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giovedì 9 luglio 2009

Il libro del giorno: Le vie dorate: con Giuseppe Pontiggia a cura di Daniela Marcheschi (MUP)

A sei anni dalla morte di Giuseppe Pontiggia, una significativa raccolta di saggi critici e di ricordi, testimonianze e documenti inediti, getta nuova luce sulla sua opera e sulla sua figura. Daniela Marcheschi, raffinata studiosa, inserisce all’interno del libro testi capaci di tratteggiare al meglio l’attività complessa e multiforme di questo autore lontano dai conformismi e dalle mode, ma in grado come pochi di radicarsi nell’esperienza del vivere con una forte tensione etica. Una preziosa polifonia di voci di noti esponenti del mondo intellettuale contemporaneo, da Ernesto Ferrero a Luísa Marinho Antunes, da Roberto Barbolini a François Bouchard, da Amedeo Anelli a Laura Lepri e Piero Dorfles, per ripercorrere le letture, i rapporti privati, le riflessioni sulla scrittura e il lavoro editoriale di Giuseppe Pontiggia, in un viaggio appassionante attraverso le “vie dorate” delle sue parole: queste hanno insegnato ad amare la vita e gli uomini, come solo la grande letteratura sa fare.

Daniela Marcheschi è una italianista dagli ampi orizzonti interdisciplinari e con i suoi saggi, tradotti in varie lingue, ha contribuito al rinnovamento delle prospettive critiche contemporanee, anche curando i due meridiani Mondadori delle Opere di Carlo Collodi (1995) e di Giuseppe Pontiggia (2004). Ha insegnato in diverse università italiane e straniere, fra cui Uppsala e Salamanca. Attualmente docente a Perugia di Antropologia delle Arti, ha tenuto a Firenze corsi di Lingue e Letterature Nordiche. Nell’ambito di questa disciplina ha pubblicato traduzioni (Karin Boye, August Strindberg, Edith Södergran, Birgitta Trotzig e di altri autori svedesi) e saggi riuniti nel volume Una luce dal nord. Scritti scandinavi (1979-2000), Le Lettere, 2001. Per il lavoro di traduzione e critica in campo scandinavistico, nel 2006 ha ricevuto il Tolkningspris dell’Accademia di Svezia. Fra i suoi saggi sono anche Prismi e poliedri. Scritti di Critica e Antropologia delle Arti, vol. I, Orizzonti e problemi, Sillabe, 2001; Sandro Penna. Corpo, Tempo e Narratività, Avagliano, 2007; Chiara Matraini. Poetessa lucchese e la letteratura delle donne nei nuovi fermenti religiosi del ’500, Maria Pacini Fazzi Editore, 2008. Per Mup Editore ha curato, nel 2007, il volume Alloro di Svezia. Le motivazioni del Premio Nobel per la Letteratura

"Per Pontiggia, ogni anno i Nobel della letteratura erano due: quello dato al vincitore e quello non dato a Borges. Aggiornamento: sostituire Borges con Roth"

di Antonio D'Orrico tratto da Corriere della Sera Magazine, n.27, p. 102

casa editrice Mup: http://www.mupeditore.it/

Le vie dorate: con Giuseppe Pontiggia a cura di Daniela Marcheschi(MUP editore)

Dovunque tu vada, ci sei già di Jon Kabat Zinn (Tea edizioni)

Siamo tutti consci che la nostra umanità versi in una condizione di precarietà immensa, da una parte abbiamo orrore del caos, dall’altra cerchiamo spasmodicamente delle sicurezze aggrappandoci di continuo al noto, al conosciuto, alle nostre esperienze. Queste tipologie di atteggiamenti ci chiudono al nuovo, facendoci costruire delle vere e proprie gabbbie che ci sottraggono libertà e ci fanno perdere il significato dell’espressione “essere vivi”. Talvolta questo stato di sofferenza diventa talmente intollerabile da costringerci a seguire ideologie, religioni, falsi guru, oppure a stordirci attraverso forme compulsive di shopping, potere, e vacuità del genere nella pura utopia che il senso della vita possa essere una merce come tante in questo mondo. La verità è che ciò che ci ha imprigionato non è al di fuori di noi, ma è nella nostra mente, ormai “fuori forma” dopo un’intera esistenza di condizionamenti, a essere libera, aperta e ricettiva. L’uomo può essere liberato a livello del suo Sé, soltanto facendo tacere la sua mente con tutti i suoi contenuti, per poter recuperare la capacità di comprendere naturalmente se stesso e il suo ruolo nel mondo, senza che ci sia né un soggetto controllante, esterno a lui e che lo domina, né qualcosa che debba essere controllato. La mente dunque deve giungere ad un livello di quiete, silenzio, rilassamento, lontana da ideali e dipendenze. E allora, nel momento in cui siamo sommersi dagli impegni, quando abbiamo la netta percezione che qualcun altro o qualcosa domini la nostra vita, quando non riusciamo più a godere delle cose belle, è giunto il momento di riconquistare la voglia di vivere, crescere, sentire, amare, gioire: ovvero di ritrovare e ritrovarci nel “qui e ora”. Questo libro “Dovunque tu vada, ci sei già” di Jon Kabat Zinn (Tea edizioni) illustra un percorso semplice, adatto a chi si avvicina alla meditazione per la prima volta nonché per i praticanti di lunga data, per il “risveglio”, ovvero per raggiungere consapevolezza e lucidità nel momento che ciascuno vive quotidianamente. Un sentiero di saggezza, una discesa interiore nella causa e nell’effetto della correlazione tra le cose, una guida indispensabile per non farci irretire dai fantasmi dell’immaginazione. L’insegnamento di Jon Kabat Zinn consiste fondamentalmente in questo: per trovare la nostra dimensione autentica occorre essere attenti, presenti su qualsiasi nostro gesto, fare silenzio sui nostri pensieri, praticare la coscienza dell’amore profondo, e la forza della compassione. Scrive l’autore: “Quando parliamo di meditazione è importante sapere che non si tratta di un'attività curiosa o esoterica, come spesso sostiene la nostra cultura popolare... Meditazione significa semplicemente essere presenti a se stessi, approfondire la propria autocoscienza. Significa anche arrivare a rendersi conto che, ci piaccia o meno, stiamo percorrendo un cammino, il cammino della vita; la meditazione può aiutarci a capire che in quanto tale esso ha una direzione ed è in costante evoluzione, momento per momento; ciò che accade ora, in questo istante, influenza gli avvenimenti successivi”. Insomma se volete modificare il dolore con la gioia e il sorriso, sublimare la depressione in leggerezza, ritrovare la libertà arrivando a comprensioni nuove e profonde sulla vita, il libro di Jon Kabat-Zinn vi permetterà di cambiare radicalmente la vostra lucidità sui fatti che vi circondano, e lo farà passo dopo passo con esempi chiari e illuminanti.

Jon Kabat-Zinn, professore di medicina, è fondatore e direttore della clinica per la riduzione dello stress dell'Università del Massachusetts.

Each man kills the thing he loves di Silla Hicks (Intervento sulla trilogia di Millenium di Stieg Larsson editi da Marsilio)

