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domenica 14 luglio 2013
sabato 13 luglio 2013
venerdì 12 luglio 2013
UNA FRISELLA SUL MARE - Canzoni, ricordi e ricette da spiaggia a cura di Pierpaolo Lala (Fornelli Indecisi e Lupo editore). Dal 15 luglio 2013
Lunedì 15 luglio in ebook nei
digital store e lunedì 22 luglio in tutte le librerie d'Italia (distribuzione
Messaggerie Libri) esce "Una frisella sul mare. Canzoni, ricordi e ricette
da spiaggia" (Lupo Editore). Dopo "50 sfumature di fritto. Piccolo
Manuale Untologico" la crew gastronomica di Fornelli Indecisi, guidata dal
patron del concorso di cucina dozzinale, giornalista ed ex chitarrista di falò
Pierpaolo Lala, torna con un libro ideale da cantare, leggere e
"consumare" sotto l'ombrellone.
Il libro, un’idea a due menti e
quattro mani del patron e del giornalista, scrittore e musicista Osvaldo
Piliego, nasce dalla consapevolezza di un assurdo paradosso. In quale posto e
in quale stagione si mangiano, fino allo sfinimento, cose pesantissime e dure
da digerire? La risposta è drammatica: in spiaggia, d’estate. L’estate, nel
Salento, è sinonimo di “stanato”. La traduzione è molto semplice: tegame o
teglia da forno in acciaio. Ovviamente può essere anche in altro materiale o
usa e getta ma il concetto resta invariato. Anche perché lo stanato ha bisogno
sempre, per essere infornato, di un complemento di specificazione. Ossia uno
stanato di parmigiana, uno stanato di pasta al forno, uno stanato di
cannelloni, uno stanato di melanzane ripiene, uno stanato di focaccia, uno
stanato di pizza di patate. Lo stanato da solo non esiste, è come dire
"bottiglia". Di cosa: di acqua? di birra? di vino? di succo di
frutta? di olio extravergine d'oliva?
Ognuno di noi ha molti ricordi
“ambientati” in spiaggia o al mare. Tutti abbiamo una colonna sonora,
soprattutto quella dei falò, ormai vietati. Le spiagge dove abbiamo passato le
nostre infanzie ci fanno sempre sorridere e tornare alla mente le corse pinnate
o le prime fidanzatine. E come dimenticare le ricette e le giornate passate a
sfornare e trangugiare “stanati” carichi di parmigiane, paste al forno,
cannelloni, peperoni ripieni, cozze gratinate.
Il libro è diviso, dunque, in tre
sezioni: canzoni, ricordi e ricette. Tra le canzoni "Una frisella sul
mare" accoglie un piccolo repertorio di brani tipici soprattutto degli
anni ’80 e ‘90, che sono gli anni (terribili per alcuni, meravigliosi per
altri) nei quali è cresciuta la maggior parte dei membri della crew, da Albano
e Romina agli 883 passando per Vasco Rossi, Lucio Battisti, Marco Ferradini,
Francesco De Gregori, Antonello Venditti, i Cure, The Smiths, i Beatles, Amedeo
Minghi, il Gruppo Italiano, Bruno Martino, Fred Bongusto, Claudia Mori, Paul
Anka, Francesco Guccini, Vanessa Paradis, Gianni Pettenati, Peppino di Capri e
i brani popolari da cantare a squarciagola.
Grazie ai ricordi di numerosi
giornalisti, foodblogger e scrittori si ripercorre, poi, un lungo tratto della
costa pugliese da Bari sino alla provincia di Taranto. Non è un censimento ma
un viaggio casuale nei ricordi che passa da Capitolo, Spiaggia Bella, Torre
Chianca, San Cataldo, San Foca, Torre dell’Orso, Otranto, Santa Maria di Leuca,
Ugento, Porto Cesareo, Marina di Pulsano, Torre Ovo e tante altre località.
Donpasta, Osvaldo Piliego, Giuseppe Calogiuri, Raffaele Gorgoni, Alessio Viola,
Paola Sgobba, Francesa D’Agnano, Adolfo Maffei, Ennio Ciotta, Antonietta
Rosato, Salvatore De Simone, Fulvio Totaro, Maria Grazia Fasiello, Salvatore
Caracuta, Andrea Gabellone, Carlo Morelli, Daniela Sabato, Letizia Basile,
Danilo Siciliano, Dario Goffredo, Dario Quarta, Rossano Astremo, Paolo La
Peruta, Viviana Guadalupi e la misteriosa Senora Mia, ci raccontano una Puglia
diversa, vista da un’angolatura particolare: quella della tavola apparecchiata
in casa o improvvisata in una cabina, sugli scogli o sotto una pineta.
L’ultima parte è dedicata ad una
settantina di ricette, in rigoroso ordine alfabetico, perché in spiaggia non
esiste la differenza tra antipasto, primo, secondo, frutta, dolce. Tutto può
essere un pasto unico, perché c’è chi si mantiene leggero dissetandosi magari
con una granita o gustando un gelatino, c’è chi invece arriva in spiaggia
organizzato come fosse l’ultimo pranzo della sua vita. Le ricette sono
recuperate qua e là, rubacchiate on line, suggerite da amici e amiche,
tradizione di famiglia o selezionate tra i partecipanti alle precedenti
edizioni di Fornelli Indecisi. Infine Manila Benedetto ci spiega le sue teorie
sulle cose da bere (e da digerire) mentre a Pino De Luca (colonna di Fornelli
Indecisi) è affidato l’arduo compito di concludere con un “trattato” sulla
frisa. Quasi 200 pagine di note, parole e calorie.
Fornelli Indecisi è un concorso
di cucina dozzinale, nato dall’esperienza dell’omonimo gruppo su Facebook.
Casalinghe disperate, single buongustai, nonne con la frittura nel sangue,
mamme con la polpetta facile, zii con il vizio della crostata, nonni avvezzi
alla pasta con le cozze, quelli che dicono “non so chi sia Antonella Clerici”,
quelle che pensano che “la Parodi era meglio cotta e mangiata” sono i
concorrenti ideali di questo concorso dedicato a tutti. La quarta edizione,
anticipata dalle Primarie del Centrotavola, è attesa per la primavera 2014.
Il trentaseienne leccese
Pierpaolo Lala, socio-lavoratore della Cooperativa Coolclub, prova a fare il
giornalista sin dalla tenera età. Vive prettamente su Facebook (o retwittandosi
da solo) e quando ha tempo a San Cesario di Lecce, dove uccide piante e cerca
di sfamare gatti dai nomi strampalati. Sino al 2001 è stato un grande
chitarrista da falò proponendo cover demenziali e inediti tremendi. Da molti
anni prova a scrivere un libro sui neologismi della politica. Nel frattempo ha
ideato Fornelli Indecisi e ha pubblicato due libri di ricette (di altri). Prima
di entrare in acqua aspetta almeno quattro ore anche se ha mangiato solo una
fetta di melone. Dal 2012 è considerato un frittologo e un po’ si vergogna.
Quando gli chiedono che fai nella vita risponde serio: “Posto cose, taggo
gente”.
PROLOGO di Pierpaolo Lala
La cucina per me è fatta di
ricordi. La cucina per me è fatta di facce, dettagli, luoghi, situazioni,
canzoni, persone, donne amate e famiglie adorate, amici persi e amici trovati,
fanciullezza faticosa e adolescenza negata, chitarre e falò. La cucina per me è
mia madre che cerca la ricetta giusta per soddisfare le esigenze di tutti. La
cucina per me sono le mie nonne che ho perso troppo presto ma che ricordo alle
prese con i pranzi e le cene del giorno di festa, quelli in cui io mi sedevo
ancora al tavolo dei piccoli (de li piccinni) e recitavo la poesia in piedi
sulla sedia. La cucina per me sono le mie zie che ho osservato nelle lunghe
giornate passate con loro e i miei cugini. La cucina per me è una novità. Nel
2008 ho iniziato, per scherzo, un’avventura che si chiama Fornelli Indecisi.
