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sabato 17 marzo 2007

Giulia Carcasi: miracolo pop?

Il primo libro di Giulia Carcasi per i tipi di Feltrinelli, ha come titolo "Ma le stelle quante sono": racconta la storia d'amore tra Alice e Carlo esordienti nello strano gioco della vita. Parlando con dati alla mano il volume è giunto alla dodicesima edizione e ben 120.000 copie vendute. Questo quando aveva poco più di vent'anni. Ora con il suo ultimo lavoro sempre per Feltrinelli, "Io sono di legno", si spiana la strada per diventare un vero e proprio caso editoriale. Nella prima settimana d'uscita ben 65.000 copie vendute. Non si tratta in questo caso di voler essere attenti solo al fenomeno commerciale. In realtà dati di tal sorta indicano un indice di gradimento molto forte per una scrittrice, che sembra voler sfidare il leviatanico Federico Moccia. Dati di vendita che attestano quanto la parola composta e sublimata in un'ottima prosa dalla Carcasi, ci porta dinanzi a della letteratura autentica, vera, in grado di commuovere e e solleticare il cuore. "Io sono di legno". Due voci narranti. Giulia, delineata con grande cura e spessore introspettivo dall'autrice, una donna sessantenne che si trova costretta a rivolgersi al diario segreto della figlia, Mia, rubandone colori, sensazioni e sentimenti, pur di recuperare quei codici indispensabili per costruire un dialogo quanto più sincero e trasparente, con quella strana e singolare creatura a lei "incatenata" da un indissolubile legame di sangue. Per Mia sono necessarie solo poche pennellate ... in fondo è un angelo caduto su questa terra, costretta a immaginarsi e viversi solo tra macerie. La chiave di volta, anche se potrebbe sembrare banale, in tutto il plot, è una lettera che Giulia scrive a Mia, ripercorrendo tutte quelle fasi agrodolci della sua esistenza che l'hanno portata all'età adulta, e a tutte quelle scelte che ti portano ad un bivio. E la scelta quasi mai è semplice, tanto da doversi armare di coraggio e attraversare il bosco. Due libri che hanno poco a che fare con il mestiere della scrittura, che Giulia Carcasi pure conosce. Questo suo periodare sincopato, pausato in maniera calibrata, tutto rielaborativo di categorie quali la separazione, il non detto, non è catalogabile come puro autocompiacimento narcisistico ... è l'autentica lotta di un'utopista tout court (dato che oggi viviamo ANCORA tra detriti e polvere) come la nostra giovane autrice, che vuole rendere fenomenicamente la parola e il suo suono, puro palpito, lacrima che sgorga tenera per una piccola meraviglia, stupore. Due libri assolutamente poco pop, ma imperdibili, perchè non vi prendono in giro!

giovedì 15 marzo 2007

Quando il Diavolo veste Prada

Andy Sachs, ragazza tutta acqua e sapone, di quelle che ti lasciano sui vestiti l’odore di talco, nonchè originaria di una piccola cittadina di provincia, si è trasferita a New York dove ha trovato lavoro come assistente di Miranda Priestly, celebre direttrice della rivista di moda 'Runaway', il colosso editoriale che decide il come, il dove, il quando delle tendenze in fatto di sbrilluccichii e affini made in Sisley, Benetton, Gucci, Versace, Valentino, Chanel. Per intenderci. Una posizione invidiabile, di quelle che ammazzerebbero per ottenerlo, se non fosse che il suo nuovo capo è una donna dispotica che le rende la vita impossibile perseguitandola con telefonate anche nel cuore della notte. L'amabile Andy si ritrova improvvisamente catapultata in un universo a lei sconosciuto, fatto di abiti firmati, feste stracolme di vip e regali super-trendy e, come se non bastasse, incancrenito da Emily, la prima assistente di Miranda, che cerca in ogni modo di farla fuori rendendosi sempre più simile al loro capo. Grazie ai preziosi consigli di Nigel, l'editore della rivista, la vita di Andy sembra migliorare giorno dopo giorno ma i suoi vecchi amici e il suo fidanzato non sembrano della stessa opinione. Quando ho visto questo film ho pensato che potrebbe benissimo essere considerato un lavoro cinematografico tutt’altro che pop … un vero e proprio studio di sociologia aziendale, un corso di sopravvivenza per quanti lavorano nell’editoria, dalla media alla grande, alla s.p.a., dove c’è sempre qualcuno che ti rende la vita impossibile, che smorza le frasi a metà non finendo mai nessun discorso, che ti trasforma in un centometrista … va visto assolutamente … almeno come corso di sopravvivenza !