Each man kills the thing he loves. È la canzone di Querelle de Brest, che certo non consiglio alle anime candide, che sinceramente è un pugno nello stomaco per tutti, anzi, ma è pur sempre il gigantesco Rainer Werner Fassbinder.
Però poteva anche essere la sigla di questo film, e di questo libro, se i libri avessero una sigla, e secondo me dovrebbero averla. Lo dico subito: non è un capolavoro, la triologia del signor Larssen morto prima di arricchirsene. E nemmeno il film resterà nella mia cineteca interiore – quella, per intenderci, dove si proiettano, uno dopo l’altro, l’opera omnia di Ferrara e Lars Von Trier – incluso Antichrist, e non sono ammesse obiezioni - insieme a Cronenberg, e a sprazzi di Oliver Stone, con sopra a tutti quel Blade Runner che più di ogni altra cosa mi ha insegnato il senso dell’esistere.
Ma nel multisala affollato del sabato ci ho accompagnato mia sorella, a vedere l’istant-movie tratto da questo polpettone Ikea, e l’ho vista piangere tutto il tempo senza nemmeno guardare lo schermo, così ci sono stato tirato dentro, mio malgrado. È per questo che ne parlo: altrimenti non ci avrei speso 3 giorni, a leggermi qualcosa come cinquemila pagine di rarefatto trhiller scandinavo, che dio se Wallander non è centomila volte meglio, volendo restare in zona. Ecco perché ne parlo, anzi: ecco perché TI parlo, Kalle Blomqvist: perciò, siediti, e stammi a sentire.
No, non è che improvvisamente mi sia ricordato di essere il fratello maggiore: lo sono sempre stato, anche mentre avevo una vita a cui pensare. Ma vedi, adesso è diverso, adesso dividiamo tutto il tempo in cui non guido, io e questa ragazza che non pesa neanche un terzo di me, e parla solo attraverso numeri, quando proprio le va di parlare.
Lei, che si nasconde dietro al suo PC e beve birra dal mio bicchiere, e non ha amici e ha paura della gente, e tutti dicono che è strana, e la chiamano pittbull e le girano al largo, lei, che ha il cuore frantumato da troppo tempo per cercare di rimetterne i cocci assieme, lei, che sarebbe bellissima e invece è speciale, lei, che è mia sorella, stava lì, ferma dov’era, e cazzo, potevi lasciarcela, invece te la sei andata a cercare. Te la sei andata a cercare, e l’hai vista come nessuno aveva mai avuto il coraggio di guardarla in tutta la vita, e a te è bastata un’occhiata sola: e tutto questo, per scappare come un coniglio e tornare alla tua squallida vita del cazzo o qualsiasi altra cosa essa sia, e lasciarla che butta nel cassonetto la foto di Elvis (è così che finisce, il tuo primo cazzo di volume).
Salvo insistere, per ritrovarla e parlarle – di cosa? Di Gadda? Dell’ipotesi di Reimann? Scegli, può tranquillamente discettare di entrambe, e farlo mentre si smalta le unghie dei piedi – come se fosse una macchina senza carne né sangue, e infatti lo era, prima di te, rassegnata a che nessuno le leggesse dentro in mezz’ora così tanto da non aspettarlo nemmeno più. Ma poi sei comparso, e l’hai fatto gratis, e ieri sera ha pianto due ore, dentro a un cinema, mentre io ero là, e avrei voluto romperti la faccia, lo schianto della cartilagine del tuo naso sotto il mio sinistro, tra le poltrone e in mezzo alla gente, un fiotto vischioso e scuro che si allarga sulla tua bella camicia di lino bianco, mi avresti guardato incredulo, anzi no, non credo. Perché se sei stato capace di vederla, allora sai. Tutto. Incluso quello che sto per dirti. Incluso me.
Allora: siediti Kalle Blomqvist, siediti, e stammi a sentire, e sì, ti chiamerò con questo nome ridicolo da Pippi Calzelunghe che nella triologia usano per schernirti sulla stampa e che s’adatta benissimo all’uomo che sei stato, con lei almeno, così che nomen omen mi verrebbe da dire, tanto più perché è ridicolo anche il tuo nome vero (ammesso che in te ci sia qualcosa che non sia di cartone).
Cominciamo dal titolo e dal primo libro, uomini che odiano le donne, e tutta la storia di una famiglia di sadici che nemmeno le colline hanno gli occhi, e tu e lei in mezzo (sorvolo sul fatto che è lei a salvarti la vita): mi spiace dirti che te ne sei perso il senso, perché non odia le donne solo chi le ammazza, anzi spesso quello è uno psicopatico e punto, e forse non odia nessuno, perché l’odio è un prodotto della neocorteccia e lui è solo arcaico sistema libico, è solo un animale.
Piuttosto, le odia chiunque faccia come te, e non tenga a distanza degli origami quando sa di avere forbici al posto delle dita (e tu sai che gli origami esistono, Kalle Blomqvist, lo sai, se no non avresti intitolato il tuo terzo la regina dei castelli di carta, e alla tua età dovresti sapere anche di essere Edward mani di forbice, se non altro perché ti sarai tagliato da solo e più volte, e nel buio della notte avrai visto le lame, sul tuo cuscino).
L’origami del libro è un’hacker e si chiama Lisbeth Salander, ed è vero che – quindici centimetri in meno a parte – è la fotocopia di mia sorella, o almeno di quello che lei è realmente e gli altri – quasi tutti, tranne te – non vedono.
E non per il fatto che anche mia sorella porta anfibi e guida la moto, no, quelli sono dettagli, abbastanza pittoreschi solo qui, che siamo all’estrema propaggine d’Italia dove anche un bacio fa rumore.
Se ti dico che c’avevi preso, accostandola a lei – mi permetto di suggerirle la lettura di questo libro, un personaggio del quale ha con lei una qualche affinità, hai scritto, e a dirla tutta hai una bella scrittura, fluida e pastosa e inclinata, e una firma che è un susseguirsi di compiaciute s minuscole, mont blanc, è da credere – è per qualcosa di molto meno visibile, e di molto più vero. La sua matematica, che è quanto le resta del disadattato piccolo prodigio che era alle elementari. La sensibilità esasperata che solo chi vive fuori dalla superficialità sociale può avere. La fame di amore che la chiude a riccio e le fa mettere l’anima nelle mani di chi incontra, anche se dovrebbe sapere che è solo sua, e che non ne ha altre e deve proteggerla.
Non so niente della tua vita, Kalle Blomqvist, anche se io la tua Erika l’ho vista e da uomo a uomo non ti capisco, tutto l’universo che adombri nel tuo sguardo di laguna e poi questa cinquantenne qui, uno e sessanta con le meches: potrei dirti che sei scemo, che non è il timbro di Hanoi sul passaporto ad ammantare di Indocina – habitat di vertigine: condivido appieno - una che sì e no può sembrare una matura segretaria, ma non è questo il punto.
Potresti dirmi che non è questo che tu hai visto e vedi, e dio lo sa se ci sono due occhi che vedono la stessa cosa. Ma non è questo il punto.
Il punto è che lei era lì, e che tu te la sei andata a cercare, senz’altro fine se non vedere se avevi ragione, e dio quanto deve averti lusingato, anche, cazzo, ha vent’anni meno di te, e l’intelligenza folgorante che hai sempre voluto, il faro che abbaglia e che nessuno può essere se non per dono. Puoi parlare greco e latino quanto vuoi, Kalle Blomqvist, ma quella è istruzione, non è genio.
Ti può servire per fare colpo sulle sciacquette del rotary, e accomodati, per quello che vale.
Ma non dirmi che gli hacker sono hacker, e quelle che si portano a cena al Bastione sono qualcos’altro, perché allora sì che ti prendo a calci.
Perché vedi, Kalle, o comunque tu ti faccia chiamare, sono tutte prima di tutto donne. E poi il resto, se – fortunatamente - un resto c’è: è una donna Lisbeth, con i suoi tatuaggi e i suoi piercing e le unghie rose a sangue, quanto una delle tue fighette con i capelli stirati tutti uguali e la french manicure di plastica e le Hogan bianche, perché le donne sono tante, non solo una.
E riconoscerlo e amarle è un po’ la stessa cosa.
Non so niente di te, Kalle Blomqvist.
Ma sei tu, uno che odia le donne, di questo sono convinto.
E non dirmi che avresti sposato Lisbeth, se ci fossero stati altri libri, perché alla fine del terzo tornavi, e le portavi la colazione.
Che facevi scena solo per allungare il brodo, perché altrimenti sarebbe stato scontato. Non dirmi che l’amore è scontato, né altre stronzate.
Each man kills the thing he loves.
È verissimo.
Ma per favore, Kalle o comunque ti chiami, per favore. Non parlarmi, proprio tu, d’amore.

Recensione di Silla Hicks sulla trilogia di Millenium di Stieg Larsson editi da Marsilio

mercoledì 8 luglio 2009

AXA SCART, L'AMBIENTE INCONTRA L'ARTE

AXA -Aziende per l'Ambiente- presenta SCART. Il 10 luglio, infatti, presso le Officine Cantelmo di Lecce, l’azienda salentina, impegnata da anni nella bonifica del territorio, mostrerà come si “possa far sbocciare un fiore da una discarica abusiva”. Tentando un dialogo con il nostro tempo, AXA ha avviato un connubio tra arte e ambiente sostenendo la realizzazione di alcune installazioni artistiche della poliedrica Lara Bobbio, nota artista leccese dalle origini libanesi. Le opere sono ottenute dal riutilizzo di forme e materiali già esistenti e riportano, così, a nuova vita ciò che la civiltà dei consumi considera esaurito. Riuso e riciclo sono i temi di cui AXA vuole rendere partecipi i suoi concittadini attraverso l’arte. Nel dettaglio, potranno essere ammirate nella piazzetta antistante le Officine Cantelmo, 50 fiori alti 3 metri di “matricaria recutita camomilla” a corollario di Embryon, rappresentante il fulcro della vita. Tutte le opere attingono a quella che è la materia prima che ci avvolge, la spazzatura, arrivando così alla comprensione della mutevolezza della vita. Plastica riciclata, bags, pezzi di ferro e persino delle pagliette lavapiatti trovano in queste opere una nuova dimensione. L’iniziativa di AXA, all’interno della rassegna del Comune di Lecce “MediterraneaEstate 2009”, prende il via dalla bonifica in corso della meravigliosa cava di San Nicola, 30 metri di profondità ed una pendenza impegnativa, presente nelle immediate vicinanze della nostra città, effettuata dall’azienda con l’aiuto di un gruppo di speleologi. Si tratta di un luogo oggi abbandonato, dimenticato ma che rappresenta un pezzo di storia che appartiene inequivocabilmente al patrimonio della nostra terra che si è costruita dalla pietra. La volontà del Comune di Lecce e di AXA è quella di portare avanti un ben più ampio progetto di riqualificazione ambientale, urbanistica ed edilizia del Borgo San Nicola supportati anche dall’aiuto delle associazioni ambientaliste presenti sul territorio. Prosegue, infatti, anche il rapporto con Coppula Tisa iniziato con la bonifica di contrada “li Posti” a Tricase, effettuata gratuitamente da AXA il 18 marzo scorso. Anche questo intervento rientra nel protocollo per la riqualificazione del territorio sottoscritto dalla società e dall’organizzazione di volontariato. Il fiore di camomilla diventerà inoltre l’emblema dell’azienda poiché la sua presenza identificherà i luoghi soggetti a bonifica e, posizionato anche davanti al Municipio nel cui territorio si è provveduto alle attività di ripristino ambientale, indicherà in modo chiaro ed inequivocabile che una zona abbandonata è tornata a vivere di nuovo. L’evento interamente sponsorizzato dalla società leccese vede anche la partecipazione dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Lecce e di PIMAR, azienda leader nel settore dell’estrazione della pietra leccese, che appoggia pienamente il progetto di pulizia-recupero-riutilizzo dei luoghi simbolo di questa terra, le cave, partecipando attivamente al progetto con la donazione dei 50 blocchi di pietra che sostengono i fiori di camomilla. È prevista, a corollario della mostra, una conferenza dal titolo “Come si ricicla al tempo della crisi – progetti e strategie” ed una performance musicale del noto musicista Cesare Dell’Anna che avverrà contemporaneamente alla degustazione di un aperitivo.

PROGRAMMA COMPLETO DELL’EVENTO - OFFICINE CANTELMO, 10 LUGLIO 2009

h. 18,30 OPENING “EMBRIONI DI VITA CIVILIZZATA” - installazione di Lara Bobbio

h. 19,00 CONFERENZA “Come si ricicla al tempo della crisi – progetti e strategie”
interverranno Giampiero Corvaglia, Amministratore AXA
Gianni Garrisi, Ass. alle politiche ambientali del Comune di Lecce
Jacqueline Ceresoli, storica e critica d'arte
Lara Bobbio, artista
coordina Marco Petroni, giornalista e critico di design

h. 20,00 APERITIVO/PERFORMANCE MUSICALE DI CESARE DELL'ANNA
per info: axascart wordpress.com

Il libro del giorno: Il duca oltre il portale di Mario Sandri

Alla fine del 21° secolo una profezia aveva indicato le coordinate di tre portali di balzo iperspaziale. Due di essi condussero alla colonizzazione di altrettanti mondi extrasolari; le astronavi partite attraverso il terzo portale, invece, andarono disperse con i loro equipaggi di tecnici e scienziati. Due secoli dopo, il duca Virgilio, decide di allestire una spedizione per scoprire dove conduca il terzo portale. Virgilio è un aristocratico bizzarro: introverso, algido, scostante, incapace di svolgere le funzioni di governo a cui è destinato dalla nascita, preferisce dedicarsi alla scienza. La sua originalità ha una spiegazione: il duca è affetto dalla sindrome di Asperger, una leggera forma di autismo difficile da riconoscere che ne pregiudica le capacità sociali. Il suo handicap si rivelerà una potentissima difesa contro la telepatia degli alieni, e quello che sulla terra risultava essere una menomazione fonte di derisione diventerà la forza grazie alla quale il duca costringerà gli alieni a uscire allo scoperto obbligandoli a stringere un’alleanza interspaziale. Fandango quindicilibri stavolta scommette su un esordio originale, un’avventura che ci fa riscoprire il gusto dei classici romanzi di fantascienza, dove la diversità per eccellenza, quella che proviene da altri mondi, spesso coincide con la paura tutta umana verso coloro che non si adeguano alle norme sociali. Un romanzo fantapolitico alla scoperta di nuovi e inesplorati mondi paralleli.

Mario Sandri è nato a Saluzzo (CN) il 01 luglio 1961. Lavora come consulente di marketing export in progetti di cooperazione internazionale. Vive per lo più in Medio Oriente e questo è il suo primo libro.

