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lunedì 17 gennaio 2011

Il libro del giorno: Diario Sincronico 2010-2013 di Paola Sani e Giovanna Battistini (Wip edizioni)












Diario pratico, interamente illustrato a colori, per un uso giornaliero (fino al 2013), attraverso cui diventa immediatamente chiaro che lo standard armonico di 13 Lune di 28 giorni è qualcosa di più di un semplice calendario. È la chiave che apre la porta ad un’intera nuova realtà, l’ordine sincronico. Questo termine definisce la realtà quadridimensionale del tempo distinta da quella tridimensionale dello spazio. Brillante introduzione al Sincronario che presto sostituirà l’irregolare ed anacronistico Calendario Gregoriano ora in uso. E' un diario di bordo, una mappa del tesoro, che misura e risveglia i moti dell'anima, nel gioco cosmico, universale. Impariamo così a vedere e a seguire il sentiero delle sincronicità, per riunificare la nostra verità individuale a quella divina.

I fuoriusciti di Michele Lupo (Stilo Editrice)












Un pittore che incarna quotidianamente il suo fallimento su più livelli ontologici alle prese con un amore delirante e un infante da accudire (Il babysitter); un uomo di chiesa colmo delle ombre di tante anime, si apre attraverso una missiva oltre il delirio al suo “confessore”, uno psicanalista (Ego te absolvo); il senso di un sud del sud del mondo in una “promenade sulla circonferenza” che ri/traccia una destinalità smarrita di un uomo del meridione (Gatti del Sud); e ancora un maldestro libraio, che una serie di circostanze trasformano in un omicida “vendicatore” (Cimento); e poi l’automutilazione dei sogni e delle speranze di una poetessa in “Congedo”. Solo pochi e sommari ritratti di storie ai confini della marginalità e della deriva, che trasformano questo lavoro in un libro non solo godibilissimo, ma assolutamente da consigliare. Questo racconta Michele Lupo nello splendido lavoro edito da Stilo editrice dal titolo “I fuoriusciti” che narra di come sovente l’inconsistenza del vivere sociale e l’assurdità di certe convenzioni acuiscono interiori fragilità ed equilibri di persone che alla fine non riescono ad orientarsi su ciò che è reale e ciò che non lo è, su ciò che si può fare e ciò che non è consentito. Questi sono i fuoriusciti, mosaico di voci surreali, distonici, distopici dove al peggio quasi – ci sembra voler dire tra le righe l’autore – non c’è mai fine!
Michele Lupo è nato a Buenos Aires e vive a Tivoli, dove insegna nella scuola pubblica. Il suo primo viaggio lo fa in nave, a nove mesi: dura ventinove giorni, dal Sud più remoto del mondo al piccolo Sud d’Italia. Neppure maggiorenne, lavora prima in un ristorante a Berlino e poi in una fabbrica dell’hinterland romano. Prima di laurearsi in Lettere all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, compie studi musicali presso il Conservatorio de L’Aquila. Avendo vissuto in Campania, Lazio e Lombardia, ha constatato, in quello che la tradizione letteraria italiana ha vanamente sognato come il ‘Bel Paese’, la persistenza di molti Sud. Ha pubblicato numerosi racconti su riviste letterarie, il saggio Elementi carnevaleschi nel Decameron (Loffredo Editore, 1992), il romanzo L’onda sulla pellicola (Besa Editrice, 2004). L’ennesimo Sud lo ha raccontato in un reportage sulla Cambogia apparso su «L’Unità» nel 2009 e prossimamente sul numero 13 della rivista «Crocevia» (Besa Editrice). Nel 2011 è prevista anche l’uscita del suo secondo romanzo. Collabora con «Il paradiso degli orchi» (www.paradisodegliorchi.com) e «La poesia e lo spirito» (lapoesiaelospirito.wordpress.com) : vi scrive, con marcata vis polemica, di libri altrui, scuola e disastri italiani diffusi. Il suo blog è michelelupo.blogspot.com. L’indirizzo e-mail: michele.lupo@tin.it

domenica 16 gennaio 2011

Il libro del giorno: Le Beatrici di Stefano Benni (Feltrinelli)















Otto monologhi al femminile. Una suora assatanata, una donna ansiosa e una donna in carriera, una vecchia bisbetica e una vecchia sognante, una giovane irrequieta, un'adolescente crudele e una donna-lupo. Un continuum di irose contumelie, invettive, spasmi amorosi, bamboleggiamenti, sproloqui, pomposo sentenziare, ammiccanti confidenze, vaneggiamenti sessuali, sussurri sognanti, impettite deliberazioni. Uno "spartito" di voci, un'opera unica, fra teatro e racconto. Una folgorazione. Tra un monologo e l'altro, sei poesie e due canzoni.

Prima che il mondo cominci a bruciare di Federico Crosara (La Riflessione - Davide Zedda editore)












Non posso che ritenere un libro come questo, ancora oggi più che mai, fondamentale, per contenuti e per coordinate ermeneutiche fornite per comprendere la realtà del precariato. O forse sarebbe meglio parlare di orizzonte della PRECARIETA’ in cui vengono espulse le odierne generazioni di “lavoratori”. Oltre le considerazioni di rito sulle possibili analisi semantiche del termine PRECARIETA’, emerge da ogni singola pagina di questo lavoro un pervasivo senso di non-compiuto, grazie ad una scrittura asciutta ma dal ritmo sincopato che mette in scena vicende esistenziali di de-significazione totale e selvaggia. L’universo semantico da cui prende spunto Crosara, è il pluriverso dei contratti a progetto, contratti a tempo determinato, lavoro nero, sottopagato, voragini che succhiano slanci ed energie vitali. “Prima che il mondo cominci a bruciare” è un canto di lotta, un urlo in battaglia, affrontato con un risus sardonicus, ironico e autoironico. Un canto che possiede tutta la forza di una voce “dentro” la precarietà, dove si meticciano i tasselli di vite sospese e inquiete.
Federico Crosara sbatte dunque in faccia ai suoi lettori il cancro del lavoro precario, che in Italia, è molto più devastante di quanto viene raccontato persino dai gruppi di tutela dei lavoratori come i sindacati. Ma aspetto ancora più infelice è il fatto che si parla mai di tutti i disagi di deprivazione psicologica e materiale che la condizione del “precario” affronta ogni giorno. E soprattutto questo lavoro lascia un amaro e pauroso interrogativo: quanto potremo/potranno resistere?

sabato 15 gennaio 2011

Il libro del giorno: Tempted di P.C. Cast - Kristin Cast (Nord editrice)

















Mi chiamo Stevie Rae Johnson, ho diciassette anni e un tempo ero la migliore amica di Zoey Redbird, la prima Somma Sacerdotessa novizia della Storia. Adesso che mi sono Trasformata in una vampira, però, ho paura di aver rovinato tutto. A una migliore amica non si dovrebbe nascondere nulla, giusto? Io invece non posso confidare a Zoey i miei segreti, altrimenti rischierei di perderla. Perché ho fatto una cosa terribile: ho salvato la vita a uno dei nostri nemici, Rephaim, il capo dei demoni-corvo. So che lui ha aggredito moltissimi novizi della Casa della Notte, eppure, quando l’ho visto accasciato a terra, spaventato e ferito, ho capito che proprio non potevo lasciarlo lì, da solo. Allora l’ho portato in un luogo sicuro e l’ho curato. Quando inizierà a stare meglio, spero di convincerlo a voltare le spalle al Male e ad aiutarci. Dobbiamo assolutamente scoprire dove si trova Kalona – l’essere immortale che minaccia di distruggere la razza umana – prima che sia troppo tardi. Lui infatti sta usando il suo potere per entrare nei sogni di Zoey: vuole sedurla e farla diventare una sua alleata! E, per lei, ormai è sempre più difficile resistere al suo diabolico fascino...

