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giovedì 13 gennaio 2011

Lettera a D. Storia di un amore di André Gorz. Intervento di Elisabetta Liguori











Poiché l’amore è tema sempre di gran moda e l’uomo sembra continuare ad averne bisogno come di una zattera per navigare il mondo, è giusto farsi ogni tanto un paio di domande a tema. Quanto dura esattamente? Ha una data di scadenza come lo yogurt? Come si modificano nel tempo le sue particelle organolettiche? Cosa ne resta in vecchiaia? Sarebbe bello poterlo chiedere ad Andrè Gorz. Purtroppo, e forse non a caso, Gorz è morto suicida nel 2007, assieme alla moglie Dorine, affetta da un morbo degenerativo. La sua è ormai, come quella di altri, la voce di un mito. «Ebreo austriaco», come amava definirsi, nato a Vienna nel 1923, trasferitosi prima a Losanna, poi a Parigi, dove iniziò la carriera di giornalista e saggista, arrivando fino alla direzione di «Les Temps Modernes», la rivista di Sartre, e alla fondazione con Jean Daniel del «Nouvel Observateur», fu uno dei grandi intellettuali di Francia. Con opere come “ Il traditore” influenzò l’esperienza di tutta sinistra europea (anche se non mancò chi, come sempre accade per i liberi pensatori, seppe rintracciare tra i suoi gli ideali tipici della destra) . “Lettera a D. Storia di un amore”, pubblicato da Sellerio, è la sua ultima opera. Una dichiarazione appassionata indirizzata alla moglie, che ne fa oggi una sorta di maìtre à penser del sentimento. Con questa lettera l’amante spiega all’amata, e a se stesso, come è nato il loro amore, quanto difficile è stato riconoscerlo, fino a dove si è spinto e perché. Quello di Gorz per la sua Dorine, infatti, è un amore durato 58 anni. Un amore senza data di scadenza, quindi, che in questa sua metafisica ostinazione sembra opporsi ad ogni legge razionale, ad ogni principio di politica sociale, ad ogni approfondimento intellettuale. Leggendo questo brevissimo trattato di antropologia, s’intuisce che, per il realizzarsi dell’amore duraturo, due sono i picchi caratteriali richiesti: fragilità e fascinazione. Gorz, pur nella sua estrema lucidità da filosofo, appare divorato da un vuoto che solo l’assoluta e costante dedizione alla moglie sembra colmare. Questo vuoto trasforma il suo amore in una cura e in un’ossessione. Un vuoto dinamico, auto rigenerante, che consente a due individui, di per sé refrattari ai ruoli che la collettività sembra voler imporre loro, di creare dimensioni alternative e appaganti. Dimensioni reciproche, simili a certe cantilene che si cantano a due voci: comincia uno, l’altro segue e ripete, poi si ricomincia in ordine inverso, ipnotico. E ancora e ancora. Andrè non riesce ad immaginarsi, se non con Dorine: in questo segreto, che Gorz riesce a svelarci solo da vecchio, si celano forse le risposte che cercavamo. L’amore dura nel tempo quando va a sanare una ferita personale e antica, quando consente a chi crede di non averlo, di trovare un posto sicuro nel mondo. Anche periodicamente diverso, ma ugualmente solido. Solo così l’amore può trasformarsi senza perdere vigore; solo così può diventare fatto narrabile e dunque diverso e vero ad ogni diverso tentativo di narrazione. Continuo è il parallelo che Gorz fa tra amore e scrittura. Scopo della vita dello scrittore non è ciò che si scrive, non il soggetto trattato in sé, ma il bisogno di scrittura. Il raggiungimento della consapevolezza che, quando tutto sarà stato detto, tutto resterà ancora da dire. Così con i sentimenti dunque: vince l’amore che ha bisogno d’amore e che nel tempo continua a volersi riscrivere. Al di là e al di qua della stessa esistenza materiale.
André Gorz - Lettera a D. Storia di un amore
pp. 68, euro 9 - Sellerio, 2008

mercoledì 12 gennaio 2011

Il libro del giorno: Li romani in Russia di Simone Cristicchi, Elia Marcelli, Niccolo Storai (Rizzoli Lizard)





