Cast davvero superbo: Anne Hathaway, Meryl Streep, Adrian Grenier, Simon Baker, Stanley Tucci, Tracie Thoms, Emily Blunt, Eric Seltzer, Rich Sommer, Stephanie Szostak

Gezim Hajdari: la poesia come forza e sublimazione


1.D. Gezim Hajdari, possiede una forza poetica che ha dell’incredibile, sia per ciò che concerne la costruzione del registro e del timbro nei suoi versi, sia per l’aspetto strettamente legato al messaggio poetico. Prendiamo ad esempio la raccolta Stigmate / Vragë, un luogo dove vengono individuate da Cristina Benussi nella prefazione a volume edito da Besa, delle categorie come l’Esilio, l’Addio, l’Identità persa proprie della sua poesia. A nostro avviso c’è molto ancora, e in più profondità, e specificamente un lavoro sull’elaborazione della separazione e del lutto. Sono questi i Suoi punti di riferimento nella scrittura poetica?
R. La mia scrittura poetica non è solo un lavoro sull’elaborazione della separazione e del lutto. Sarebbe molto limitato. Anche se lutto e separazione appartengono al sentimento dell’uomo e, come tali, sono cose profondamente umane. Del resto il lutto non è segno lugubre perché in ogni cosa che amiamo si preannuncia la perdita, lo svanire, la distruzione della stessa. Lutto e separazione sono segni d’amore e significano nostalgia nei confronti delle cose che non permangano, ma ci lasciano, che si separano dolorosamente da noi. Non si può accompagnare un caro defunto al cimitero del mio villaggio, senza che se ne enumerino prima le virtù nei compianti funebri. Forse è questo lo scopo della poesia stessa. La nostra separazione è trascendentale, è iniziata con Adamo ed Eva. Tutto questo rapporto: tra vita e transitorietà delle cose, amore e separazione, si trasforma in forza e sublimazione che solo una vera poesia può trasmettere. Separazione per un poeta migrante non vuol dire semplicemente: incurvarsi sotto la nostalgia per le radici, per i confini, per la lingua. Aiuta l’uomo a diventare più umano, si conosce meglio se stessi e ognuno riesce a comprendere meglio il mondo, stabilizzando un colloquio nuovo con l’Alto e con gli uomini, quindi la separazione - nello stesso tempo - diventa salvezza per il poeta e la sua arte.Separazione, lutto, nostalgia e dolore hanno alimentato la grande poesia di tutti i tempi, sia quella lirica che epica. D’altronde tutta la grande poesia del passato non è stata altro che “separazione” e “lutto”: da Omero a Virgilio, da Dante a Foscolo a Hikmet a Neruda, da Yosuf a Darwish… Un esempio straordinario sono i canti epici albanesi: Giorgio Elez Alìa (Gjergj Elez Alisa) oppure Costantino (Kostandini) e Doruntina (Doruntina). Tutte le grandi religioni sono formate sull’esperienza della separazione e del dolore.Quando torno in Albania sento la nostalgia non solo della mia Darsìa, ma anche quella dell’Italia, dell’Africa, dell’Asia, dell’Oriente, di tutti i luoghi e le persone che ho conosciuto per il mondo. La grande arte non è altro che cognizione della separazione. L’unico tassello che riempie le distanze della mia separazione dai luoghi diventa il mio corpo tremante appeso che suona. E’ proprio questo dolore che manca alla poesia e all’arte di oggi.La geografia dei miei temi poetici è più ampia, va oltre l’Esilio, l’Addio e l’Identità, Parte dai Balcani per attraversare l’Europa, l’America, l’Oriente e l’Asia., ma anche il Paradiso e l’Inferno, il passato e il futuro, se lo avremo.. Quindi abbraccia vari aspetti antropologici, letterari, sociali, politici ed etici, insomma, un percorso che tenta- con il passare del tempo - di diventare una enciclopedia umana.
2.D. Nel suo libro Spine nere / Gjëmba të zinj, elemento riscontrabile a tratti anche in Maldiluna / Dhimbjehene, sembra incentrare il canto del suo corpo poetico, in un dialogo fitto, intenso, portato avanti dal poeta con alcune entità che oserei definire fantasmatiche, provenienti da un passato che ha lasciato tuttora delle cicatrici profonde sulla Sua pelle. Interlocutori che sembrano non darLe tregua. La lotta con il Suo passato sussiste ancora?R. Non sussiste nessuna lotta in me con il passato. A volte sembra che tutto sia stato inutile, un inganno, un’illusione. L’unica cosa che resta della vita sono proprio i ricordi di un passato, di quel passato che non torna più. Ma quel passato abita in me, sono io stesso insieme alle mie cicatrici e alle mie stigmate che hanno segnato per sempre il mio presente, in cui si genera il mio verbo poetico. L’unico gesto possibile è quello di morire per vivere diversamente.