Una rubrica di cucina dozzinale su Facebook che poi si è spostata nella vita
reale trasformandosi in un concorso. La cucina per me sono le oltre 200 persone
che in tre anni hanno partecipato, con lo spirito giusto, al concorso,
proponendo ricette da tutta Italia (e anche dall’estero) e provando a
raccontare la loro storia, il loro ricordo legato a quel piatto povero o ricco
che fosse. La cucina per me è un libro, nato per scherzo. “50 sfumature di fritto. Piccolo manuale
untologico”, uscito poco prima di Natale 2012. Una bella esperienza che mi ha
portato in giro per il Salento, la Puglia e l’Italia a raccontare Fornelli
Indecisi e parlare di frittura. Dalle biblioteche ai ristoranti, da
un’università per la terza età ad un festival sull’olio, dai pub alle cantine
di vino, dai negozi di design alle librerie, dalle enoteche all’Ikea di Bari ho
girato parecchio e ho conosciuto moltissime persone. Ognuno mi spiegava il suo
punto di vista dal quale osservare e praticare la cucina. La cucina per me sono
due modi di dire tipici di questa zona che hanno costellato tutta la mia vita e
quella di altre migliaia di persone. È difficile, complicato, ostico se non
impossibile riuscire ad estorcere le ricette alle proprie mamme per non parlare
delle nonne. La parola magica quando la descrizione non è esaustiva è una sola:
“règolati”. Cioè la ricetta c’è, le grammature anche ma ad un certo punto solo
l’esperienza può darti una mano. La regola del regolati vale per tutto (o
quasi). Nelle ricette è tradotto come q.b. ossia quanto basta, e vale per sale,
pepe, spezie in genere ma funziona a meraviglia con molti ingredienti
fondamentali. Quando prepara il polpettone, amalgamando la carne macinata con
l’uovo, il parmigiano, il pangrattato e un pizzico di sale (più altri
ingredienti a scelta), mia madre mi dice che ad un certo punto capisci che è
pronto perché lo senti. Senti tra le mani la consistenza che cambia e senti
anche l’odore della carne che man mano si fa meno intenso e prende i colori
della menta, dell’uovo, del formaggio. Nella vita io ho sempre cercato di
regolarmi, navigando a vista. In cucina c’è una quota di preparazione e di
meticolosa scienza e una quota (quella più affascinante, secondo me) che ti
porta a improvvisare, a regolarti e seguire il tuo istinto e il tuo gusto.
Il secondo modo di dire mi ha un
po’ rovinato la vita e mi ha portato ad ingrassare fin da piccolo. Oggi si
discute molto di indice di massa corporea, calorie, diete, cibi biologici.
Negli anni ’80, quando io ero piccolo, perché anche io sono stato piccolo,
questa “disciplina alimentare” era meno diffusa. Nelle mense ci servivano
quello che c’era e si poteva dare e anche in casa cercavamo di rubare le nuove merendine.
Insomma per un bambino corpulento (cicciottello, insomma ditela come solo i
piccoli sanno dire, con fare sprezzante) la frase di cui voglio parlarvi era la
pietra tombale su ogni velleità dietologica. Dopo pranzi luculliani, a base di
ogni ben di Dio, al minimo diniego, del tipo “basta, sono pieno”, la frase
tipica era “mena, ca verdura ete” (non fare lo schizzinoso, in fondo è solo
salutare verdura). Secondo questa corrente di pensiero, la parmigiana di
melanzane è verdura. E, in effetti, alla base del poderoso maniero sugoso c’è
una verdura, la melanzana, peccato sia pastellata e fritta. Se non è fritta, mi
spiace dirlo, non si tratta di parmigiana ma di un falso ideologico da
perseguire civilmente e (nei casi di reiterazione del reato) penalmente. Da
queste e altre riflessioni (che Gabriella, a furia di risentire, ha imparato a
memoria) scaturite da circa trenta presentazioni del libro è nata la
consapevolezza di un assurdo paradosso. In quale posto e in quale stagione
mangiamo fino allo sfinimento, cose pesantissime e dure da digerire? La
risposta è quasi surreale: in spiaggia d’estate. Sembra assurdo ma dalle mie
parti (nel profondo sud del Salento) e non stento a credere che sia lo stesso
in tutti i sud del mondo (ma secondo me anche al nord, certe cose sono uguali)
l’estate è sinonimo di “stanato”. La traduzione è molto semplice: teglia da
forno in acciaio. Ovviamente può essere anche in altro materiale o usa e getta
ma il concetto è sempre lo stesso. Anche perché lo stanato ha bisogno sempre di
un complemento di specificazione. Ossia uno stanato di parmigiana, uno stanato
di pasta al forno, uno stanato di cannelloni, uno stanato di melanzane ripiene.
Lo stanato da solo non esiste. è come dire una bottiglia. Di cosa? Di acqua, di
birra, di succo di frutta? E quindi da questa certezza è nata, insieme
all’amico, socio e collega, Osvaldo Piliego l’idea del libro che avete appena
acquistato o che state sfogliando (scroccando) in libreria o da qualche amico.
Ognuno di noi ha dei ricordi “ambientati” in spiaggia o al mare, legati alla
musica (soprattutto quella dei falò, ormai vietati), a luoghi precisi (le
spiagge dove abbiamo passato le nostre infanzie vi fanno sempre sorridere e
ricordare le corse pinnate o le prime fidanzatine) e ricette (perché in
spiaggia, comunque, bisogna pur mangiare). Il libro è dunque diviso in tre
parti: Canzoni, ricordi e ricette. Ogni sezione è aperta da una o più
introduzioni. Tra le canzoni troverete un piccolo elenco di brani tipici
soprattutto degli anni ’80 e ‘90, che sono gli anni (terribili per alcuni,
meravigliosi per altri) nei quali sono cresciuti la maggior parte degli autori
della seconda sezione. Grazie ai ricordi degli amici Donpasta (Daniele De
Michele), Pino De Luca, Osvaldo Piliego, Giuseppe Calogiuri, Raffaele Gorgoni,
Alessio Viola, Paola Sgobba, Francesa D’Agnano, Adolfo Maffei, Ennio Ciotta,
Antonietta Rosato, Salvatore De Simone, Fulvio Totaro, Maria Grazia Fasiello,
Salvatore Caracuta, Andrea Gabellone, Carlo Morelli, Daniela Sabato e Letizia
Basile, Danilo Siciliano, Dario Goffredo, Dario Quarta, Rossano Astremo, Paolo
La Peruta e Viviana Guadalupi ripercorriamo un lungo tratto della costa
pugliese da Bari sino alla provincia di Taranto. Non è un censimento ma un
viaggio casuale che passa da Capitolo, San Cataldo, Torre dell’Orso, Otranto,
Santa Maria di Leuca, Ugento, Porto Cesareo, Marina di Pulsano, Torre Ovo e
tante altre località che non ho mai visto e che non ho mai “assaggiato”.