Il profumo delle foglie di limone di Clara Sanchez (Garzanti)












Ci troviamo in Spagna, e per l’esattezza in Costa Blanca. Splendide spiagge, gente cortese e amabile. Un piccolo paradiso in terra. Siamo in piena estate nonostante il mese di settembre sia quasi alla fine. Tutto è vivificato da un intenso profumo di limoni che si sparge sino al mare. Ecco Sandra, trentenne sul punto di fare i conti con se stessa e con la sua vita. Non sa cosa fare della sua esistenza: senza lavoro, e incinta di un uomo che in fondo sente di non amare. Conosce Fredrik e Karin Christensen, una coppia di “nonnetti” norvegesi tutta sorrisi e affabilità. Li sente suoi, come se fossero stati i suoi di nonni. Quelli che non ha mai avuto. Ma c’è un MA!!! Quegli adorabili vecchietti hanno un passato alle spalle di atrocità, orrore e sangue. Già …! Erano stati i più feroci tra i nazisti: hanno ucciso e torturato senza pietà e misericordia. Ora hanno in mente di ricominciare. E questo lo sa perfettamente Julian, anche lui in Costa Blanca, scampato al campo di concentramento di Mathausen, e cacciatore di SS. Sandra è l'unica che può aiutarlo, anche se sarà difficile farle aprire gli occhi su una terribile verità. Libro splendido che si legge tutto d’un fiato quello di Clara Sanchez uscito per Garzanti, dal titolo “Il profumo delle foglie di limone”. Il ritmo della scrittura è avvolgente, elegante, incalzante e tutto questo contribuisce a renderlo un libro assolutamente consigliabile. Anche perché ci aiuta a capire che spesso sotto un velo di normalità e benevolenza, si possono nascondere degli incubi inimmaginabili.

venerdì 14 gennaio 2011

Il libro del giorno: Incenerire i rifiuti? No grazie! di Gianluca Ferrara (Dissensi edizioni)



















Gianluca Ferrara in questo prezioso manuale spiega, in maniera semplice ma argomentata, come gli inceneritori (erroneamente definiti “termovalorizzatori”) siano l’ennesimo inganno imposto dalla classe politica succube della lobby di turno.
Gli inceneritori sono la risposta funzionale, partorita da un sistema economico malato che ha l’obiettivo di renderci dei consumatori obbedienti ed inconsapevoli. Il messaggio è: “Consuma tanto, poi noi bruciamo tutto!”. Ma gli inceneritori sono molto dannosi per le sostanze che emanano nell’ambiente e più studi dimostrano una stretta correlazione con l’aumento di patologie cancerogene nelle zone circostanti. Inoltre, non convengono dal punto di vista energetico, la loro realizzazione è molto dispendiosa e non producono occupazione a differenza della raccolta differenziata porta a porta. Raccolta differenziata che è incompatibile con la presenza degli inceneritori.
Ma quale soluzione al problema dei rifiuti? La risposta ci è data dall’intervento del professore americano Paul Connet teorico di “Zero waste”, vale a dire creare una società a zero rifiuti che miri al riutilizzo dei prodotti e la messa al bando di tutti quei materiali che non possono essere riciclati. L’esperimento sta prendendo piede in California ma anche in realtà italiane quali Capannori (Lucca) come è ben spiegato dal dott. Rossano Ercolini.
Pag. 102

Cartoline dai morti, di Franco Arminio (Nottetempo). Intervento di Nunzio Festa












Tra l'aforisma e il racconto brevissimo, tra la levità della poesia e la claustrofobica dichiarazione d'essere in disaccordo con le idee di lettura solite di vita e morte nasce l'ultimo libro del paesologo di Bisaccia, Franco Arminio, “Cartoline dai morti”. Con 128 testi, per l'esattezza 128 pezzi di vita, più ovviamente un'altra, quella dell'autore stesso, che sono la vita stessa riassunta senza transigere dalla spietatezza del poeta Arminio, il mercato qualunquista deve vedersela con una nuova opera impossibile da annegare nel calderone. Prima di confessare che, soprattutto, gli scritti sono frutto di momenti dell'ipocondria che ad Arminio sappiamo, lo scrittore e poeta, il battagliero viaggiatore dei luoghi al margine c'insegna che le esistenze comuni, accanto al passaggio della morte, o quindi subito prima e maledettamente subito poi, hanno nella semplicità il loro capogiro. Fanno stordimento con la drammatica facilità con la quale si può e/o potrebbe morire. Ovviamente l'editore non poteva che portare l'accostamento all'Edgar Lee Masters dell'”Antologia” per esaltare ulteriormente l'opera. Ma il libro non né avrebbe, in assoluto, avuto bisogno. Eppure, per chiarezza, qualche somiglianza passa fra i sommi testi. Che, per esempio, anche Franco Arminio, molti anni dopo, ci da la sensazione di voler ambientare la sua opera in piccole quanto grandi territori al limite. Di provincia, si potrebbe dire. Nonostante mai capiamo, dagli scritti, luoghi e contesti. Forse per una dannazione tutta nostra, allo stesso tempo, l'intuiamo. Queste brucianti cartoline, a quattro anni di distanza dal “Circo dell'ipocondria”, sono lasciti di chi parte e non da dove arriva. Come se si stesse in un etere. Se non avessi già letto in anticipo qualche testo, “Cartoline dai morti” avrebbe sicuramente fatto in me anche più dolore di quanto sia riuscito a farne. Eppure quel malore temporaneo non è che un effetto desiderato. Anzi l'indesiderato che diviene effetto in virtù delle vite normali spiaccicata al vuoto da una morte solitamente improvvisa. Non potendo sorride durante la lettura, per accortezza specifica, comunque si spieghiamo che di nuovo il destino di morire (al di là d'ogni santa e meno santa paura): lotta contro la morte: sconfigge l'idea più diffusa di morte. Senza ombre e ombrette di dubbio, Arminio avrà pure voluto dire molto altro. C'è tempo.

giovedì 13 gennaio 2011

Il libro del giorno: Scrivere è un gioco di Stefano Giovinazzo (Edizioni della Sera)














Una conversazione eccellente sulla scrittura. Dopo Dacia Maraini, un altro grande nome si racconta per la collana “Le Bussole”. Enfant prodige della letteratura, Paolo Di Paolo, seppur giovanissimo, oggi è uno degli scrittori italiani più talentuosi e apprezzati in Italia. In questa conversazione con Stefano Giovinazzo, argomento chiave è la scrittura, passione che Di Paolo ha iniziato a coltivare già da bambino e che si è sviluppata a dismisura nel tempo, che si proietta in una cultura letteraria invidiabile, un approccio quasi viscerale al libro e ad un legame fortissimo con la lingua italiana. Il critico letterario delinea i caratteri di un mondo e di una passione, la scrittura, che è catarsi, continuo confronto fra chi scrive e chi legge, e “riflesso di un’ipersensibilità che si esercita, anche ossessivamente, su dettagli che molti trascurano”. Di Paolo ci fa penetrare in un mondo, la scrittura, svelandone i segreti in modo acuto e stimolante.
«Nell’intervista Paolo parla dell’epifania che a lui per primo riserva la sua scrittura, il suo gioco di prestigio. Chiunque scriva per interna necessità e disposizione sa che questo è vero: la scrittura rivela sempre a se stessi qualcosa di sé e del suo stare al mondo. Ma i giochi, anche di prestigio, sono una cosa seria e chi scrive con l’essenzialità con cui scrive Paolo non può non essere che un giudice serio e severo del suo stesso “gioco”». dalla prefazione di Giulia Alberico.