Li Romani in Russia è poema, racconto, ricordo, denuncia: testi monianza unica, e partecipata, di uno dei momenti più drammati ci del Novecento, resa in prima persona da uno dei suoi protagonisti . Un meraviglioso aff resco epico in ott ave classiche, crudo come la tragedia che narra, forte come lo spirito di chi non si arrende, struggente come il saluto a una giovane vita che parte per non tornare mai più. Firmata da uno dei più grandi poeti romaneschi della nostra epoca, quest’indimenti cabile opera sulle vicende dell’esercito italiano durante la terribile Campagna di Russia – una “guerra di invasione senza pretesto” – è oggi, grazie alla sensibilità dell’apprezzato cantautore romano Simone Cristi cchi, graphic poem e spett acolo teatrale. E torna con tutt a la sua forza a stupire, commuovere e segnare le coscienze, nel nome di centi naia di migliaia di vite sacrifi cate all’odio e al delirio di potere.

Simone Cristicchi nasce a Roma nel 1977. Vincitore di premi presti giosi tra cui la Targa Tenco per il Migliore Album d’esordio e il Premio Giorgio Gaber, nel 2007 vince il Festival di Sanremo con il brano Ti regalerò una rosa e pubblica il volume Centro d’igiene mentale, che ispirerà una serie di concerti teatrali dal lui stesso diretti e interpretati. Nel 2009 porta in teatro Canti di miniera, d’amore, vino e anarchia con il coro dei Minatori di Santa Fiora, spettacolo che alterna monologhi e canti popolari e che culmina nell’esibizione al concerto del 1° Maggio a Roma. Nel 2010 torna sui palcoscenici con Li Romani in Russia, adattamento teatrale del poema epico di Elia Marcelli, per la regia di Alessandro Benvenuti.

Elia Marcelli (1915 – 1998) è stato poeta, regista e sceneggiatore. Ha partecipato come sott otenente a quatt ro campagne di guerra, in Francia, Jugoslavia, sul fronte greco-albanese e infi ne in Russia, da cui tornò invalido. La sua copiosa produzione lett eraria comprendente opere narrati ve, poeti che, drammati che, sceneggiature teatrali e cinematografi che, è stata catalogata e raccolta negli Archivi Lett erari del ’900 della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.

Niccolo Storai, nato a Prato nel 1978, è autore di fumetti e cartoni animati, nonché illustratore di libri per bambini. Ha lavorato per Nicola Pesce Editore, Tunué, Double Shot, fi rmato storie per le riviste “Heavy Metal” (USA), “FornoMagazine” (Israele), “Mono”, e collabora in qualità di colorista a “Il Giornalino”. Assieme agli animatori Riccardo Corsi e Marco Morresi ha fondato lo studio di animazione Dramph, che realizza cartoni animati e commercial per tv.

“The Rabbits” di John Marsden e Shaun Tan (Elliot)












“I conigli arrivarono molti nonni fa. All'inizio non sapevamo cosa pensare. Ci somigliavano un po'. Alcuni di loro erano gentili. Ma gli anziani ci misero in guardia: state attenti.”. L’incipit di un piccolo libro, preziosissimo, terribile anche nel suo essere favola. Parliamo di un libro illustrato “The Rabbits” di John Marsden e Shaun Tan, pubblicato da Elliot. Ma di favola essenzialmente ci ho visto poco, se non per lievi accenni di sceneggiatura e di tratto, che “more geometrico” costruiscono una storia complessa e drammatica. In poche pagine si parla di colonizzazione nel senso più forte del termine, ovvero l’immissione forzosa di culture, tradizioni, tecnologie “aliene” che coprono ritualità, civiltà, memorie. In una parola invasione. Non so se esattamente si può individuare una storia appartenente ad un popolo, ad una nazione specifici, ma con certezza il messaggio contenuto in questa pubblicazione può dare molto da pensare. I conquistatori sono rappresentati da orde di conigli che arrivano, consumano, distruggono, depredano, devastano. Opera iper/visionaria, splendida. Chi volesse poi saperne di più in fatto di colonizzazione, consiglio “I cortili dello zio Sam” di Noam Chomsky (Gamberetti) testo scorrevole ma scioccante, che in fatto di “invasioni” può dare molte dritte!

