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venerdì 17 settembre 2010

Fuori dal cerchio. Viaggio nella destra radicale italiana, di Nicola Antolini (Elliot). Intervento di Nunzio Festa




















Con molto ritardo abbiamo accolto il libro di Nicola Antolini, “Fuori dal cerchio. Viaggio nella destra radicale italiana”. Con molto ritardo, nonostante tutto, l'autore aveva inteso spingersi dentro una questione che da anni ricercatori vari, da giornalisti a scrittori hanno voluto far entrare nelle loro opere. Con molto ritardo, Nicola Antolini s'accorge che esistono, ovviamente a sinistra (non a destra destra che a leggere il volume si vive un momento di massimo splendore, un rinascimento sotto le mentite spoglie della rinascita) tanti problemi politici. Con molto ritardo, dobbiamo ricordare che è proprio la generazione, soprattutto, degli ex comunisti e similari, ma quelli d'almeno quarant'anni, va specificato, ad aprirsi, “democraticamente”, al dialogo – considerato comunque sempre fecondo - coi fascisti, o almeno con chi fascista oggi si dichiara. Ma, per fortuna, a parte pure in quel caso, un pizzico di ritardo, generale e generalizzato, avevamo avuto l'inchiesta di Mario Caprara e Gianluca Semprini, eppure evidentemente non solo quello, dal titolo “Neri! La storia mai raccontata della destra radicale, eversiva e terrorista” (Newton & Compton). Composta in circa 600 paginette. Punture che giustamente non hanno intaccato la volontà dell'Antolini. Che, ed è giusto per lo scopo prefissato, ha tolto dalla 'analisi' buona parte delle piccole vicende da Semprini e Caprara evidenziate, ricordate, narrate, riprese. Perché, tanto per cominciare, oltre alla premessa che il libro di Nicola Antolini va assolutamente letto, e poi si dirà il motivo, l'autore ha scelto di stare proprio dentro al cerchio. Ovvero ha voluto portare un microfono da reggere a persone come: Gianluca Iannone, Francesca Giovannini, Valerio Morucci, Miro Renzaglia, Marcello De Angelis, Gabriele Adinolfi, Gabriele Marconi ecc. E la maggior parte di questi, anche per questo è necessario leggere il libro di Antolini, oggi, 2010, si dice “Fascista”. Altro che, solamente: “fascista del terzo millennio”. Non, quindi, quel “nuovo”, o ripulito, che, tanto per citare, il fasciocomunista Ugo Maria Tassinari sponsorizza andando in lungo e in largo per l'Italia. E, assolutamente, puntualizzazione già venuta da altri territori, il sottotitolo dell'opera, a parte il titolo, è decisamente utile a portare fuori strada. Lanciato, infatti, quale libro che accompagna nella destra attuale, in realtà il lavoro di Nicola Antolini permette semplicemente di descrivere dall'interno, certamente ai protagonisti e promulgatori di questa idea di fascismo d'oggigiorno, che diamine sono davvero CasaPound e simili – o quel che sono per chi le vive e, di più, le deve pubblicizzare. Tralasciando le parole, di molti degli intervistati, che in certi momenti fanno ridere per carica di farsa e in altri fanno piangere per arretratezza culturale, quell'elemento che è sottocultura, è non sicuramente la professata “cultura di destra”. Finalmente, perlomeno, abbiamo il testo che riporta (se pur esistano you tube eccetera) le comiche 'confessioni' e drammatiche del capo dei capi Iannone. Dell'eminenza nerissima G. Adinolfi. Di nostalgici alla Marconi. E la chiusura che farebbe ridere, se fosse un film d'epoca, alla Turbodinamismo. Nicola Antolini, nato a Modena nel '71, ex Pci, appunto, dimostra con questa “ricerca”, senza dubbio di seguire bene una strada immaginata. Ma, di contro, di non saper interagire con il materiale che si trova davanti. Tanto che, è questo libro va per forza letto, dall'opera sappiamo quanto si radichi sempre di più la CasaPound, e da dove nasce, e non incontriamo, nemmanco per accenni, però le prove che l'antifascismo militante tanto odiato cerca di far conoscere all'Italia stordita. Che, per aggiungere, deve nello stesso tempo fare i conti con l'astuzia di Berlusconi e compari di destra e sinistra; insieme, è ovvio, a punte di diamante che possono, a seconda delle occasioni, essere l'associazione “CasaPound” oppure il movimento “Fascismo e Libertà”. Bella storia. Questa non Storia.

Fuori dal cerchio. Viaggio nella destra radicale italiana, di Nicola Antolini, Elliot (Roma, 2010), pag. 382, euro 18,50.

giovedì 16 settembre 2010

Il libro del giorno: La notte ha cambiato rumore di Maria Dueñas (Mondadori)





















Sira Quiroga è una giovane sarta nella Madrid degli anni Trenta, sta per sposarsi e avviarsi a un destino senza imprevisti quando perde la testa per un carismatico imprenditore e, prima che scoppi la Guerra Civile, lascia la Spagna per trasferirsi con lui in Marocco. Ma qui si ritrova presto sola, ingannata e piena di debiti. Raggiunto il protettorato spagnolo di Tetuàn, con l'aiuto di alcuni improbabili amici Sira riesce ad aprire un atelier di alta moda che, grazie al suo gusto e alla sua forza di volontà, diventa il punto di riferimento per le signore più ricche e influenti della città. Una clientela all'apparenza insospettabile, ma che nasconde dei segreti. E qui il destino di Sira subisce una svolta imprevedibile, intrecciandosi con quello di un variegato gruppo di personaggi, alcuni dei quali storicamente esistiti. Saranno loro a dare a Sira la possibilità di riscattarsi, di ricostruire pezzo a pezzo il suo destino. La notte ha cambiato rumore può essere letto come un moderno feuilleton, avvolgente e irresistibile nel disegnare le atmosfere e con uno splendido cast di personaggi, trasportandoci sul filo della storia attraverso una mappa di affascinante ampiezza per intrecciare una storia di fedeltà e tradimento, coraggio e dedizione, amore e ideali, in cui i lettori scopriranno l'arte di narrare di una nuova scrittrice che combina sapientemente i generi e immette una linfa nuova nella grande tradizione del romanzo d'appendice.

Giuliano Pavone, L’eroe dei due mari (Marsilio)








Non sono molti i libri d’esordio che si fanno notare prima di venire pubblicati, e ancora meno quelli di cui si comincia a parlare prima che abbiano trovato una casa editrice. Eppure è esattamente quello che è successo a L’eroe dei due mari di Giuliano Pavone. Il romanzo era ancora un dattiloscritto in cerca di editore quando l’estate scorsa Tommaso Labranca ne ha scritto un’entusiastica recensione sulla rivista Film TV, concludendo con queste parole: "Spero proprio che qualcuno lo pubblichi perché il romanzo oltre a essere divertente come una vecchia commedia all’italiana degli anni 70 è illuminante se si vogliono capire i recenti risultati elettorali". L’articolo viene notato e ripreso da alcuni siti e blog letterari, come Booksblog e Il Recensore, ed è grazie a questi ultimi che la Marsilio scopre l’esistenza del testo, se lo fa mandare dall’autore e decide all’istante di pubblicarlo. Da allora, probabilmente per via di uno spunto narrativo assai originale e intrigante – un famoso calciatore brasiliano che per mantenere fede a un insolito voto decide di andare a giocare gratis per una stagione nella disastrata squadra del Taranto - la curiosità e l’interesse intorno al romanzo non hanno fatto che crescere, e soprattutto sul web ma non solo si moltiplicano gli articoli e le segnalazioni di un libro che ancora pochissimi per ora hanno letto ma già molti aspettano con ansia!