Lettera a D. Storia di un amore di André Gorz. Intervento di Elisabetta Liguori











Poiché l’amore è tema sempre di gran moda e l’uomo sembra continuare ad averne bisogno come di una zattera per navigare il mondo, è giusto farsi ogni tanto un paio di domande a tema. Quanto dura esattamente? Ha una data di scadenza come lo yogurt? Come si modificano nel tempo le sue particelle organolettiche? Cosa ne resta in vecchiaia? Sarebbe bello poterlo chiedere ad Andrè Gorz. Purtroppo, e forse non a caso, Gorz è morto suicida nel 2007, assieme alla moglie Dorine, affetta da un morbo degenerativo. La sua è ormai, come quella di altri, la voce di un mito. «Ebreo austriaco», come amava definirsi, nato a Vienna nel 1923, trasferitosi prima a Losanna, poi a Parigi, dove iniziò la carriera di giornalista e saggista, arrivando fino alla direzione di «Les Temps Modernes», la rivista di Sartre, e alla fondazione con Jean Daniel del «Nouvel Observateur», fu uno dei grandi intellettuali di Francia. Con opere come “ Il traditore” influenzò l’esperienza di tutta sinistra europea (anche se non mancò chi, come sempre accade per i liberi pensatori, seppe rintracciare tra i suoi gli ideali tipici della destra) . “Lettera a D. Storia di un amore”, pubblicato da Sellerio, è la sua ultima opera. Una dichiarazione appassionata indirizzata alla moglie, che ne fa oggi una sorta di maìtre à penser del sentimento. Con questa lettera l’amante spiega all’amata, e a se stesso, come è nato il loro amore, quanto difficile è stato riconoscerlo, fino a dove si è spinto e perché. Quello di Gorz per la sua Dorine, infatti, è un amore durato 58 anni. Un amore senza data di scadenza, quindi, che in questa sua metafisica ostinazione sembra opporsi ad ogni legge razionale, ad ogni principio di politica sociale, ad ogni approfondimento intellettuale. Leggendo questo brevissimo trattato di antropologia, s’intuisce che, per il realizzarsi dell’amore duraturo, due sono i picchi caratteriali richiesti: fragilità e fascinazione. Gorz, pur nella sua estrema lucidità da filosofo, appare divorato da un vuoto che solo l’assoluta e costante dedizione alla moglie sembra colmare. Questo vuoto trasforma il suo amore in una cura e in un’ossessione. Un vuoto dinamico, auto rigenerante, che consente a due individui, di per sé refrattari ai ruoli che la collettività sembra voler imporre loro, di creare dimensioni alternative e appaganti. Dimensioni reciproche, simili a certe cantilene che si cantano a due voci: comincia uno, l’altro segue e ripete, poi si ricomincia in ordine inverso, ipnotico. E ancora e ancora. Andrè non riesce ad immaginarsi, se non con Dorine: in questo segreto, che Gorz riesce a svelarci solo da vecchio, si celano forse le risposte che cercavamo. L’amore dura nel tempo quando va a sanare una ferita personale e antica, quando consente a chi crede di non averlo, di trovare un posto sicuro nel mondo. Anche periodicamente diverso, ma ugualmente solido. Solo così l’amore può trasformarsi senza perdere vigore; solo così può diventare fatto narrabile e dunque diverso e vero ad ogni diverso tentativo di narrazione. Continuo è il parallelo che Gorz fa tra amore e scrittura. Scopo della vita dello scrittore non è ciò che si scrive, non il soggetto trattato in sé, ma il bisogno di scrittura. Il raggiungimento della consapevolezza che, quando tutto sarà stato detto, tutto resterà ancora da dire. Così con i sentimenti dunque: vince l’amore che ha bisogno d’amore e che nel tempo continua a volersi riscrivere. Al di là e al di qua della stessa esistenza materiale.
André Gorz - Lettera a D. Storia di un amore
pp. 68, euro 9 - Sellerio, 2008

mercoledì 12 gennaio 2011

Il libro del giorno: Li romani in Russia di Simone Cristicchi, Elia Marcelli, Niccolo Storai (Rizzoli Lizard)





















Li Romani in Russia è poema, racconto, ricordo, denuncia: testi monianza unica, e partecipata, di uno dei momenti più drammati ci del Novecento, resa in prima persona da uno dei suoi protagonisti . Un meraviglioso aff resco epico in ott ave classiche, crudo come la tragedia che narra, forte come lo spirito di chi non si arrende, struggente come il saluto a una giovane vita che parte per non tornare mai più. Firmata da uno dei più grandi poeti romaneschi della nostra epoca, quest’indimenti cabile opera sulle vicende dell’esercito italiano durante la terribile Campagna di Russia – una “guerra di invasione senza pretesto” – è oggi, grazie alla sensibilità dell’apprezzato cantautore romano Simone Cristi cchi, graphic poem e spett acolo teatrale. E torna con tutt a la sua forza a stupire, commuovere e segnare le coscienze, nel nome di centi naia di migliaia di vite sacrifi cate all’odio e al delirio di potere.

Simone Cristicchi nasce a Roma nel 1977. Vincitore di premi presti giosi tra cui la Targa Tenco per il Migliore Album d’esordio e il Premio Giorgio Gaber, nel 2007 vince il Festival di Sanremo con il brano Ti regalerò una rosa e pubblica il volume Centro d’igiene mentale, che ispirerà una serie di concerti teatrali dal lui stesso diretti e interpretati. Nel 2009 porta in teatro Canti di miniera, d’amore, vino e anarchia con il coro dei Minatori di Santa Fiora, spettacolo che alterna monologhi e canti popolari e che culmina nell’esibizione al concerto del 1° Maggio a Roma. Nel 2010 torna sui palcoscenici con Li Romani in Russia, adattamento teatrale del poema epico di Elia Marcelli, per la regia di Alessandro Benvenuti.

Elia Marcelli (1915 – 1998) è stato poeta, regista e sceneggiatore. Ha partecipato come sott otenente a quatt ro campagne di guerra, in Francia, Jugoslavia, sul fronte greco-albanese e infi ne in Russia, da cui tornò invalido. La sua copiosa produzione lett eraria comprendente opere narrati ve, poeti che, drammati che, sceneggiature teatrali e cinematografi che, è stata catalogata e raccolta negli Archivi Lett erari del ’900 della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

Niccolo Storai, nato a Prato nel 1978, è autore di fumetti e cartoni animati, nonché illustratore di libri per bambini. Ha lavorato per Nicola Pesce Editore, Tunué, Double Shot, fi rmato storie per le riviste “Heavy Metal” (USA), “FornoMagazine” (Israele), “Mono”, e collabora in qualità di colorista a “Il Giornalino”. Assieme agli animatori Riccardo Corsi e Marco Morresi ha fondato lo studio di animazione Dramph, che realizza cartoni animati e commercial per tv.

“The Rabbits” di John Marsden e Shaun Tan (Elliot)












“I conigli arrivarono molti nonni fa. All'inizio non sapevamo cosa pensare. Ci somigliavano un po'. Alcuni di loro erano gentili. Ma gli anziani ci misero in guardia: state attenti.”. L’incipit di un piccolo libro, preziosissimo, terribile anche nel suo essere favola. Parliamo di un libro illustrato “The Rabbits” di John Marsden e Shaun Tan, pubblicato da Elliot. Ma di favola essenzialmente ci ho visto poco, se non per lievi accenni di sceneggiatura e di tratto, che “more geometrico” costruiscono una storia complessa e drammatica. In poche pagine si parla di colonizzazione nel senso più forte del termine, ovvero l’immissione forzosa di culture, tradizioni, tecnologie “aliene” che coprono ritualità, civiltà, memorie. In una parola invasione. Non so se esattamente si può individuare una storia appartenente ad un popolo, ad una nazione specifici, ma con certezza il messaggio contenuto in questa pubblicazione può dare molto da pensare. I conquistatori sono rappresentati da orde di conigli che arrivano, consumano, distruggono, depredano, devastano. Opera iper/visionaria, splendida. Chi volesse poi saperne di più in fatto di colonizzazione, consiglio “I cortili dello zio Sam” di Noam Chomsky (Gamberetti) testo scorrevole ma scioccante, che in fatto di “invasioni” può dare molte dritte!

martedì 11 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il vangelo nella discarica di Daniele Moschetti (Dissensi edizioni)












Con contribuiti di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli. Tutto il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini di strada della comunità di Korogocho
“Il libro di Padre Daniele raccoglie le sue lettere e le lotte degli anni da lui trascorsi a Korogocho dal 2001 al 2008. Sette anni duri, difficili, di missione nella baraccopoli di Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi. Korogocho è una collina di un km quadrato dove sono accatastate 100-120 mila persone. Non ci sono particolari servizi da parte del comune eccetto l’acqua potabile che viene portata in baraccopoli e poi rivenduta; questo è sconcertante e costituisce un grande problema. I poveri pagano l’acqua molto più dei ricchi che la usano a Nairobi per riempire le loro piscine. Nelle baraccopoli non c’è una cosa che noi riteniamo fondamentale, infatti per ogni baraccopoli dovrebbe esserci almeno un bagno. Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di “cesso” ed anche la parola “cesso” è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un “cesso” ogni trenta quaranta famiglie. In una baraccopoli vicino Korogocho, la baraccopoli di Huruma, c’è un “cesso” ogni mille persone”.