martedì 11 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il vangelo nella discarica di Daniele Moschetti (Dissensi edizioni)












Con contribuiti di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli. Tutto il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini di strada della comunità di Korogocho
“Il libro di Padre Daniele raccoglie le sue lettere e le lotte degli anni da lui trascorsi a Korogocho dal 2001 al 2008. Sette anni duri, difficili, di missione nella baraccopoli di Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi. Korogocho è una collina di un km quadrato dove sono accatastate 100-120 mila persone. Non ci sono particolari servizi da parte del comune eccetto l’acqua potabile che viene portata in baraccopoli e poi rivenduta; questo è sconcertante e costituisce un grande problema. I poveri pagano l’acqua molto più dei ricchi che la usano a Nairobi per riempire le loro piscine. Nelle baraccopoli non c’è una cosa che noi riteniamo fondamentale, infatti per ogni baraccopoli dovrebbe esserci almeno un bagno. Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di “cesso” ed anche la parola “cesso” è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un “cesso” ogni trenta quaranta famiglie. In una baraccopoli vicino Korogocho, la baraccopoli di Huruma, c’è un “cesso” ogni mille persone”.

Padre Alex Zanotelli

“Le lettere scritte da padre Daniele Moschetti, raccolte in questo volume, sono preziosi messaggi in bottiglia che chiedono di essere letti e fatti propri. Soprattutto, ascoltati con il cuore. Missive provenienti da un “altro” mondo, giacché Daniele, missionario comboniano, ha vissuto e lavorato a lungo a Korogocho. Si tratta di una tra le oltre duecento baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia; un paese dove sei abitanti su dieci sopravvivono con un dollaro al giorno. Si tratta di un mondo che non conosciamo, perché troppo spesso di fronte a esso − all’umanità dolente che lo abita − preferiamo chiudere gli occhi, zittire i sentimenti, distrarre la mente”.
Don Luigi Ciotti - Pag.238

Il libro di Padre Daniele raccoglie le sue lettere e le lotte degli anni da lui trascorsi a Korogocho dal 2001 al 2008. Sette anni duri, difficili, di missione nella baraccopoli di Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi. Korogocho è una collina di un km quadrato dove sono accatastate 100-120 mila persone. Non ci sono particolari servizi da parte del comune eccetto l’acqua potabile che viene portata in baraccopoli e poi rivenduta; questo è sconcertante e costituisce un grande problema. I poveri pagano l’acqua molto più dei ricchi che la usano a Nairobi per riempire le loro piscine.
Nelle baraccopoli non c’è una cosa che noi riteniamo fondamentale, infatti per ogni baraccopoli dovrebbe esserci almeno un bagno. Ecco dimentichiamoci la parola bagno parliamo di “cesso” ed anche la parola “cesso” è onorifica tanto è il degrado che abbiamo a Korogocho. Qui abbiamo un “cesso” ogni trenta quaranta famiglie. In una baraccopoli vicino Korogocho, la baraccopoli di Huruma, c’è un “cesso” ogni mille persone”.

Padre Alex Zanotelli

Le lettere scritte da padre Daniele Moschetti, raccolte in questo volume, sono preziosi messaggi in bottiglia che chiedono di essere letti e fatti propri. Soprattutto, ascoltati con il cuore. Missive provenienti da un “altro” mondo, giacché Daniele, missionario comboniano, ha vissuto e lavorato a lungo a Korogocho. Si tratta di una tra le oltre duecento baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenia; un paese dove sei abitanti su dieci sopravvivono con un dollaro al giorno.
Si tratta di un mondo che non conosciamo, perché troppo spesso di fronte a esso − all’umanità dolente che lo abita − preferiamo chiudere gli occhi, zittire i sentimenti, distrarre la mente”.