3.D. In Muzungu – Diario in nero, pare ci sia stata invece una vera e propria scelta radicale, attribuibile ad un desiderio di cronaca poetica dall’ “Inferno” del Continente Nero. Un narrare che diviene giornalismo, poesia di lotta civile. Esiste secondo Lei, a tutt’oggi, la necessità di una poesia, di una narrativa d’impegno civile? Potrebbe darci una definizione d’impegno civile nella poesia e in letteratura?
R. In Muzungu: Diario in nero (un libro reportage sull’Uganda) ho cercato di recuperare la tradizione orale del passato. Gli antichi – pur essendo analfabeti – raccontavano storie in una maniera straordinaria. In Occidente questa tradizione si è persa, non si racconta più. Oggi un’opera letteraria si costruisce dentro le stanze dell’industria culturale dagli impiegati. La prosa di oggi è saggistica, psicologia, editing, marketing, denaro.Per quanto riguarda l’impegno della poesia e della letteratura nelle vita quotidiana, è un tema che ha suscitato - e suscita tuttora - una grande discussione tra gli addetti ai lavori. Per me – questa questione - non è mai stata un problema. Sono i poeti e gli scrittori bestseller della grande industria culturale, i balbuzienti che cantano alle piccole fobie quotidiane a mettere in dubbio un tale ruolo fondamentale per la letteratura. Se facciamo riferimento alla storia, notiamo che tutti i capolavori della letteratura sono stati delle opere “impegnate”. Basti pensare all’ Iliade e all’Odissea di Omero, alla Divina commedia di Dante, a Guerra e pace di Tolstoj, all’Uomo che ride e ai Miserabili di Hugo, all’Aarcipelago gulag di Solzenicyn, ai drammi di Brecht, ai romanzi di Pasolini…. I più grandi poemi epici e romantici albanesi e quelli balcanici (nei secoli più spaventosi) sono riusciti a mantenere vivo il sentimento dell’identità nazionale, tramandando di generazione in generazione la lingua, la memoria e i valori orali dei loro popoli.La poesia e la narrativa del passato hanno salvato l’uomo dalle catene della schiavitù, guidandolo verso la libertà, perché hanno cantato ai grandi sentimenti umani, alle sconfitte, alle vittorie, ai dolori e alle speranze, alla bellezza dell’anima umana.Tutto è impegno, anche amare una donna è già un impegno morale e civile.Gandhi sconfisse gli inglesi con la non violenza, con la parola, quindi con la poesia. Abbiamo più che mai bisogno di una letteratura “impegnata”. Se in Occidente esiste un benessere sociale, nel resto del mondo più di un miliardo di persone muoiono per un bicchiere d’acqua oppure per un’aspirina. E’ in bilico il destino del pianeta terra. Ovunque, distruzione, guerre sporche, guerre dimenticate, fame, malattie, sfruttamento dell’uomo, inquinamento, sconvolgimenti genetici, la crisi del pensiero filosofico, scontri di civiltà (inventati in nome degli interessi geo-politici), fenomeni di razzismo e di antisemitismo, mutilazioni, corruzione, traffici loschi, gare di armamenti nucleari, armi di distruzione di massa… un nord sempre più ricco e un sud sempre più povero.Come può stare tranquillo, un poeta chiuso nel suo studio a cantare alle mosche sul vetro della finestra? Essere poeta oggi vuol dire cantare anche a tutto questo lutto e a questo dolore provocato dall’uomo stesso, in nome della brama di denaro e della “volontà di potenza”. Fare il poeta oggi non è un hobby, ma una missione. Vivere il “mestiere” della scrittura profondamente, come il missionario dedica la propria vita totalmente al suo credo e alla sua missione. Il mio impegno di poeta migrante ha mille significati: scrivere sia in albanese che in italiano per far avvicinare le sponde, le culture e i popoli della costa adriatica. Insisto, non attraverso l’integrazione, che è una parola pericolosa che devasta le differenze, distrugge le usanze, le lingue e impoverisce le culture e le società odierne, ma attraverso l’interazione, come scambio e arricchimento reciproco. Dobbiamo cominciare proprio dalle parole che sono fondamentali, perché attraverso la parola si materializza il pensiero e si nasconde il carattere di un popolo. E’ per questo che attraverso la mia opera letteraria insegno a tutti ad essere migranti e stranieri, l’arte del dialogo per una nuova convivenza planetaria, creando una nuova poesia che porta il segno e il timbro del tempo in cui viviamo e resistiamo ogni giorno per esistere.