L’ultima parte è dedicata alle
ricette, in ordine alfabetico, perché in spiaggia non esiste la differenza tra
antipasto, primo, secondo, frutta, dolce. Tutto può essere un pasto unico,
perché c’è chi si mantiene leggero dissetandosi magari con una granita o
gustando un gelatino, c’è chi invece arriva in spiaggia organizzato come fosse
l’ultimo pranzo della sua vita. Le ricette sono recuperate qua e là,
rubacchiate da facebook, suggerite da amici e amiche e selezionate tra i
partecipanti a Fornelli Indecisi (che ringrazio fino allo sfinimento). Manila Benedetto
ci spiega le sue teorie sulle cose da bere (e da digerire) mentre a Pino De
Luca (colonna di Fornelli Indecisi) è affidato l’arduo compito di concludere
con un “trattato” sulla frisa. Il titolo è nato da un brainstorming in ufficio
che alla fine ha messo insieme una canzone famosissima con uno dei simboli,
positivi e negativi, della cultura enogastronomica della mia regione. In alcuni
posti una frisa con il pomodoro costerà poco meno di questo libro,
controindicazione della crescita di presenze turistiche degli ultimi anni.
In chiusura tre consigli:
- ascoltate le canzoni (anche
quelle più brutte, e non sono poche)
- leggete i racconti (anche
quelli più tristi)
- provate le ricette che vi
suggeriamo (anche e soprattutto quelle più pesanti).
Buona estate e chi è senza
peccato scagli la prima dieta.
giovedì 11 luglio 2013
Azimuth di Maria Grazia Palazzo (LietoColle) domani 12 luglio a Brindisi
Il volume AZIMUTH (Lieto Colle
Editore) di Maria Grazia PALAZZO sarà presentato da Stefano Donno il 12 luglio 2013 alle ore 19.30 a Brindisi, presso
l’ex Convento S.Chiara, nei pressi di P.zza Duomo. E’ prevista la
partecipazione del M° Francesco Palazzo che eseguirà alla fisarmonica brani di
musica classica contemporanea, scelti dal suo ultimo CD ‘Movimento Perpetuo’ ,
contenenti autori quali L. Andriessen, T. I. Lundquist, T. Hosokawa, F.
Palazzo, S.di Gesualdo, O. Schmidt, S. Gubaidulina, G. Tailleferre.
AZIMUTH- sua opera prima,
pubblicata dall'editore LietoColle, ha ricevuto buon esito di accoglienza, per
la sua incisiva cifra poetica, immaginifica e pensosa. La poesia di “Azimuth”
ha in sé una prorompente vis femminile, erotica e mistica, antropologica e
prometeica, che combatte in sé il sacro e il profano, come a celebrare o a
invocare una tregua dentro un'esistenza ossimorica, sempre in fieri. E
l'ossimoro è, infatti, spesso usato dalla poetessa, per esprimere
l'oscillazione spaesante, onnivora di ogni ragione o religione,
nell'attraversamento di luoghi geografici che si fanno orizzonte d'anima,
finestra interiore in cerca di Azimuth. Così ‘il fisico-corporeo-biologico’ si
fa sostanza poetante di una ‘metafisica trascendente, metaoggettiva’ di un
‘divenire accadente’ che è ‘storia individuale e collettiva’.
Contributi e recensioni sono
visionabili sul sito www.lietocolle.com
Maria Grazia Palazzo, nata a
Martina Franca nel 1968, è avvocato civilista.
Vive a Monopoli da pochi anni. Alla formazione umanistica e giuridica,
alla sua passione per la parola ha affiancato da qualche anno, studi di scienze
religiose. Da sempre affascinata dal linguaggio artistico ha esordito sul tema
del viaggio e della memoria in una mostra multimediale a Monopoli presso il
Castelli Carlo V.
Ha pubblicato nel 2009-10 per
l'incantiere, storico giornale salentino, a cura di Arrigo Colombo e Walter
Vergallo. Alcune sue poesie sono state pubblicate nella Antologia ‘Viaggi di Versi’
da Pagine Editore e in ‘Chiedici la Parola’ per la Stilo Editrice. Promuove e
partecipa ad eventi culturali e di poesia.
Francesco Palazzo (Martina Franca
1969) allievo di Salvatore di Gesualdo. Si è diplomato brillantemente in
Fisarmonica (primo in Italia) presso il Conservatorio “L. Cherubini” di
Firenze.
Dal 1993 è docente di Fisarmonica
presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari; parallelamente all’attività concertistica e di insegnante, svolge quella
di revisore e compositore con svariate pubblicazioni di trascrizioni,
adattamenti e proprie composizioni per fisarmonica oltre ad una importante
opera di carattere didattico intitolata “Fondamenti di Tecnica
Fisarmonicistica”, per la Berben edizioni musicali e per la Physa Ed. Musicali.
Ha inciso per la Sorriso Ed. Mus., Rugginenti e, in particolare come solista,
per Phoenix Classics e per Digressione Music.
Nel 2005 ha esordito come
compositore vincendo il primo premio all’Ottava Edizione del Concorso
Internazionale di Composizione “Franco Evangelisti”, indetto dall’Associazione
Nuova Consonanza, con “Movimento Perpetuo” - Studio da Concerto per fisarmonica,
pubblicato a cura dell’Edizioni Suvini Zerboni. Le sue esecuzioni e
composizioni sono state trasmesse da RadioTre, Radio Vaticana, Radio Classica
Network e svariate emittenti europee.
mercoledì 10 luglio 2013
L'AUTENTICA STORIA DI OTRANTO NELLA GUERRA CONTRO I TURCHI. DI DANIELE PALMA (EDIZIONI KURUMUNY) IL 12 LUGLIO A ZOLLINO
Verrà presentato il libro di
Daniele Palma edito da Kurumuny dal titolo “L'AUTENTICA STORIA DI OTRANTO NELLA
GUERRA CONTRO I TURCHI. NUOVA LUCE SUGLI EVENTI DEL 1480-81. DALLE LETTERE
CIFRATE TRA ERCOLE D’ESTE E I SUOI DIPLOMATICI”
venerdì 12 luglio alle ore 19,30
presso Palazzo Raho a Zollino in via Vittorio Veneto. Interverranno Antonio
Chiga (Assessore alla cultura), Luigi Manni (Ricercatore), Luigi Chiriatti
(Kurumuny), Daniele Palma (Autore). L’appuntamento ha il Patrocinio del Comune
di Zollino
Più di trecento lettere originali
presenti nell’Archivio di Stato di Modena – scritte nei giorni del conflitto e
in parte codificate con un alfabeto segreto per comunicare in modo riservato le
informazioni più delicate sui rapporti tra varie entità statuali, europee e
mediterranee – costituiscono la struttura fondamentale di questo volume sulla
guerra turca contro la Terra d’Otranto. Le risultanze che scaturiscono da tali
documenti sono confrontate con altri già editi, con la storiografia posteriore
e con la saggistica sull'argomento. Sul più vasto scenario della guerra che i
turchi portarono in Terra d’Otranto, se da un lato è stato scritto molto, dall’altro
sono rimaste molte questioni aperte. Lo stesso discorso vale, naturalmente, per
altre questioni, quali l’esatta cronologia dei vari episodi in cui si dispiegò
l’invasione turca o lo sterminio di centinaia di otrantini: perché fu voluto e
precisamente da chi, con quale criterio
furono scelte le vittime, se ebbero la possibilità di scampare alla
morte riscattandosi o abiurando la loro fede, se questo fu loro richiesto, e altro ancora.