Giuliano Pavone, L’eroe dei due mari Marsilio Editori.

In libreria dal 29 settembre 2010

Una ironica e tagliente commedia sociale sull’Italia di oggi, a mezza strada tra i romanzi di Gaetano Cappelli e Che la festa cominci di Niccolò Ammaniti

Taranto, la città dei due mari, dei tre ponti e dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, con record in fatto di inquinamento e morti bianche. Taranto, periferia da sempre, viene portata da un clamoroso evento sportivo al centro dell’attenzione mondiale, dibattendosi fra velleitari sogni di riscatto e l’immagine inevitabilmente folkloristica che ne danno i mass media: Luís Cristaldi, attaccante brasiliano dell’Inter, uno dei migliori calciatori al mondo, in ossequio a un insolito voto annuncia di voler giocare una stagione gratis nel Taranto, che grazie alle prodezze del suo nuovo campione sogna la promozione in serie A per la prima volta nella sua storia. Ma attorno all’euforia dell’intera popolazione tarantina per l’idolo carioca resta la città con i suoi mille problemi, la malapolitica, la malasanità, le morti sul lavoro, la disoccupazione galoppante, mentre nell’ombra misteriose voci al telefono si scambiano accordi lasciando presagire niente di buono. Una storia corale, dove ironia e sprazzi di poesia si alternano a ritmo serrato. Una favola paradossale, ma allo stesso tempo realistica, sui meccanismi dell’informazione, i rapporti fra Nord e Sud, il calcio moderno e quello di provincia. Un romanzo che diverte, commuove e fa riflettere.

"In una Taranto che è per una metà morbida, azzurra e caraibica e per l’altra cupa d’acciaio e ciminiere, l’arrivo di un leggendario fuoriclasse che onorando un voto sceglie di giocare proprio nella modesta squadra locale, darà l’illusione di poter disperdere i veleni che si addensano sul centro siderurgico più grande d’Europa. A partire da questo evento Giuliano Pavone rimescola abilmente le esistenze di titubanti spose promesse e scaltri teleguaritori, modelle pentite e cinici faccendieri, disoccupati disorganizzati e giornaliste maliarde in un romanzo che ha i colori, la perfidia e la comicità debordante di un’ indimenticabile commedia all’italiana"

Gaetano Cappelli

"Pavone descrive mirabilmente l’entusiasmo calcistico eccessivo, quasi irritante, di alcuni accidiosi personaggi che si muovono sullo sfondo delle decadenze, delle mollezze e dei veleni italsiderei tarantini. Un atteggiamento che potrebbe essere facilmente pantografato su tutto il Paese"

Tommaso Labranca

"Sembra scritto per essere un film. Nessuna concessione allo stiloso fine a se stesso, e un sacco di trovate molto divertenti anche per chi, come me, non ama il calcio"

Peppe Fiore

Un romanzo diventato un caso prima ancora della pubblicazione!

Giuliano Pavone (1970) è nato a Taranto e vive a Milano. Giornalista, ha pubblicato libri sul calcio, sul cinema e umoristici. L’eroe dei due mari segna il suo esordio nella narrativa.

mercoledì 15 settembre 2010

Il libro del giorno: Vita sentimentale di un camionista di Alicia Bartlett Cimenez (Sellerio)



















"La gente non si muove mai, rimane sempre allo stesso posto, appiccicata a quel che vede dalle finestre di casa, tante volte il muro del vicino, un palo della luce. Lui non ce la faceva. Come camionista lavorava di più, ma ogni giorno vedeva una città diversa." Il ritratto di un uomo ossessionato dal cambiamento, che non riesce a concepire la vita se non come un fuggire e un tornare, accanto a corpi immobili: corpi di case, di città, di alberi. O corpi di donne: fisicamente immobili, se sono le compagne a pagamento in un motel; psicologicamente immobili, se sono la moglie e l'amante fissa, che diventano insopportabili non appena manifestano un moto autonomo del sentimento. Ma tutto invece si muove intorno a lui, tutti i corpi resistono al suo dominio.

Di una verità si capisce solo ciò che siamo preparati a capire. Date retta a me, Cardinà! di Giuseppe Cristaldi