Padre Alex Zanotelli

“Le lettere scritte da padre Daniele Moschetti, raccolte in questo volume, sono preziosi messaggi in bottiglia che chiedono di essere letti e fatti propri. Soprattutto, ascoltati con il cuore. Missive provenienti da un “altro” mondo, giacché Daniele, missionario comboniano, ha vissuto e lavorato a lungo a Korogocho. Si tratta di una tra le oltre duecento baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia; un paese dove sei abitanti su dieci sopravvivono con un dollaro al giorno. Si tratta di un mondo che non conosciamo, perché troppo spesso di fronte a esso − all’umanità dolente che lo abita − preferiamo chiudere gli occhi, zittire i sentimenti, distrarre la mente”.
Don Luigi Ciotti - Pag.238

Il libro di Padre Daniele raccoglie le sue lettere e le lotte degli anni da lui trascorsi a Korogocho dal 2001 al 2008. Sette anni duri, difficili, di missione nella baraccopoli di Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi. Korogocho è una collina di un km quadrato dove sono accatastate 100-120 mila persone. Non ci sono particolari servizi da parte del comune eccetto l’acqua potabile che viene portata in baraccopoli e poi rivenduta; questo è sconcertante e costituisce un grande problema. I poveri pagano l’acqua molto più dei ricchi che la usano a Nairobi per riempire le loro piscine.
Nelle baraccopoli non c’è una cosa che noi riteniamo fondamentale, infatti per ogni baraccopoli dovrebbe esserci almeno un bagno. Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di “cesso” ed anche la parola “cesso” è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un “cesso” ogni trenta quaranta famiglie. In una baraccopoli vicino Korogocho, la baraccopoli di Huruma, c’è un “cesso” ogni mille persone”.

Padre Alex Zanotelli

Le lettere scritte da padre Daniele Moschetti, raccolte in questo volume, sono preziosi messaggi in bottiglia che chiedono di essere letti e fatti propri. Soprattutto, ascoltati con il cuore. Missive provenienti da un “altro” mondo, giacché Daniele, missionario comboniano, ha vissuto e lavorato a lungo a Korogocho. Si tratta di una tra le oltre duecento baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia; un paese dove sei abitanti su dieci sopravvivono con un dollaro al giorno.
Si tratta di un mondo che non conosciamo, perché troppo spesso di fronte a esso − all’umanità dolente che lo abita − preferiamo chiudere gli occhi, zittire i sentimenti, distrarre la mente”.

Don Luigi Ciotti
Pag.238

Con contribuiti di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli
Tutto il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini di strada
della comunità di Korogocho

Per un’ecologia della scrittura di Vander Tumiatti








Trovo che il Salento sia un territorio ricco di storia e con grandi opportunità da valorizzare in termini di risorse umane e naturali. Ho investito ed investo nel Salento (dal 1992) e credo nel suo futuro. Ho preso una certa dimestichezza, io veneto di origine, torinese di formazione (dal 1953) ed imprenditore (Sea Marconi, azienda che opera dal 1968 in oltre 40 paesi) innanzitutto con i luoghi del piacere turistico ed enogastronomico, che qui spesso raggiungono “vette altissime”. Ma apprezzo molto la sua cultura editoriale attenta alla tutela del paesaggio e alla diffusione di una “Ecologia della Scrittura” ricca di solidi spunti di analisi. Occupandomi professionalmente di sviluppo sostenibile globale e di bioenergie ho frequentato con “parsimonia” le librerie del capoluogo salentino (Liberrima, Palmieri, Icaro, Mondadori in Piazza S. Oronzo,Giunti in corso Vittorio Emanuele, la piccola Gutenberg). Ed è stato così che mi sono imbattuto in due libri del Professor Ferdinando Boero editi da Besa e Controluce. L’autore, zoologo marino dell’Università del Salento, in soli due anni è riuscito a pubblicare due libri che, pur non avendo nulla di scientifico nel senso consueto del termine, affascinano come una splendida avventura di pura finzione, non presentando note, citazioni erudite, linguaggio specialistico, insomma tutte le caratteristiche delle pubblicazioni accademiche, che spesso tediano anziché incuriosire il lettore. Il primo titolo “Ecologia della bellezza” mi ha interessato perché cerca di lanciare un messaggio molto più che positivo, ovvero che l’uomo vive in un mondo bellissimo, dove tutto è proporzione, funzionalità eco/sistemica e che forse tanta bellezza può essere l’oggetto di una scienza della bellezza (la scienza unisce anziché dividere) che gli scienziati possono sviluppare e condividere con il genere umano. Il secondo libro, che ho letto in due giorni, è stato “Ecologia ed evoluzione della religione”, un’opera che secondo le intenzioni dell’autore si vuole chiedere se il genere umano sia una specie geneticamente religiosa e perché tutte le religioni siano diffuse così radicalmente in tutte le culture. Mi ha affascinato la risposta che ha dato Boero, ovvero che “l’uomo è un animale sociale e ha sviluppato la cultura proprio per comunicare, ed è forse proprio la religione il primo motore di questo processo”.

Finendo la lettura di questi libri, faccio un bilancio preliminare (metafora dei“conti della serva”) ,e riscontro che la realtà dimostra la distanza con gli scenari rosei proposti. Risulta stridente la contrapposizione tra la realtà dei fatti quotidiani con i diversi mondi della “Cultura, della “Scienza”,della “Comunicazione” e della “Impresa”.Il primo, dove si intessono le relazioni e si origina il sapere, dove gli uomini formalizzano i loro modelli derivanti dalle loro esperienze di vita, il secondo, quello dove si applicano le leggi della scienza(fisica, chimica, economia, statistica,ecc), il terzo dove si verifica l’informazione e si formalizza rigorosamente la realtà dei fatti ed il quarto dove si misurano gli effetti qualitativi e quantitativi delle “soluzioni sostenibili”(prodotti offerti e/o utilizzati) in grado di soddisfare le esigenze del/i consumatore/i in termini di funzioni, qualità/prezzi,costi/benefici/rischi e disponibilità nel tempo richiesto. Nel Salento, dove la natura si è data con grande generosità, la distanza tra questi mondi risulta ancora più evidente che altrove. Un territorio come questo, in cui i quattro elementi di Empedocle: terra, aria, acqua e fuoco si fondono in proporzioni mirabili, meriterebbe di essere religiosamente protetto e valorizzato, non dico facendone un santuario, ma almeno salvandolo dalla miopia di chi irresponsabilmente ne ha fatto e continua a farne scempio. In che modo? Soprattutto favorendo la cultura dello sviluppo sostenibile focalizzata sinergicamente e concretamente sui fattori tecnologici,economici ed ambientali in senso lato, dove siano considerati e valorizzati tutti gli aspetti reali e concreti che contribuiscono a migliorare la qualità della vita dei cittadini e delle imprese. Purtroppo, ciò che ho ripetutamente constatato in questi ultimi anni sembra andare in direzione opposta. Ogni giorno nuove ferite vengono aperte in questo meraviglioso Salento, ad opera di poche persone ed organizzazioni irrazionali, incapaci e rapaci che lo sfruttano senza ritegno, indisturbate, vanificando ogni progetto di sviluppo.