Daniele Palma - Daniele Palma, nato a Calimera (LE) nel 1952, forse
perché impaziente di dedicarsi alla neonata passione per l’astrofisica, nel
1970 conclude brillantemente gli studi classici saltando l’ultimo anno di
liceo. Negli anni seguenti, in effetti, studia fisica prima a Lecce e poi a
Roma, laureandosi nel 1975 con una tesi nella quale introduce un nuovo
parametro per lo studio di alcune caratteristiche degli ammassi globulari,
grandi concentrazioni di stelle intorno alla nostra galassia. Tra un esame e
l’altro trova il tempo di esprimere le sue opinioni – sulla politica,
sull’economia e sul costume – in vari giornali locali, spesso da lui stesso
fondati, diretti ecc.: forse, crede, per un residuo gusto per il componimento.
Intanto pubblica su riviste specialistiche i risultati dei suoi studi: da solo
(Evidence and properties of double shell burning stars in globular clusters),
con il relatore della tesi (A parametric approach to the slope of the globular
clusters giant branches) e con un gruppo di docenti e ricercatori
dell’Università di Lecce (‘Mutual relationships between ice mantle and silicate
core properties of interstellar grains’). La scoperta, non solo del parametro
δ0.6, ma anche del fatto che la ricerca scientifica è bella quanto avara con i
suoi amanti, specialmente se questi pretendono di dare uno sbocco concreto ai
propri studi in un lasso ragionevole di tempo, lo induce a correggere la
propria rotta, quanto basta per approdare ai lidi dell’informatica, scienza e
tecnica allora pionieristica. Così, mentre passa attraverso cinque diverse
aziende tra Roma e Lecce, riascolta il seducente canto delle sirene che gli
rammentano come la sua anima – attratta fino a quel momento un po’
dall’umanesimo e un po’ dalla scienza – può trovare un buon equilibrio
affiancando, ad un’attività lavorativa nel segno della logica e
dell’elettronica, uno spazio di tempo libero dedicato alla ricerca storica e linguistica,
con lo spunto di un’identità peculiare propria di una terra d’origine sospesa
tra Oriente e Occidente. Credendo, quindi, di voler conoscere nomi, cognomi e
date importanti di tutti i suoi antenati (e delle antenate), intraprende una
ricostruzione sistematica delle migliaia di famiglie che sono vissute a
Calimera dal Seicento all’Ottocento. Non solo: inseguendo le radici proprie e
della moglie Dolores Greco (che sa bene quali attrattive lo tengono molte ore
fuori di casa, immerso in fondi archivistici o agricoli), finisce per
interessarsi anche del territorio circostante e dei suoi antichi abitanti.
Lungi dal cercare improbabili quarti di nobiltà, scopre che i suoi figli,
Giuseppe, Maria Veronica e Luigi Matteo, hanno inattesi antenati tra arcipreti
di rito greco, mercanti genovesi, scultori, ecc.; e, strada facendo, raccoglie
tante altre notizie – forse riportate come curiosità da alcuni benemeriti
parroci antichi – che si rivelano particolarmente interessanti per la
filopatria. Comincia così a pubblicare questi ritrovamenti, prima connettendoli
con una trama narrativa (A metà del guado – Vicende religiose nella Calimera
del Seicento [Calimera 1988]; Alba di luna sul mare – Tragedia di Roca
tramandata oralmente sull’altra sponda [Galatina 2000]), poi all’interno di
saggi lunghi (I Castriota a Calimera, sul Bollettino storico di Terra d’Otranto
10 [2000]; A nord di Kunta Kinte: incursioni e rapimenti in Terra d’Otranto
intorno al secolo dei lumi sul Bollettino 11 [2001]) e anche in forma divulgativa
(‘Donde Vrani’, Il Campanile di Borgagne; ‘Belloluogo, un nome che viene da
lontano’, Quotidiano 29/1/2001, 14; ‘Roca, covo di pirati distrutto da Carlo
V’, Quotidiano 4/6/2001, 17). Nel 2002 vedono la luce la monografia Roca – La
diaspora unita nel culto di Maria e il saggio Un buon Lagetto inedito sugli
eventi del 1480-81 in
Otranto sul Bollettino 12, su cui continua, negli anni successivi, la
pubblicazione delle risultanze scaturite indirettamente dagli studi
genealogici: Cronache di altri tempi: tutti i particolari nei registri;
Speranza nell’Essere e certezza del divenire in antichi documenti parrocchiali;
Lingua e rito greco a Calimera e negli altri centri dell’area rocana. Nel
frattempo, si dà corpo allo studio sulla feroce guerra turca, che colpisce le
genti salentine mentre altrove il buio medievale è rischiarato dagli splendori
rinascimentali, dando inizio a incubi plurisecolari che accomunano ancora una
volta questo lembo d’Italia ai destini della Grecia, in un sincronismo perfetto
di morte e resurrezione, fino all’inizio dell’Ottocento. In questo modo,
Daniele Palma si ricollega agli studi iniziali sulle affinità culturali in
senso lato della propria terra con il mondo ellenico.
Info
MUTI SONI CON AEDO, MASSIMO DONNO E CICCIO ZABINI ALLA MASSERIA SANT’ANGELO
Si
esibiscono nella suggestiva Masseria Sant'Angelo di Corigliano gli Aedo con la loro musica in poesia, i
ritmi suadenti di Massimo Donno con la sinergia di Ciccio
Zabini. Muti Soni questo il nome del suggestivo appuntamento musicale che vedrà
tre grandi realtà artistiche e musicali suonare magicamente insieme.
Evento imperdibile: Venerdì 12 luglio 2013, ore 22.00 - Masseria
Sant'Angelo - via Case Sparse - Corigliano (Lecce).
SALUTO AL NEMICO (ULULATI, LUPO EDITORE) DEGLI AEDO - Molto più che
interessante, anzi intrigante e molto bello questo lavoro degli AEDO. L'album
si apre con “Acqua” e si chiude con “Penelope”, come se
nell'andirivieni delle onde nel tessere e disfare una tela ci sia un attesa di
qualcosa di positivo l'arrivo anche solo di una immagine benigna. Tra il brano
di apertura e quello di chiusura splendidi brani sono Le orecchie del Re e La
pancia del mostro. Bellissima anche “Le tue mani”. Le sonorità sono a
volte rarefatte a volte forsennate come gli stati d'animo di una società in
travaglio.
Belli i testi con sfumature
agrodolci e le sonorità che vanno dalla ballada a brani più potenti intersecati
da un'etnicità mai banale.
Nato nell’agosto del 2010, il
progetto AEDO delinea un percorso lirico che si nutre delle radici del suono
piegando il canto popolare alla riproduzione della natura. Dalla ricerca e
riconsiderazione di antichi miti fino a giungere a testi di natura
contemporanea, lo spettacolo proposto restituisce un ricercato immaginario
arcaico che si distingue in contesti molto diversi dimostrando di possedere
quella natura poliedrica tipica del Teatro Canzone. Nel 2011 e 2012 gli AEDO si
esibiscono in numerosi concerti, dividono il palco con artisti di fama
internazionale come i RADIODERVISH e LUCA MORINO, realizzano una tournee
nazionale che li porta a suonare a ROMA e BARI, vincono il Concorso OFFICINE DELLA MUSICA in
occasione del quale viene prodotto un videoclip professionale del brano “MACARIA” realizzato dalla
PUNTO EXE con la regia di GIANNI DE
BLASI e sostenuto da diversi partner quali: UNIONE EUROPEA, PUGLIA SOUNDS,
REGIONE PUGLIA, TEATRO PUBBLICO PUGLIESE, PUGLIA PER TUTTE LE STAGIONI.