"Finalmente un autore italiano che riprende un genere come la fantascienza che perfino al cinema mostra segni di crisi. Una fantascienza che torna come chiave di lettura del presente tra geopolitica, guerre e natura del potere"

Filippo La Porta tratto da XL (anno 5) n. 47, p. 183

casa editrice Fandango: http://www.fandango.it/default.asp

La vita personale, di Renzo Paris, Hacca (Macerata, 2009). Rec. di Nunzio Festa

Paris ha composto il ritratto d'una generazione. Prendendo, tanto per cominciare, nella non facile opera – nonostante questo sembri sempre semplice – d'attingere dalla storia personale e da quella collettiva. Paris, col suo ultimo “La vita personale”, avvincente assai per poetesse e poeti, alla stregua di un giallo per i giallisti, ha costruito un'opera che aiuta a immaginare come certi tempi sono stati, senza però dimenticare che in tutto ciò siamo anche davanti al romanzo; dunque dobbiamo ricordarci che il romanzo ha quel funzionamento che sappiamo: ovvero, spesso, agitare il reale per togliere pezzettini che permettono di creare un libro che sia il migliore e il più affascinante possibile. Paris, ricordiamo, faceva parte della cosiddetta 'seconda scuola romana di poesia'. E' stato amico di tanti grandi nomi delle letteratura, da Pasolini ad Amelia Rosselli a Moravia. E il protagonista della “vita personale”, ovvero Luca Saraceni, anche. Però gli importanti pasoliniani “uccellacci” - per usare il termine usato pure da Di Consoli – sono due critici, soprannominati da Bellezza “Hidalgo e Crudelia”. Le pagine dell'opera ci fanno incontrare persone e ambienti carichi di letteratura e (nonostante questo voglia essere sottaciuto) di politica. Perché, per esempio, Paris aiuta a vedere in che maniera specialmente negli anni Sessanta e Settanta certi e altri vivevano o non vivevano la politica. Che peso, ancora, aveva la poesia. Fermandosi, chiaramente, sul famoso festival di Castel Porziano che nell'Italietta diede spazi a tanti, compresi le cosiddette penne della beat-generation, o quello che ne era rimasto. Renzo Paris ha davo vita a personaggi che sono simili e diversi a donne e uomini che conosce. Paris ha voluto prendere tantissimo dalla realtà. Non sottraendosi, perfino, a possibilità di critiche e contestazioni che in casi di questo tipo certi ambienti non risparmiano. Ma le parti più belle, oltre ai segmenti che dicono di poesia (e in tutti i sensi), sono quelli che presentato il complesso edipico e la genitorialità, che questi due temi attraversano. Pagine che affascinano, in quanto, e in special modo grazie alla varietà di registri utilizzati dall'autore, attraverso il correre della trama e finestre aperte in vite e vicende lasciano guardare mondi difficili. Eppure, non va dimenticato, il cielo grande di Renzo Paris è la poesia. E, grazie, alla sua scrittura e quindi a quest'opera ce n'accorgiamo.

La vita personale, di Renzo Paris, Hacca (Macerata, 2009), pag. 362, euro 16.00.

martedì 7 luglio 2009

Salento di Venanzio Manciocchi dalla Galleria d'arte Il Grifone alle Cantelmo



























Dopo le sale della Galleria Il Grifone Arte Contemporanea di Monica Taveri, la mostra itinerante “Salento” approda negli spazi espositivi delle prestigiose Officine Cantelmo. Venanzio Manciocchi espone in una mostra personale, la sua ultima produzione artistica: una suggestiva e contemporanea visione del nostro Salento. Tele di grande formato dove l’artista romano, attraverso l’uso sapiente dell’olio e della spatola, diviene un discreto scrittore dei nostri paesaggi ricchi di meraviglie e di colori accesi. Ogni opera diventa la pagina di un racconto, un racconto muto e per questa ragione passibile di nuove interpretazioni, attraverso quella matericità che dà corpo e sostanza alle sue equilibrate composizioni.

Scrive di lui il critico d’arte Giorgio Agnisola:

“…In questo contesto una immagine significativa dell’arte di Manciocchi è rappresentata dal monte Circeo. Come fu Monte Sainte-Victoire per Cézanne, la montagna con la sua sagoma misteriosa, con il suo profilo arcaico, con le sue vene scure di pietra e di verde a precipizio sul mare, è diventata per l’artista uno studio riflesso di forme simboliche e reali e di spazi che racchiudono un magmatico contenuto emozionale, quasi un cratere dei sensi…La natura diventa così un luogo complesso di indagine psicologica e metaforica, spazio che consente di rileggere dentro di sé, come in uno specchio, i percorsi della sensibilità e della immaginazione in un andare e venire continuo nell’opera: un emergere dal profondo e un rientrare, scarnificando ma anche filtrando, come in una rete spirituale e sensitiva, materia e simboli, riducendo la forma a puri segni luminosi. Così l’immagine diventa emblematicamente terra di riposo e di conquista.”

A cura di Monica Taveri.

L’esposizione sarà aperta ai visitatori dal 8 al 20 luglio 2009.
Info mail: info@officinecantelmo.it | monica@galleriailgrifone.it | tel. 320 9654542

Il libro del giorno: Vedi di non morire di Josh Bazell (Einaudi)

Grazie a Peter Brown, ex killer entrato in un programma di protezione governativo, la mafia fa il suo ingresso tra le corsie di un famigerato ospedale di Manhattan. Quando Peter va come ogni mattina al lavoro in ospedale, non sa che la Grande Mietitrice lo aspetta, sotto le vesti di un paziente moribondo che è un suo vecchio conoscente di mafia. Se il paziente muore, il passato di Peter tornerà a galla. E questo non può accadere. Perché Peter è anche Pietro Brwna detto Orso, ex affiliato (ma per bontà d'animo) alla famiglia Locano. In questi anni in ospedale Peter è diventato il medico-eroe che abbiamo sempre sognato: cinico iconoclasta dal cuore d'oro che infrange ogni regola pur di salvare una vita... La sua lotta all'ultimo sangue con la Grande Mietitrice sta per cominciare, e diventa tutt'uno col desiderio irresistibile di saldare una volta per tutte i conti con la famiglia Locano.

"Adrenalinico, tarantiniano, umoristico. L'io narrante è un killer della mafia ora medico ospedaliero. Ma il passato torna ..."

di Filippo La Porta tratto da XL n.47 (anno 5), p. 183

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/

Vedi di non morire di Josh Bazell
2009, 322 p., Einaudi (collana Einaudi. Stile libero big)

Tutta un'altra vita di Lucia Giovannini (Sperling e Kupfer)

Viviamo in un’epoca in cui non solo le nostre certezze sono minate alla radice, pensare a un posto fisso vuol dire ragionare in termini di pura e semplice utopia, dove la precarietà lavorativa diventa una categoria onto-fenomenologica dell’essere per il dis-equilibrio in ambito famigliare e nel campo degli affetti, un’epoca insomma in cui cercare di farsi una tranquillità economica risparmiando “qualcosetta” al mese diventa impossibile, causando per di più un assottigliamento pauroso dei nostri orizzonti di vita che, nella migliore delle ipotesi, scivolano nella patologia del “carpe diem”, (tutt’altro che l’oraziano stimolo a quell’energia che permette di cogliere le occasioni che fanno la differenza nelle nostre vite), ovvero un passivo lasciarsi sedurre dall’essere “canne al vento”, proprio come il celebre filosofo francese Blaise Pascal definiva la condizione dell’uomo. Tanto si vive una volta sola! Una scusa bella e buona per rendere ogni cosa degna di essere consumata nel più breve tempo possibile, dall’amore, alle parole, sino a tutto ciò che contiene veramente senso e riempie valorialmente i nostri giorni. Se non avessimo consapevolezza del significato della parola crisi, sicuramente descriveremmo la nostra condizione attuale come apocalittica. Il grande cantautore italiano Franco Battiato, nel suo brano dal titolo “Un’altra vita”, scritto più di un decennio fa, profeticamente e lucidamente descriveva quello che accade oggi: “Certe notti per dormire mi metto a leggere, e invece avrei bisogno di attimi di silenzio. Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene, mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione. Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca; mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servono tranquillanti o terapie ci vuole un'altra vita. (…) Sulle strade la terza linea del metrò che avanza, e macchine parcheggiate in tripla fila, e la sera ritorno con la noia e la stanchezza. Non servono più eccitanti o ideologie ci vuole un'altra vita.” Il problema fondamentale in tutta questa gigantesca Torre di Babele che condiziona la nostra quotidianità, è che disperdiamo un’enorme quantità di energie, non riuscendo più a recuperare le nostre risorse interiori, dal momento che incrinandosi tutte le sicurezze al di fuori di noi, si incrinano le fondamenta di quello che abbiamo costruito nella nostra interiorità. Cosa fare? In aiuto ci viene Lucia Giovannini che per Sperling & Kupfer ha pubblicato il volume “Tutta un’altra vita”. L’autrice nel 1999 ha fondato l’associazione BlessYou! ed è cofondatrice e codirettrice della Libera Università di Crescita Evolutiva insieme al marito Nicola Riva. Ha un Doctorate in Psychology e Counselling, un Bachelor in Psycho-Anthropology ed è membro dell’American Psychological Association. È Master Trainer di Firewalking, Trainer di Programmazione Neuro-Linguistica e Neuro-Semantica (ISNS Usa), Spiritual, Transformational ed Executive Coach (ACMC Usa), Master Trainer di Breathwork, insegnante certificata del metodo Louise Hay ed esperta di tecniche di meditazione. Non che le credenziali nell’ambito editoriale servano a qualcosa, se il libro non funziona, NON FUNZIONA e basta! Ho giusto cercato di presentarla ai miei lettori al meglio, perché se lo merita. “Tutta un’altra vita”, ha già venduto 7500 copie nei primi otto mesi del 2008. Lucia Giovannini pagina dopo pagina aiuta il lettore a trovare la propria progettualità esistenziale, espone con grandissima chiarezza come realizzare i propri sogni superando tutte quelle paure inconsce che bloccano il cambiamento e che non ci permettono di assaporare ciò che può veramente renderci felici. Se lo si può definire un libro utile? Assolutamente sì, e aggiungo che forse, lo si dovrebbe portare con sé mentre sbrighiamo qualche faccenda che richiede parecchi minuti di attesa. Se la si può definire un’opera illuminante? Di certo farà prendere coscienza degli errori più grossolani e auto-sabotanti in cui incorriamo, con ausili teorici e pratici che vengono dalla PNL (Programmazione Neuro-Linguistica), della PNS (Programmazione Neuro Semantica), e dalle diverse tradizioni orientali, da quelle proprie di specifiche pratiche meditativo-trascendentali di chiara ispirazione induista, che da esperienze che l’autrice ha vissuto in prima persona in Cambogia e in altri luoghi del mondo, e che poi sono confluite nella fondazione, insieme al marito, di BlessYou! Un libro chiaro, rivolto a tutti coloro che desiderano migliorare la qualità della vita. Si parla di cambiamento, di tutti quegli atti a cui diamo vita e che ci chiudono nelle nostre zone di comfort, si parla di zone di potere, di come uscire da Matrix (come sostiene Michael Hall il modello olografico della vita che agiamo, puntellato dai nostri centri ermeneutici “pre-costituiti” utili per orientarci al suo interno), di come risvegliare il n/um, la nostra energia vitale in grado di farci realizzare cose che ad altri apparirebbero impossibili, come camminare sul fuoco su carboni ardenti alla temperatura di 400° gradi senza riportare ustioni di alcun tipo. Una scrittura, quella di Lucia Giovannini, che ci aiuta a recuperare l’importanza del Silenzio, e soprattutto che ci pone dinanzi ad un fatto incontrovertibile: il cambiamento non viene da nessun tipo di filosofia o guru … il cambiamento comincia da noi, con una presa di coscienza di piena responsabilità verso noi stessi e gli altri. Un libro non come gli altri, che deve essere letto, riletto, assimilato, annotato, approfondito, introiettato. Inoltre l’autrice, oltre a saper scrivere (non intendo solo come padronanza degli argomenti che tratta) e dunque detentrice di una dote oggi sempre più rara nel mondo delle lettere e della saggistica, pur non rinunciando alla semplicità espositiva, mantiene un rigore scientifico (basti guardare la ricca bibliografia a fine volume) che non fa altro che impreziosire e rendere esclusivo l’intero suo lavoro. Insomma questo libro è una nuova, immensa scoperta che farà sicuramente una grande differenza nella vostra vita!