Don Luigi Ciotti
Pag.238

Con contribuiti di Don Luigi Ciotti e Padre Alex Zanotelli
Tutto il ricavato della vendita sarà devoluto ai bambini di strada
della comunità di Korogocho

Per un’ecologia della scrittura di Vander Tumiatti








Trovo che il Salento sia un territorio ricco di storia e con grandi opportunità da valorizzare in termini di risorse umane e naturali. Ho investito ed investo nel Salento (dal 1992) e credo nel suo futuro. Ho preso una certa dimestichezza, io veneto di origine, torinese di formazione (dal 1953) ed imprenditore (Sea Marconi, azienda che opera dal 1968 in oltre 40 paesi) innanzitutto con i luoghi del piacere turistico ed enogastronomico, che qui spesso raggiungono “vette altissime”. Ma apprezzo molto la sua cultura editoriale attenta alla tutela del paesaggio e alla diffusione di una “Ecologia della Scrittura” ricca di solidi spunti di analisi. Occupandomi professionalmente di sviluppo sostenibile globale e di bioenergie ho frequentato con “parsimonia” le librerie del capoluogo salentino (Liberrima, Palmieri, Icaro, Mondadori in Piazza S. Oronzo,Giunti in corso Vittorio Emanuele, la piccola Gutenberg). Ed è stato così che mi sono imbattuto in due libri del Professor Ferdinando Boero editi da Besa e Controluce. L’autore, zoologo marino dell’Università del Salento, in soli due anni è riuscito a pubblicare due libri che, pur non avendo nulla di scientifico nel senso consueto del termine, affascinano come una splendida avventura di pura finzione, non presentando note, citazioni erudite, linguaggio specialistico, insomma tutte le caratteristiche delle pubblicazioni accademiche, che spesso tediano anziché incuriosire il lettore. Il primo titolo “Ecologia della bellezza” mi ha interessato perché cerca di lanciare un messaggio molto più che positivo, ovvero che l’uomo vive in un mondo bellissimo, dove tutto è proporzione, funzionalità eco/sistemica e che forse tanta bellezza può essere l’oggetto di una scienza della bellezza (la scienza unisce anziché dividere) che gli scienziati possono sviluppare e condividere con il genere umano. Il secondo libro, che ho letto in due giorni, è stato “Ecologia ed evoluzione della religione”, un’opera che secondo le intenzioni dell’autore si vuole chiedere se il genere umano sia una specie geneticamente religiosa e perché tutte le religioni siano diffuse così radicalmente in tutte le culture. Mi ha affascinato la risposta che ha dato Boero, ovvero che “l’uomo è un animale sociale e ha sviluppato la cultura proprio per comunicare, ed è forse proprio la religione il primo motore di questo processo”.

Finendo la lettura di questi libri, faccio un bilancio preliminare (metafora dei“conti della serva”) ,e riscontro che la realtà dimostra la distanza con gli scenari rosei proposti. Risulta stridente la contrapposizione tra la realtà dei fatti quotidiani con i diversi mondi della “Cultura, della “Scienza”,della “Comunicazione” e della “Impresa”.Il primo, dove si intessono le relazioni e si origina il sapere, dove gli uomini formalizzano i loro modelli derivanti dalle loro esperienze di vita, il secondo, quello dove si applicano le leggi della scienza(fisica, chimica, economia, statistica,ecc), il terzo dove si verifica l’informazione e si formalizza rigorosamente la realtà dei fatti ed il quarto dove si misurano gli effetti qualitativi e quantitativi delle “soluzioni sostenibili”(prodotti offerti e/o utilizzati) in grado di soddisfare le esigenze del/i consumatore/i in termini di funzioni, qualità/prezzi,costi/benefici/rischi e disponibilità nel tempo richiesto. Nel Salento, dove la natura si è data con grande generosità, la distanza tra questi mondi risulta ancora più evidente che altrove. Un territorio come questo, in cui i quattro elementi di Empedocle: terra, aria, acqua e fuoco si fondono in proporzioni mirabili, meriterebbe di essere religiosamente protetto e valorizzato, non dico facendone un santuario, ma almeno salvandolo dalla miopia di chi irresponsabilmente ne ha fatto e continua a farne scempio. In che modo? Soprattutto favorendo la cultura dello sviluppo sostenibile focalizzata sinergicamente e concretamente sui fattori tecnologici,economici ed ambientali in senso lato, dove siano considerati e valorizzati tutti gli aspetti reali e concreti che contribuiscono a migliorare la qualità della vita dei cittadini e delle imprese. Purtroppo, ciò che ho ripetutamente constatato in questi ultimi anni sembra andare in direzione opposta. Ogni giorno nuove ferite vengono aperte in questo meraviglioso Salento, ad opera di poche persone ed organizzazioni irrazionali, incapaci e rapaci che lo sfruttano senza ritegno, indisturbate, vanificando ogni progetto di sviluppo.