Gli AEDO sono:
Giovanni Saccomanno
voce e chitarra acustica
Eleonora Pascarelli voce
Mauro Pispico chitarra classica
Chiara Arcadi violino
Francesco Spada organetto
Giuseppe Donadei percussioni
Giorgio Kwiatkoswski basso
Giovanni Saccomanno
voce e chitarra acustica
Eleonora Pascarelli voce
Mauro Pispico chitarra classica
Chiara Arcadi violino
Francesco Spada organetto
Giuseppe Donadei percussioni
Giorgio Kwiatkoswski basso
AMORE E
MARCHETTE (ULULATI, LUPO
EDITORE) DI
MASSIMO DONNO. Nelle undici tracce che compongono l'esordio di Massimo
Donno c'è il segno di un cantautore che conosce la materia umana, e che ama
mescolare l'ironia e la poesia alla quotidianità surreale dell'amore, fino a
includere non solo le atmosfere - in un dialogo costante - ma anche le voci del
passato prossimo di Pier Paolo Pasolini (nel brano "Tango") o del
grande Alberto Sordi (in "Bologna A.D. 2012"), mescolandole al
presente delle sue suggestioni autobiografiche, come fa ad esempio nella
traccia dal titolo "Il mio compleanno". Un cantautore, Massimo Donno,
che non ha paura di guardarsi e, soprattutto, guardarci dentro con il ritmo di
una musica leggera e ironica. "Amore e marchette", nuova produzione
dell'etichetta Ululati, vanta, tra le collaborazioni di eccellenza, quelle con
Massimo Geri (presente anche nel video del singolo "Amore e
Marchette", realizzato dal talentuoso regista Gianni De Blasi), Nilza
Costa (nel brano "Il bianco ed il nero") e Guido Sodo, nel brano
intitolato "La colpa".
Inizia lo studio della chitarra
a tredici anni. Tra il 2000 – 2001, insieme a Luca Barrotta e ad altri
musicisti, avvia il suo primo progetto di folk d'autore, "Allegra brigata
Bodhran", ensemble che, ai testi di Massimo, unisce i suoni tradizionali
del sud Italia, dei Balcani, del klezmer. I lavori realizzati sono
"Memorie" (2001), "In cerca d'autore" (2003),
"Demo" (2006), (demo-cd autoprodotti), con una semifinale al
"Premio De Andrè" dentro questo percorso.
Dal 2005 ad oggi, realizza diversi spettacoli tra cui "Ti saluto dai paesi di domani..." sulla vita di Fabrizio de Andrè; "Le Otto ore" ispirato alle musiche tradizionali di lavoro e immigrazione di tutta Italia; "One hand Jack", tratto da un monologo di Stefano Benni, con musiche di Fred Buscaglione.
Negli anni Donno è ospite di progetti altrui, in cui opera da turnista. Collabora con l'attore Simone Franco, con Alberto Bertoli (figlio di Pierangelo), con l'osservatorio astronomico di Bologna e l'associazione per la Divulgazione delle Scienze Sofos, per la realizzazione dello spettacolo di osservazione astronomica/divulgazione scientifica dal titolo Racconti di cielo – Armonie tra mito e scienza.
Insieme al cantautore Gigi Marras, guadagna la finale al premio Bindi 2011 e la finale al Premio Musicultura 2012 (Ex Premio Città di Recanati), entrando nel cd ufficiale con i brani dei 16 finalisti. A giugno, con un suo brano "Amore e Marchette", vince "Promo", mini-concorso su Ciao Radio, radio Emiliana, ricevendo il maggior numero di voti. A luglio 2012 è stato finalista al Premio Bindi riscuotendo ottimi risultati di pubblico e critica. A settembre 2012 è stato finalista al Festival delle Arti di Bologna, contest organizzato da Andrea Mingardi.
È stato finalista alla 14esima edizione di Biella Festival autori e cantautori 2012, classificandosi tra i primi cinque. È stato semifinalista al Tour Music Fest, il più grande festival europeo dedicato alla musica emergente, con la commissione artistica presieduta da Mogol.
Scrive di lui Oliviero Malaspina: "Massimo Donno è un gatto che salta sui tetti della canzone d'autore italiana prendendosene la parte più nobile. Come un gatto ci fa le fusa, ci conquista per poi graffiarci quando meno ce lo aspettiamo. Come un prestigiatore muove le parole tra surrealismo e neorealismo. Ci concede una musica tra sogno e realtà. Il disco in ogni traccia è una capriola, una giostra un pugno e uno sberleffo un bacio e uno schiaffo. Cartina tornasole delle nostre vite imbarcate su fragili vascelli. Semantica del testo e sintassi musicale si armonizzano perfettamente nel suo creato di opposizioni binarie. Dalle quali scaturisce una bellissima opera, un'opera aperta. Un'opera che perdere è come fare peccato".
Dal 2005 ad oggi, realizza diversi spettacoli tra cui "Ti saluto dai paesi di domani..." sulla vita di Fabrizio de Andrè; "Le Otto ore" ispirato alle musiche tradizionali di lavoro e immigrazione di tutta Italia; "One hand Jack", tratto da un monologo di Stefano Benni, con musiche di Fred Buscaglione.
Negli anni Donno è ospite di progetti altrui, in cui opera da turnista. Collabora con l'attore Simone Franco, con Alberto Bertoli (figlio di Pierangelo), con l'osservatorio astronomico di Bologna e l'associazione per la Divulgazione delle Scienze Sofos, per la realizzazione dello spettacolo di osservazione astronomica/divulgazione scientifica dal titolo Racconti di cielo – Armonie tra mito e scienza.
Insieme al cantautore Gigi Marras, guadagna la finale al premio Bindi 2011 e la finale al Premio Musicultura 2012 (Ex Premio Città di Recanati), entrando nel cd ufficiale con i brani dei 16 finalisti. A giugno, con un suo brano "Amore e Marchette", vince "Promo", mini-concorso su Ciao Radio, radio Emiliana, ricevendo il maggior numero di voti. A luglio 2012 è stato finalista al Premio Bindi riscuotendo ottimi risultati di pubblico e critica. A settembre 2012 è stato finalista al Festival delle Arti di Bologna, contest organizzato da Andrea Mingardi.
È stato finalista alla 14esima edizione di Biella Festival autori e cantautori 2012, classificandosi tra i primi cinque. È stato semifinalista al Tour Music Fest, il più grande festival europeo dedicato alla musica emergente, con la commissione artistica presieduta da Mogol.
Scrive di lui Oliviero Malaspina: "Massimo Donno è un gatto che salta sui tetti della canzone d'autore italiana prendendosene la parte più nobile. Come un gatto ci fa le fusa, ci conquista per poi graffiarci quando meno ce lo aspettiamo. Come un prestigiatore muove le parole tra surrealismo e neorealismo. Ci concede una musica tra sogno e realtà. Il disco in ogni traccia è una capriola, una giostra un pugno e uno sberleffo un bacio e uno schiaffo. Cartina tornasole delle nostre vite imbarcate su fragili vascelli. Semantica del testo e sintassi musicale si armonizzano perfettamente nel suo creato di opposizioni binarie. Dalle quali scaturisce una bellissima opera, un'opera aperta. Un'opera che perdere è come fare peccato".
CICCIO ZABINI - Ciccio Zabini, classe ’82, comincia a soffiare
nell’armonica a bocca a 8 anni, e a prendere lezioni di tastiera interrotte per
paura del saggio finale. A 15 imbraccia la chitarra e comincia a scrivere
canzoni. Suona in due gruppi di musica popolare durante il liceo. Dal 2007 comincia
a offrirsi al pubblico con il Duo Lemukù. Attualmente sta selezionando
musicisti per collaborare agli arrangiamenti della sua più recente produzione
artistica.