4.D. Gezim Hajdari, sappiamo che Lei viene costantemente invitato non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, a tenere conferenze, dibattiti su temi riguardanti la Sua poesia, ma anche sulla letteratura e poesia albanese. In che condizioni versa oggi, a parer Suo, lo stato di “salute” della Poesia Italiana?
R. Esiste un fenomeno strano quando si parla della poesia contemporanea italiana. Alcuni studiosi – e giustamente - si lamentano della grave crisi che sta attraversando la poesia oggi, ma quando loro stessi prendono la penna per scrivere, propongono come esempi da seguire per i lettori gli stessi poetucoli!Penso che il male abita all’interno delle case editrici, che se ne fregano della poesia. Non a caso redattori per la poesia, presso le grandi case editrici sono certi impiegati, che non hanno nulla a che fare con la poesia, in alcuni casi sono gli stessi che si occupano sia per la prosa che per la poesia. Ma c’è di peggio, nella maggior parte, quelli che giudicano i manoscritti poetici sono dei ragazzotti che si spacciano per poeti. Da qui nasce la penalizzazione, il ricatto, lo scambio di favori, la manipolazione dei premi letterari. Spesso i redattori-poeti, che lavorano presso i grandi editori, scambiano favori con i membri o i presidenti delle giurie in cambio di un premio letterario. E’ un cerchio vizioso e squallido. E’ per questo che non si legge più poesia oggi, è per questo che si allontanano gli appassionati dalla poesia, è per questo che i grandi editori spesso non pubblicano la vera poesia italiana che abita fuori dai salotti ufficiali, ma riempiono gli scaffali delle librerie con una poesia patologica, malata, depressa, sterile che non dice nulla, che è solo un gioco di parole assurde e fa venire il mal di testa.La mafia italiana non esiste solo nella finanza, nell’imprenditoria, nel calcio, nella politica, ma anche nella cultura italiana, anzi, direi che è la mafia più pericolosa e più dannosa. Essa distrugge giorno per giorno la poesia italiana e non solo. La cultura italiana si trova da tempo nelle mani della mafia. Spesso concorsi di vari tipi e premi letterari si trovano nelle mani di alcune signore o di signori che li gestiscono come se fossero proprietà privata. Con i soldi pubblici – stanziati per promuovere la letteratura - questi signori hanno fatto fortuna, acquistando case, appartamenti, investendo nelle banche, ricevendo in cambio gloria e fama, mandando avanti la mediocrità. Tutto questo con la benedizione del potere politico. Non c’è nulla da fare, chi osa denunciare per cambiare le cose, viene schiacciato, boicottato, condannato al silenzio. Sono gli stessi che fecero impazzire impietosamente Dino Campana.Ormai è cambiata anche la figura classica e tradizionale del poeta e dello scrittore. Oggi s’improvvisano poeti: gli avvocati, i giudici, i notai, i presidenti dei tribunali, i giornalisti della Rai, i comici, i giornalisti dei quotidiani, i segretari della presidenza dei comuni, i commercialisti, gli onorevoli, i senatori, per non parlare dei membri della Pd 2… Il terreno dove l’industria culturale stimola e pesca la letteratura di oggi si estende tra i mafiosi, i pentiti, gli indagati, i scomparsi, i latitanti, i malati depressi, i criminali, gli stressati, gli scomunicati, i drogati… Intanto i “letterati” giudici, psicologi, psichiatri, criminologi.… stanno facendo affari d’oro sulle disgrazie degli altri.
5.D. Progetti per il futuro?R. Tornare sulla mia collina, in Darsìa, nel mio paese natale per dedicarmi all’agricoltura. Ogni domenica, con il mio asinello, scendere al mercato della città di Lushnje per vendere i prodotti del mio terreno quali olive, fichi, melagrane, meloni, angurie, formaggio, come ai tempi della mia infanzia, quando facevo il pastore di capre. Mentre la sera colloquiare con i miei contadini all’aperto sulle faccende quotidiane del villaggio.
(da www.musicaos.it)