lunedì 6 luglio 2009

Lele Vianello fra Talkink e Ali Eroiche (Allagalla ) : una riscoperta. Di Marco Laggetta*

Questo giugno è stato senza ombra di dubbio il mese di Lele Vianello, con ben due volumi a lui dedicati usciti in fumetteria e in libreria. Non può che far piacere, agli appassionati di fumetto d’autore, la notizia dell’uscita, nel mese di giugno, di due volumi dedicati al maestro veneziano, entrambi finalizzati al recupero di quella produzione di Vianello dispersa nel lungo periodo delle riviste. Lele Vianello è un maestro indiscusso del fumetto italiano. Dalle prime collaborazioni sulle riviste d’autore (Simbad, Il Mago, Help, Il Grifo e Corto Maltese, per citarne alcune) fino alle pregevoli ricostruzioni storiche iniziate con “La storia dei popoli a fumetti” di Enzo Biagi e proseguite con “Le Ali del Leone” e “Marco Polo”, in tandem con Guido Fuga, passando per le indimenticabili storie realizzate al fianco di Hugo Pratt (le saghe di “Corto Maltese” e de “Gli Scoprioni del deserto”, su tutte), Vianello non ha mai smesso di emozionare con il suo tratto morbido e la sua grande capacità di narrazione. Il primo dei due volumi, freschi di stampa, lo speciale di 110 pagine con tema “la paura” della rivista di letteratura e fumetto Talkink, edita dalla Cagliostro E-Press, ospita la storia a fumetti “Calle de la paura”, uscita per la prima volta sulla storica rivista Il Mago nella seconda metà degli anni ‘70 ed ora riproposta per la gioia dei fan del disegnatore veneziano e, in genere, per gli amanti della scuola prattiana. La vicenda narra la fuga del paziente di un manicomio dalla morsa dei suoi guardiani. L’uomo, avventuratosi per le calli buie di una Venezia misteriosa, scopre molto presto di preferire ai segreti inconfessabili di quei vicoli le mura asettiche della sua prigione. Il secondo volume, interamente disegnato da Vianello, dal titolo “Ali eroiche” (Allagalla), è invece la riproposizione integrale di due storie apparse sulla Rivista Aereonautica negli anni novanta su sceneggiature di Franco Ressa e si presenta come la continuazione ideale del discorso iniziato nel 2005 con il fortunato “Le ali del Leone”, in collaborazione con l’amico e collega Guido Fuga. La meravigliosa avventura del volo militare, raccontata in cinque caratteristici episodi ne “Le ali del Leone” e qui approfondita in due storie di più ampio respiro, è stata argomento di grande interesse per lo stesso Hugo Pratt che proprio sulla Rivista Aereonautica ha pubblicato la sua ultima storia completa: la suggestiva “Saint-Exupéry, l’ultimo volo”, sulle tracce del grande scrittore e aviatore francese, misteriosamente scomparso. “Ali eroiche”, seconda pubblicazione per la neo casa editrice AllaGalla, è anche un sentito omaggio al grande Milton Caniff, verso il quale Vianello ha più volte dichiarato di essere in debito per stile e tecniche di narrazione. D’altro canto come non pensare, quando si parla di grandi aviatori, a quello Steve Canyon che dalla seconda metà del novecento e per circa mezzo secolo ha infiammato le fantasie di migliaia di lettori di fumetto in tutto il mondo e influenzato autori del calibro di Jack Kirby, Frank Miller e Hugo Pratt!

*redazione Talkink

Io credo nei vampiri di Emilio de' Rossignoli (Gargoyle books)

La trama - Emilio de' Rossignoli - intellettuale che non perse mai di vista l'importanza della radice popolare della cultura - è il brillante cicerone di un viaggio suggestivo dove sfilano vampiri, lemuri, incubi, succubi, golem, mummie, licantropi, zombie, fantasmi, e dove storia, mito e cronaca si intrecciano in un raffinato montaggio di argomenti e interpretazioni. Una storia organica del vampirismo dalle origini ai nostri giorni, dal trascinante furore enciclopedico. La prosa limpida e lo stile sapientemente ironico conferiscono al testo una solida tenuta narrativa così che, pur trattandosi di un saggio, Io credo nei vampiri si legge come un romanzo, e proprio le pagine che sembrerebbero datate sono tra le più interessanti per i corsi e ricorsi di cui la storia del costume nostrano sembra essere popolato (le mode, le tendenze, le partigianerie, i collettivi incuriosimenti).

Il libro

Pubblicata dall'editore Luciano Ferriani per la prima volta nel 1961 e da allora mai più ristampata, Io credo nei vampiri è un'opera eccezionale che è stata e resta tuttora tra i primi e rari contributi non accademici sul vampirismo, dove competenza e intrattenimento si accordano felicemente. L'idea del libro maturò Fu sulla scia dell'enorme successo mondiale della pellicola Dracula di Terence Fisher (Horror of Dracula, 1958) - qualcosa di molto simile a quanto sta accadendo ora con il romanzo Twilight di Stephanie Meyer e con l'omonimo film che ha recentemente sbancato i botteghini di mezzo mondo - che 'de Rossignoli maturò l'idea di scrivere Io credo nei vampiri.

Nel suo saggio, l'autore si mette letteralmente al servizio di un tema che, nelle sue mani, diventa straordinariamente fertile, e scandaglia tutto lo scandagliabile attorno ai vampiri, che vengono analizzati da un punto di vista cinematografico, letterario, musicale, pittorico, religioso, mitologico, politico, scientifico, biologico, botanico, giurisprudenziale e di costume attraverso un avido e ricercato saccheggio di aneddoti, dicerie, leggende, credenze, folclori locali, visioni, formule e maledizioni arcane, cronache, trattati, rapporti ufficiali, testimonianze, antichi dizionari, e libri e giornali. Oltre a offrire un'occasione di conoscenza eccezionale e dai risvolti inattesi, de' Rossignoli mette i lettori davanti alla loro disponibilità a credere, a fidarsi, sfuggendo qualunque paura nei confronti del vampiro, una figura avvolta da pregiudizi solo in quanto diversa.
Autorevolmente e piacevolmente persuasivo, Io credo nei vampiri è un libro che dà molte risposte sul senso del terrore nell'arte e nella vita.

L'autore

Nobile di origine dalmata, Emilio de' Rossignoli nacque a Lussino in provincia di Pola, nel 1920. Dopo gli studi compiuti a Trieste e a Genova, si dedicò al giornalismo, specializzandosi nel campo dello spettacolo. Figura poliedrica di vastissima cultura, spaziò con disinvoltura dalla critica cinematografica e televisiva ai reportage di costume fino alla cronaca nera. Oltre a scrivere su quotidiani generalisti, de' Rossignoli fu un firma di spicco di periodici di settore come "Festival", "Novellefilm" e "Hollywood", collaborò anche per il cinegiornale di attualità "La Settimana Incom" e per il rotocalco "Settimo Giorno", e partecipò alla breve avventura della storica rivista di Gino Sansoni, "Horror" - a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta - dove teneva un'erudita e divertente rubrica intitolata 'Orizzonti del fantastico'. All'insegna della versatilità fu anche il rapporto che de' Rossignoli ebbe con la letteratura: egli, infatti, si cimentò con la saggistica, il romanzo rosa, il poliziesco e la fiction avveniristica. Oltre a Io credo nei vampiri - certamente la sua opera più importante -, ricordiamo i romanzi: H come Milano (1965), Lager dolce Lager (1977), Concerto per una bambola (1981), Strega della moda (1981) e La donna di ghiaccio (1982). De' Rossignoli è morto nel 1985, a Milano.

Dal Io credo nei vampiri:

Come ogni argomento trattato senza preparazione, a dritta e a rovescia, per soli fini commerciali, anche il vampirismo ha raggiunto la sua inflazione nel 1960. Se ne parlava un po' ovunque, sui giornali e nei salotti, con la frivolezza elegante e scarsamente informata che contraddistingue la nostra stampa di divulgazione e i nostri gruppi di cultura. Persino certe riviste specializzate non hanno saputo resistere all'attrazione dell'argomento [...] Questo modo, chiamiamolo "allegro", di trattare l'argomento ci sembra indicativo per documentare l'inflazione vampirica. Leggerezza, superficialità, inesattezza, tono di superiorità, distacco sarcastico, incredulità aprioristica compongono tutto quanto si è scritto e detto - molto, troppo - sui vampiri durante la "moda" 1958-1960.

Dall'introduzione di Angelica Tintori:

La scelta di riproporre il libro di de' Rossignoli è determinata dalla volontà di far ripercorrere ai lettori le pagine di un testo-chiave per diverse generazioni di appassionati, capace ancora oggi di palesare vivo interesse, competenza, rispetto e profondità di analisi riguardo a un tema davvero poco frequentato dalla critica letteraria e di costume, almeno nel nostro paese.

Da In viaggio con Emilio di Danilo Arona:

Sul fare del quattordicesimo anno di età, i ragazzini attaccano a imitare gli adulti [...] Noi giocavamo [...] a poker. E, siccome soldi da mettere sul tavolo non esistevano, ci giocavamo i beni più o meno preziosi. Fu così che vinsi, con una scala reale di picche, la mia copia di Io credo nei vampiri [...] Emilio de' Rossignoli. Chi era costui? Un grande di sicuro. Sapeva tutto e di più sul magico e terrificante mondo dei vampiri. E scriveva non da adulto snob, ma da adulto saggio, perfettamente in grado di farsi comprendere da un ragazzino. E ancora - il dato più importante, perlomeno per me - Emilio ci credeva. [...] Al punto che [...] ritenni di non nutrire alcun dubbio al proposito: i vampiri esistevano. Gli argomenti di Emilio non ammettevano contestazioni.

