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domenica 31 gennaio 2021
Conan The Barbarian by Robert E. Howard
Conan the Cimmerian: the boy-thief who became a mercenary, who fought and loved his way across fabled lands to become King of Aquilonia. Neither supernatural fiends nore demonic sorcery could oppose the barbarian warrior as he wielded his mighty sword and dispatched his enemies to a bloody doom on the battlefields of the legendary Hyborian age.
Collected together in one volume for the very first time, in chronological order, are Robert E. Howard's tales of the legendary hero, as fresh and atmospheric today as when they were first published in the pulp magazines of more than seventy years ago.
Compiled by and with a foreward and afterword by award-winning writer and editor Stephen Jones.
Quel che ci è dato di Marilynne Robinson (Minimum Fax)
In tutta la sua opera, narrativa e saggistica, Marilynne Robinson ha costruito una critica appassionata della società contemporanea - con la sua dipendenza dalla tecnologia e il suo materialismo - nel nome di un profondo umanesimo che recuperi il nostro valore in quanto creature divine, per quanto fallibili e predatorie. Nei diciassette saggi di questa raccolta, la Robinson spazia - con la profondità e la limpidezza che i suoi lettori hanno imparato a conoscere - lungo un ampio spettro di temi: dalla capacità dei grandi pensatori del passato (Calvino, Locke, Shakespeare) di influenzare e guidare le nostre vite, all'ascesa di un'élite autoproclamatasi tale, che rischia di corrompere la vita politica e religiosa degli Stati Uniti, allontanandola dai valori della democrazia e della fede. Una lettura indispensabile, per comprendere e apprezzare ancor meglio la lucida visione che ha ispirato romanzi memorabili come Gilead e Lila, e per guardare con nuova consapevolezza l'America e la crisi profonda che ne sta prosciugando il sogno.
Storia di Shuggie Bain di Douglas Stuart e Carlo Prosperi (Mondadori)
È il 1981: Glasgow, un tempo fiorente città mineraria, sta morendo sotto
i colpi del thatcherismo e i suoi abitanti lottano per sopravvivere.
Agnes Bain si aspettava di più dalla vita, ha sempre sognato e
desiderato una casa tutta sua e un'esistenza che non fosse precaria.
Lei, che un tempo è stata bellissima, è ormai una donna delusa avvolta
in una pelliccia di visone spelacchiata. Quando il marito, tassista e
donnaiolo impenitente, la abbandona, si ritrova con i suoi tre figli in
balia di una città devastata dalla crisi economica. Mentre la donna si
rifugia sempre più spesso nell'alcol, i figli fanno del loro meglio per
prendersene cura, ma a uno a uno sono costretti ad abbandonarla, per
riuscire quantomeno a salvare se stessi. A non perdere la speranza
rimane solo Shuggie, il figlio minore, da sempre protettore e vittima di
Agnes, che si muove circospetto in mezzo ai deliri etilici della madre.
Ma anche Shuggie ha i suoi problemi: nonostante si sforzi di essere
come gli altri, lui è diverso: ben educato, esigente, pignolo e un po'
snob, è una creatura completamente fuori luogo nello squallore disperato
della Glasgow di quegli anni, uno strano bambino che parla come un
principe. I figli dei minatori lo prendono di mira perché gay, gli
adulti lo rimproverano e ne sono infastiditi, e lui finisce per
convincersi che se farà del suo meglio per essere "normale" potrà
aiutare Agnes a fuggire da questa città senza più speranza. Shuggie e
Agnes si ritrovano entrambi messi ai margini: lei ostracizzata dalle
altre donne e usata dagli uomini, lui vittima del bullismo e del
machismo. Ma la storia al centro del romanzo, oltre a essere il ritratto
indimenticabile di una città, di una famiglia e di una donna in
difficoltà, è soprattutto una struggente, straordinaria storia d'amore,
di quel sentimento fortissimo che solo un figlio può nutrire.
La figlia di Shakespeare di Paola Musa (Arkadia Editore)
Quando Alfredo Destrè accetta di risollevare le sorti del più importante
teatro della città è un successo di critica e pubblico, che il vecchio
attore spera di coronare con il premio alla carriera atteso da una vita.