SCUOLA POPOLARE DI TEATRO A UDINE

DIRETTA DA ALESSANDRO BERTI E MICHELA LUCENTI
V EDIZIONE – UDINE
15 MARZO - 4 MAGGIO 2007
PROMOSSA DA CSS TEATRO STABILE DI INNOVAZIONE DEL FVG
IN COLLABORAZIONE CON DSM DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE – UDINE E BALLETTO CIVILECON IL SOSTEGNO DEL COMUNE DI UDINE
A primavera 2007 riprendono - per la quinta edizione a Udine - le lezioni aperte della Scuola Popolare con i laboratori e gli incontri di teatro, poesia, canto e movimento diretti da Michela Lucenti e Alessandro Berti, e coordinati dal CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, in collaborazione con il DSM di Udine e il Balletto Civile. Nel parco del DSM di Udine, a Sant’Osvaldo, si rinnoverà un’esperienza di formazione artistica libera, svincolata da logiche e metodi di scuola e accademia, aperta a tutte le generazioni, a frequenza libera e gratuita.
I PARTE: TEATRO DI POESIA TEATRO D'AZIONE laboratorio teatrale diretto da Alessandro Berti con la collaborazione di Alberto Bellandipoeti ospiti: Pierluigi Cappello e Fabio Pusterla OMBRE
Un poemetto inedito di PIERLUIGI CAPPELLO- Udine, via Pozzuolo 330 - Parco del DSM, padiglione 2115 -16 marzo ore 17.00 - 22.00
17 marzo ore 15.00 - 20.0018 marzo ore 15.00 - 18.00lezioni di laboratorio- Udine, via Pozzuolo 330 -
Parco del DSM, padiglione 2118 marzo ore 18.00 - 20.00l ezione finale aperta e incontro pubblico con Pierluigi Cappello FOLLA SOMMERSA Un viaggio nel mondo poetico di FABIO PUSTERLA- Udine, via Pozzuolo 330 – Parco del DSM, padiglione 2110 - 11 - 12 aprile ore 17.00 - 22.00
13 aprile ore 17.00 - 20.00lezioni di laboratorio- Udine, via Pozzuolo 330 - Parco del DSM, padiglione 2113 aprile ore 20.00 - 22.00
lezione finale aperta e incontro pubblico con Fabio Pusterlanessuna iscrizione _ ingresso libero
La Scuola Popolare prosegue per il quinto anno la sua ricerca sulla migliore poesia contemporanea italiana. Incontreremo due poeti e due lavori che, pur nelle loro diverse biografie, dialogano tra loro in profondità, persino in maniera sorprendente, in una fertile terra di confine che è insieme un luogo di memoria del meglio e un osservatorio prezioso sul presente.OMBRE Un poemetto inedito di PIERLUIGI CAPPELLO.
Coinvolgeremo ancora una volta, come ideale padrone di casa, Pierluigi Cappello, che donerà agli allievi della Scuola un nuovo, lungo poemetto inedito: Ombre. E' un testo importante, che segna una notevole apertura narrativa del suo lavoro, inaugurata dalle ultime poesie di Assetto di volo.Ancora una volta è il dialogo con la figura del padre, incarnazione delle proprie radici non solo di sangue ma anche culturali e collettive, a fare da sfondo a una composizione semplice e potente, in cui la memoria umana e la fedeltà alla propria storia resistono tenacemente all'assurdità anonima dell'oggi e una comunione profonda con la natura e i suoi ritmi, i più antichi orologi umani, rimangono l'eterna ancora di salvezza nel mare dello sradicamento. Le montagne di Carnia sono la culla dura, reale e mitica, di questa poesia continuamente transitante nel tempo e nello spazio, lirica e critica, una poesia, quella di Cappello, che si conferma come una delle espressioni più vitali e preziose della sensibilità artistica di questa terra e una voce forte della nuova poesia italiana.
FOLLA SOMMERSA Un viaggio nel mondo poetico di FABIO PUSTERLAE proprio dalla poesia italiana più importante e di maggior respiro europeo arriva il secondo poeta ospite della Scuola Popolare 2007: Fabio Pusterla.
I suoi libri, scritti nell'arco di vent'anni e tradotti in varie lingue, sono ambientati anch'essi in un paesaggio alpino (quello della sua Svizzera italiana), una terra inospitale dove la storia sembra soltanto transitare senza fermarsi, diretta altrove, lasciandosi dietro nient'altro che le scorie di ogni modernità. Una terra che ha una forza immane, primordiale, capace di scatenarsi all'improvviso su uomini, case e animali. E in questo scenario inquieto, la poesia di Pusterla è anche, spesso e con forza, esplicitamente politica, di testimonianza della stupidità e della violenza umane, la violenza storica delle guerre europee e quella virtuale delle battaglie viste in tv, ma anche quella prossima delle nostre piccole guerre: a scuola, al lavoro, dentro le case calde di un nord minacciosamente ottuso. Nell'ultimo lavoro, Folla Sommersa, si fanno più fitte le voci degli uomini, le testimonianze, i brandelli di discorsi spesso assurdi, sghembi, le parole di personaggi segnati dalla follia, solitaria, di coppia, e vegliati con pietà dalle schiere dei morti, quella “grande folla sommersa che ci guarda in silenzio e ci attende”II PARTE: RISVEGLI - IL CORAGGIO DI VEDERE QUELLO CHE SI È laboratorio di canto e movimento diretto da Michela Lucenti con gli attori danzatori del Balletto CivileUdine, via Pozzuolo 330 - Parco del DSM, padiglione 2128 aprile - 4 maggio ore 20.00 - 23.30 lezioni di laboratorionessuna iscrizione _ ingresso libero.
Il nostro corpo la nostra storia.Come una mappa, il nostro corpo contiene tutti i segni di quello che viviamo, tutte le gioie, le sofferenze, le frustrazioni. Se riusciamo ad essere lucidi e impariamo a non avere paura, lo possiamo conoscere e interpretare.Una comunità silenziosa di giovani e vecchi, attraverso un metodo di relazione e ascolto, vegliato con amore da attenti angeli custodi, si interroga ed espone il proprio corpo in un rito danzato consapevole e collettivo.Ripartiamo dall’elemento più semplice, la presenza.Il nostro corpo, libero da posture scorrette, riscopre la possibilità e la forza di esprimersi e di relazionarsi allo spazio e agli altri. La presenza consapevole del proprio corpo e della propria voce sono elementi fondamentali per lavorare in scena usando il linguaggio del teatro fisico totale. Il laboratorio si basa su alcuni concetti fondamentali a partire dalla relazione. Dopo un training fisico-vocale ci si concentra in un ascolto totale degli altri, lavorando su esercizi di relazione con gli altri corpi, cercando di entrare in rapporto senza necessariamente lavorare sul contatto. Si studieranno elementi molto semplici, il respiro, il gesto, per poi tentare l’azione attraverso la relazione danzata e l’emissione vocale. Corpo e voce, dunque, sempre assolutamente “presenti” alla ricerca di un possibile linguaggio, in un percorso dove diventa indispensabile passare attraverso uno sguardo nuovo e lucido, attraverso una generosità e un coraggio frontali. Il laboratorio è rivolto a chiunque sia interessato a questo tipo di ricerca, senza alcun obbligo di particolare preparazione fisica o vocale.