Cardinà, chè poi voi potete comprendermi, chè Dio a voi ha dato una sua costola per davvero, altro che ad Adamo, date retta a me. Chè Dio a voi ha donato qualcosa di Sé; credete forse non sapesse che un Adamo avrebbe peccato? Diciamocelo ora, che le fiamme fanno le trecce nel camino, e niente è inferno, e tutto è calore. Avvicinatevi Cardinà… salsiccia o bruschetta? Lasciate l’inghippo delle campane, mandate una di quelle guardie svizzere a cozzarci con l’elmetto, non replicherà fidatevi, non conoscono parole le maschere del carnevale che non sfila. Eh? Credete non sapesse che avrebbe peccato? La costola sua immanente ce l’avete voi del Vaticano, fidatevi, specie voi, Cardinà, che siete, aspè che me lo ripasso in mente, che ci vuol dedizione nella pronuncia di taluni sintagmi: Cardinale Renato Martini, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Cardinà, che voi potete comprendermi per davvero, che sono pastore pure io e non di uomini, peggio, di vacche, opulente o macilente, nerborute o spossate, al macello o immerdate fra i fastelli di paglia. Qui tra Lazio e Campania, fazzoletti stropicciati di terra amara scampati all’asfalto. Aspettate che vi sistemo il cuscino, che sennò ve ne andate col sedere duro e poi nemmeno intercessioni con la fortuna mi farete guadagnare più. Lasciate che vi tratti. Sentite, io debbo dirvela, taglio la testa al toro: c’ho una masseria a due chilometri dalla centrale del Garigliano, sì quella nucleare che stanno smantellando, e insomma, insieme a questa centrale c’ho pure l’amore per gl’animali miei, tutti, nessuno escluso, pure le pantegane. S’è atteso tanto, e prima valla a ingravidare, e poi falla mangiare bene, e poi chiama il veterinario De Roma proprio, che lì ne capiscono meglio di noi che dialoghiamo con l’alta casta dei montoni, e pompale aria calda durante le notti invernali ché il vitellino non ne risenta del clima incazzato, e così e cosà. Sentivo amore per quel vitellino, nemmeno m’era nato e segnavo le croci sul calendario man mano che il giorno s’avvicinava. Poi d’un tratto una notte la vacca s’affloscia e comincia a straziarsi tutta in un sisma endogeno. E sveglio la moglie, e dico vuoi vedè che s’è deciso a uscire, vuoi vedè? Chiamo il veterinario, noi tutti della famiglia accerchiamo la vacca e che succede, Cardinà?, indovina che capita a noi poveri pastorelli: il vitello ci viene fuori sì, ma con tre teste! Dico davvero, Dio fulminasse me e la menzogna, c’aveva tre teste. Tutte che schiamazzavano all’unisono, pronte a morire un minuto dopo. Cardinà, avevamo un appuntamento con l’infarto tutti quel giorno. Pure il veterinario, che in uno sprazzo di lucidità seppe dirmi: ‘bene t’è andata che non sia nato un tuo figlio così, meglio che sia successo all’animale, è colpa dell’uranio, è colpa della centrale!’ E allora per sicurezza, che non si sa mai, c’ho portato mia moglie dal veterinario degli uomini, perché notavo che s’arrabbiava facilmente, insomma, Cardinà, il dottore mi fa: ‘sai c’ha la tiroide impazzita, bisogna asportargliela, e questo per via della centrale del Garigliano, sì, quella nucleare’. E vabbò, provveda Iddio. Poi capirete, Cardinà, Dio provvederà pure, ma ha i suoi tempi, le sue burocrazie, e così e cosà, a Peppino, il mio primogenito, ci diagnosticano un tumore al cervello, ma la cosa strana sapete quale fu? Che il dottore, oncologo stavolta, ci dice: ‘è per la centrale, fidatevi, sì, quella nucleare’. Come perché, Cardinà? Mi capirete, voi, proprio voi che c’avete in corpo la vera costola di Dio, altro che Adamo, capirete, che una cosa volevo significarvela, senza offesa, sia chiaro. Voi che, aspettate che me lo ripasso in mente, che certe cose non si dicono così d’istinto, siete il Cardinale Renato Martini, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Bene, voi e tutta la vostra rispettabile equipe non potete scrivere in ogni dove che ‘Assicurata la sicurezza degli impianti e dei depositi, regolati in maniera severa la produzione, la distribuzione e il commercio dell’energia nucleare, mi sembra vi siano i presupposti per una politica energetica ‘integrata’ , che contempli quindi, accanto a forme di energia pulita, l’energia nucleare’. No, che non lo potete dire o scrivere, perché se in questo momento faceste levitare il vostro sedere fino alla mia vacca madre, e le chiedeste di suo figlio e del mio, se permettete, perfino ella saprebbe dirvi che il nucleare non è una pagnotta sacra da liquidare in una celebrazione eucaristica, anzi, in un’omelia. Anch’ella saprebbe dirvi che è tutta una combutta internazionale tesa a bonificare dal nucleare gli stati occidentali galletti, a discapito della nostra Italia, pronta come una verginella a produrre l’orgasmo dell’energia conveniente da regalare a chi quell’energia non la possiede più perché derivata dal nucleare, silente e omicida. Anche la mia triste vacca, che partorisce vitelli con tre teste, saprebbe dirvi che il costo dell’Uranio è aumentato dal 1994 al 2007 del 315%, e che nel nostro paese bislacco si fa presto a confondere la lungimiranza e la responsabilità civile con le fomentazioni comuniste, gli allarmismi immotivati, il baccagliare dei soliti stronzi e così e cosà. Anche la mia triste vacca che partorisce vitelli con tre teste saprebbe dirvi che le scorie radioattive sono faccenda centennale, che alcune di queste hanno conosciuto Dante Aligheri e Cecco Angiolieri e possono ancora raccontarcelo da vive, che nel vicino 2008 la centrale francese di Tricastin ha disperso nei fiumi circostanti 360 kg d’Uranio, durante la pulitura di una cisterna, per non parlare poi degli incidenti di percorso significativi accaduti nel 2005 a Shellafield (GB) e nel 2006 in Bulgaria, presso la centrale di Kozlodui. Oppure nella centrale di Kashiwazaki, in Giappone. E così e cosà, insomma, Cardinà, io il mio primogenito non l’ho cresciuto con tre teste sulle spalle, eppure m’è morto anche lui per la centrale, chè il cervello suo era come un blocco di sterco arso al sole. Date retta a me, Cardinà, non è bello proprio sentirvi dire e scrivere certe cose, e in più senza saperne nulla, che anche la vacca mia, quella a cui è perito il vitello, quello con tre teste sì, pure quella vacca saprebbe informarvi sul fatto che i bambini è facile che piglino il male del bimbo mio fino ad una distanza di 45 chilometri, che insomma, Cardinà, star sconfinati o star nella capitale non è che si scappi come lepri agli artigli atomici. Vabbè, Cardinà, il fuoco non fa più fiamme, date retta e me, lasciamoci così, come piace voi, che le vacche vogliono che le si governi e mia moglie s’è atrofizzata in un letto da anni oramai, date retta a me, lasciamoci così, che tanto di una verità si capisce solo ciò che siamo preparati a capire. Lasciamoci così, con tre teste: Padre Figlio e Spirito Santo, Cardinà.

NOTA: Per approfondire i dati intercalati nel racconto si consiglia la lettura di La Combustione dell’Anima di Agostino di Ciaula (ed. Lombardo)

martedì 14 settembre 2010

Teledurruti - La pubblicità della ragazza che adora i cetrioli

Il libro del giorno: Le valchirie di Paulo Coelho (Bompiani)





















Il protagonista di Le Valchirie è un uomo che vuole cambiare la propria vita e seguire un sogno: recarsi nel deserto del Mojave per vedere il proprio angelo custode e aprirsi, infine, alla conoscenza del mondo che lo circonda e di se stesso. Paulo sa che il deserto non è il luogo arido e vuoto che appare. Esso cela la possibilità di incontri nuovi e straordinari, come il maestro J. gli ha indicato. Al riparo dal chiasso del mondo, infatti, vi dimorano un giovane maestro della tradizione e un gruppo di donne guerriere, le valchirie, che percorrono il deserto in moto e che aiuteranno Paulo a portare a compimento la sua impresa. Ad accompagnare l'uomo, la sua compagna Chris che, con lui, condividerà questo cammino, insieme spirituale e reale, colmo di insidie. Un cammino che metterà a dura prova le loro convinzioni e il loro amore, li getterà nella reciproca incomprensione ma che indicherà loro, infine, la strada del vero amore e della vera conoscenza. Un romanzo misterioso e sorprendente che racconta, in forma narrativa, lo strabiliante percorso umano e spirituale dell'autore all'indomani della pubblicazione dell'Alchimista.

Incontri ravvicinati. Avvistamenti e contatti da mondi lontani di Pier Giorgio Viberti (Giunti)













A tutt’oggi c’è una branca del sapere che difficilmente riesce a soddisfare dei parametri di oggettività e analisi di studio tali da poterla considerare una scienza, anche se organismi come il C.U.N (Centro ufologico nazionale) stanno da anni portando avanti questa difficilissima battaglia. Parliamo ovviamente dell’'Ufologia che si occupa come campo di interesse dei fenomeni UFO. In Italia l’ufologia prende anche il nome di “Ovniologia” dall'acronimo OVNI (Oggetto Volante Non Identificato). L’ufologia, a onor di cronaca, si divide in ulteriori sottosezioni di studio come l’esobiologia, e l’astrobiologia (la scienza sperimentale che si occupa della vita extraterrestre) solo per citare al volo qualche esempio .

Si tratta dunque secondo i sostenitori più puri di questa – al momento – pseudoscienza, di un incrocio multidisciplinare di studi che vanno dalla ricerca storico-documentale attraverso il reperimento e catalogazione di documenti e foto sino a ricerche che toccano la Fisica, la Chimica, la Medicina, l’Astronomia, la Psicologia. Purtroppo l’ambiente ufologico, come in tutti quei sistemi non ben definiti, è ricchissimo di esponenti che per motivi commerciali, religiosi, o di pura auto/esaltazione lambiscono la cialtroneria e la ciarlataneria, dunque offuscando tutta quella porzione di seri ricercatori che con dedizione e serietà portano avanti i loro studi. Ad ogni modo dopo circa un sessantennio dalla sua nascita, l’Ufologia vede i suoi studi tutt’altro che conclusi. Oggi finalmente una piccola enciclopedia sugli U.F.O., a costo veramente modico (7,90 euro), è a disposizione di quanti vogliono saperne di più sugli oggetti volanti non identificati grazie alla casa editrice Giunti di Firenze. Parliamo di “Incontri ravvicinati. Avvistamenti e contatti da mondi lontani”di Pier Giorgio Viberti, che in poche parole sarebbe una riedizione (supervisionata dall’immenso Roberto Pinotti) riveduta e corretta di quello che la casa editrice Demetra ha editato qualche anno fa. Certamente con questo libro non saprete i segreti sull’Ufo Crash del ‘33 in Italia, o non arriverete ad avere una panoramica esaustiva circa l’esistenza di un governo ombra frutto di uno scellerato patto tra Grigi e i Potenti della Terra, ma di sicuro avrete un’infarinatura discreta di cosa sia l’ufologia e di cosa si occupa. Assolutamente da avere nella propria Biblioteca.