INFO
Per uscire dalla crisi VOTA SOCRATE e il suo programma ethos-compatibile! L’11 luglio 2013 al Palazzo della Cultura a Galatina si presenta Vota Socrate di Ada Fiore (Lupo editore)
Ti insegna a vivere. Smaschera
l'ignoranza e promuove l'amore per il sapere. Si prende cura dell'educazione
dei giovani. Ricava ricchezze dalla virtù e non virtù dalle ricchezze. Rispetta
le Leggi e onora la giustizia. Costruisce un mondo di valori.
L’11 luglio 2013 ore 19,30 presso il Palazzo della
Cultura in piazza Alighieri 54
a Galatina ci sarà l’incontro con Ada Fiore autrice per
Lupo editore del volume VOTA SOCRATE! Dialogano con l'autrice il Filosofo Mario
Carparelli (Università del Salento) e Francesco Luceri ( Officine Filosofiche
di Terra d'Otranto). Sarà presente l'assessore alla Cultura presso il Comune di
Galatina Daniela Vantaggiato.
“Vota Socrate” di Ada Fiore (Lupo
editore) nasce mettendo a frutto un'esperienza unica nel suo genere, su un
territorio ad alta vocazione filosofica, il libro e l'intera operazione
editoriale cerca di realizzare il sogno di costruire una nuova umanità,
un'umanità che “Smaschera l'ignoranza e promuove l'amore per la ricerca e il
sapere, si prende cura dei giovani, rispetta le leggi e onora la giustizia, ricava
ricchezza dalle virtù, ricostruisce un mondo di veri valori”. Tutto questo è “Vota Socrate”, un libro che
propone un pensiero innovativo, con radici salde che affondano nel pensiero
antico, per aiutare nel popolo dei lettori la maturazione di una svolta
'ethos'-compatibile.
Il libro - E se un giorno Socrate
si fermasse davanti ai cancelli del Paradiso per discorrere di vizi privati e
pubbliche virtù con San Pietro? Ada Fiore, filosofa dell'era 2.0, immagina
questo curioso e particolare siparietto, alle soglie del terzo millennio, che
vede coinvolti due dei massimi protagonisti, involontari, della controversa
querelle tra fede e ragione che anima il dibattito culturale e filosofico da
millenni. Socrate, dopo la morte, ottiene il premio della vita eterna tra i
meritevoli, ma un disguido gli impedisce di varcare la soglia dell'Empireo e
deve attendere più di 2400 anni perché qualcuno si accorga di lui. E quel
qualcuno, naturalmente, è proprio il custode delle chiavi, il santo a cui il
Cristo ha affidato la custodia del Regno dei Cieli. Da quell'incontro casuale
scaturisce un intenso e fitto dialogo sulla società dei nostri giorni, sui mali
di cui essa si alimenta quotidianamente e sull'incapacità del genere umano di
sfuggire al lento declino a cui sembra destinato. Con un'agile e fruibile prosa
l'autrice prende per mano il lettore e lo avvicina all'affascinante mondo
dell'arte del pensiero. La filosofia diventa così scienza alla portata di
tutti, che si apre alla verifica della quotidianità e diventa strumento per la
sua comprensione. Alternando alla narrazione estratti dei testi originali, Ada
Fiore ci introduce nel mondo e nel pensiero di Socrate, filosofo tra i più
significativi dell'Occidente e figura attualissima che si distingue per
l'integrità morale della sua vita. Il pensatore ateniese, più vivo che mai,
sembra avere una risposta a ogni preoccupazione di San Pietro, comprese quelle
inerenti le pericolose derive della politica nostrana. E se in mezzo a proclami
elettorali e promesse di ogni sorta, i politici contemporanei appaiono privi di
proposte convincenti, il "manifesto" di Socrate si caratterizza per
la riscoperta di ideali a lungo sopiti, che mettono in comunione, per una
volta, i credi più disparati. Arriverà, forse, dalla filosofia il germoglio di
speranza per un futuro roseo? Ai posteri, anzi agli avi, l'ardua sentenza.
Info
martedì 9 luglio 2013
Mino De Santis alla Feltrinelli Point di Lecce in occasione dell’uscita del suo ultimo lavoro Muddhriche (Ululati, Lupo editore)
Appuntamento imperdibile in
questa calda estate alla Libreria Feltrinelli Point di Lecce con la
presentazione del nuovo cd di Mino De Santis “Muddhriche” (Ululati-Lupo
Editore). Giovedì 11 luglio 2013, ore 20.00
- Libreria Feltrinelli Point - via Felice Cavallotti, 7/A - LECCE.
Ogni qual volta si ascolta Mino
De Santis, si hanno ben chiare le sue radici, la sua storia, le origini
musicali e i suoi ascolti al juke box. La voce e l'ironia amara di De Andrè, ma
anche l'impegno di Stefano Rosso o la compostezza di Paolo Conte. Ma per non
abbandonarsi a facili semplificazioni, bisogna fermarsi un attimo e rimettere
play. Mino De Santis è a tutti gli effetti un fuoriclasse, unico nel suo genere
perché ama ancora raccontare e lo fa come potrebbe fare un fotografo con le sue
istantanee, un pittore impressionista nel fermare tutto su una tela o il saggio
del paese nel riferire vizi e virtù della sua gente. Con dovizia e ironia.
Anche in questo terzo album
“Muddhriche” prodotto dall'etichetta Ululati (Lupo Editore) si raccolgono
piccoli momenti di vita quotidiana, come fossero proprio molliche minute ed
essenziali, messe insieme per farne pane e nutrimento. Ci sono le
"macchiette", i personaggi del paese: “Lu prete” scaltro e smaliziato
o la “La bizoca e la svergognata”, apparentemente diverse ma "le stesse e
l'hanno sempre saputo".
C'è la bellezza e la malinconia degli
"Anni" passati tra casa, chiesa e sogni di libertà ma anche il sud
amaro dei “Pezzenti” (feat Nando Popu/Sud Sound System), quegli immigrati
trattati come animali tra “patruni e capurali”, senza diritti o assistenza,
pagati venti euro alla giornata me definiti lo stesso invasori.
E tra
mandolino e fisarmonica, si continua a raccontare di quei “Radical chic”,
quelli bravi a dare definizioni, che hanno così poco da dire ma tanto da
parlare.
A poco a poco le “Muddhriche” compongono il quadro di un uomo che,
come ben rappresentato dalla copertina del disco, dall'alto, osserva, riconosce,
cerca di individuare quelle briciole, le piccole cose che continuano a dargli
godimento. È un carnevale di personaggi e situazioni, dove si respira a pieni
polmoni l'aria scanzonata di un bonaccio che ama quello che compone perché è il
suo modo di continuare a credere al sogno di anarchia.
Il Salento trova nuove parole,
quelle puntute, del graffio autoriale. Anarchiche quanto basta per tener desto
l'animo e l'occhio allo sguardo: quello dritto, che mai s'inchina e fa
riverenza. Mino De Santis è così, ama il ridere, il soffio e lo spiffero.
(Mauro Marino)
Mino De Santis è un ascolto che
il tempo e la pratica portano a metabolizzare. Non è la risata di turno ciò che
arriva e resta. Ma un ondulato senso di profondità che scolpisce immagini nella
memoria e libera l'ascolto dalla superficialità attorno (Erika Sorrenti e
Francesco Aprile)
Mino ha scritto una pagina di
canzone popolare vera, del popolo del Salento che si libera dalla pur splendida
prigionia del tamburello, dell'organetto e del violino e approda ad un
linguaggio nuovo, fatto di dialetto e di italiano colto al volo, masticato,
rimasticato e sputato fuori in una nuova forma di colostro, vero alimento con
il quale crescere i piccoli. Musica accattivante, di uno che sa suonare la
chitarra, la lascia nei suoi accordi semplici, quasi ondeggianti come un
materassino gonfiabile sulla bonaccia (Pino De Luca).