Da Bruciare le stoppie di Loredana Lipperini:

Manca, in Italia, la consapevolezza della potenza letteraria dell'horror. Quella che potrebbe avere, e quella che ha avuto. È esistito, nel Novecento, un gotico italiano che sembra essere passato senza lasciare traccia: quello di Tommaso Landolfi, di Dino Buzzati, dello stesso Italo Calvino. L'horror italiano, oggi, è - salvo [.] eccezioni - quello di un piccolo gruppo che si trincera dietro l'incomprensione altrui, e che vivacchia senza guardarsi attorno.

Gargoyle Books presenta, Io credo nei vampiri di Emilio de' Rossignoli
Con un'introduzione di Angelica Tintori
Interventi di Danilo Arona e Loredana Lipperini

domenica 5 luglio 2009

Bisogna raccontare di Maria Zimotti














Vite come atomi. Macchie sull´asfalto, come l´ombra di vita descritta da Camus a proposito dell´esplosione di Hiroshima. “Lasciò – diceva - l´ombra bruciata dell´uomo sul muro”. Neanche il tempo di dire le preghiere, tempo concesso anche agli ultimi condannati, anche a quelli che muoiono nei film western. Vite fugaci come le macchine che vagano come insetti per ogni dove con i respiri delle canzoni che saettano qua e là, appena percepiti dalla ragazza calda di sole che si mangia un gelato sul lungomare che costeggia la ferrovia, che costeggia la statale. Scie di strade attaccate a ferrovie, attaccate a spiagge. Scorci così ce ne sono a migliaia nella nostra penisola bagnata per tre quarti dal mare. Ed è una sera d´estate. Le sere d´estate si va in moto solo per il gusto di sentire l´aria fresca. Atomi, come le vite che nascono per caso. E per caso, quella sera, la reazione chimica. Un treno carico di gpl passa in quella stazione, tra le case. La meccanica e la chimica. La meccanica fa rompere il carrello che lega i vagoni che deragliano. E come la chimica vuole il suo contenuto inerte scivola via silenzioso. Come la vita che aspetta la scintilla che la penetri così, quella bomba di morte silenziosa aspetta il fato. Il fato è quella moto che passa, la scintilla della marmitta trasportata dal vento e come la chimica vuole tutto deflagra. Vite. Queste vite bisogna raccontarle, perchè non restino ombre. Il voyeurismo è imperante oggi come oggi, si sa. Inutile fare gli schizzinosi. Nel voyeurismo c'è il sentimento ambivalente della pietas e del gossip. Che poi è quello che i greci chiamavano catarsi. Il dolore è spesso teatrale. C'è sempre una buona dose di esibizionismo. Non lo confesseremmo mai neanche a noi stessi ma è così. Ma non c'è niente di male. E' il sentimento umano di esserci. E di raccontare. Io la voglio raccontare la vita breve di qualche atomo che ha lasciato ombre sull'asfalto. La nave Italia va con il “ghe pensi mi” del suo guitto padrone mentre la sera d'estate accoglie tanti stranieri. Sempre di più. Alla vigilia di qualcosa di cupo che li farà ritornare nell'ombra, alcuni di loro in questa sera toglieranno il disturbo da sé, qualcuno in meno. Laggiù nell'ombelico d'Italia, nella capitale gli insetti vocianti dei parlamentari nell'arnia sonnolenta del Parlamento stanno per vidimare leggi razziste in nome della sicurezza, dicono loro, in nome della paura. Ma loro, gli stranieri, come cavallette arrivano sempre e si fermano da qualche parte. Anche qui sul litorale toscano ne è appena arrivato uno. Attraversa solo la strada e abbraccia il suo parente. Nell'appartamento in cui sarà ospite come spesso succede, c'è la promiscuità di razze, dettata dal caso. Poi arriva la fiamma, tutto brucia e non vi è più nessuna differenza. “Domani, domani...” arriva dalla radio, sull'onda emotiva di un'altra tragedia vicina nel tempo. Anche qui, esserci. Essere vip e andare nel luogo nel disastro cosicchè anche chi è sfollato si senta vip, nel circolo vizioso dell'essere e apparire. “Domani, domani”, in Parlamento, nell'arnia sonnolenta e litigiosa, ci sarà un altro decreto urgente sul sangue dei morti in questo Paese che mette sempre le toppe e le illumina di telecamere. Intanto la terra trema ancora mentre le macerie d'Abruzzo sono tirate a lucido perchè arrivano i grandi. Il fato, chissà, sta in agguato. Che colpo teatrale, un terremoto che si porti via i potenti del mondo tutti in una volta. Anche questa è catarsi.

fonte iconografica: http://tg24.sky.it/tg24/cronaca/2009/07/02/procuratore_lucca_diretta_viareggio.html

Il llibro del giorno: Nemici pubblici di Michel Houellebecq e Bernard-Henri Lévy (Bompiani)

II "cattivo ragazzo" della narrativa contemporanea francese, come è soprannominato Michel Houellebecq, si accompagna per questo libro a uno dei filosofi più mediatici e alla moda del nostro tempo, Bernard-Henri Lévy: tra il gennaio e il luglio 2008 si scambiano lettere in cui parlano di molti temi, ma con un centro tematico ben presente: cosa può la cultura contro il potere? La cultura è scomoda? Attraverso un botta-e-risposta talvolta divertente, altre volte toccante, sempre sorprendente e sarcastico, i due famosi (o famigerati) scrittori francesi si provocano, si scoprono, si sfidano, in una meditazione a due che si fa intima come un diario e acuta come una riflessione filosofo. Un incontro, fra due delle personalità della cultura contemporanea più discusse di questi anni. Uno sfida, fra due scrittori che la pensano molto diversamente su molte cose. Una confessione, da parte di due autori che hanno sempre evitato di cadere nel privato. Michel Houellebecq e Bernard-Henri Lévy ci dicono come ci si sente a essere additati da nemici pubblici. Nemici pubblici perché minacciano i luoghi comuni, nemici pubblici perché provocano il perbenismo, nemici pubblici perché indeboliscono le sicurezze in cui è comodo per tutti adagiarsi.

"Attraverso un botta e risposta talvolta divertente, altre volte toccante, sempre sorprendente e sarcastico, i due famosi (o famigerati) autori francesi si provocano, si scoprono, si sfidano, in una meditazione a due che si fa intima come un diario e acuta come una riflessione filosofica. Un incontro fra due delle personalità della cultura contemporanea più discusse di questi anni"

(r.c) tratto da La Gazzetta del Mezzogiorno del 5/07/09, p. 26

casa editrice Bompiani: http://bompiani.rcslibri.corriere.it/bompiani/

Nemici pubblici di Michel Houellebecq e Bernard-Henri Lévy
2009, 314 p., Bompiani (collana I grandi pasSaggi Bompiani)

La Straordinaria forza di attrazione dei nostri pensieri di William Walker Atkinson (Bis edizioni)

William Walker Atkinson autore di numerosi testi, spesso sotto diversi pseudonimi tra cui Yogi Ramacharaka viene considerato un personaggio misterioso. Poco si sa della sua vita e della sua formazione. Esercitò la professione di avvocato, sin dal 1895, quando venne ammesso al Foro della Pennsylvania. Dopo qualche anno a seguito di una profonda crisi esistenziale, aderì al New Thought (Il Nuovo Pensiero) una nuova corrente filosofica che aiutava ( e lo fa tutt’ora ma con nuove linee teorico/programmatiche) a raggiungere salute, benessere e felicità attraverso il controllo sulla Mente e sulle proprie aspettative nei confronti di un Principio Divino totalmente positivo e buono. Fu il fondatore della Atkinson School of Mental Science. Le numerose “leggende metropolitane” sorte sul suo conto dicono che Atkinson sia stato allievo di Baba Bharata, un famoso yogi vissuto negli Stati Uniti agli inizi del secolo scorso, e che questi sia stato a sua volta allievo di un maestro indù che rispondeva al nome di Yogi Ramacharaka. Si pensa dunque che lo stesso Atkinson abbia preso in prestito questa identità usandola come uno dei suoi alter ego più noti. Altri ritengono che ciò sia invece dipeso dal fatto che l’autore si sia recato in Oriente per studiare presso maestri illuminati di religione induista. Poche dunque le affermazioni attendibili su questa figura singolare ed eccentrica. Una delle sue opere che prendiamo in considerazione in questa sede, edita in Italia da Bis edizioni e dal titolo “La Straordinaria Forza di Attrazione dei Nostri Pensieri” risente di una certa tradizione mistica di forte ispirazione orientale. Innanzitutto il principio che permea l’intero procedere della riflessione tra le pagine del volume la si può trovare nel fatto che nell’uomo esiste una sorta di genetico imperativo categorico che lo sprona a ricercare il riappropriarsi di sé, della sua salute, prima di accedere a livelli superiori di evoluzione. Atkinson è convinto che lavorando sul piano mentale all’acquisizione di immagini positive e sul piano emotivo all’interiorizzazione di sentimenti positivi, si possa instillare nel genere umano un seme di felicità che può esplodere nella creatività più completa dell’uomo, con la consapevolezza di non essere soli e di poter raggiungere la totalizzante essenza dell’anima in tutta la sua infinita esistenza. Scrive in proposito l’autore a pag. 80: “ La mente è stata paragonata a un pezzo di carta piegato. Anche dopo essere stato disteso tende a ripiegarsi nello stesso punto, a meno che non creiamo una nuova piega, che esso seguirà”. Le persone, per l’autore, sanno inconsciamente (perché l’hanno dimenticato, e dunque occorre sollecitarli alla “reminiscenza”) emettere pensieri sulla stessa lunghezza d'onda di denaro, benessere, salute e prosperità, tanto che le cose si realizzano spontaneamente come la luce solare che una volta emanata, colpisce senza sforzo ogni oggetto. “Come un sasso lanciato in acqua, il Pensiero produce increspature e onde che si propagano lungo il grande Oceano del Pensiero. C'è una differenza, comunque: le onde sull'acqua si muovono su un solo livello in tutte le direzioni, mentre le onde del Pensiero muovono in tutte le direzioni da un centro comune, proprio come i raggi che irradiano dal Sole” (William Walker Atkinson).
“La straordinaria forza di attrazione dei nostri pensieri” fa parte delle prime esperienze teoriche del New Thought , ma risulta a tutt’oggi di grande attualità nella letteratura della scienza della mente.
Attrarre ciò che più desideriamo è davvero possibile e alla portata di tutti. La mente è un potente magnete in grado di trasformare possibilità in realtà. Come mai però, è lecito chiederselo, in pochi ottengono quelle cose che tutti cerchiamo? Sono dotati di “equipaggiamenti” speciali? No, è solo questione di sintonizzazione di frequenze eidetiche con la Fonte Vibrazionale Primaria, dalla quale ha avuto origine ogni cosa. Una piccola parte del segreto? Attrarre a sé tutto ciò che si desidera Amando, proprio come l’amante calamita a sé, l’oggetto del proprio amore. Un’opera assolutamente necessaria per scoprire le potenzialità più dirompenti nascoste nell’uomo.