lunedì 13 settembre 2010

Il libro del giorno: Il rischio di Bourne di Robert Ludlum e Eric Van Lustbader (Rizzoli)




















Tenganan, Indonesia. La sagoma di Jason Bourne si staglia nitida nel mirino. Un solo proiettile, e la vendetta di Leonid Arkadin è consumata: Bourne è morto. O almeno così sembra. Perché l'agente segreto che non esiste è miracolosamente scampato alla morte ed è rinato ancora una volta, con una nuova identità e un solo obiettivo: scoprire chi ha tentato di ucciderlo e ricostruire il puzzle sempre più intricato della sua vita. Così, mentre tutti lo credono morto, Bourne diventa il trafficante d'arte Adam Stone, ufficialmente diretto a Siviglia per vendere un preziosissimo dipinto di Goya. Bourne è già in Europa, sulle tracce del suo nemico numero uno, quando nei cieli d'Egitto un aereo di linea americano viene abbattuto da un missile di provenienza iraniana. Per scoprire chi si nasconde dietro quella che ha tutta l'aria di essere una dichiarazione di guerra, la CIA riunisce una task force pronta a collaborare con al-Mukhabarat, la polizia segreta egiziana. Ma le ricerche dell'intelligence americana, guidate da Soraya Moore, finiscono presto per intrecciarsi con quelle di Bourne, scatenando una caccia all'uomo da cui dipende il destino del mondo.

La dodicesima vittima di Iris Johansen (Leggereditore, gruppo Fanucci)












Comincio questo intervento citando David Cronenberg: “ … la letteratura non è divisibile in generi o mainstream, esistono solo romanzi belli o brutti e io la vivo come un grande oceano dove non resta che tuffarmici dentro.”.Niente di più vero soprattutto quando poi si scoprono lavori splendidi, avvincenti come un film, emozionanti con un videogame da piattaforma X/Box o Play Station 3, non incasellabili in un genere, o in una categoria letteraria. Ebbene qualche giorno fa Leggereditore (gruppo Fanucci ) mi invia l’ultimo lavoro su Eve Duncan di Iris Johansen (maestra indiscussa del brivido contemporaneo) dal titolo “La dodicesima vittima”, libro pieno zeppo di tutti gli ingredienti indispensabili per diventare un successo: fantasmi, sette segrete, paranormale e sangue. Iris Johansen, affermata autrice di romanzi rosa e storici (ha superato la soglia dei cinquanta titoli), esordisce nel 1996 nella crime fiction. I suoi thriller, tra cui la serie dedicata al personaggio di Eve Duncan, sono costantemente ai vertici delle classifiche del New York Times. Vive in Georgia con il marito e i suoi due figli. La storia parla dell’omicidio brutale di Nancy Jo, diciannovenne figlia del senatore Ed Norris, la quale viene ritrovata senza vita con un calice d’oro finemente istoriato in mano. Con una rapida e mozzafiato sequenza di “cambio immagini” ad opera dell’autrice, la scultrice forense Eve Duncan si ritrova nel suo frigorifero di casa un calice uguale a quello della vittima colmo di sangue. Macabro avvertimento del serial killer Kevin Jelak, psicoticamente convinto di diventare un vampiro dai poteri immensi grazie al sangue che riesce a prendere dalle sue vittime, che sceglie (dopo accurata selezione) tra soggetti forti nello spirito e nella carne. Da quando però Eve Duncan ha ucciso il killer Henry Kistle – il rifornitore inconsapevole di sangue di Jelak – l’uomo ha giurato che lei sarebbe stata la dodicesima vittima, la prescelta per farlo diventare il principe dei non/morti. Il contatto fra Joe Quinn, detective scettico al paranormale della polizia di Atlanta e compagno di Eve, e Megan Blair, sensitiva fidata confidente di Eve, ha scatenato i poteri extrasensoriali di Joe che si ritroverà faccia a faccia col fantasma di Bonnie, la figlioletta di Eve scomparsa qualche anno prima, e con quello di Nancy Jo. Questo è l’inizio del gioco mortale organizzato in “La dodicesima vittima “ di Iris Johansen a “danno” dei lettori, che dovranno preferibilmente leggere questo libro mai lontani dalla luce. La forza di questo libro è che rimette in gioco il significato della forza del sangue che fortemente si ricollega a rituali esoterico/cannibalici di una buona parte di sette occulte realmente oggi esistenti. Che si creda o no a queste cose poco importa, ma di certo il libro in questione ne viene gigantescamente valorizzato, rendendolo un’opera assolutamente da non perdere.

domenica 12 settembre 2010

Teledurruti - Indovina la fidanzata dell'attore Claudio Bigagli

Il libro del giorno: Se la casa è vuota di Isabella Bossi Fedrigotti (Longanesi)




















Per Isabella Bossi Fedrigotti la scrittura è sempre stata una "scorciatoia segreta" per indagare a fondo i legami familiari, svelando le tensioni e i veleni ipocritamente nascosti in molti inferni domestici. In questo libro, la sua scorciatoia segreta l'ha condotta ancora più in fondo, lì dove abitualmente regna il silenzio dell'incomprensione e del dolore. L'ha portata a raccontare storie di figli dimenticati e lasciati soli da genitori fragili, frustrati o semplicemente egoisti. La sua attenta compassione, decantata in uno stile teso e implacabile, ci inchioda commossi al racconto di queste piccole vite difficili segnate dalla solitudine: Lorenzo - con i suoi "non voglio" gridati e le sue instancabili domande - che, sconfitto e domato, finisce con lo spegnere la sua energia e la sua curiosità diventando un adolescente silenzioso, assente e indifferente. Annalisa, intoccabile e irraggiungibile, innamorata del suo corpo senza carne. Paolina, bambina soave che finisce a vivere per strada, infagottata, sporca e arrabbiata. Pietro, che scappa continuamente di casa per sottrarsi alla triste giostra della famiglia allargata. Francesco e la sua trascinante vitalità prosciugata da videogiochi e film porno. L'autrice osserva il modo in cui sono cambiate oggi le famiglie, leggendo i problemi, i disagi e le sofferenze sotto il segno della mancanza di affetto, pazienza e attenzione, e riversando il tutto in purissima narrazione.

Torniamo a parlare di poesia ai giovani di Maurizio Soldini










Nel nostro mondo contemporaneo fatto di verità mediatiche e nel quale la tecnologia e la scienza stanno sempre più avendo la supremazia, quale potrà essere il posto occupato dalla letteratura e dai letterati? [...] Poeti e critici come Cucchi, Mussapi, Martino, Maffia, Linguaglossa e tanti altri che qui non cito, sono pressoché concordi - con le dovute sfumature - che sia opportuno, da una parte, tornare a uno studio serio della poesia e della letteratura e, dall'altro, porsi il problema del canone. Anche perché dobbiamo chiarire che cosa intendiamo per poesia e quale dovrebbe essere oggi il linguaggio poetico. Chi può essere definito poeta.