Autoironico e impietoso… lo
definirei un “verista” per come descrive la realtà sociale e soprattutto quella
di tanta umanità. Ha il suo modo singolare di vedere la realtà e di declinarla
in versi. È un sognatore ingenuo e intellettualmente onesto. Insofferente a
qualsiasi regola, non scenderebbe mai a compromessi, ha l'anima libera e resta
anarchico anche quando non sarebbe il caso. Ha una singolare genialità,
un'autentica vena artistica che differisce da qualsiasi accomodante musicalità
“popolare” oggi cosi volgarmente e insopportabilmente stereotipata (Giuseppe De
Santis).
INFO
lunedì 8 luglio 2013
domenica 7 luglio 2013
Tennis di John McPhee (Adelphi)
Se c'è un libro in grado di
dividere i lettori fra chi rischia di contrarre in una forma o nell'altra il
morbo del tennis, e chi invece ne risulta immune, è questo. Dove si rivive, un
punto dopo l'altro, la semifinale di Forest Hills 1968 fra Arthur Ashe e Clark
Graebner - la prima disputata da un tennista nero agli albori dell'era Open, ma
anche e soprattutto la prima partita di tennis raccontata dall'interno del
luogo enigmatico e fino ad allora inesplorato che il gioco abita, e spesso
devasta: la mente del tennista. Guardandola per caso alla CBS, John McPhee era
subito rimasto incantato dal magnifico arabesco che i colpi dei due
protagonisti - diversi in tutto, e in primo luogo nello stile - disegnavano
sull'erba. Ma rivedendo il match insieme a Ashe e Graebner ascoltandone i
racconti, trascrivendone le reazioni - McPhee lo ha poi ricostruito, in Livelli
di gioco, con due soli accorgimenti: la demoniaca accuratezza descrittiva che ha
fatto di lui una leggenda della narrativa americana, e i veri ingredienti del
tennis: collera, spavento, esaltazione, freddezza, sconforto, orgoglio. Gli
stessi che qualche mese prima McPhee aveva scoperto vivendo per quindici giorni
a pochi centimetri di distanza dal prato su cui il tennis moderno è nato, per
ascoltare e poi ritrarre dal vero, nel secondo pezzo che compone questo libro,
uno dei suoi personaggi più indimenticabili: Robert Twynam, giardiniere capo di
Wimbledon.
sabato 6 luglio 2013
L'AUTENTICA STORIA DI OTRANTO NELLA GUERRA CONTRO I TURCHI. NUOVA LUCE SUGLI EVENTI DEL 1480-81 DALLE LETTERE CIFRATE TRA ERCOLE D’ESTE E I SUOI DIPLOMATICI DI DANIELE PALMA (KURUMUNY EDIZIONI)
Più di trecento lettere originali
presenti nell’Archivio di Stato di Modena – scritte nei giorni del conflitto e
in parte codificate con un alfabeto segreto per comunicare in modo riservato le
informazioni più delicate sui rapporti tra varie entità statuali, europee e
mediterranee – costituiscono la struttura fondamentale di questo volume sulla
guerra turca contro la Terra d’Otranto. Le risultanze che scaturiscono da tali
documenti sono confrontate con altri già editi, con la storiografia posteriore
e con la saggistica sull'argomento. Sul più vasto scenario della guerra che i
turchi portarono in Terra d’Otranto, se da un lato è stato scritto molto,
dall’altro sono rimaste molte questioni aperte. Lo stesso discorso vale,
naturalmente, per altre questioni, quali l’esatta cronologia dei vari episodi
in cui si dispiegò l’invasione turca o lo sterminio di centinaia di otrantini:
perché fu voluto e precisamente da chi, con quale criterio furono scelte le vittime, se ebbero la
possibilità di scampare alla morte riscattandosi o abiurando la loro fede,
se questo fu loro richiesto, e altro
ancora.
Daniele Palma - Daniele Palma, nato a Calimera (LE) nel 1952, forse
perché impaziente di dedicarsi alla neonata passione per l’astrofisica, nel
1970 conclude brillantemente gli studi classici saltando l’ultimo anno di
liceo. Negli anni seguenti, in effetti, studia fisica prima a Lecce e poi a
Roma, laureandosi nel 1975 con una tesi nella quale introduce un nuovo
parametro per lo studio di alcune caratteristiche degli ammassi globulari,
grandi concentrazioni di stelle intorno alla nostra galassia. Tra un esame e
l’altro trova il tempo di esprimere le sue opinioni – sulla politica,
sull’economia e sul costume – in vari giornali locali, spesso da lui stesso
fondati, diretti ecc.: forse, crede, per un residuo gusto per il componimento.
Intanto pubblica su riviste specialistiche i risultati dei suoi studi: da solo
(Evidence and properties of double shell burning stars in globular clusters),
con il relatore della tesi (A parametric approach to the slope of the globular
clusters giant branches) e con un gruppo di docenti e ricercatori
dell’Università di Lecce (‘Mutual relationships between ice mantle and silicate
core properties of interstellar grains’). La scoperta, non solo del parametro
δ0.6, ma anche del fatto che la ricerca scientifica è bella quanto avara con i
suoi amanti, specialmente se questi pretendono di dare uno sbocco concreto ai
propri studi in un lasso ragionevole di tempo, lo induce a correggere la
propria rotta, quanto basta per approdare ai lidi dell’informatica, scienza e
tecnica allora pionieristica. Così, mentre passa attraverso cinque diverse
aziende tra Roma e Lecce, riascolta il seducente canto delle sirene che gli
rammentano come la sua anima – attratta fino a quel momento un po’
dall’umanesimo e un po’ dalla scienza – può trovare un buon equilibrio
affiancando, ad un’attività lavorativa nel segno della logica e
dell’elettronica, uno spazio di tempo libero dedicato alla ricerca storica e
linguistica, con lo spunto di un’identità peculiare propria di una terra
d’origine sospesa tra Oriente e Occidente. Credendo, quindi, di voler conoscere
nomi, cognomi e date importanti di tutti i suoi antenati (e delle antenate),
intraprende una ricostruzione sistematica delle migliaia di famiglie che sono
vissute a Calimera dal Seicento all’Ottocento. Non solo: inseguendo le radici
proprie e della moglie Dolores Greco (che sa bene quali attrattive lo tengono
molte ore fuori di casa, immerso in fondi archivistici o agricoli), finisce per
interessarsi anche del territorio circostante e dei suoi antichi abitanti. Lungi
dal cercare improbabili quarti di nobiltà, scopre che i suoi figli, Giuseppe,
Maria Veronica e Luigi Matteo, hanno inattesi antenati tra arcipreti di rito
greco, mercanti genovesi, scultori, ecc.; e, strada facendo, raccoglie tante
altre notizie – forse riportate come curiosità da alcuni benemeriti parroci
antichi – che si rivelano particolarmente interessanti per la filopatria.