E a volte accade che proprio quando, in apparenza, sembrano emergere maggiore attenzione e sensibilità, si creano ad arte allarmi ingiustificati il cui solo scopo è di distogliere l’attenzione da chi opera nell’ombra perseguendo i propri inconfessabili interessi. In questi casi si realizza una saldatura, tra un “Ambientalismo Talebano” ed alcuni poteri che traggono ciascuno vantaggi dal pericolo evocato e dai “Falsi Allarmismi”propinati. E l’ambiente? Ridotto a mero strumento di soldi e potere di una ristretta casta.

Vander Tumiatti esperto UNEP (United Nations Environment Program-Ginevra) ,Ass. Secretary IEC (International Electrotechnical Commission- Ginevra), Imprenditore e Fondatore della Sea Marconi Technologies Italia(www.seamarconi.com).

fonte Paese Nuovo

lunedì 10 gennaio 2011

Il libro del giorno:Ti iodio da morire di Sergio Siciliano (Lupo editore)












Ricettario e indicazioni per affrontare la preparazione alla cura radio metabolica con dignità ed allegriamangiare senza iodio ... ma con gusto!

Ed eccomi catapultato nella vita di tutti i giorni, il bunker sembra lontano. Mi ritrovo tra i miei soliti aperitivi, pranzi di lavoro, brunch, lunch… e tutto ciò che finisce in “unch”.

Questa breve guida unisce i fondamenti scientifici della deprivazione iodica alla fantasia dell’autore/paziente che ha saputo infondere nel testo la sua esuberante vitalità, rendendolo utile non solo per i soggetti affetti da carcinoma tiroideo differenziato che si troveranno a percorrere la medesima esperienza, ma anche per il curante che potrà essere supportato nelle indicazioni e nella comprensione delle stesse da parte dei pazienti.

Sergio Siciliano è nato a Lecce il 18 maggio del 1968. Attore di teatro e conduttore tv e radio. Ha lavorato tra gli altri con Mario Prosperi in Lisitrata e in La città di Dio, con Fiorella Rubino e Massimo Venturiello in Ecchel’Messia ripreso da Rai Sat, con Raffaella Panichi protagonista in La Corona rubata -Piazza Navona. Per il teatro autore e conduttore di Avevo un frack. Jazz e dintorni prod.Teatro Flaiano; per la radio:Top secret R.S.A.TV: Telethon dall’Ag.5 BNL-RM (RAI 1). Per la televisione conduttore-attore in Cort in progress Coming Soon Tv, See you again Salento Channel.

Supporto medico scientifico Dott.ssa Elisa Giannetta

Elisa Giannetta (Medico Chirurgo Endocrinologo) è nata a Roma il 14 giugno del 1978. Si occupa di diagnostica ecografia e agoaspirazione tiroidea presso l’U.O.C. di Andrologia, Fisiopatologia della Riproduzione e Diagnosi Endocrinologiche, diretta dal prof. A. Lenzi. È autrice di diverse pubblicazioni su riviste internazionali in ambito endocrinologico; ultima delle quali è: ISIDORI AM, GIANNETTA E., LENZI A. (2008). Male hypogonadism. PITUITARY, vol. 11(2); p. 171-180, ISSN: 1386-341X

La carta e il territorio di Michel Houellebecq (Bompiani)












Mi sono occupato qualche tempo fa delle “Particelle elementari”, un’opera che mi aveva lasciato di stucco per rigore e bellezza. Ora Michel Houellebecq esce (il libro è uscito da qualche tempo, ma ho avuto solo ora l’opportunità di leggerlo) in Italia con Bompiani con un romanzo che a definire onnicomprensivo è non solo riduttivo, ma si rischia di non rendergli sufficientemente merito. Con “La carta e il territorio” Michel Houellebecq si attesta come firma immensa nel mondo delle lettere mondiali.
“Da qualche settimana si era messo a parlare alla sua caldaia. E la cosa più inquietante – ne aveva preso coscienza due giorni prima – era che adesso si aspettava che la caldaia gli rispondesse. L’apparecchio produceva è vero rumori sempre più vari: gemiti, ronzii, schiocchi, sibili di tonalità e di volume differenti; ci si poteva aspettare che un giorno o l’altro arrivasse al linguaggio articolato. Era, insomma, la sua più vecchia compagna.”. Oppure : “Qualche volta aveva l’ipermercato tutto per sé – e che gli pareva fosse un’approssimazione abbastanza buona della felicità.”. Il protagonista principale del “multiverso” raccontato dall’autore francese, è Jed Martin, un artista a 360° che tramite la sua poiesi estetica esprime un forte senso di inadeguatezza rispetto a un mondo dove nemmeno più il denaro riesce a colmare lo scarto fra ciò che è reale e la sua rappresentazione umana. Il nuovo romanzo di Houellebecq incarna un vero e proprio salto di paradigma nel suo percorso scritturale: abbandona la pulsione sessuale come protagonista assoluta delle storie che scrive, e la sostituisce con l'interesse per il guadagno, che rende invece come un potente sistema meccanico/fisico per la creazione di mondi simbolici allucinati all’interno della superficialità dell’essere che noi agiamo quotidianamente. E allora arte, denaro, amore, rapporti genitoriali, morte, lavoro sono solo temi che lambiscono marginalmente il massacro dell’umanità che questo geniale autore, mette nero su bianco.
Michel Houellebecq ha pubblicato presso Bompiani i romanzi Le particelle elementari (1999), Estensione del dominio della lotta (2000), Piattaforma (2001), Lanzarote (2002), La possibilità di un’isola (2005), divenuto un film con la regia dell’autore nel 2008, la raccolta poetica Il senso della lotta (2000), i saggi H.P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita (2001) e La ricerca della felicità (2008), e il libro scritto con Bernard-Henri Lévy, Nemici pubblici.

domenica 9 gennaio 2011

Il libro del giorno: GLI ERRORI DELLE DONNE (IN AMORE) di Giorgio Nardone (Ponte alle Grazie)
















Molti credono ancora nel mito secondo cui solo le donne possono capire le donne. Niente di più sbagliato, afferma l’autore di questo libro, lo psicoterapeuta Giorgio Nardone. In fatto di sentimenti, le donne riescono a costruirsi «sublimi autoinganni», prigioniere delle dinamiche che loro stesse hanno creato. Ciò non significa che l’altra metà del cielo sia l’«anello debole» della coppia, né che le vada attribuita alcuna colpa del fallimento amoroso: al contrario, la donna è il fulcro del potere relazionale, ed è qui che è possibile intervenire per ridefinire un «copione» disfunzionale, una parte, cioè, in cui rimaniamo intrappolati nostro malgrado. Il maschio, per parte sua, proprio perché «barbaro nei sentimenti» può offrire uno sguardo disincantato e obiettivo sull’universo amoroso femminile.
La galleria di «tipi» amorosi descritti qui da Nardone non ha nulla di astratto o aridamente teorico, ma è puntualmente accompagnata da storie e casi reali: com’è nella tradizione del problem solving strategico, l’attenzione è rivolta soprattutto all’«agire» e alla soluzione dei problemi. In queste pagine il ricercatore e lo psicoterapeuta lasciano il posto all’uomo che ogni giorno intrattiene relazioni con l’altro sesso, studiandone sul campo le logiche interiori e cercando di offrire loro gli strumenti per «guarire» il proprio tormentato rapporto con l’universo maschile.

"La maggioranza dei copioni delle donne in amore possono essere rappresentati da miti storici e letterari che fanno parte della cultura antropologica femminile. Alcuni hanno radici che affondano nelle tradizioni più antiche, mentre altri sono il frutto della moderna evoluzione del ruolo della donna nella società, nella famiglia e nella coppia. Le mie definizioni sono, perciò, in parte riprese dal linguaggio fiabesco e letterario, altre si rifanno a immagini del copione stesso.
L’intento di questa mia esposizione è quello di fornire alle donne una «conoscenza operativa » intesa come competenza non solo al «capire», ma soprattutto all’«agire», riguardo quelle trappole relazionali che sono così brave a costruire per poi finirvi prigioniere. Le formulazioni dei modelli ridondanti dell’agire femminile nelle relazioni con il partner saranno seguite dal racconto di una storia per consentire di calarsi nel vivo dell’esperienza della donna che agisce all’interno di tali copioni."

