.
Un florilegio critico
“Un artista da seguire…”
(Vincenzo Mollica, DoReCiackGulp! RaiUno)
“E’ un carnevale di personaggi e
situazioni, dove si respira a pieni polmoni l’aria scanzonata di un bonaccio
che ama quello che compone perché è il suo modo di continuare a credere al
sogno di anarchia” (Raffaella De Donato)
“Allo sguardo di De Santis nulla
sfugge, non un gesto, non una parola” (Raffaele Gorgoni, Tg3)
“Mino De Santis si fa notare per
la sua verve ironica, da Gaber saletino” (Tommaso Ricci, Tg2)
“Attraversarsi le note come
spettatore disincantato tra parole abusate e “tipi” di ogni giorno. Cerchi una
briciola che nutra e la trovi nelle parole-musica, nei treni in partenza, nei
colori di un fiore antico, nella voce calda, in un amore” (Sandrina Schito)
"Il Salento trova nuove
parole, quelle puntute, del graffio autoriale. Anarchiche quanto basta per
tener desto l'animo e l'occhio allo sguardo: quello dritto, che mai s'inchina e
fa riverenza. Mino De Santis è così, ama il ridere, il soffio e lo spiffero.
(Mauro Marino)
Mino De Santis è un ascolto che
il tempo e la pratica portano a metabolizzare. Non è la risata di turno ciò che
arriva e resta. Ma un ondulato senso di profondità che scolpisce immagini nella
memoria e libera l'ascolto dalla superficialità attorno (Erika Sorrenti e
Francesco Aprile)
Mino ha scritto una pagina di
canzone popolare vera, del popolo del Salento che si libera dalla pur splendida
prigionia del tamburello, dell'organetto e del violino e approda ad un
linguaggio nuovo, fatto di dialetto e di italiano colto al volo, masticato,
rimasticato e sputato fuori in una nuova forma di colostro, vero alimento con
il quale crescere i piccoli. Musica accattivante, di uno che sa suonare la
chitarra, la lascia nei suoi accordi semplici, quasi ondeggianti come un
materassino gonfiabile sulla bonaccia (Pino De Luca)
Autoironico e impietoso … lo
definirei un "verista" per come descrive la realtà sociale e
soprattutto quella di tanta umanità. Ha il suo modo singolare di vedere la
realtà e di declinarla in versi. E' un sognatore ingenuo e intellettualmente
onesto. Insofferente a qualsiasi regola, non scenderebbe mai a compromessi, ha
l'anima libera e resta anarchico anche quando non sarebbe il caso. Ha una
singolare genialità, un'autentica vena artistica che differisce da qualsiasi
accomodante musicalità "popolare" oggi cosi volgarmente e
insopportabilmente stereotipata (Giuseppe De Santis)
LUPO EDITORE
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73043 Copertino (Le)
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lunedì 28 ottobre 2013
Claudio Trupiano Grazie Dottor Hamer
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