martedì 13 marzo 2007

ULTRACORPI/ANTICORPI

Quando impari a non fidarti di niente e di nessuno, nemmeno delle parole, quando scopri che sei sotto attacco psichico, allora devi cambiare tutto, perchè hai visto tutto, perchè sai tutto, perchè conosci cosa c'è dietro l'angolo, se il bianconiglio caccerà la sua cipolla dal taschino correndo come un forsennato (mentre sibila "SONO IN RITARDO, SONO IN STRA-RITARDO, SONO IN RITARDISSIMO" ), se tornerai a casa con una fastidiosa emicrania o troverai un pacco dono adagiato, tutto caramellato, sul tuo letto con sopra scritto AI PRIMI SINTOMI DI PARANOIA APRIRE CON CAUTELA. No! La scelta è trovare il software giusto, che non ti piaghi l'occhio, che si riprogrammi ogni qualvolta una storia, la tua storia, non va per il verso giusto... Lo sai a fil di soma è guerra: poi dilaga! Enzo Mansueto nel suo Ultracorpi (d'If edizioni) fa detonare il verso come un fungo atomico in un delirio metrico NO FUTURE!!! Non leggetelo se avete uno stomaco debole.

lunedì 12 marzo 2007

Giornata Mondiale della Poesia 2007




Come ogni anno il 21 marzo in Italia e in tutti gli Stati membri dell’UNESCO viene celebrata la Giornata Mondiale della Poesia. Infatti, fin dal 1999, nell’intento di offrire uno stimolo alla promozione e divulgazione dell’espressione poetica, l’UNESCO ha dichiarato il primo giorno di primavera Giornata Mondiale della Poesia. Da allora la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO si occupa di promuovere, coordinare, monitorare e pubblicizzare le manifestazioni in programma in tutta Italia in occasione di questa ricorrenza.
Sul sito della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, www.unesco.it, si trova una sezione dedicata alla Giornata Mondiale della Poesia ricca di informazioni sul significato e sulle finalità proposte dall’UNESCO per questa celebrazione. Viene fornito inoltre l’elenco completo delle manifestazioni promosse dalla Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO nell’ambito della Giornata Mondiale della Poesia 2007.
Per l'occasione La Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO in collaborazione con la cooperativa Itaca e l’associazione culturale “G.B. Studio”presenta la kermesse poetica “Viaggio verso”, presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica (ore 21.00).
La manifestazione che ha come filo conduttore, appunto, "Il viaggio" si propone come occasione per fare delle diversità ricchezza, in un’ottica di incontro e scambio di culture tra Occidente e Oriente. La serata, ad ingresso libero e gratuito, vuole evidenziare come i valori universali della poesia uniscano tutta l’umanità al di là di ogni contrapposizione.
La prima parte dell’evento celebra la poesia del nostro Paese con Canzoniere italiano - poesia in concerto. Viaggio nella poesia italiana, ideato ed interpretato da Cosimo Cinieri (regia condivisa con Irma Immacolata Palazzo e realizzato con Lietta Ciacciarelli), sulle note della Banda dell’Arma dei Carabinieri (direttore Ten. Col. Massimo Martinelli). I versi più famosi della nostra letteratura da Francesco D’Assisi a Pasolini, un viaggio che dura ormai da più di 15 anni, coinvolgendo specialmente i giovani. La scoperta di un modo “semplice e popolare” di proporre i versi che si frequentano e poi si dimenticano sui banchi di scuola.
La seconda parte della serata invece è dedicata alla celebrazione del poeta e voce del sufismo “Jalâl âlDîn Rûmî”. L’UNESCO ha infatti proclamato il 2007 anno mondiale del poeta persiano, in occasione dell'ottocentesimo anniversario della nascita. Una delle radici della versificazione e dell’epopea orientale che giunge così fino a noi, piena del suo messaggio di amore, armonia, tolleranza e pace. A tal fine il regista Gianluca Bottoni curerà uno spettacolo che fonderà parole e suoni, attraverso letture dei versi del poeta e musiche con strumenti originali persiani; la serata godrà anche dell’intervento del professor Gabriele Mandel Khan, curatore e traduttore dell’opera principale di Rumi, il Mathnawi, e del poeta migrante Gezim Hajdari.