Rapsodia su un solo tema Colloqui con Rafail Dvoinikov di Claudio Morandini (Manni)











Nel 1996 Ethan Prescott, giovane compositore di Philadelphia, si reca più volte in Russia a incontrare l’anziano collega Rafail Dvoinikov, per una lunga intervista che è anche l’omaggio di un discepolo nei confronti di un maestro quasi dimenticato. Il titolo del progetto, Rapsodia su un solo tema, rimanda a una delle partiture più emblematiche di Dvoinikov. Il vecchio rievoca infanzia e giovinezza, incontri, amori, umiliazioni, con la libertà e il disincanto di chi finalmente non deve più rendere conto a nessuno. La sua musica e le sue parole dimostrano che si può rimanere liberi, come artisti e come uomini, anche sottostando alle direttive di un potere oppressivo. Schiudendosi come una matrioska, questo romanzo combina tentativi di saggio, pagine di conversazioni e di diario, verbali di interrogatori, trascrizioni da un pamphlet settecentesco, per raccontare di musicisti che parlano di altri musicisti che raccontano di altri musicisti che immaginano la vita di altri musicisti ancora. In sottofondo, la Storia, spesso dolorosa ed enigmatica, del Novecento.
“Dvoinikov?” mi scrive Edna. “Ha un mercato?”. Sono abituato alla laconicità delle sue mail. So che non vuole suonare definitiva, ma solo risparmiare tempo, e dunque le sue domande, all’apparenza negativamente scettiche, esprimono solo una perplessità che qualche buon argomento potrebbe smorzare. “Dvoinikov è il più grande compositore russo vivente. Con Elliott Carter e pochi altri, il più grande compositore vivente e basta” rispondo. “Davvero? Perché allora non ne sento mai parlare se non da te caro?. “Perché frequenti le persone sbagliate cara. “ (Dal diario di Ethan Prescott - 12 marzo)

sabato 8 gennaio 2011

Il libro del giorno: AL VOTO DALLE PARTI DI GOMORRA Il pamphlet del giovane candidato di Paolo Farina (Palomar)





















Quanti modi ci sono per amare la propria terra, la propria gente? Diversi o, almeno, non ce n'è solo uno. Mettere alla berlina tanto i difetti genetici quanto le nuove cafonerie, può essere duro da leggere, ma è utile ed è soprattutto un atto d'amore e poi apre il dibattito: accende i riflettori su una terra della quale per anni s'è ignorato tutto... mentre adesso, improvvisamente, tutti sembrano conoscerne le fioche luci e le vastissime ombre. Dieci capitoli di corsa a perdifiato, nei quali si raccontano la vita di una città del Sud al tempo delle elezioni, le sue dinamiche e le sue miseria. Una scrittura senza filtri né buonismi ma che non rinuncia a delineare una differente idea di comunità.Un'istantanea tagliente, sagace, ironica. Uno scritto polemico e narcisista, che punta a smuovere le coscienze e a dividere, come dovrebbe fare ogni pamphlet che si rispetti.

Fiabe: Il Principe Felice - Il Gigante Egoista (Edizioni Angolo Manzoni)





















Là, sopra la città, su di un’alta colonna c’era la statua del Principe Felice. Era tutto ricoperto di foglioline d’oro fino, per occhi aveva due lucenti zaffiri, e un grosso rubino rosso brillava sull’elsa della sua spada. Era davvero ammiratissimo. “È bello come un gallo segnavento”, osservò uno dei consiglieri comunali che desiderava guadagnarsi la fama di avere gusti artistici; “però non altrettanto utile,” aggiunse nel timore di venir considerato come poco pratico, ciò che in realtà non era. “Perché non sei come il Principe Felice?” chiese la sensibile mamma di un bambinello che piangeva perché voleva la luna. “Il Principe Felice non si sognerebbe mai di piangere per alcunché.

Traduzione Piero Malvano. Illustrazioni Leonardo Ríos. TESTO INGLESE CON TRADUZIONE ITALIANA A FRONTE. Allegato CDMP3 Voci Narranti Franco Collimato (italiano); Martin Mayes (inglese)
Le due fiabe sono tratte da "Il principe felice e altri racconti" (The Happy Prince and Other Tales, 1888), una raccolta di fiabe scritte da Wilde per i suoi due figli Cyril e Vyvyan. Sono favole etiche, che insegnano a guardare le cose del mondo nel profondo, ma molto divertenti.
Lo scrittore affermò di voler soprattutto divertire i bambini, come faceva divertire i grandi con le sue brillanti conferenze. Ma in queste fiabe preziose e struggenti si allude sottilmente alle ingiustizie sociali e alle contraddizioni della morale borghese di epoca vittoriana. E alla fine prevale un messaggio di amore incondizionato.
Di Oscar Wilde, in questa collana, è già stato pubblicato in EasyReading anche “Il fantasma di Canterville”.
Un giorno il Gigante fece ritorno. Era stato a far visita al suo amico Orco di Cornovaglia e si era fermato da lui per sette anni. Una volta trascorsi i sette anni, aveva detto tutto quello che aveva da dire, dato che la sua conversazione era limitata; e così decise di rientrare al proprio castello. Quando tornò vide i bambini che giocavano nel giardino.
- Che cosa state facendo qui? - urlò con voce molto alterata e i bambini fuggirono.
- Il giardino mio è il giardino mio, - disse il Gigante; - chiunque può capirlo, ed io non permetterò che nessuno ci giochi al di fuori di me. Così vi costruì intorno un alto muro ed espose un cartello. I TRASGRESSORI SARANNO PERSEGUITI. Era un Gigante molto egoista.
LA PRESENTE OPERA È STATA REALIZZATA ANCHE MEDIANTE IL CONTRIBUTO FINANZIARIO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

venerdì 7 gennaio 2011

Il libro del giorno: Ogni cosa alla sua stagione di Enzo Bianchi (Einaudi)




















«Quest'anno ho piantato un viale di tigli, li ho piantati per rendere più bella la terra che lascerò, li ho piantati perché altri si sentano inebriati dal loro profumo, come lo sono stato io da quello degli alberi piantati da chi mi ha preceduto.
La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo».

«Ora che avverto quotidianamente l'incedere della vecchiaia, la memoria mi riporta sovente ai luoghi in cui ho vissuto... » dice Enzo Bianchi che parte con cuore, testa e memoria, alla ricerca di tutti i luoghi che hanno suscitato in lui affetti e sentimenti, dove ha trascorso l'infanzia o che ha raggiunto viaggiando.
E noi partiamo con lui.
Quelli che visitiamo sono angoli di mondo ma anche luoghi della vita e dell'anima.
Sono il Monferrato con le sue colline, i bric, il paese con la sua comunità, le usanze, i proverbi, l'esistenza grama, la fatica e i momenti di forte e gratuita solidarietà. Sono via Po a Torino, l'università, i portici con i caffè all'aperto.
Sono anche la più lontana Santorini con la sua luce impareggiabile e l'occhio puntato sul Mediterraneo. Sono la cella del monaco, un luogo da dove osservare il mondo, dove diventare consapevoli delle gioie e delle sofferenze e dove prendono forma le parole con cui narrare qualcosa della vita. Un luogo in cui si ripropone sovente la domanda: che ne è di noi?
Perché questo viaggio, naturalmente, è anche un viaggio nel tempo, un viaggio nella vita che scorre, nei giorni di un uomo e in quelli delle stagioni. I giorni degli aromi, ad esempio, che imprimono nella memoria di tutti la Teresina del Muchèt con il suo logoro abito nero, la saggezza popolare, le formaggette e le erbe profumate. O le luci lontane dei falò che brillavano un tempo sulle colline per segnare l'inizio e la fine dell'estate. Sono i giorni del focolare, passati a tavola conversando insieme ai famigliari e all'ospite, gustando il cibo preparato con cura e bevendo il vino che celebra e festeggia (ma che, a volte, è usato per non guardare negli occhi il proprio dolore).
Ma sono anche le vacanze di Natale, quando i bambini aspettavano la festa preparando il presepe e la sera della vigilia il grande ceppo, el süc 'd Nadàl, ardeva nel camino. Sono i giorni della memoria, quella dedicata ai morti e quella delle persone care. E le ore dell'amicizia che scalda il cuore e della fraternità, nonostante.
Sono tutti giorni che attraversano il tempo e fanno parte del nostro vivere: alcuni ci fanno soffrire, altri ci rallegrano e ancora ci stupiscono. Dentro ognuno di questi ricordi, così come per Il pane di ieri, ci sono tante cose: c'è un senso esatto dell'esistenza, dello scorrere del tempo e delle stagioni dell'uomo. C'è un guardare avanti. E c'è una parola per la vita di ognuno di noi.

