“Poiché il cane è, fra
gli animali, l’aiuto più veloce per i falchi che predano e dal momento che una
sola tipologia di cani è più veloce di tutte le altre – il levriero o il veltro
– conviene che il cane da supporto al rapace sia di questo tipo”. Scriveva
Federico II di Svevia nel suo trattatello De Arte venandi cum avibus intorno al
1260. Ma le nobili frequentazioni dei nostri amici a quattro zampe sono
iniziate ben prima. Basti pensare che in una tomba datata 2650 a.C., rinvenuta
in quel di Matelica, si è trovato il cane levrieroide del defunto seppellito
come ausilio, anche nell’aldilà, per l’inseparabile padrone. Non è forse vero
che Anubi, nell’antico Egitto, già benediceva gli iniziati con le sue fattezze
per metà canine? Marco Iuffrida, forte della sua conoscenza dei testi
antichi/medievali, acquisita anche alla Biblioteca Apostolica Vaticana, dedica
questo svelto e dotto trattato alle origini di un rapporto che rimane da secoli
invariato. L’utilitarismo che legava uomo e cane quando nelle corti la caccia
era uno dei passatempi preferiti non impediva di aggiungere altre connotazioni
alla frequentazione dell’animale. Carlo Magno era un fiero possessore di cani e
vietò ai chierici di possederne in quanto riteneva che la vicinanza con
l’animale fosse un lusso e una distrazione che non si addiceva agli uomini di
Dio. Si pensi poi agli Scaligeri, così affezionati all’idea di forza e alle
capacità intrinseche canine ⎼
per fare un altro esempio era molto apprezzata la capacità di cacciare i lupi ⎼ che vollero attribuire
ai capi casata i noti nomi di Cangrande, Mastino, Cansignorio. Non erano da
meno i Gonzaga, nella cui Camera degli sposi campeggiano i cani di Ludovico
III, dipinti dal Mantegna. E se la tassonomia delle varie tipologie di cani da
caccia aiutava a scegliere falconieri e cacciatori da epoche più remote,
Michelangelo Biondo, nel 1544 (nel De
canibus e Venatione Libellus) canonizza un altro canide che ben conosciamo: “Il
cagnetto di lusso (De caniculo delicioso): piccolo, della lunghezza di un piede
o mezzo; quando è cresciuto è più gradito se è della dimensione di un topo”.
Marco Iuffrida, storico, dottore di ricerca in
Storia medievale, specializzato in biblioteconomia alla Biblioteca Apostolica
Vaticana, studia da anni la storia sociale. Collabora con varie riviste e
partecipa attivamente al dibattito internazionale. Diverse le sue pubblicazioni
d’ambito medievistico; sul tema della simbologia animale ha scritto il saggio
Cani e uomini. Una relazione nella letteratura italiana del Medioevo (2016). È
inoltre l’autore del romanzo storico InChiostro (2017).