Crocevia: per una geografia dell'esistenza

Il primo numero della rivista Crocevia (Besa editrice, Nardò) risale alla primavera estate del 2004 e affidato alla cura di Danilo Manera. Il nome di questa pubblicazione non deve però rimandare ad una generalistica concezione editoriale improntata ad una varietà miscellanea, ma ad un forte progetto di scrittura, tendente a valorizzare la scoperta e il confronto. Il sottotitolo poi “Scritture straniere, migranti e di viaggio” sottolinea tre movimenti fondamentali di ricerca: il primo verso le letterature straniere (oramai in piena glocalizzazione, sempre meno estranee ai nostri gusti e alle nostre coscienze) con uno sguardo volto alla più esaustiva scansione, in tale ambito, delle diverse latitudini scritturali; il secondo da intendersi come approccio antropologico verso la categoria del Viaggio, come ridefinizione del migrare come prerogativa della condizione umana; il terzo come pensiero che unisce due aspetti importanti come la fantasia e la geografia, come spazio vitale dell’uomo e per l’uomo. Diverse le sezioni che puntano ad una sintesi brillante dei tre momenti prima individuati: troviamo ad esempio la sezione Bussola, che lascia spazio a interventi monografici su quelle aree letterarie del mondo non solo più insolite, ma anche più promettenti; poi la sezione In transito, che offre uno spaccato degli scrittori che migrano verso altri paesi e altre lingue; e ancora la sezione Viaggi di Carta e Carte di Viaggio, che contiene resoconti di viaggi, percorsi, omaggi a luoghi e sogni. Solo per citare qualche esempio, rispetto all’intera ricchezza dei contenuti di questa pubblicazione. Il tutto naturalmente con il rigore e la documentazione di specialisti dei vari settori, ma anche con l’apporto prezioso di giovani scrittori, traduttori e commentatori, uniti da un inesauribile amore per tutte quelle dimensioni altre della letteratura, e da un desiderio di accompagnare il lettore per mano, attraverso un intenso viaggio dello spirito. Queste a grandi linee il progetto e il messaggio che la rivista Crocevia vuole portare avanti. Tra le sue pagine hanno trovato posto nomi come Rafael Sanchez Ferlosio, Juan Eduardo Zuniga, Marcio Veloz Maggiolo, Henry Lawson e Michael Reynolds. L’ultimo numero Crocevia 7/8 dal titolo “Narrativa portoghese contemporanea” ha visto la presenza di autori come José Saramago, Nuno Júdice, José Cardoso Pires Maria Velho Da Costa Antonio Lobo Antunes Jacinto Lucas Pires Luísa Costa Gomes Lídia Jorge Mário de Carvalho José Riço Direitinho Teolinda Gersão Urbano Tavares Rodrigues Maria Judite de Carvalho José Viale Moutinho Fernanda Botelho Manuel Jorge Marmelo Claudia Clemente A. Mega Ferreira José Gil Armando Da Silva Carvalho. Anche per questo ultima uscita "Crocevia" prosegue sul suo cammino tra i crocevia culturali del mondo, all'insegna di una fertile contaminazione, di una volontà d'apertura, scoperta e confronto. In questo numero la sezione monografica è dedicata alla letteratura portoghese. Il Portogallo è paese di molti navigatori, qualche santo famoso e, in ambito letterario, soprattutto di poeti e di romanzieri. Questa è almeno l'immagine più comune fra i lettori di Pessoa e Saramago. La presente antologia cerca di esplorare un ambito meno noto della letteratura portoghese: gli sviluppi e le tendenze recenti dello
scriver breve, anche brevissimo. I racconti qui presenti sono stati pubblicati in volumi negli ultimi quindici anni (1990-2005), ma non si tratta di una selezione generazionale. Vi compaiono autori trentenni e ottantenni, vivi o nel frattempo deceduti, uomini e donne, rappresentanti stili diversi e diverse visioni tanto del mondo in cui agiscono (o hanno agito) come del piccolo Paese da cui provengono. Quindici anni della vita di una nazione concentrati in quindici piccoli pezzi letteratura.


domenica 11 marzo 2007

Ri-proporre il pop non è reato!

Nino G. D’Attis , Montezuma Airbag your Pardon, Marsilio X, pp.160
(da www.musicaos.it)