Più forti del male di Padre Amorth e Roberto Italo Zanini (San Paolo edizioni)












Padre Amorth non è affetto da particolari psicopatologie che gli fanno vedere Satana ovunque, in una lotta continua contro il tempo in una sua personale esperienza di “scontri” costellata da indemoniati, case infestate e fenomeni soprannaturali. Qualcuno potrebbe accusare il sacerdote di catapultarci nuovamente in una “teologia” da medioevo, oppure visto che in molti suoi libri non troviamo traccia alcuna di note, e nessun riferimento né testimonianze verificabili, qualcun altro potrebbe dire di trovarci dinanzi a prodotti editoriali che sono vere e proprie farneticazioni.e dunque un autentico insulto all’intelligenza del lettore. Ma sarà proprio così? Padre Amorth è il più famoso esorcista al mondo, ha fatto la guerra, è stato partigiano, si è laureato in giurisprudenza, ed è dotato di un forte senso dell’umorismo. Eppure nonostante la sua forte tendenza alla razionalizzazione e alla logica, non sempre quello che vive sulla propria pelle può essere riconducibile ad una spiegazione legata alle leggi della fisica.. Questo “guerriero della Chiesa”, porta da anni avanti una pratica quotidiana di lotta contro Satana che lo ha reso il massimo esperto riconosciuto in tema di esorcismo e lotta al maligno. Ora per le edizioni San Paolo padre Amorth, esce con “Più forti del male. Il demonio, riconoscerlo, vincerlo, evitarlo” insieme a Roberto Zanini, dove viene esaustivamente raccontato come difendersi dal sovrano di questo mondo. L’analisi che il lettore troverà tra queste pagine, prende in esame tutta quelle fenomenologia esoterica che va da dalle possessioni, ai malefici, agli attacchi del male, all'azione e il potere di maghi, fattucchiere, cartomanti; l'efficacia di malefici che provocano malattie e forme acute di depressione sino ai gruppi metal che diffondono veri e propri messaggi satanici. Preziosa in questa disamina la collaborazione con Roberto Italo Zanini, che è giornalista e lavora presso la redazione romana di Avvenire. Si occupa di politica dei mass media ed ha collaborato con la rivista Popoli e Missione, settimanali diocesani e quotidiani locali. Finito di leggere comunque il lavoro di padre Amorth, non lasciatevi prendere da facili e riduttivi giudizi critici. Vi lascio con un interrogativo. Nel film “Il quarto tipo” (The Fourth Kind) scritto e diretto da Olatunde Osunsanmi, dove si parla di casi di abduction (rapimenti alieni), alcuni dei protagonisti in stati incredibili di trance, manifestano non solo la poliglossia, ma forme di sorprendente levitazione. Si tratta di conseguenze legate a fenomeni extraterrestri o di altra natura?

giovedì 6 gennaio 2011

Il llibro del giorno: Life di Keith Richards (Feltrinelli)













Con i Rolling Stones, Keith Richards ha creato canzoni che hanno scosso il mondo intero, vivendo in puro stile rock'n'roll. Con la disarmante onestà che è il suo marchio di fabbrica, Keith Richards ci consegna la storia di una vita che tutti avremmo voluto conoscere meglio, sfrenata, impavida e autentica.
"Il leit-motiv di Life è il suo sfrenato amore-ossessione per il blues, con lo studio delle tecniche chitarristiche dei padri fondatori di Chicago e del Mississipi. Ci impartisce lezioni di sei corde, anzi di cinque corde con accordatura aperta; spiega l’invenzione, a volte distratta, ma efficacissima, di riff che hanno fatto la storia del rock come “Satisfaction” o “Jumpin’ Jack Flash”; confessa la sua indiscussa passione per le droghe, soprattutto pesanti, ma senza compiacimenti o false morali – ci passa sopra come un tank, come è passato sopra a tutto nel corso della sua esistenza donne comprese. E poi, ancora, narra della sua adolescenza trascorsa a Dartford, sobborgo malfamato di Londra; ripercorre l’amicizia storica con Jagger, sfociata con gli anni in conflitto e rivalità; restituisce il profilo psicologico di un Brian Jones imbarazzante, vittima di scherno da parte del resto degli Stones una volta diventato caricatura di se stesso, soprattutto nel periodo finale della sua esistenza; scredita colleghi e falsi amici, ma esalta anche i suoi più stretti “malviventi” compagni di strada; strapazza le sue compagne di vita e compagne per una notte da buon burbero introverso. Ed enumera le sue interminabili e proverbiali notti insonni passate a provare brani e inventarsi riff, tanto che probabilmente – considerando il suo tempo di veglia rispetto alle rare ore di sonno – verrebbe da domandarsi se non sia davvero l’Immortale del Rock." di Hugo Bandannas da Black Milk

2004 - 2011 Sette anni di Musicaos.it. Intervento di Luciano Pagano



















"Anche quando i costi della rete saranno abbattuti, anche quando l’elettricità necessaria per accendere i computer, ai server e collegarsi ad internet sarà fornita da fonti energetiche rinnovabili e disponibili il libro non potrà essere rimpiazzato dall’e-book. Ci sarà sempre un servizio il cui accesso prevede un pagamento. Guattari in anticipo sulla diffusione della rete pensò un futuro ricco di password che aprono e password che chiudono, rubriche digitali dense di pin e numeri di accesso. Il tempo della lettura ed il tempo della scrittura, il tempo dell’ascolto e il tempo della ricezione. Il tempo è la misura dentro cui si iscrive la ricezione di un testo. Immettere contenuti, sia su internet che nell’editoria, in modo sempre più facile e veloce, dovrebbe responsabilizzare maggiormente chi questi contenuti gestisce. Le pagine su internet e le pagine di carta stampata sono miliardi. Come trovare la qualità? La qualità di una scelta, di una selezione, di un filtro, con l’avvento di internet hanno raggiunto lo stesso grado di importanza della qualità del testo stesso. E torniamo al punto di partenza. Le differenze tra internet e libro sono puramente tecniche. In sostanza i due mezzi seguono gli stessi percorsi di funzionamento. Sui manuali di html-design è consigliato di dare molta importanza ai contenuti nello sviluppo dei propri siti. Un sito può essere strabiliante dal punto di vista grafico della presentazione, tuttavia il motivo che ci fa tornare a visitare quel sito è il fatto che lì troviamo quel che ci serve. Lo stesso accade nei libri. Il libro dovrebbe essere l’oggetto par excellence orientato ai contenuti."