Comincia così a pubblicare questi ritrovamenti, prima connettendoli con una
trama narrativa (A metà del guado – Vicende religiose nella Calimera del
Seicento [Calimera 1988]; Alba di luna sul mare – Tragedia di Roca tramandata
oralmente sull’altra sponda [Galatina 2000]), poi all’interno di saggi lunghi
(I Castriota a Calimera, sul Bollettino storico di Terra d’Otranto 10 [2000]; A
nord di Kunta Kinte: incursioni e rapimenti in Terra d’Otranto intorno al
secolo dei lumi sul Bollettino 11 [2001]) e anche in forma divulgativa (‘Donde
Vrani’, Il Campanile di Borgagne; ‘Belloluogo, un nome che viene da lontano’,
Quotidiano 29/1/2001, 14; ‘Roca, covo di pirati distrutto da Carlo V’,
Quotidiano 4/6/2001, 17). Nel 2002 vedono la luce la monografia Roca – La
diaspora unita nel culto di Maria e il saggio Un buon Lagetto inedito sugli
eventi del 1480-81 in
Otranto sul Bollettino 12, su cui continua, negli anni successivi, la
pubblicazione delle risultanze scaturite indirettamente dagli studi
genealogici: Cronache di altri tempi: tutti i particolari nei registri;
Speranza nell’Essere e certezza del divenire in antichi documenti parrocchiali;
Lingua e rito greco a Calimera e negli altri centri dell’area rocana. Nel
frattempo, si dà corpo allo studio sulla feroce guerra turca, che colpisce le
genti salentine mentre altrove il buio medievale è rischiarato dagli splendori
rinascimentali, dando inizio a incubi plurisecolari che accomunano ancora una
volta questo lembo d’Italia ai destini della Grecia, in un sincronismo perfetto
di morte e resurrezione, fino all’inizio dell’Ottocento. In questo modo,
Daniele Palma si ricollega agli studi iniziali sulle affinità culturali in
senso lato della propria terra con il mondo ellenico.
Info
venerdì 5 luglio 2013
giovedì 4 luglio 2013
Jack Vance , IL CICLO DELLA TERRA MORENTE ovvero La terra morente, Le avventure di Cugel l'Astuto, La saga di Cugel , Rhialto il meraviglioso (Fanucci)
Lo scrittore statunitense Jack Vance, è
considerato uno dei re del fantastico. Autore pluripremiato, con traduzioni in
ventisette lingue, ha scritto oltre sessanta libri, la maggior parte dei quali
inseriti in saghe fantasy e fantascientifiche: i più famosi sono i quattro
volumi del ''Ciclo della Terra morente'' che tornano finalmente in libreria. Il
ciclo, ispirato ai lavori di C.A. Smith, comprende due collezioni di racconti e
due romanzi. L’ambiente narrativo è sempre lo stesso, un’era futura lontana in
cui il sole è ormai una debole fiaccola e la Terra gli rotola attorno, stanca e
popolata da un’umanità cialtrona e violenta che si trascina sullo sfondo di
città decadenti visitate di tanto in tanto da stregoni, demoni, avventurieri e
altre figure fantastiche abilmente create dal genio dell’autore.
La terra morente (pp. 176 - € 9.90 -
Traduzione di Maria Teresa Aquilano e Roberta Rambelli)
Il primo capitolo del ciclo La Terra morente è ambientato
in un futuro remoto in cui il crepuscolo della Terra ormai giunta alla sua fine
pervade ogni cosa, anche la mente degli uomini, condizionandone emozioni e
sentimenti. In una realtà cupa e corrosa dal tempo, la popolazione umana si
riduce ogni giorno sempre di più, sopravvivendo in strutture un tempo lussuose
e ora decadenti. Strane figure ormai indistinguibili si muovono come zombie:
avventurieri e stregoni, esseri umani e non umani, mostri grotteschi terreni e
soprannaturali. La scienza è stata sostituita da un miscuglio di magia e
tecnologia, con regole, formule e leggi tutte nuove. Il passato è un ricordo
tenebroso che pochi cercano di riscoprire, occupati a vivere un tempo che
scorre lento ma inesorabile.
Le avventure di Cugel l'Astuto (pp. 224 - € 9.90 - Traduzione di Maria
Teresa Aquilano e Roberta Rambelli)
La fine della Terra è vicina e gli abitanti ne sono
perfettamente consapevoli: alcuni sono ormai rassegnati, altri, come Cugel
l’Astuto, cercano un riscatto, intraprendendo avventure
pericolose spinti dal desiderio sfrenato di tentare il tutto per tutto per
sfidare il tempo e la realtà, in vista di una fine imminente. Costretto dal
Mago Beffardo Iucounu ad affrontare l’audace missione di appropriarsi di una
lente magica che permette di vedere il Sopramondo, Cugel parte per il primo di
una lunga serie di viaggi lontano da casa, durante il quale sfiderà il Mago
Beffardo e gli strani e squallidi abitanti di un villaggio in cui ogni cosa
sembra irreale... ma il ritorno alla Terra appare quasi impossibile e il tempo
che resta è ormai agli sgoccioli.
La saga di Cugel (pp. 352 - € 9.90 -
Traduzione di Maria Agnese Grimaldi)
Cugel l’Astuto, personaggio ambiguo e nello stesso tempo
attraente, siede sconsolato su una spiaggia lontanissima da casa, dall’altra
parte del pianeta sulla costa di Shanglestone. Il suo unico obiettivo, anche
questa volta, è tornare e vendicarsi del Mago Beffardo, unico responsabile del
suo secondo esilio. Per farlo, però, sarà costretto ad affrontare ostacoli
d’ogni genere e una serie straordinaria di avventure a bordo di una nave
mercantile, come responsabile della manutenzione dei vermi marini giganti. Solo
il ritorno nella terra di Almery potrà permettere a Cugel di mettere in atto la
sua vendetta, ma la strada è lunga e la vita sulla nave riserva difficoltà e
innumerevoli pericoli.
Rhialto il
meraviglioso (pp. 256 - € 9.90 – Traduzione di Gianluigi Zuddas)
Il gruppo di maghi di cui fa
parte Rhialto vive nel Ventunesimo Eone, nella Terra del lontanissimo futuro,
quando il Sole è ormai alla fine del suo ciclo vitale. Dotati di enormi poteri,
i maghi hanno fondato un’associazione per proteggere i loro interessi dagli
attacchi esterni, in una realtà sempre più precaria e decadente. Il vanitoso e
altezzoso Rhialto è vittima delle macchinazioni del collega Hache-Moncour, e
deve darsi da fare per salvaguardare i rapporti con gli altri maghi ed evitare
di perdere per sempre le pietre magiche fonti di molti dei suoi poteri. Per far
ciò, intraprenderà un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca dei Principi
originari che in passato hanno fondato il codice di condotta dei maghi, in una
dimensione al limite tra sogno e incubo.
Jack Vance nasce in California nel 1916. Dopo aver svolto i lavori
più disparati, si iscrive all’università di Berkeley, ma non termina gli studi.
Si arruola nella marina mercantile all’inizio della Seconda guerra mondiale e
in questo periodo inizia a scrivere i primi racconti che hanno poi composto il
ciclo La Terra morente. Ha vinto numerosi premi, tra i quali: il Premio Hugo,
per tre volte, il World Fantasy Award, per due volte, e il Premio Nebula.
Nota per il lettore - "Rhialto il meraviglioso" è
un'opera indipendente da "La Terra morente" e può essere letta
separatamente. "La saga di Cugel" è il seguito di "Cugel
l'astuto" (la seconda parte di "La Terra morente") ed inizia nel
punto preciso in cui quella terminava. Tuttavia anch'essa può essere letta
autonomamente.
Traduzioni di Maria
Teresa Aquilano e Roberta Rambelli e Gianluigi Zuddas € 9.90 ciascuno
In libreria – 11
luglio
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