Thought Vibration
ISBN: 9788862280549

Prezzo € 8,08
invece di € 9,50 (-15%)


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sabato 4 luglio 2009

Il libro del giorno: L'Estate di Montebuio di Danilo Arona (Gargoyle Books)

In una notte del dicembre 2007, alle tre in punto, lo scrittore horror Morgan Perdinka si toglie la vita nel suo loft di Milano. Il 9 gennaio del 2008 il cadaverino mummificato di una ragazzina scomparsa quarantacinque anni prima riaffiora dalle acque gelide di un torrente sulla cima del Monte Buio, nell'Appennino Ligure. Eventi all'apparenza estranei l'uno all'altro. Ma quando un carabiniere e un anatomopatologo scoprono che il dodicenne Morgan trascorse le vacanze estive del 1962 sotto il Monte Buio, vivendo un tenero e infantile amore nei confronti della bambina destinata a essere inghiottita dal nulla l'estate successiva, una mostruosa verità inizia a farsi strada, trascinando i due uomini in un abisso inconcepibile dove regnano il Male puro e i suoi più insospettabili adepti. Cosa lega una vecchia colonia in rovina alle inquietanti preveggenze dei libri scritti da Morgan? Chi è la Vergine Crocefissa? Che cosa èla sostanza nera e fosforescente che da decenni prolifera sulle propaggini della montagna? Benvenuti nella mente diabolica di Morgan Perdinka, una zona oltre i confini del reale tutt'altro che morta...

"Il suicidio di uno scrittore horror, il ritrovamento di un corpo mummificato. Un tranquillo borgo ligure nasconde la sua buona dose di orrori"

di Dario Pappalardo tratto da L'Almanacco dei libri di Repubblica del 4/07/09, p. 41

casa editrice Gargoyle: http://www.gargoylebooks.it/site/

… e la chiamano subcultura “Come sarebbe stato il passato se il futuro fosse accaduto prima?”. Di Maria Beatrice Protino

Un pannello murale con carta da parati in stile vittoriano e poi le rose riprodotte sui tovagliolini da usare per servirsi al tavolo del buffet: la nuova mostra “Neo Vittoriani” - inaugurata il 26 giugno alla galleria Riva Arte Contemporanea a Lecce e aperta sino al 31 luglio - impone da subito la sua intenzione: Lowbrow senz’altro, Gotico - senza teschi questa volta – e Steampunk, come scrive il curatore Ivan Quaroni nel catalogo di presentazione dei tre artisti presenti. Osservare le opere esposte è riflettere su quanto la cultura e l’estetica contemporanea sia pregna di suggestioni e richiami allo stile vittoriano, che è gotico e rococò a volte, punk eppure attento alle tecnologie - e come non esserlo ormai? – e alla meccanica più che all’elettronica forse, ma anche dark, scuro, cupo, come può sembrare lo sguardo di un passante, dice Giuliano Sale - appunto uno degli artisti -, oppure eccentrico sino all’ironico, come vuole Vanni Cuoghi - che presenta tre delle sue opere -, o addirittura bestiale sino al parossismo - come le orecchie da asino su un corpo da bimbo che dipinge Silvia Idili.
I tre artisti sembrano cogliere aspetti della contemporaneità quali il turbamento e quella speciale forma di inquietudine placida, addirittura flemmatica a volte, negli atteggiamenti dei corpi delle “vergini collocate sullo sfondo di paesaggi arcaici… sotto cieli perennemente plumbei”, o “burleschi e surreali”, in quel tipico stile satirico di matrice vittoriana.
Velluto e satin, merletti e ricami all’uncinetto, oppure frange, paillettes, fiocchi, pizzi, lacci e stringhe per le scarpe, piercing e dettagli androgini d’ispirazione rinascimentale, ma anche l’impronta di un forte individualismo e della tolleranza nei confronti della diversità e della creatività, e - all’opposto, spesso in netta contraddizione - il cinismo e l’intellettualismo: uno stile di vita oggi, non più una semplice tendenza. Lo spirito e la capacità degli artisti presentati di filtrare, di mescolare l’immaginario popolare contemporaneo - in cui si associa il concetto di ecologia a quello di catastrofe, dove la lotta per le risorse ricrea o può ricreare atmosfere e condizioni simili a quelle dei bassifondi della Londra di fine Ottocento - alla propria visione della realtà, forse insinua indirettamente l’idea della decrescita, del ritorno a condizioni protoindustriali quale vera, possibile, unica soluzione per una società più equa: un’idea legittima, ancora calda di cova ed espressa in forma non verbale con un tocco di silenziosa, ricercata e splendida eleganza.

Sindromi e altri fatti d'inchiostro di Ilaria Ferramosca (Akkuaria)

Non ci credevo. Sino all’ultima pagina, avevo deciso di non lasciarmi prendere dall’entusiasmo, visto che spesso i bluff editoriali sono dietro l’angolo. Né il timbro “doc” al volume, impresso a indicarne la qualità, dell’intervento prefattivo di Andrea G. Pinketts mi ha influenzato più di tanto, che spesso si sa (e non si dice) le conoscenze dei salotti servono più di ogni altra cosa. Ma non è questo il caso, non appartiene a Ilaria Ferramosca l’essere oggetto di lusinghe o compiacenze, perché sarebbe indegno della sua abilità di scrittrice, e per di più di ottima qualità. Cosa poi assai singolare della poiesi narrativa di quest’autrice, è la capacità di tenere desta l’attenzione per ogni racconto, e soprattutto non avere mai cadute di tono e di stile, talvolta giungendo ad un autocompiacimento nell’utilizzo della bella parola, o della simmetria del periodo, a far vedere che il pop non è un sub-universo culturale, tutt’altro. Anche perchè l’operazione dello scrivere racconti è pericolosa e si muove sempre sul filo del rasoio: o si è un Giorgio Faletti nella peggiore delle ipotesi o andando al secolo scorso un Howard P. Lovecraft, oppure è meglio lasciar stare. Ilaria per i tipi della siciliana Akkuaria, consegna al pubblico un piccolo gioellino, di non più di cento venti pagine, che si lascia leggere piacevolmente e apprezzare da subito. Le vicende che danno corpo ai racconti si nutrono di paradossi, da intendersi non come strumenti che l’autrice utilizza come escamotage letterario dell’eccedenza, ma come gioco che costruisce due o più mondi paralleli, li struttura sin nei minimi particolari, e ne interseca i piani creando un forte spaesamento nel lettore, che non sa dove finisce la finzione e comincia la realtà. Penso alla sindrome da Woody Allen, al secolo Allan Stewart Königsberg, (ben nota ai giocatori di ruolo), del protagonista dell’episodio dal titolo “La Sindrome dello scrittore”, che personaggio principale di spy-stories raccontate da un celebre scrittore del genere, prende vita e va da una psicanalista perché interceda presso il suo creatore, per regalargli finalmente una vita tranquilla e ordinaria, e non fatta di inseguimenti, passioni brucianti al limite dell’attacco cardiaco, o di amori occasionali sfiancanti e vuoti. E ancora magistrale è la “neo-nikita” di “Una donna pulita” killer di professione assoldata da donne sposate e tradite dai mariti. Solo per citare due esempi scritturali presenti nel volume. Ilaria Ferramosca, inoltre ha una capacità di sedurre con la parola, una forza erotica semantizzante, che ha dell’incredibile, in grado di solleticare i sensi e amplificare le sensazioni in maniera esponenziale, e soprattutto sa di cosa parla, perché conosce testi e contesti che la circondano, e ne conosce per filo e per segno i recessi più oscuri. Scrive nella prefazione al volume Andrea G. Pinketts : “Quando leggerete i terribili, intriganti, coraggiosi racconti di Ilaria preparatevi al peggio che è quello che uno scrittore onesto vi può dare”. Sono d’accordo con lui, e … anch’io ci tengo molto!

Presenterò l'autrice questa sera al Grifone di Lecce per la Notte Bianca.
Start h.21,00

venerdì 3 luglio 2009

LA TRIUGGIO MARCHING BAND ALLO STREET BAND FESTIVAL 2009

Arriva a Martina Franca una delle più importanti bande da parata d’Italia: sabato 4 luglio la Triuggio Marching Band inonderà le strade del centro storico per la seconda giornata dello Street Band Festival 2009. Più di 50 elementi, provenienti da Triuggio, in provincia di Milano, che offriranno uno spettacolo fatto di evoluzioni coreografiche, performance musicali e insoliti caroselli.
La Triuggio Marching Band nasce nel 2004, con lo scopo di diffondere sul territorio un nuovo modo di fare musica ispirandosi al mondo delle Marching Show Band americane, come evoluzone del concetto di banda tradizionale. Pluripremiata in numerosi campionati nazionali e internazionali, la Triuggio Marching Band intratterranno il pubblico con l’esecuzione di brani rock, pop, latin colonne sonore, dagli arrangiamenti specifici,coinvolgenti ed impreziositi da movimenti coreografici degli stessi marching player e delle color guard.
50 elementi, in divisa da parata rossa e bianca, suddivisi in tre sezioni: i fiati che danno all’esecuzione dinamica e articolazione; le percussioni, cuore pulsante di tutto il gruppo e le color guard, un vero e proprio corpo di ballo che offre uno spettacolo elegante e di classe, grazie anche all’ausilio di bandiere colorate e attrezzi coreografici.
La parata avrà inizio intorno alle ore 20.00 in Piazza Plebiscito, di fronte alla Basilica di San Martino, dopo l’offerta dei Ceri ai Santi Patroni, per poi dirigersi in via Mercadante, attraversare Piazza XX Settembre e ritornare al punto di partenza. Si replica alle ore 22.30, con partenza in Corso Messapia, direzione Basilica di San Martino.

LA TRIUGGIO MARCHING BAND ALLO STREET BAND FESTIVAL 2009

A Martina Franca, sabato 4 luglio, una delle più importanti Marching show bands d’Italia

STREET BAND FESTIVAL 2009
3-4-5 Luglio 2009
Start - h. 20.00
Centro Storico Martina Franca (TA)
infoline: 0804301150; www.ideashow.it

Il libro del giorno: Alfabeti. Saggi di letteratura di Claudio Magris Claudio (Garzanti)

Nel suo infinito viaggiare tra le migliori pagine della letteratura, Magris spazia dall'antichità al romanticismo tedesco, dai maestri russi dell'Ottocento ai grandi testimoni della crisi del Novecento, fino ai nostri giorni. Si confronta con miti moderni come Don Chisciotte e Robinson Crusoe, torna su luoghi dell'anima come Vienna e Praga... Nelle sue letture segnala i capolavori riconosciuti e quelli dimenticati. E incontra i grandi temi dell'esistenza e gli eventi che segnano il nostro destino di uomini: la guerra e la felicità, l'identità e la famiglia, la nascita e la morte, lo sport e l'erotismo, l'ira e il coraggio, la speranza e la malinconia, la storia e le sue malattie, il riso e il sangue...