A metterne in dubbio il merito artistico e morale, sarà però un collega
della sua compagnia teatrale giovanile, Enrico Parodi, che da sempre ha
impersonato il fool shakespeariano. Dopo il buon successo di critica
del precedente romanzo “L’ora meridiana”, incentrato sull’accidia, Paola
Musa ritorna a indagare i peccati e i vizi della società moderna
costruendo una storia magistrale intorno alla superbia. In queste pagine
si riverberano così il senso del divenire anziani, lo scontro
generazionale, l’incomunicabilità, il predominio di una tecnologia
soffocante e alienante, la decadenza culturale, il sottile confine tra
ambizione e valore e, dunque, la confusione tra grandezza e superbia.
Piranesi di Susanna Clarke e Donatella Rizzati (Fazi)
Piranesi vive nella Casa. Forse da sempre. Giorno dopo giorno ne esplora
gli infiniti saloni, mentre nei suoi diari tiene traccia di tutte le
meraviglie e i misteri che questo mondo labirintico custodisce. I
corridoi abbandonati conducono in un vestibolo dopo l’altro, dove sono
esposte migliaia di bellissime statue di marmo. Imponenti scalinate in
rovina portano invece ai piani dove è troppo rischioso addentrarsi:
fitte coltri di nubi nascondono allo sguardo il livello superiore,
mentre delle maree imprevedibili che risalgono da chissà quali abissi
sommergono i saloni inferiori.
Ogni martedì e venerdì Piranesi si
incontra con l’Altro per raccontargli le sue ultime scoperte. Quest’uomo
enigmatico è l’unica persona con cui parla, perché i pochi che sono
stati nella Casa prima di lui sono ora soltanto scheletri che si
confondono tra il marmo.
Improvvisamente appaiono dei messaggi
misteriosi: qualcuno è arrivato nella Casa e sta cercando di mettersi in
contatto proprio con Piranesi. Di chi si tratta? Lo studioso spera in
un nuovo amico, mentre per l’Altro è solo una terribile minaccia.
Piranesi legge e rilegge i suoi diari ma i ricordi non combaciano, il
tempo sembra scorrere per conto proprio e l’Altro gli confonde solo le
idee con le sue risposte sfuggenti. Piranesi adora la Casa, è la sua
divinità protettrice e l’unica realtà di cui ha memoria. È disposto a
tutto per proteggerla, ma il mondo che credeva di conoscere nasconde
ancoratroppi segreti e sta diventando, suo malgrado, pericoloso.
Susanna
Clarke, autrice fantasy fra le più acclamate, torna in maniera
trionfale con un nuovo, inebriante romanzo ambientato in un mondo da
sogno intriso di bellezza e poesia.
«Piranesi mi ha sbalordita. È un esempio di storytelling miracoloso e luminoso».
Madeline Miller
«Un
avvincente, suggestivo mistero. Questo libro è un tesoro trasportato
dal mare su una costa dimenticata, che attende solo di essere scoperto».
Erin Morgenstern
«Che mondo ha creato Susanna Clarke… Piranesi è un puzzle squisito».
David Mitchell
«Ci riporta decisamente a Sogno di una notte di mezza estate, per non parlare de La tempesta. Susanna è una di quegli scrittori che usano gli strumenti della fantasia per parlarci di noi stessi».
Neil Gaiman
«La pubblicazione di Piranesi conferma che Susanna Clarke è fra i più grandi e interessanti scrittori di fantasy degli ultimi cent’anni o più».