(Torniamo a parlare di poesia ai giovani. Articolo di Maurizio Soldini pubblicato su Avvenire il 9.9.2010)

qui

sabato 11 settembre 2010

Il libro del giorno: Parola di Dio/Kalimat Allah (Lupo editore)



















A Gaza City, in casa di Kabul – valente specialista di neuroplastica – giunge improvvisamente Noemi, dottoressa israelita in passato a lui legata, che ha deciso di ricorrere alla sua competenza per tentare di risolvere i gravi danni neurologici di cui sono rimasti vittime i suoi studenti, coinvolti in un attentato di matrice palestinese.
Kabul rifiuta l’aiuto richiesto, ma gli occhi vigili di Hamas hanno registrato la presenza della donna e una squadra di Segugi Latranti irrompe nella sua abitazione per punirlo in modo esemplare. Sua moglie Adeela viene stuprata e lo stesso medico viene ucciso; i figlioletti Misha, Jasser e la piccola Jasmine restano così affidati al diciottenne Kamil, ormai capofamiglia. A sostenere il giovane è Jaber, il benzinaio padre di Abdel Hadi, amico e compagno di Kamil nella scuola coranica. I due ragazzi hanno condiviso lo studio del Testo sacro e le letture dei classici latini amati da Abdel, che però ha pagato a caro prezzo la sua curiosità intellettuale e da allora vive rintanato in una sorta di follia; solo Kamil gli è sempre rimasto vicino, e per gratitudine Jaber gli offre lavoro.
In questo contesto esplode la disperata rabbia di Kamil, che passa un’intera giornata con Abdel a “ribaltare” il senso delle più belle Sure coraniche: è la sua ribellione contro, il sovvertimento di tutti i principi, contro la corruzione e il tradimento della stessa Parola di Dio. Ma la tragedia di Kamil è solo all’inizio: al ritorno a casa, scopre che Adeela è stata portata via dai Segugi per essere ricoverata in modo coatto in una clinica, e che la piccola Jasmine ha subito violenza dal maestro della scuola coranica. Raggiungere la madre e salvare la sorellina sono gli imperativi categorici che lo spingono ad avventurarsi in città con la piccola straziata sulle spalle, nonostante sia in corso una pesante offensiva israeliana. Nella devastazione generale, il calvario dei due si conclude con la morte tra le macerie della biblioteca di Gaza.
Il giovanissimo autore rivela una bella vocazione letteraria. La scrittura è intensa, significativa, caratterizzata da ritmi e da formule che efficacemente rendono atmosfera e cultura, nella ferocia della prima e nelle connotazioni della seconda.
Una grande capacità descrittiva e il ricorso al protagonista come Voce Narrante arricchisce di pathos molte pagine. Il “gioco” sarcastico di Kamil sul Testo Sacro suscita nel lettore un notevole impatto, consentendogli di sperimentare una sofferenza spirituale che l’autore estende, nella condivisione, a tutti gli “uomini di buona volontà”; la totale soggettività con cui la storia viene presentata (l’occhio, il cuore… sono sempre e solo quelli del protagonista) autorizza alcuni passaggi acerbi, e consente nello stesso tempo una immersione virtuale nel popolo sofferente di Gaza, tra le “ombre” delle vittime civili. Il risultato è di reale emozione.

Poeta delle Ceneri, di Pier Paolo Pasolini, a cura di Piero Gelli (Archinto). Intervento di Nunzio Festa





















“Poeta delle Ceneri”, poema autobiografico di Pier Paolo Pasolini, ripreso in mano grazie all'attenzione di Piero Gelli e dell'editore Archinto, torna in libreria in una forma che permette d'entrare a pieno dentro l'opera. Fu la rivista “Nuovi Argomenti”, allora diretta dall'amico del poeta Enzo Siciliano a pubblicare nell'80 il testo. E da subito, dunque, ci s'interrogò sullo “spunto di partenza” - come giustamente è di nuovo oggi riferito dal volume attuale. Ma chi era, o chi sarebbe potuto essere quell'occulto intervistatore che chiedeva (senza manifestare e manifestarsi) punti vitali – di vita – a Pier Paolo Pasolini? Un giornalista “puro”? Un critico? Poco importa. Sta di fatto, per esempio, che i versi, molti dei quali volutamente lontanti dalla retorica fitta di lirismi e a volte persino dal 'poetico', rivelano quel forte amore per Ginsberg e, allo stesso tempo, una passione verso gli States che appare senza alcun velo. Infatti, tanto per ricordare, il poema è rivolto proprio agli statunitensi. Che, come in Italia, non è la borghesia, comunque, il 'fervore' del poeta. Sono, invece, quei giovani pronti a volere riscatto. E questo nonostante l'abolizione del concetto di speranza; cioè dopo, e prima, che il poeta aveva scritto e detto di non volersi più concedere, appunto, all'illusione della speranza. Quindi il “Poeta delle Ceneri”, questo poema importante, al di là dei difetti, del poeta, scrittore, giornalista, critico, regista Pier Paolo Pasolini affronta una biografia segnata da fatti, persino, epocali. Stiamo pensando, ovviamente, all'assassinio del fratello del poeta, sulle montagne e per mano di fratelli. Il pubblico italiano, grazie a questo scritto nato per gli americani che non lo conoscevano se non per la sua attività di cineasta, torna su momenti salienti degli anni stati di Pasolini. Fino al rifugiarsi dell'autore, figuratamente ma forse non troppo, nel Friuli della sua originaria Casarsa. Per non farsi troppo danneggiare dai diversi processi contro di lui intentati. E da lui chiaramente “vissuti”. La “disperata comunicazione”, come al solito, non trattiene nulla delle bollenti idee e del fervente spirito di Pier Paolo Pasolini. Si deve, allora, tenere o no conto di questa pubblicazione, di quest'opera (tanto, per 'forma', distante, dalle altre dell'autore)? Considerando che siamo di fronte a una delle figure più importanti del Novecento, e non solo, è necessario dire di sì. Ma se pur così non fosse, per assurdo, la partecipazione dell'autore e gli spunti, non quelli di partenza mentre quelli proprio ideali del poeta, offerti spiegano che il poema ha una funzione “vitale”. E per via di questa disperata, la sua, vitalità, lo si deve leggere. Il testo reca la data 1966-1967. Per Allen Ginsberg: (...) “Grande è il tuo spiritualismo, America! / Ma sarà ancora più grande quando sarà fatta la tua innocenza!”.

venerdì 10 settembre 2010

Il libro del giorno: L'Italia in presa diretta di Riccardo Iacona (Chiarelettere)





















“Adesso ho le prove. Le prove che l’Italia di Berlusconi è già un paese meno libero. L’ho visto con i miei occhi. Ho deciso di scrivere questo libro perché possiate vederlo anche voi.”

Riccardo Iacona

Mentre intorno all’informazione si fa terra bruciata, le inchieste di Riccardo Iacona rappresentano una delle poche finestre ancora aperte sull’Italia.
In questo libro Iacona racconta il paese che ha visto. Tra la gente, registrando storie, rabbia e passioni. In presa diretta.

Con i magistrati e gli uomini delle forze dell’ordine che combattono una battaglia solitaria contro la ’ndrangheta. Negli uffici pubblici, documentando, telecamera nascosta, come si ottengono le autorizzazioni a costruire eludendo la legge. In provincia di Napoli, dove da anni il tribunale è in una sede provvisoria, senza vigilanza né metal detector: “Qui si può entrare anche con un bazooka”. Sul Canale di Sicilia, tra uomini, donne e bambini sdraiati nei barconi con i corpi ustionati dal carburante rovesciatosi.

E ancora la scuola al fallimento, il grande business dell’acqua ai privati, gli affitti pazzi e la politica inesistente sulla casa
Questa è l’Italia che la televisione non vorrebbe più raccontarci.

Riccardo Iacona, giornalista Rai da più di vent’anni, è autore e conduttore di "Presadiretta", su Rai Tre.

L'Italia in Presadiretta
Viaggio nel paese abbandonato dalla politica
di Riccardo Iacona
Collana Reverse
Pagine 192
Euro 13,60

giovedì 9 settembre 2010

Il rovescio delle foglie di Daniela Liviello (Manni)




















... che le bambine

Liberate le croci dal peso dei corpi
che il legno si crepa piagato da chiodi
ripulilte le croci dal sangue che cola
che le bambine si sporcano tendendo le mani.