"Alfabeti di Claudio Magris, recentemente edito da Garzanti è, per così dire, un libro sui libri, un libro dedicato alle opere di carta che sono entrate, con maggiore o minore intensità, nella vita di un lettore d’eccezione come lo scrittore triestino. L’insieme di questo volume, intessuto sì di articoli pubblicati in prevalenza sul Corriere, ma con una sua netta fisionomia, costituisce una sorta di “autobiografia letteraria” e ci offre con molta precisione l’immagine dello scrittore, perché se un autore si svela sempre attraverso i suoi libri, qualcosa di più intimo ancora avviene quando comincia a riflettere e raccontare le letture di una vita".

di Marina Torossi Tevini tratto da Il Sottoscritto (http://nuke.ilsottoscritto.it/Home/tabid/36/Default.aspx)

casa editrice Garzanti: http://www.garzantilibri.it/

Alfabeti. Saggi di letteratura di Claudio Magris Claudio
2008, 490 p., Garzanti Libri (collana Nuova biblioteca Garzanti)

La vita agra di Luciano Bianciardi (Bompiani). Rec. di Vito Antonio Conte

Sono passate da poco le otto del mattino di sabato nove maggio duemilanove quando leggo “La morbida bolla di luce gocciò e si ruppe sulla pagina aperta. Come quella che spenge Anna prima di veire nel mio letto. E anch'io, tra poco, sbotto e goccio. Dunque quel plopped va bene così, no? Poi il sonno è già arrivato e per sei ore io non ci sono più”. Sono gli ultimi righi de “La vita agra”, quelli che chiudono il capolavoro di Luciano Bianciardi (Tascabili Bompiani, pagine 197, € 8,00). Ci sono libri che vorresti aver letto molto tempo prima di quando accade, altri che non lasciano segno, altri ancora che li leggeresti ancora una volta se soltanto non sapessi che c'è tanto altro da conoscere e il tempo è quel che è... Poi pensi che nulla accade per caso, anche quando la casualità sembra vestire il suo abito migliore. E allora, Bianciardi era lì, sullo scaffale dei libri da leggere, in bella vista, da diversi anni, aspettava il suo turno e il suo momento è arrivato: mi è piaciuto sin dall'incipit: per l'apparente sconclusionata digressione su fonemi e dialetti, per la citazione di Manduria (poi citerà anche Lecce e Copertino), per quell'aria di vita da fiera paesana che si respira immediatamente, per la citazione latina pertinente, per quel “Storto d'occhi ma dritto d'animo...” e, poi, mi è piaciuto per mille e mille altre ragioni, sino alla fine, quella che vi ho riportato in apertura di pezzo. Per chi non l'avesse ancora letto, non svelerò altro. Dirò soltanto che libertà è volerla e viverla, nonostante tutto e tutti, come se le vite fossero almeno due. Poi nient'altro dirò di questo libro, ch'è un capolavoro, come ho scritto sopra, e allora io -che non sono un critico letterario- cos'altro posso aggiungere? Un capolavoro è tale quando, narrando una storia qualunque, contaminando realtà e fantasia, rimane sempre attuale, contenendo la magia di trasmettere qualcosa al lettore. “La vita agra” è questo, ma non solo evidentemente... è soprattutto l'elogio delle marginalità, di tutte le marginalità, delle marginalità di ogni strato sociale, rese con crudezza, ma con un'eleganza stilistica unica e con una scrittura -all'un tempo- sobria e ricercata, ricca di neologismi, mai fine a se stessi, ma intercalati per dettare ritmo e sonorità al fluire della narrazione. Per evidenziarne i tempi. Per scandirne i momenti. Per esaltarne l'importanza. Il libro è stato scritto (in quel di Milano) nell'inverno del 1960-61 (fu pubblicato nel 1962 da Rizzoli) e del luogo e della stagione (ma del periodo, più in generale) contiene tristezze e contraddizioni. Italo Calvino fu uno dei primi lettori della bozza e ne rimase entusiasta. Bianciardi lo definì (prima ancora della pubblicazione) “la storia di una solenne incazzatura” e, subito dopo la prima edizione (stante l'immediato successo di critica e di vendite), ebbe a annotare: “Forse la vita agra stavolta è finita davvero”. È incredibile leggerlo e notare come in quasi cinquantanni sia cambiato il mondo e accorgersi che in fondo certe cose non cambiano mai. Ma sono di parola: non vi dico del romanzo. E poi, non mi è mai piaciuto, parlando di libri, soffermarmi sulla trama! Chiuderò questo pezzo con le stesse parole di Bianciardi, che non troverete nel romanzo, ma nella “Cronologia” della sua (breve e intensa) vita. Poco dopo essersi laureato, Bianciardi si sposa e a distanza di poco più di un anno e mezzo (ottobre 1949) nasce il primo figlio, Ettore. Nell'occasione Luciano Bianciardi riceve la visita di suo padre e di quell'incontro dice: “... parlammo della nostra vita, e di quella nuova vita che era nata ora. Dovemmo concludere che avevamo fallito, lui ed io, e forse anche suo padre, se c'erano state due guerre mondiali con tanti morti, e la miseria e la fame, e così scarsa sicurezza di vita e di lavoro e di libertà per gli uomini del mondo. Io conclusi che non doveva più accadere tutto questo, che non volevo che mio figlio, come me e come mio padre, rischiasse un giorno di morire o di uccidere, di soffrire la fame o di finire in carcere per avere idee sue, libere. Non potevo più neppure rinunciare ad avere fiducia nel mio mondo e nei miei simili, chiudermi in un bel giardinetto umanistico e di ozio incredulo, soddisfatto dell'aforisma che al mondo non c'è nulla di vero. Dovevo scegliere, la presenza di mio figlio me lo imponeva, non potevo neppure pensare di risolvere il problema individualmente, o di rimandarlo a più tardi, cercare, al momento buono, di truffare l'Ufficio leva, o creare per mio figlio una situazione di privilegio, far di lui , come aveva voluto mia madre. Non ci sarà soluzione sicura per mio figlio se non sarà sicura anche per tutti i bambini del mondo, anche questo mi pareva abbastanza chiaro... non basta essere soli col proprio lavoro e con la propria miseria, ci vuole anche un figlio per desiderare l'avvenire e lavorare a costruirlo”.
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giovedì 2 luglio 2009

Il libro del giorno: L' angelo dalla faccia sporca. Goal e guai di Valentín Angelillo di Dario Salvatori (Mannni)

La vicenda di Antonio Valentín Angelillo scorre a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, in un'Italia fra cambiali e boom economico, oriundi fuoriclasse e bidoni fuoriquota, tra inibizioni e peccati. In questo clima si incendia e si brucia la love-story fra Antonio e Ilya, calciatore e ballerina, pura premonizione di ciò che nel calcio accadrà. A completare il volume un inserto fotografico con le figurine Panini e le copertine dei rotocalchi dell'epoca.

"Salvatori si interessa di musica, non sa nulla di calcio però ha scritto questa bella, tenera storia di Angelillo, campione perseguitato da Herrera per amore"

di Antonio D'Orrico tratto da "In venticinque parole" del Corriere della Sera Magazine, n. 26 del 2/07/09, p. 102

casa editrice Manni: http://www.mannieditori.it/index_x.asp


L' angelo dalla faccia sporca. Goal e guai di Valentín Angelillo
di Dario Salvatori, Mannni editore (2009)

La fisica del successo di Natalie Reid (edizioni Il Punto d'Incontro)

Entanglement, è un termine anglosassone usato tra gli studiosi di fisica quantistica (Massimo Teodorani è un luminare in questo campo di studi) che sta a significare “intreccio”, anche se a mio avviso, sarebbe forse più appropriato usare la parola “legame” che in un tale ambito specifico indica che le particelle si comportano come un tutt’uno organico. Se si volesse avere un’idea di ciò di cui si sta parlando si può fare tranquillamente riferimento all’esperimento più importante, del 1982, fatto dal fisico francese Alain Aspect dove si osservò che se si cambiava una proprietà (come ad esempio lo spin o la polarizzazione) della prima particella cambiava nello stesso istante anche la proprietà dell’altra. E l’Osservazione eseguita dall’Osservante sembra essere il fulcro di tale mutazione, ovvero è emerso che l’atto della misura perturba la prima particella come lo stato della particella gemella. Naturalmente si tratta di un fenomeno quantistico confermato solo su di un piano microscopico. Ma modelli teorici recenti e complessi uniti ad uno studio meticoloso del cervello, pensiamo a al modello di “neurodinamica quantistica” proposto da Roger Penrose e dall’anestesiologo Stuart Hameroff, prevedono che le nostre strutture micro-tubulari, l’architettura complessiva dei neuroni cerebrali, funzionino sull’intera massa cerebrale attivando uno stato di “legame coordinato” tra loro, che si configura poi in un vero e proprio atto di coscienza. Fisici teorici come Brian Josephson, fisici sperimentali e psicologi sperimentali come Robert Jahn, Dean Radin e Roger Nelson, sono convinti che la telepatia e la “coscienza collettiva”, siano eventi concreti e tangibili frutto di intrecci quantici tra due o più coscienze separate tra di loro ma che tra loro comunicano con lo stesso meccanismo della risonanza. Pare dunque che il nostro inconscio puntualmente (la manifestazione del fenomeno potrebbe farlo sembrare invece un evento improvviso) possa “ricordarsi” che esiste un’anima gemella che vive da sempre in simbiosi con noi, e allora tutto accade in maniera simultanea, anche se può sembrare che il Caso ci metta il suo zampino. Insomma il mondo dei quanti rivela chiaramente che l’uomo può influire molto più di quanto pensa sul corso della sua vita. Ma non è vitale conoscere le complessità della fisica quantistica per mettere in pratica i suoi insegnamenti. Per le edizioni Il Punto d’Incontro esce “La fisica del successo” di Reid Natalie ovvero come usare gli incredibili segreti della fisica quantistica per creare la vita che desideri. Continuano gli interessanti contributi di autori legati in qualche modo al New Tought, e questo libro riconferma la bontà del progetto teoretico, dimostrando come si può cambiare la propria vita, avere un lavoro migliore, una casa, più denaro, qualcuno da amare o a raggiungere altri obiettivi di miglioramento personale. La fisica del successo aiuta a comprendere come siamo entrati in possesso di ciò che ci sta riservando l’esistenza e come modificarlo per ottenere la vita che si desidera. Primo passo importante da prendere subito in considerazione è quanto scrive l’autrice stessa a pag. 55 e 56: “ Qualunque sia la relazione di una persona con Dio, l’idea di Colui che fa funzionare la Grande Macchina non è più sostenibile. Non siamo pezzi inermi su una scacchiera, semplici distrazioni per un Dio che ha già deciso tutto. Non siamo soldatini che marciano dentro un piano predeterminato. Anzi, come prova la fisica quantistica, il mondo trabocca di potenzialità e promesse, e questo cambia tutto”. Dunque abbandonare la fisica deterministica di Isaac Newton (ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria) per prendere consapevolezza che il misterioso mondo dei quanti dimostra la nostra inconfutabile capacità di influenza sul corso della nostra vita: noi siamo co-creatori dell’universo. Ma per attivarci in questo occorre partire da una profonda assunzione di responsabilità individuale nell’intraprendere una data azione, e si tratta di un processo che la Reid illustra , unendo alle sensazionali scoperte della fisica quantistica, un lavoro di carattere pisco-antropologico approfondito e utile al lettore per guarire dalle ferite del passato, evitare l’auto­sabotaggio, a operare straordinari cambiamenti nelle relazioni personali, nel lavoro, nel rapporto con il denaro e in qualsiasi altro settore della vita. Attraverso un sistema in cinque passi (Assumetevi la responsabilità, Indagate ed eliminate, Progettate e create, Osservate e dategli forma, Dategli senso e valore), pratico e facile da usare, “La fisica del successo” fornisce potenti tecniche e meditazioni che stimolano l’inconscio a creare esattamente il futuro che desideriamo. Un consiglio: non lasciatevi intimorire dai numerosi riferimenti al pensiero dei più grandi esponenti della fisica quantistica come Werner Heisenberg, Hugh Everett o Max Planck o ancora Erwin Schrodinger … al termine della lettura del volume sarà tutto fin troppo chiaro