«Times Literary Supplement»
La presa di Singapore di James Gordon Farrell, Francesca Cosi, e al. (Neri Pozza)
Singapore, 1937. Walter Blackett, president dell’illustre casa
mercantile Blackett and Webb Limited, fino a qualche tempo fa non poteva
certo lamentarsi della sua vita, condotta sempre nel segno della
tranquillità e di una crescente fortuna. Al punto tale che, nei due
decenni dopo la Grande Guerra, solo un paio di volte qualcosa ha osato
turbare il placido equilibrio della sua esistenza. Si trattava, però, di
piccolo questioni, faccende di nessun peso. Nulla, insomma, che potesse
essere accostato alle gravose circostanze in cui si ritrova a vivere
ora. Saranno i tempi moderni, ma tanto per cominciare Joan, la figlia
maggiore, frequenta solo giovani pretendenti del tutto inadatti a lei e
alla sua condizione. Un’attitudine intollerabile per un uomo come Walter
Blackett, che non può certo lasciare che le figlie convolino a nozze
con un avventuriero qualsiasi. Norma vorrebbe che la figlia del
presidente della Blackett and Webb Limited sposasse qualcuno che abbia
il suo stesso rango all’interno della Colonia. Il figlio di Mr Webb, il
suo socio in affari, ad esempio. Peccato che anche per il ragazzo di
Webb non sembra valere più alcuna norma: il rampollo è cresciuto con
strambe idee progressiste sull’alimentazione e l’istruzione e, anziché
affiancare il padre nella conduzione della casa mercantile, lavora per
la Società delle Nazioni. Per giunta, con il passare degli anni, lo
stesso Mr Webb dà segno di inesplicabili stramberie. Ha preso
l’abitudine di potare le rose in giardino completamente nudo e di
recente ha anche iniziato a invitare a casa sua giovani cinesi di
entrambi i sessi «per modellare il fisico» per mezzo di sessioni di
allenamento e ginnastica. Per fortuna gli affari vanno a gonfie vele. La
guerra, e la corsa dei governi inglese e americano all’accaparramento
di scorte per affrontare un eventuale crollo delle forniture, ha portato
la domanda di gomma a livelli mai visti. Certo, gli scioperi
dell’ultimo decennio hanno cambiato il volto della Malesia Britannica e
ancora scuotono il paese. Ma chi potrebbe lontanamente supporre che il
glorioso Impero britannico, con i suoi stabili confini tra classi e
nazioni, possa correre un qualche pericolo?
Sferzante e irresistibile
romanzo sulla caduta dell’Impero britannico e, nello stesso tempo,
impeccabile ricostruzione dello sfarzo e delle miserie della vita dei
coloni inglesi negli anni Trenta, La presa di Singapore conclude la
Trilogia dell’Impero, iniziata con Tumulti e proseguita con L’assedio di
Krishnapur, trilogia che ha fatto di J. G. Farrell uno dei più
acclamati e importanti scrittori inglesi del Novecento.
Un romanzo
brillante, complesso, assurdo e malinconico sulle follie e gli splendori
dell’Impero coloniale britannico». Hilary Spurling
«Questo vivido affresco di Singapore è un libro superbamente costruito, divertente per molteplici aspetti». The Sunday Times
«Con la sua arguzia gentile Farrell cattura l’anima di Singapore». Time Magazine
Filosofia felina. I gatti e il significato dell'esistenza di John Gray (Rizzoli)
Qual è il segreto di una vita felice? Come si comporta un uomo giusto?
Come si fa ad amare gli altri, e a esserne amati? Come si riesce a
sopportare la perenne instabilità di tutte le cose? Come sopravvivere
alla inesorabile perdita di tutto ciò che ci è caro? Da Seneca a
Spinoza, da Pascal a Schopenhauer, per secoli i filosofi hanno tentato
di dare risposte alle grandi questioni dell'esistenza. Ma se fossero i
gatti, anziché i grandi pensatori, i migliori maestri di vita? Secondo
il filosofo John Gray, i piccoli felini che da millenni vivono accanto a
noi hanno molto da insegnarci: non conoscono l'ansia e l'angoscia di
vivere; gestiscono con saggezza i complicati rapporti con i loro simili e
con gli esseri umani; sanno affrontare con serenità e dignità la morte,
propria e altrui. Il famoso gatto di Montaigne, invidiabile esempio di
equanimità. Meo, un acciaccato veterano della guerra in Vietnam, con la
sua incrollabile capacità di godersi tutto quello che il Destino gli
offre. La gatta della scrittrice Colette, Saha, deliziosa e perfida
osservatrice delle umane gelosie. Parlandoci con divertimento e passione
delle qualità uniche e ineffabili di questi (e molti altri) "gatti
esemplari", Gray ci insegna che la condizione umana si può anche
osservare con occhi diversi da quelli degli uomini.
sabato 30 gennaio 2021
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