"Questa poesia: la purezza muove la scrittura. Dire, e con il dire, la voce si riempie e la scrittura trova pagina. Dire, nonostante il silenzio sia il valore da custodire nel recinto balbettante del cuore. Dire! Desiderio di quiete, balsamo al mormorare continuo delle voci che fanno carne, è la poesia."
Mauro Marino

Teledurruti - Storia del mondo attraverso il mobilio da studio per medici o anche notai

Il libro del giorno: L'etica in un mondo di consumatori di Zygmunt Bauman (Laterza)



















Smantellata gran parte dei limiti spazio-temporali che delimitavano le potenzialità delle nostre azioni, non possiamo più ripararci dalla ragnatela della dipendenza globale. È questa la situazione in cui, volenti o nolenti, portiamo avanti oggigiorno la nostra storia comune. Anche se molto - forse tutto o quasi tutto - in questa storia in divenire dipende dalle scelte umane, le condizioni in cui tali scelte vengono fatte non sono a loro volta soggette a scelta. Si può essere "favorevoli" o "contrari" rispetto alla nostra interdipendenza planetaria, ma sarebbe come dire di essere a favore o a sfavore della prossima eclissi solare o lunare. Acconsentire od opporsi, però, alla forma squilibrata che la globalizzazione della condizione umana ha assunto fino a questo momento, questo sì che può fare una grande differenza.

Patrizia Caffiero su Senza Storie di Luisa Ruggio (Besa editrice)



















Deve essere successo ai piu' meritevoli almeno una volta. Una condizione vigile, un abbandono totale, insieme, tali da far riaffiorare tutti i frammenti della vita, come una calamita prendersi, orco, anche tutte le altre, precedenti, adiacenti e successive. Un buco nero. Un buco bianco. Galassia. Inferno. Paradiso. La fragile onnipotenza. La decadenza. La fierezza.
Luisa Ruggio, Sperma, dal suo blog http://astrolabioquaderniblogs.it


Oggi si chiede qualcosa di assai diverso, meno improntato all'obbedienza diretta: si chiedono semplificazioni. Si chiede di ignorare la complessità vivente delle cose. Si chiede di semplificare o di lasciarsi semplificare in modo da collocarsi liberamente di qua o di là, nelle caselle predisposte. Il potere è appunto, come avrebbe detto Foucault, un insieme di relazioni e di procedure entro cui viene a restringersi il campo di selezione degli individui, e che agisce sia a livello delle azioni sia a livello cognitivo.


Carla Benedetti, Il tradimento dei critici, Bollati Boringhieri, Torino, 2003


Il terzo libro di Luisa Ruggio, la raccolta di racconti Senza storie (Besa editrice, 2009) ha meritato ieri un Riconoscimento speciale nell'ambito del Premio Vittorio Bodini. Sulla scena dei romanzi italiani contemporanei, dentro i manufatti stampati a spron battuto nelle ultime decine d'anni mancano spesso il respiro del lavoro serrato sulla pagina e l'ombra fertile di un laboratorio costante, artigianale; mentre si insinua sempre di più nella società dei lettori, degli autori e dei critici la persuasione che seguire genericamente “l'ispirazione” e possedere scarni strumenti tecnici possa bastare a comporre un racconto valido, a strutturare un romanzo di valore. Luisa Ruggio è una scrittrice, grazie a Dio, con un proprio raffinato laboratorio di scrittura; e il suo stile non assomiglia a quello di nessun altro. Se i circuiti editoriali deludono, e i premi letterari, anche quelli prestigiosi, arrivano oggi a celebrare libri di levatura mediocre, ecco invece la risposta di un autore che crede con fermezza che la Scrittura significhi operare nel travaglio delle ottime letture. Una scrittrice che coltiva con pazienza la maturazione del proprio linguaggio originale.

Che ha dei potenti contenuti da esprimere.

La scrittura di Luisa Ruggio ha un respiro europeo: questo cavallo di razza correrà lontano.

Certe atmosfere delle pagine di Senza storie ricordano gli spazi essenziali, nitidi, intelligenti di narrazioni pirandelliane, i paesaggi aspri e aciduli di certe prove del Verga. Eppure questi racconti si nutrono del presente, di cinema, di teatro, di arte contemporanea. E dell'universo del web, a cui la gestazione di queste storie è legata.

L' esperienza della scrittrice nel suo blog Dentro Luisa http://luisaruggio.blogs.it : quello che per molti risulta ancora un non luogo, uno spazio dove rischiare di smarrire il senso, per Luisa è stato un crocevia che lei è stata capace di addensare di significato e valore, convertendolo- in condivisione con altri blogger - in un originale, pregiato remake degli estinti caffè letterari. Nella lingua utilizzata con duttilità dall'autrice troviamo termini quasi in disuso : “agitò i piedi nell'aria e vuotò l'ambascia”( Allunaggio di un uomo qualunque) ed inserti del linguaggio comune: “- Dov'eri quando Kurt Cobain si è sparato?” (Lithium)

Se occorre, l'autrice inserisce nel testo alcuni tratti distintivi del parlato regionale o locale, senza mai scivolare nel mimetismo dialettale. La resa fonetica è infatti marcata dalla differenziazione del font con il corsivo (con effetti anche fortemente spiazzanti e comici). “- Spinelli! Ah ma si' ttu Spinelli!E lo potevi dire prima!Gnerno', chill'scurnacchiat di mio figlio nun ci sta, possiamo parlare noi due indisturbando!”. (Le ricordanze)

Un rapporto entusiasmante con certi episodi dell'esistenza che dai più sono stati da tempo frettolosamente imbaulati in soffitta, come il gesto della pera data dalla nonna alla bambina che batte le mani per la gioia; la semplicità dei giochi dei bambini. Luisa Ruggio traccia davanti a noi la sua visione del mondo senza neppure passare da uno dei luoghi comuni della narrazione meridionale tipica, come ha colto Felice Blasi nella sua acuta recensione: “(...)Ma perche', ci chiediamo, la narrazione delle psicologie femminili deve essere sempre interpretata come una letteratura della fisicita'? Questi racconti, al contrario, seguono un'idea piu' generale, quella della pienezza del mondo, rinominando il quale ci si sente salvi ancora una volta: come "quando noi sapevamo ancora leggere: gli alberi, i rigagnoli, la mollica di pane, i passaggi segreti dei ragni di campagna leggeri tra le stoppie - grossi, come le spille che la merciaia si appuntava sugli involti di lana, rintanata nella bottega dei nastri - le facce salmastre della luna".

Dovevamo imparare a scrivere per dare nomi al mondo, come fa l'io-bambina dell'autrice: eppure qualcosa, forse una capacita' di leggere il mondo, e' andato perduto. L'infanzia e il ricordo sono una via per ritrovare un rapporto con la realta', le persone ed i luoghi non mediato e non tradito dal consueto immaginario meridionale”.

Felice Blasi, “Corriere del Mezzogiorno”, sabato 13.03.2010

Lo stile di Luisa. A tratti, arriva un sapore stilistico sudamericano: “Dunque è qui che sale il sangue degli uomini, dove hanno fine tutte le risse, e le donne hanno sguardi di animale fantastico, denso e stupefatto”. (Il bar degli appuntamenti mancati). A volte, traslitterazioni di senso, in cui gli oggetti si umanizzano; “L'anguria dissanguava il suo umore sul vassoio bianco e azzurro”(Allunaggio di un uomo qualunque) o dove, viceversa, il processo metamorfico riguarda gli esseri umani: “Un pianoforte che muore. In realtà fu mio nonno a morire. Il pianoforte fu - semplicemente- venduto da mio padre, fu fatto sparire, tornò in quel nulla dal quale era apparso”. (Le due variazioni sul fatto). La mitografia cinematografica è presente, e una teatralità non di superficie, se nei numerosi ritratti (Rirì, Vittoria, Melina, Maria, la cantante lirica, Davide, Carmela) presenti nell'opera l'autrice svela e sintetizza movimenti, parti di sinfonie nascoste, o visibili a pochi; ragiona dell'accordatura fra anima e corpo.