E a volte accade che proprio quando, in apparenza, sembrano emergere maggiore attenzione e sensibilità, si creano ad arte allarmi ingiustificati il cui solo scopo è di distogliere l’attenzione da chi opera nell’ombra perseguendo i propri inconfessabili interessi. In questi casi si realizza una saldatura, tra un “Ambientalismo Talebano” ed alcuni poteri che traggono ciascuno vantaggi dal pericolo evocato e dai “Falsi Allarmismi”propinati. E l’ambiente? Ridotto a mero strumento di soldi e potere di una ristretta casta.

Vander Tumiatti esperto UNEP (United Nations Environment Program-Ginevra) ,Ass. Secretary IEC (International Electrotechnical Commission- Ginevra), Imprenditore e Fondatore della Sea Marconi Technologies Italia(www.seamarconi.com).

fonte Paese Nuovo

lunedì 10 gennaio 2011

Il libro del giorno:Ti iodio da morire di Sergio Siciliano (Lupo editore)












Ricettario e indicazioni per affrontare la preparazione alla cura radio metabolica con dignità ed allegriamangiare senza iodio ... ma con gusto!

Ed eccomi catapultato nella vita di tutti i giorni, il bunker sembra lontano. Mi ritrovo tra i miei soliti aperitivi, pranzi di lavoro, brunch, lunch… e tutto ciò che finisce in “unch”.

Questa breve guida unisce i fondamenti scientifici della deprivazione iodica alla fantasia dell’autore/paziente che ha saputo infondere nel testo la sua esuberante vitalità, rendendolo utile non solo per i soggetti affetti da carcinoma tiroideo differenziato che si troveranno a percorrere la medesima esperienza, ma anche per il curante che potrà essere supportato nelle indicazioni e nella comprensione delle stesse da parte dei pazienti.

Sergio Siciliano è nato a Lecce il 18 maggio del 1968. Attore di teatro e conduttore tv e radio. Ha lavorato tra gli altri con Mario Prosperi in Lisitrata e in La città di Dio, con Fiorella Rubino e Massimo Venturiello in Ecchel’Messia ripreso da Rai Sat, con Raffaella Panichi protagonista in La Corona rubata -Piazza Navona. Per il teatro autore e conduttore di Avevo un frack. Jazz e dintorni prod.Teatro Flaiano; per la radio:Top secret R.S.A.TV: Telethon dall’Ag.5 BNL-RM (RAI 1). Per la televisione conduttore-attore in Cort in progress Coming Soon Tv, See you again Salento Channel.

Supporto medico scientifico Dott.ssa Elisa Giannetta

Elisa Giannetta (Medico Chirurgo Endocrinologo) è nata a Roma il 14 giugno del 1978. Si occupa di diagnostica ecografia e agoaspirazione tiroidea presso l’U.O.C. di Andrologia, Fisiopatologia della Riproduzione e Diagnosi Endocrinologiche, diretta dal prof. A. Lenzi. È autrice di diverse pubblicazioni su riviste internazionali in ambito endocrinologico; ultima delle quali è: ISIDORI AM, GIANNETTA E., LENZI A. (2008). Male hypogonadism. PITUITARY, vol. 11(2); p. 171-180, ISSN: 1386-341X

La carta e il territorio di Michel Houellebecq (Bompiani)