“L’universo è nato ed esiste solo perché lo osserviamo... A livello microscopico, noi partecipiamo nel creare il passato, così come il presente e il futuro”.

John Archibald Wheeler, astrofisico ideatore del concetto e del termine buchi neri

"Sulla mia scrivania capitano libri importanti solo sporadicamente, ma quando ho letto il libro di Natalie Reid ho capito che si tratta di un titolo che resisterà alla sfida del tempo, assieme ai capolavori di Napoleon Hill e Norman Vincent Peale. La fisica del successo è già un classico".

Vin Smith, The Midnight Bookworm

Natalie Reid ha un dottorato in Psicologia e ha approfondito le sue ricerche anche nel campo della fisica quantistica. Esercita come psicologa, unendo al coaching e alla meditazione l’espe­rien­za maturata in tren­t’anni di attività e stimolando la consapevolezza del­l’im­­portanza del legame tra mente e corpo. Ha lavorato con numerosi team di management di grandi aziende, come Bank of America, Isaac, Char­les Schwab and Fair, Progressive Corp. Natalie è spesso ospite di trasmissioni radiotelevisive e i suoi contributi vengono pubblicati da quotidiani e riviste. Vive negli Stati Uniti, tra la baia di San Francisco e il New England.

Come usare gli incredibili segreti della fisica quantistica per creare la vita che desideri.
ISBN: 9788880936541

Prezzo € 14,90


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mercoledì 1 luglio 2009

Chiarelettere e Monteverdi Promotion presentano a Roma "Il fatto quotidiano"

Mercoledì 8 luglio Roma diventerà protagonista della prima notte bianca contro la legge bavaglio dedicata all’informazione libera e indipendente. Un appuntamento che a partire dalle ore 21 e per tutta la notte vedrà succedersi musica e ospiti del mondo giornalistico, culturale e dello spettacolo. Marco Travaglio, Antonio Padellaro, Peter Gomez, Bruno Tinti, Oliviero Beha, Flavio Oreglio, Alessandro Bergonzoni, Vauro, sono solo alcuni dei nomi che uno dopo l’altro lanceranno il loro messaggio chiaro e forte contro ogni forma di censura e prevaricazione nei confronti di stampa, televisione e tutti i media che popolano il mondo italiano dell’informazione. Fulcro della serata sarà la presentazione del nuovo giornale “Il Fatto Quotidiano” in uscita a partire da settembre, con la direzione di Antonio Padellaro e che ad oggi conta già migliaia di richieste di abbonamento (il modulo si può scaricare su www.antefatto.it). La serata si svolgerà presso Alpheus Multiclub in Via del Commercio 36 (Roma), l’ingresso è libero.
L’evento è realizzato in collaborazione con Chiarelettere e Monteverdi Promotion.
Per info: info@monteverdipromotion.com Tel. 06 57 47 826

Il libro del giorno: La cripta d'inverno di Anne Michaels (Giunti Editore)

La storia d'amore tra Avery e Jean, una coppia anglo-canadese che nel 1964 si trasferisce sotto gli imponenti templi di Abu Simbel, e abita una casa galleggiante sul Nilo. Come per un destino legato all'acqua, i due giovani si erano incontrati pochi anni prima lungo la riva del fiume San Lorenzo mentre Avery, sulle orme del padre ingegnere, lavorava al canale navigabile che avrebbe sommerso villaggi, terre, memorie. Dal canto suo Jean, botanica per vocazione, salvava piante destinate a scomparire. Avery è adesso impegnato a smantellare i templi egizi per riassemblarli al riparo dall'inondazione provocata dalla nuova diga di Assuan. La dicotomia tra creazione e distruzione innescata dall'intervento umano turba i due protagonisti, mentre la loro intesa si incrina per colpa di una profonda, più personale ferita. Una volta tornati in Canada, Jean si avvicina a Lucjan, un artista polacco che le dedica un singolare mélange di erotismo e dolenti memorie sulla devastazione del ghetto di Varsavia e la ricostruzione nel dopoguerra. Un altro mondo cancellato e poi ricreato, simile eppure fittizio. Ma ciò che è sparito dal mondo visibile non continua forse ad abitarlo, nelle profondità recondite della terra e dell'acqua?

" A distanza di dodici anni (dal suo romanzo In fuga - ndc), la scrittrice canadese ha dato alle stampe La cripta d'inverno, storia di due giovani sposi canadesi chiamati Jean e Avery, i quali si trasferiscono a vivere in una casa galleggiante sul Nilo, in prossimità dei templi di Abu Simbel, all'epoca della costruzione della diga di Assuan. Nel romanzo si affronta il tema del progresso, della tecnologia e dei suoi effetti"

di Antonio Monda tratto da La Repubblica del 1/07/2009, p. 45

casa editrice Giunti: http://www.giunti.it/

La cripta d'inverno di Anne Michaels 2009, 336 p.
Giunti Editore (collana Giunti Blu)

Il segreto di piazza Fontana, Paolo Cucchiarelli (Ponte alle Grazie, 2009). Rec. di Manlio Castronuovo*

Il 12 dicembre 1969 alle 16.37, nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, una devastante esplosione causò la morte di 16 persone, per lo più agricoltori e commercianti che come ogni venerdì erano in banca per comprare e vendere i propri prodotti.
Quell’esplosione non fu la sola. Altri 3 ordigni deflagrarono contemporaneamente a Roma (due all’Altare della Patria ed uno alla Banca Commerciale provocando solo alcuni feriti) ed una bomba fu trovata inesplosa alla Banca Commerciale di piazza della Scala a Milano, e poi fatta brillare dagli artificieri nel cortile interno della banca prima che potesse fornire indicazioni utili sulla matrice degli attentati. Sono passati 40 anni e 11 gradi di giudizio non sono riusciti a stabilire né i colpevoli materiali né i mandanti degli attentati di quel giorno. Ci è riuscito Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’agenzia ANSA, che ha realizzato un’inchiesta durata oltre 10 anni e che è stata pubblicata da “Ponte alle Grazie” nonostante altri editori, nel recente passato, si fossero tirati indietro dopo averne già annunciato l’uscita.
Il lavoro svolto da Cucchiarelli è molto complesso e rappresenta un passo in avanti molto consistente rispetto alla verità giudiziaria che, come sottolinea l’autore, è solo una parte della verità.
Il lavoro è diviso in quattro parti, molto corpose e documentate, nelle quali i dettagli portati a supporto delle ipotesi sono talmente tanti da lasciar trasparire tutta la serietà e l’importanza del lavoro. Nella prima parte Cucchiarelli parla degli oggetti mancanti, che sono stati dimenticati, dispersi o occultati e che hanno reso impossibile giungere alla verità giudiziaria e condannare i veri responsabili della strage. Ecco dunque riemergere altre due bombe inesplose, dei finti manifesti anarchici, delle borse diverse dalla “Mosbach & Gruber” che ufficialmente conteneva l’ordigno esploso nella BNA. Nella seconda parte vengono analizzate alcune “doppiezze” che sono state la chiave di volta per attuare la strategia che voleva far ricadere la colpa di tutto esclusivamente sugli anarchici. Così spuntano due taxi che avrebbero accompagnato due persone molto simili davanti all’entrata della banca pochi minuti prima dell’esplosione, alcuni sosia dell’anarchico Pietro Valpreda (il primo ad essere indiziato di aver messo la bomba), un secondo ferroviere anarchico che avrebbe dovuto “raddoppiare” il ruolo di Pino Pinelli. In questa parte Cucchiarelli riesamina tutta la vicenda di Pinelli e del suo tragico “volo” dalla finestra della Questura di Milano che lo stroncò la sera del 14 dicembre quando da oltre 48 ore era sotto interrogatorio da parte degli uomini della DIGOS che facevano capo al commissario Calabresi ed al dirigente Allegra. Cucchiarelli giunge ad un’ipotesi molto interessante e nuova sulla dinamica della caduta e, soprattutto, sulla sua causa.
Nella terza parte viene analizzata la strategia dell’infiltrazione e della provocazione che i gruppi dell’estrema destra facenti capo ad Ordine Nuovo effettuarono nei confronti degli anarchici e della sinistra marxista-leninista in generale. Questa tattica era iniziata già dal 1968 e si concretizzò in una serie di alleanze e commistioni che resero possibile attuare la logica della “seconda linea” che non vedeva più i fascisti come responsabili diretti degli attentati, ma come registi occulti (inconsapevoli per colui che ne veniva utilizzato) e braccio operativo determinante per realizzarli facendone ricadere le responsabilità su altri. Di questa logica di infiltrazione Cucchiarelli individua coloro che la supportarono e coloro che la coprirono. Nella quarta ed ultima parte l’autore esamina le responsabilità politiche ed internazionali, tutto ciò di cui ancora oggi nessuno vuol parlare, ricollocando le morti di Feltrinelli e Calabresi in un perverso intreccio di armi ed esplosivi.
“Il segreto di piazza Fontana” è un libro che non può mancare nella biblioteca di chiunque voglia conoscere quegli anni e di chi vuole sapere chi ebbe la responsabilità di sporcare di sangue quel pomeriggio prenatalizio nella speranza di scatenare una risposta autoritaria da parte dello Stato sul modello dei Colonnelli greci. Obiettivo, questo, che grazie al cielo fallì miseramente.

*Studioso degli anni ’70
www.vuotoperdere.org

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