Luisa seleziona il gesto Principale, che stigmatizza chi agisce; che non riduce mai a stereotipo, a macchietta il personaggio: “Allora faceva quel gesto. Teneva uno strofinaccio da cucina stretto in un pugno, contro lo sterno e, con l'altra mano, si assicurava la balaustra del balcone come se si trovasse improvvisamente sul parapetto di una nave”. (Le ricordanze)

Oppure:

“Aveva visto sua madre andarsene verso il bosco e posare la sua fronte contro i nodi di un tronco, agitare debolmente le corde dell'altalena ricavata da un pezzo di legno sbiancato dalle piogge”.(Allunaggio di un uomo qualunque)

Una sottile e dignitosissima geremiade è presente in alcuni racconti. Si tratta, in fondo, di questo: le qualità sottili e speciali degli uomini sono pressochè invisibili. Con dignità si dice del mazzo di destini non raccolti da uno sguardo, da chi non ascolta, non è capace di andare a fondo di enigmi: “Che ne sanno i vicari indifferenti? Che gli frega se il mio canto ha radici nell'uomo?” (Il bar degli appuntamenti mancati). Si sottolinea, poi, per contrasto, quanta vita possa generare il riconoscimento di uno sguardo, capace di fare grandangolo di chi gli sta di fronte e quindi, di generare un destino: “L'ascendente di Orson Welles su Rita Hayworth. L'ombra di un pianeta sull'altro. Una lenta calligrafia che fino a un certo momento ignoriamo,un codice che ci investe col suo potere. In definitiva non altro, fuorchè uno sguardo”. (Sedici noni in bianco e nero)

“Lei all'improvviso sa che da qualche parte esiste qualcuno attraverso cui riuscirà un giorno a vedersi perfettamente, uscendo dalle acque di ogni pudore “. (L'istante)

A volte l'autrice fa intuire un possibile ampliamento dell'esperienza di condivisione su piani diversi, che riguardano l'invisibile. Questi temi sono trattati con delicatezza sognante, accurata, nebbiosa: “Aveva una potente teoria riguardo la signora della villa in fondo al bosco, perché su un tappeto di pigne indigene di soavità si fermava a raccontarle la storia dei pinoli da arrostire che hanno sempre un'anima, chiara e sottile. Ne sbucciava uno e parlava di cose al confine fra gli alberi e la natura umana.

Sormontate dalle foglie se ne stavano lì, su quelle radici che emergevano come nativi nascosti dietro i fumi voluttuosi della terra, spandendosi in un istante di silenzio”.(Tra gli alberi)

Ne La collana blu, la tela narrativa approntata è lasciata andare nell'indefinito, aperta a spiragli di incommensurabile; eppure si parte da elementi terreni, si affondano parole e denti nell'erba, nelle pietre.

Le parole di Luisa, insomma, riescono a reggere l'irruenza del fiabesco. Così accade nel bellissimo La volpe, dove l'esperienza delle prime mestruazioni di una ragazzina è catalizzatore di avvenimenti di sapore quasi leggendario: “E lei uscì. Dal fondo del buio. Aveva morbidi occhi gialli, densa aggiunta improvvisa di note violino.

Qualcosa che ti fa sentire bene da che parte è rivolta la lama del coltello”.

Il riversarsi della mitologia nel quotidiano. La sapienza quasi scomparsa, oggi, del riuscire a dilatare le esperienze, la confidenza quasi dimenticata, ormai (e comunque non più tramandata da generazione a generazione) con l'elemento poetico- magico radicato saldamente agli oggetti, alle cose, ai paesaggi, ai corpi; l'indiviso, l'assenza di fratture interne, delle nevrosi che fanno perdere tempo prezioso, che scartano la bellezza.

E'il mondo che conosce Medea prima di incontrare Giasone.

Le metafore usate a volte per descrivere un paesaggio, o per enunciare ampi significati (dove comunque non resta mai traccia di un gesto asettico o arcigno di giudizio sulle cose del mondo), possiedono delle svolte lessicali e aggettivazioni inusuali, dipingono la visione con assertività, non l'abbozzano; l'indefinito. come scrivevamo, è lasciato a un livello narrativo più alto, alla struttura, all'intreccio:

“A volte la vita sembra solo la necessità di compiere qualcosa, qualunque cosa, in un tempo minore di quello consentito”. (Ma nuit chez Roché)

Oppure:

“Capita che, cogliendola nell'atto di intenerirsi, alcuni le dicano:

- Così non farai mai i soldi!

- Lei commenta: tutto quanto c'è di meraviglioso in Shakespeare svanisce appena taluni aprono bocca!”

(Fatti proprio così)

E ancora: la sintesi di cui è capace la scrittrice stupisce, rompe il respiro del lettore, crea un'aritmia cardiaca nel racconto; è un fioretto puntato al petto del lettore, all'altezza dello sterno. Una frase rapidissima, che descrive in un lampo un personaggio e un mondo:

“Le fibbie fermate da bottoncini, tacchi che avevano dato un suono al secolo”. (Le ricordanze)

Oppure; essenziale, assoluto:

“Oltre quell'albero finiva il mondo. E cominciava il grano.”

(Notturno di Chopin, Opera 9 Numero 2)

mercoledì 8 settembre 2010

Teledurruti - Piero Fassino, ancora tu?

Il libro del giorno: Il palazzo delle pulci di Elif Shafak (Bur)




















Un professore universitario che si divide tra la passione per le donne e quella per Kierkegaard, la misteriosa Amante Blu, la stramba Igiene Tijen con la figlioletta Su, la vecchia Madama Zietta: sono gli stravaganti inquilini di Palazzo Bonbon, un edificio signorile ormai fatiscente nel cuore di Istanbul. Costruito a metà degli anni Sessanta da un ricco emigrato russo per la moglie pazza, è diventato un condominio, infestato dagli insetti e appestato da un odore terribile di cui non si conosce l'origine. Un eccentrico palcoscenico per le intricate vicende e le ossessioni dei protagonisti del Palazzo delle pulci, che intrecciano i loro destini sullo sfondo di una inquieta e vitale Istanbul, sospesa tra modernità e tradizione. Dopo lo straordinario successo della Bastarda di Istanbul, Elif Shafak ci regala un memorabile affresco della città sul Bosforo, da cui emergono i mille volti di una terra dal fascino senza fine.

E madonne sorridenti di Daniela Liviello (Manni editori)











Accanto

Maestro incantato di abissi sublimi.

La tua assenza è richiamo

invito sottile.

La tua voce ritorna dai crocicchi del tempo.

Mi stringe le mani

mi serra le labbra.

Mi dice che è l'ora di dirti chi sono.


Una raccolta poetica breve e intensa, come ultima ancora di salvezza, estrema possibilità di resistenza umana di fronte al gelo del consumismo e alla superficialità dell’apparenza che ci circondano. Dopo quindici anni di scrittura queste poesie sono venute allo scoperto.