Un libro davvero interessante e singolare quello di Nino G. D’Attis, classe 1966, salentino di nascita e romano d’adozione, in questa sua opera d’esordio per Marsilio X. Una storia che di certo nulla ha a che vedere con i precedenti retaggi della letteratura italiana come l’esperimento di Brolli nel ’96 per i tipi di Einaudi Stile Libero (Gioventù Cannibale), o con le più vicine dimensioni del narrare panico e schizofrenia da precariato come alcuni hanno avuto modo di leggere nelle opere di Mario Desiati, Marco Mancassola, Michela Murgia, Angelo Ferracuti e Andrea Bajani. E D’Attis non cede alle lusinghe di questa moda letteraria, e di moda si tratta che l’impegno per un narrare e poetare di lotta e resistenza civile è ben altra cosa, non vuole fare parte di questo movimento, e guai a chiamarlo così che a qualcuno gli girano le palle, dei lavoratori interinali o semplici disoccupati che guardano alla loro vita con un riso amaro, di quelli insomma che a furia di stringere la cinghia, si consumano e muoiono avendo vissuto una vita grama, fatta di qualche successo letterario (esistono gli scrittori precari?) perché il tempo di scrivere un romanzo si trova, spezzettata in week end scroccati a casa di amici, devastata da forti patologie digestive, a botta di pranzi last-minute (panino, snack, bottiglietta da mezzo litro d’acqua presa al distributore automatico). La storia narrata riguarda un uomo del sud trapiantato a Bologna, nel 1999, prima del nuovo millennio con D’Alema al Governo e la lira ancora in circolo, dichiaratamente fascista (semi-radical-chic, ndc), addetto alla sicurezza in un centro commerciale, alle prese quotidianamente con zingare e taccheggiatori. La sua esistenza, quella di un erotomane, sbruffone, manesco e chi più ne ha più ne metta, è scissa in due, tra il desiderio di una vita fatta da macchine di lusso, soubrettes alla GQ da scoparsi, e tanti soldi da spendere in locali, crociere e altri ninnoli da vorrei ma non posso, e l’altra faccia dell’esserci in questo mondo, dove trovano spazio incontri con mature ninfomani, mignotte e trans (come succede nelle migliori famiglie dove l’onesto padre di famiglia va a puttane e poi tra le sue quattro pareti domestiche cerca perbenisticamente di salvare le apparenze spruzzandosi un pò di deo Borotalco sulla sua anima pregna di un olezzo nauseabondo), amicizie esasperate ed esasperanti, ed un matrimonio alla deriva, con una donna sciatta, complice in toto di una cronaca di una morte coniugale annunciata, dove il dialogo si riduce a insulto e umiliazione, le pubbliche relazioni riconfermano clichè del buon vicinato, delle cene con amici a parlare del valore nutrizionale delle pappette per bambini, dell’ultimo modello di passeggino, e di interminabili conversazioni telefoniche con mammina, dove scatta la fatidica frase ma non era così all’inizio .... Poi il colpo di scena, il fantasma di una donna proveniente dalle brume oscure del passato, determinata a tormentarlo, soffocarlo nei sensi di colpa, fino a farlo sbiellare. Un libro che si lascia leggere con particolare facilità, anche perché Nino D’Attis ama costruire questo romanzo giocando le sue carte migliori: la prima risulta essere una spiccata forza nello slancio poetico, di un tipo acido, metallico quasi da scrittura automatica che torreggia imponente, de-strutturato dal contesto formale dell’intreccio (…andare a fondo sempre più a fondo di quello che avresti voluto essere è stato come scivolare sotto uno spesso strato di ghiaccio neo con la mia carne piagata quando il sangue ha smesso di pompare … pag. 42) ; la seconda una capacità impressionante di mantenere il ritmo della narrazione, in maniera incalzante, con frequenti fratture periodali che tengono desta l’attenzione del lettore. Ci fa piacere poi notare, un’ulteriore abilità scritturale di D’Attis, oltre all’aver citato posti della sua madre patria come Lecce, Santa Cesarea Terme, San Cataldo… a differenza di Livio Romano in Mistandivò, che tenta di sublimare maldestramente il dialetto salentino con la speranza di rendere le sue peculiarità sintagmatiche icone pop degli standard linguistici del nostro Bel Paese, ipodermaticamente inserisce nel tessuto connettivo del raccontare le vicende, parole e slang del Salento, che non infastidiscono, anzi, apprezzabili perché prive di quel sapore di plastica delle operazioni commerciali, preparate a tavolino. Ora Montezuma Air Bag Your Pardon (un titolo che non se ve lo segnate su carta correte il rischio di fare una brutta figura andandolo ad acquistare in libreria) ha degli effetti collaterali, devastanti, ma che comunque non vi impediranno di amarlo, nonostante questo nostro breve prospetto critico metta in chiaro come stanno le cose. Innanzitutto verrete respinti da tutto ciò che il protagonista del libro verrà a toccare nella sua dimensione pagina dopo pagina, da quello che dirà, da come agirà, perché sentirete che non si può condividere quell’orizzonte sub-umano che D’Attis propone in maniera nuda e cruda. Perché forse avete la coscienza sporca? No…non è questo, a farvi venire tanto ribrezzo, quanto il fatto che anche voi siete a rischio, anche voi non avete fatto i conti con la vostra metà oscura. Nino D’Attis ci fa capire che continuando a tenere Hyde in catene e sotto sedativi, non potremmo mai essere liberi dal controllare la nostra vita, in fondo dimostrazione rigorosa di come Dio giochi a dadi con l’universo. Finite queste 166 pagine sarete in preda ad una rabbia cieca, verso tutto e verso tutti, odierete i vostri giorni, i vostri cari, parenti ed amici, un odio smisurato come il vostro ego, gonfiato da attese disilluse, di rospi duri da ingoiare, di fantasmi ciechi e idioti tanto provenienti dal passato quanto ricercati nel futuro.

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