Luciano Pagano, Webook,
9 gennaio 2004/3 febbraio 2004

http://www.musicaos.it/interventi/04_webook.htm

Se volete comunicare direttamente con la redazione inviate un email a lucianopagano [at] gmail [punto] com

Per festeggiare il settimo compleanno postiamo una poesia postuma di Charles Bukowski, "e così vorresti fare lo scrittore?".

se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo. a meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo.
se lo fai per soldi o per fama, non farlo.
se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo. se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un
ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro.
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono e noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’auto-
compiacimento.
le biblioteche del mondo hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi
per tipi come te.
non aggiungerti a loro.
non farlo.
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo.
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da
sé e continuerà
finché tu morirai o morirà in
te.
non c’è altro modo.
e non c’è mai stato.
Charles Bukowski, E così vorresti fare lo scrittore? Guanda, 2009, €9,00
traduzione di Simona Viciani
poesie tratte dal volume Sifting through the Madness for the Word, the Line, the Way

mercoledì 5 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il giorno in cui non ci incontrammo di Niklas Asker (Elliot)














"Ci incontrammo dopo il concerto, parlammo e parlammo, e improvvisamente era tutto come la prima volta. Più tardi, tra le mie lenzuola, le chiesi perché. Lei rispose che ero stato il suo rifugio durante l'ultimo anno. Erano capitate tante cose, e tante erano cambiate. Per lei ero stato una sorta di isola tranquilla nella sua mente, in cui rifugiarsi ogni volta che il ritmo si faceva troppo frenetico. Ero stato il suo sogno a occhi aperti. Il suo segreto". (segnalazione di Alessandra Puggioni 10 righe dai libri)

Niklas Asker- Il giorno in cui non ci incontrammo.
Tradotto da Irene Pepiciello
Elliot 2010

Medusa di Chiara Cordella (Lupo editore). Un estratto





















SONO ASSORTA NEI MIE PENSIERI, SEDUTA sulla sabbia sottile, su questa spiaggia di dune morbide, di cespugli arsi dal sole: sole alto, caldo, accecante, mi scalda il viso. Il mare calmo mi rapisce il cuore, è azzurro e limpido come questo cielo immenso, dove non c’è traccia di nuvole bianche. Sento qualcosa in lontananza, non riesco a distinguere, mi disturba e mi distoglie, diventa più insistente… mi stordisce, diavolo! La sveglia! Stavo solo sognando. La cerco e la spengo, tanto fra cinque minuti ricomincerà, ma fino ad allora godo del torpore nel letto.
È difficile svegliarsi la mattina, maledetto Bar. Devo cercarmi un altro lavoro, che non mi costringa ad alzarmi la mattina alle cinque. Stamane un trapano mi perfora le tempie; esco in strada e il mondo mi dà il suo buongiorno, una nebbia fitta che si addentra nelle mie ossa scuotendo ogni muscolo ribelle.
Luce gialla e fredda, le solite Api cariche di attrezzi, silenzio in strada e nel bar, solo il ronzio del frigorifero a spezzare la monotonia sospesa di questa mattinata. Mi siedo sullo sgabello alto dietro il bancone. Guardo fuori e poi dentro, l’odore stantio di fumo e birra mi nausea sempre, non mi abituerò mai, le sedie sui tavoli e le tazze nel lavandino, mozziconi dappertutto, i segni lasciati dai bicchieri solitari sul bancone. Questo posto non cambia mai maledizione.

martedì 4 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il Viaggio Iniziatico ovvero i 33 Gradi della Saggezza di Christian Jacq (edizioni L'Età dell'acquario)











Se nel Messaggio dei costruttori di cattedrali Christian Jacq ci ha introdotti nel mondo dei depositari di un’antica sapienza espressa attraverso la pietra, in questo nuovo libro ci accompagna, passo dopo passo, in un viaggio iniziatico alla conquista dei 33 gradi della Saggezza.
L’autore racconta il suo incontro con un Maestro d’Opera del XX secolo, Pierre Delœuvre, che ha conosciuto in una fredda giornata d’inverno mentre contemplava alcune sculture collocate intorno ai portali della cattedrale di Metz. Da lui ha appreso che, osservando queste autentiche «pietre parlanti», è possibile cogliere il messaggio trasmesso dalle confraternite di costruttori e la loro visione del mondo.
Per giungere alla Conoscenza è necessario percorrere le 33 tappe – ciascuna dedicata a una virtù che deve essere fatta propria – di un rituale iniziatico che porta dall’albero secco, simbolo della morte spirituale, all’albero fiorito, simbolo del Maestro realizzato e dello spirito della confraternita.
Con l’aiuto di Delœuvre, l’autore intraprende il cammino verso la terra celeste, quello che ogni postulante, desideroso di vivere nello spirito e nella verità, deve compiere per essere ammesso nella cattedrale di luce, la comunità dei costruttori, e conseguire uno stato di pienezza spirituale e di vera intelligenza.

L'AUTORE - Christian Jacq è nato a Parigi nel 1947. Egittologo, scrittore di fama mondiale, è autore di numerosi romanzi e saggi dedicati all’antico Egitto, tra i quali i cinque volumi della «saga di Ramses». Tra le sue opere più recenti ricordiamo i quattro volumi del «romanzo di Mozart». Da molti anni, insieme alla moglie e a un gruppo di collaboratori, cura e incrementa un archivio fotografico dedicato all’Egitto per la tutela dei siti archeologici in pericolo. Presso L’Età dell’Acquario ha pubblicato i volumi La confraternita dei Saggi del Nord e Il messaggio dei costruttori di cattedrali.

Canto che amavi, poesie scelte, di Gabriela Mistral ( Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa












Non è di secondaria importanza sottolineare che questa pubblicazione italiana di “Canto che amavi” della poetessa Gabriela Mistral nasce anche grazie, oltre all’editore italiano, a due istituzioni. Una statale – il Governo del Cile – una religiosa – l’Ordine Francescano del Cile; quest’ultima, la spirituale, in quanto custode delle volontà della stessa Mistral, ovvero di dare aiuti economici ai bambini di Montegrande e del Cile. Abbiamo voluto ricordare questa particolarità, in quanto siamo nel terreno e nelle biografia dell’autrice. Perché, innanzitutto, Gabriela Mistral fu provveditore agli studi. Dunque una particella, è possibile dire, dello Stato cileno. E, infine, perché la poetessa fu pienamente consapevole della situazione di povertà della maggior parte degli indios delle Ande e con loro fraternamente solidarizzava. Tanto che, quando arrivò a ottenere un Nobel che per la quale corsa in pochissimi davano per favorita, Gabriela Mistral usò la sua posizione pure più fortificata sempre testimoniando le necessità dei poveri della sua terra. La poesia della Mistral, è qui puntiamo all’elemento di simbolo delle liriche portate agli italiani, persino quando diviene quasi più onirica si nutre del fattore umano e nutre parole e immagini d’un’umanità spesso eletta dai più deboli. Gli elementi che sbalordiscono il libro sono due: il Paese, i poveri. I bisogni delle classi più povere della nazionale che la poetessa vorrebbe trasformare ad asilo di tutte e tutti. A stralcio di paradiso terrestre da garantire ha chi, invece, è abituato a soffrire. A formare e comporre “Canto che amavi” sono state selezionate ed emarginate poesie da “Desolazione” (1922), “Tenerezza” (1924), “Taglio del bosco” (1938), “Torchio” (1954), “Poema del Cile” (1967). L’alternanza fra potente musicalità, nonostante la traduzione dalla spagnolo, comunque assicurata in fil di penna, e maggior scioltezza nella discorsività più arricchita da dissonanze specifiche, aiuta a capire quanto nell’arco della sua vita la poetessa avesse voluto vivere diverse sensazioni di liricità. E da un retroterra zeppo di cultura, ma soprattutto di culture, come abbiamo detto quelle dei fratelli disperati e, addirittura, senza parola, prendono il volo brividi poetici che sono il seme del mondo. Fra corpo d’amore e lamenti di visi, Gabriela Mistral dice del suo Cile, del paesaggio che sta sopra e sotto la catena delle Ande, a frattura perlomeno idealmente le catene accreditate al popolo. La Patagonia e le filastrocche, il desiderio di servire l’indeterminatezza della Sua casa fatta d’appezzamenti agricoli inimmaginabili accanto al fervore dello sguardo dei bambini poveri rendono sensazionale le rime della Mistral. Il Cile delle sofferenze e delle possibilità di riscatto. E siamo prima e dopo, persino durante Pinochet.
Canto che amavi, poesie scelte, di Gabriela Mistral, testo spagnolo a fronte, traduzione di Matteo Lefèvre, fotografie di Paz Erràzuriz, Marcos y Marcos (Milano, 2010), pag. 314, euro 17.00.

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