Presentazione a cura di Mauro Marino

martedì 7 settembre 2010

Teledurruti - Su quelli che vanno su Facebook con un nickname

Il libro del giorno: Irresistibile di Danielle Steel edito da Sperling & Kupfer (collana Pandora)




















Per Maxine, sposare Blake è stata una splendida avventura. Astuto uomo d'affari, affascinante e imprevedibile, Blake ha guadagnato miliardi grazie alla sua intraprendenza. Ma la sua costante ricerca di nuove sfide lo spinge a fare continui viaggi in giro per il mondo, allontanandolo dalla famiglia. Ben presto la passione non è più sufficiente per tenere a galla il matrimonio e, quando il nome di Blake comincia a comparire sulle pagine di cronaca mondana, i due si lasciano, riconoscendo di non essere fatti l'uno per l'altra: troppo frivolo e immaturo lui, troppo seria e responsabile lei. Per cinque anni riescono a instaurare un rapporto amichevole, con visite cordiali e tre figli che entrambi adorano. Blake si tuffa a capofitto nel jet set, partecipa a feste esclusive accompagnato da donne bellissime mentre Maxine si dedica con passione al suo lavoro di psichiatra. Ma all'improvviso tutto cambia: per Maxime è l'incontro con Charles, un uomo maturo, solido e disponibile. Per Blake la svolta è un tragico evento che lo segna nel profondo. La storia indimenticabile di due persone che inseguono la felicità da direzioni opposte, ma che sono irresistibilmente destinate a incontrarsi. Un romanzo intenso e appassionante, che parla del grande amore, delle infinite opportunità che offre la vita e del coraggio di rimettersi in discussione per conquistare ciò che si vuole davvero.

“LadyMen. Una donna racconta le trans”, di Isabella Marchiolo, postfazione di Alessandro Cecchi Paone (Falzea, 2010). Intervento di Nunzio Festa




















“LadyMen” è esattamente la ricognizione, 'aggiornatissima', sulle vicissitudini e le vite delle persone trans. Al netto dei titoli scandalistici. Abolendo l'amara realtà del vasto campo della prostituzione. La giornalista calabrese Isabella Marchiolo, con l'attenzione e l'umanità d'una scrittire attenta, entra senza fare devastazioni in racconti e fatti che sono quotidianità per una fetta di popolazione che ancora non ha raggiunto il giusto traguardo della pienezza dei diritti civili. Con tono davvero “inconsueto” pure per un libro d'inchiesta, e con quindi quell'umanità che lo stesso Cecchi Paone ricorda a chiusura del lavoro, la Marchiolo spiega, grazie a un'analisi accurata della materia e a un approfondimento che ha tenuto conto di tanti aspetti della questione, dettagli che per gli eterosessuali sono, a differenza dei casi, tabù oppure scoperte. Cosa è riuscita a dirci l'autrice di questo libro? Tramite le vicende, si prenda per esempio quella di Marco Della Gatta, ex corista del Duomo di Lecce adesso diventato donna, che tipo di percorso si deve seguire, e spesso quante traversie si devono superare, per arrivare al compimento d'un obiettivo che per la persona interessata non è che la giusta riconsiderazione del corpo. Nel senso che uomini e donne sono talvolta contenuti in una scatola corporea che non li rappresenta. Che fortemente cozza contro la vera identità. Con la cura delle grandi giornaliste e la caparbietà delle scrittrici di talento, Isabella Marchiolo si pone dentro le storie, facendosi contaminare, ma lascia che le storie vengano contaminate. E giustamente non si lascia travolgere come non travolge. Il pathos, comunque, s'avverte per esempio dove l'autrice del lavoro rende visibili alcuni suoi dubbi. Ovvero quando la giornalista e scrittrice calabrese, per esempio, accenna a lei e alla piccola figlia. Questo libro, nonostante sia stato scritto non in prima persona da una dei protagonisti delle tante situazioni, e forse è persino meglio così, è essenziale per togliersi di dosso puzze varie e scaraventare lontano luoghi comuni che non tutti fortunatamente possiedono in dotazione. Fra le caratteristiche più importanti del volume, di sicuro quegli stessi passaggi dove sono riprese – insieme – storia e cronaca delle leggi in vigore e le loro conseguenze sulla persone in carne e ossa.

“LadyMen. Una donna racconta le trans”, di Isabella Marchiolo, postfazione di Alessandro Cecchi Paone, Falzea (Reggio Calabria, 2010), pag. 148, euro 13.00.

lunedì 6 settembre 2010

Il libro del giorno: La psichiatra di Wulf Dorn (Corbaccio)




















Lavorare in un ospedale psichiatrico è difficile. Ogni giorno la dottoressa Ellen Roth si scontra con un'umanità reietta, con la sofferenza più indicibile, con il buio della mente. Tuttavia, a questo caso non era preparata: la stanza numero 7 è satura di terrore, la paziente rannicchiata ai suoi piedi è stata picchiata, seviziata. È chiusa in se stessa, mugola parole senza senso. Dice che l'Uomo Nero la sta cercando. La sua voce è raccapricciante, è la voce di una bambina in un corpo di donna: le sussurra che adesso prenderà anche lei, Ellen, perché nessuno può sfuggire all'Uomo Nero. E quando il giorno dopo la paziente scompare dall'ospedale senza lasciare traccia, per Ellen incomincia l'incubo. Nessuno l'ha vista uscire, nessuno l'aveva vista entrare. Ellen la vuole rintracciare a tutti i costi ma viene coinvolta in un macabro gioco da cui non sa come uscire. Chi è quella donna? Cosa le è successo? E chi è veramente l'Uomo Nero? Ellen non può far altro che tentare di mettere insieme le tessere di un puzzle diabolico, mentre precipita in un abisso di violenza, paranoia e angoscia. Eppure sa che, alla fine, tutti i nodi verranno al pettine...

Documentare il ricordo di Angela Leucci

















Parlare del sindacalista Pietro Refolo, esiliato sotto il Fascismo e principale attore delle lotte contadine nel meridione, nel 2010 non è cosa facile. Soprattutto perché manca un apparato documentario che attesti la sua storia, in un periodo così particolare, in cui discendiamo da una fase politica in cui chi andava al confino nel Ventennio, secondo qualcuno in realtà era andato in vacanza. Eppure c’è qualcuno che non dimentica il ruolo di Refolo nella storia del Salento, facendolo assurgere a simbolo di un’intera genia di uomini che andavano controcorrente, contro il sistema e solo per la salute pubblica: le lotte contadine sono state in fondo l’omologo di quello che avveniva tra gli operai dei paesi industrializzati. In una terra in cui la terra è il bene più economicamente importante, il benessere lavorativo dei contadini non solo garantisce una continuità all’interno del sistema economico chiuso, come poteva essere quello dei primi anni del secolo scorso, ma soprattutto permetteva alle persone di passare dalla servitù alla “dipendenza”, nel senso più moderno del termine. Così a Francesco Luperto, giovane studente di cinematografia a Roma, è venuto in mente di realizzare un cortometraggio su queste tematiche, dal titolo “Pietro Refolo, il volto della democrazia”. La realizzazione del documentario contiene numerose interviste dell’epoca su nastro, le testimonianze di storici e politici, come Ennio Romano, Salvatore Coppola, Piero Schirinzi. Il tutto con intermezzi tratti dalle cronache dell’epoca, scorci delle campagne del nostro Salento: un buon ritratto, sufficientemente (a causa della scarsità di notizie) esaustivo su Refolo, montato da un altro giovane studente di cinema, Giovanni Ermes Vincenti. Il risultato nel complesso è molto buono, anche se alcune scelte possono apparire ingenue o fuori luogo, come quelle musicali, Yann Tiersen a parte, oppure la testimonianza di uno storico che ne filmato si vede palesemente leggere. In sostanza però, trattandosi di uno dei primi lavori, con le attenuanti rappresentate dalla scarsità di mezzi, con cui solitamente i filmaker devono fare i conti all’inizio, il giudizio non può essere che positivo. Soprattutto perché con questo corto, Luperto e Vincenti sono riusciti a raggruppare tutto ciò che esiste della storia di Pietro Refolo, prima che tutto venga smarrito ancor più.

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