Mi sono occupato qualche tempo fa delle “Particelle elementari”, un’opera che mi aveva lasciato di stucco per rigore e bellezza. Ora Michel Houellebecq esce (il libro è uscito da qualche tempo, ma ho avuto solo ora l’opportunità di leggerlo) in Italia con Bompiani con un romanzo che a definire onnicomprensivo è non solo riduttivo, ma si rischia di non rendergli sufficientemente merito. Con “La carta e il territorio” Michel Houellebecq si attesta come firma immensa nel mondo delle lettere mondiali.
“Da qualche settimana si era messo a parlare alla sua caldaia. E la cosa più inquietante – ne aveva preso coscienza due giorni prima – era che adesso si aspettava che la caldaia gli rispondesse. L’apparecchio produceva è vero rumori sempre più vari: gemiti, ronzii, schiocchi, sibili di tonalità e di volume differenti; ci si poteva aspettare che un giorno o l’altro arrivasse al linguaggio articolato. Era, insomma, la sua più vecchia compagna.”. Oppure : “Qualche volta aveva l’ipermercato tutto per sé – e che gli pareva fosse un’approssimazione abbastanza buona della felicità.”. Il protagonista principale del “multiverso” raccontato dall’autore francese, è Jed Martin, un artista a 360° che tramite la sua poiesi estetica esprime un forte senso di inadeguatezza rispetto a un mondo dove nemmeno più il denaro riesce a colmare lo scarto fra ciò che è reale e la sua rappresentazione umana. Il nuovo romanzo di Houellebecq incarna un vero e proprio salto di paradigma nel suo percorso scritturale: abbandona la pulsione sessuale come protagonista assoluta delle storie che scrive, e la sostituisce con l'interesse per il guadagno, che rende invece come un potente sistema meccanico/fisico per la creazione di mondi simbolici allucinati all’interno della superficialità dell’essere che noi agiamo quotidianamente. E allora arte, denaro, amore, rapporti genitoriali, morte, lavoro sono solo temi che lambiscono marginalmente il massacro dell’umanità che questo geniale autore, mette nero su bianco.
Michel Houellebecq ha pubblicato presso Bompiani i romanzi Le particelle elementari (1999), Estensione del dominio della lotta (2000), Piattaforma (2001), Lanzarote (2002), La possibilità di un’isola (2005), divenuto un film con la regia dell’autore nel 2008, la raccolta poetica Il senso della lotta (2000), i saggi H.P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita (2001) e La ricerca della felicità (2008), e il libro scritto con Bernard-Henri Lévy, Nemici pubblici.

domenica 9 gennaio 2011

Il libro del giorno: GLI ERRORI DELLE DONNE (IN AMORE) di Giorgio Nardone (Ponte alle Grazie)
















Molti credono ancora nel mito secondo cui solo le donne possono capire le donne. Niente di più sbagliato, afferma l’autore di questo libro, lo psicoterapeuta Giorgio Nardone. In fatto di sentimenti, le donne riescono a costruirsi «sublimi autoinganni», prigioniere delle dinamiche che loro stesse hanno creato. Ciò non significa che l’altra metà del cielo sia l’«anello debole» della coppia, né che le vada attribuita alcuna colpa del fallimento amoroso: al contrario, la donna è il fulcro del potere relazionale, ed è qui che è possibile intervenire per ridefinire un «copione» disfunzionale, una parte, cioè, in cui rimaniamo intrappolati nostro malgrado. Il maschio, per parte sua, proprio perché «barbaro nei sentimenti» può offrire uno sguardo disincantato e obiettivo sull’universo amoroso femminile.
La galleria di «tipi» amorosi descritti qui da Nardone non ha nulla di astratto o aridamente teorico, ma è puntualmente accompagnata da storie e casi reali: com’è nella tradizione del problem solving strategico, l’attenzione è rivolta soprattutto all’«agire» e alla soluzione dei problemi. In queste pagine il ricercatore e lo psicoterapeuta lasciano il posto all’uomo che ogni giorno intrattiene relazioni con l’altro sesso, studiandone sul campo le logiche interiori e cercando di offrire loro gli strumenti per «guarire» il proprio tormentato rapporto con l’universo maschile.

"La maggioranza dei copioni delle donne in amore possono essere rappresentati da miti storici e letterari che fanno parte della cultura antropologica femminile. Alcuni hanno radici che affondano nelle tradizioni più antiche, mentre altri sono il frutto della moderna evoluzione del ruolo della donna nella società, nella famiglia e nella coppia. Le mie definizioni sono, perciò, in parte riprese dal linguaggio fiabesco e letterario, altre si rifanno a immagini del copione stesso.
L’intento di questa mia esposizione è quello di fornire alle donne una «conoscenza operativa » intesa come competenza non solo al «capire», ma soprattutto all’«agire», riguardo quelle trappole relazionali che sono così brave a costruire per poi finirvi prigioniere. Le formulazioni dei modelli ridondanti dell’agire femminile nelle relazioni con il partner saranno seguite dal racconto di una storia per consentire di calarsi nel vivo dell’esperienza della donna che agisce all’interno di tali copioni."

Rapsodia su un solo tema Colloqui con Rafail Dvoinikov di Claudio Morandini (Manni)











Nel 1996 Ethan Prescott, giovane compositore di Philadelphia, si reca più volte in Russia a incontrare l’anziano collega Rafail Dvoinikov, per una lunga intervista che è anche l’omaggio di un discepolo nei confronti di un maestro quasi dimenticato. Il titolo del progetto, Rapsodia su un solo tema, rimanda a una delle partiture più emblematiche di Dvoinikov. Il vecchio rievoca infanzia e giovinezza, incontri, amori, umiliazioni, con la libertà e il disincanto di chi finalmente non deve più rendere conto a nessuno. La sua musica e le sue parole dimostrano che si può rimanere liberi, come artisti e come uomini, anche sottostando alle direttive di un potere oppressivo. Schiudendosi come una matrioska, questo romanzo combina tentativi di saggio, pagine di conversazioni e di diario, verbali di interrogatori, trascrizioni da un pamphlet settecentesco, per raccontare di musicisti che parlano di altri musicisti che raccontano di altri musicisti che immaginano la vita di altri musicisti ancora. In sottofondo, la Storia, spesso dolorosa ed enigmatica, del Novecento.
“Dvoinikov?” mi scrive Edna. “Ha un mercato?”. Sono abituato alla laconicità delle sue mail. So che non vuole suonare definitiva, ma solo risparmiare tempo, e dunque le sue domande, all’apparenza negativamente scettiche, esprimono solo una perplessità che qualche buon argomento potrebbe smorzare. “Dvoinikov è il più grande compositore russo vivente. Con Elliott Carter e pochi altri, il più grande compositore vivente e basta” rispondo. “Davvero? Perché allora non ne sento mai parlare se non da te caro?. “Perché frequenti le persone sbagliate cara. “ (Dal diario di Ethan Prescott - 12 marzo)

sabato 8 gennaio 2011

Il libro del giorno: AL VOTO DALLE PARTI DI GOMORRA Il pamphlet del giovane candidato di Paolo Farina (Palomar)





















Quanti modi ci sono per amare la propria terra, la propria gente? Diversi o, almeno, non ce n'è solo uno. Mettere alla berlina tanto i difetti genetici quanto le nuove cafonerie, può essere duro da leggere, ma è utile ed è soprattutto un atto d'amore e poi apre il dibattito: accende i riflettori su una terra della quale per anni s'è ignorato tutto... mentre adesso, improvvisamente, tutti sembrano conoscerne le fioche luci e le vastissime ombre. Dieci capitoli di corsa a perdifiato, nei quali si raccontano la vita di una città del Sud al tempo delle elezioni, le sue dinamiche e le sue miseria. Una scrittura senza filtri né buonismi ma che non rinuncia a delineare una differente idea di comunità.Un'istantanea tagliente, sagace, ironica. Uno scritto polemico e narcisista, che punta a smuovere le coscienze e a dividere, come dovrebbe fare ogni pamphlet che si rispetti.

Fiabe: Il Principe Felice - Il Gigante Egoista (Edizioni Angolo Manzoni)





















Là, sopra la città, su di un’alta colonna c’era la statua del Principe Felice. Era tutto ricoperto di foglioline d’oro fino, per occhi aveva due lucenti zaffiri, e un grosso rubino rosso brillava sull’elsa della sua spada. Era davvero ammiratissimo. “È bello come un gallo segnavento”, osservò uno dei consiglieri comunali che desiderava guadagnarsi la fama di avere gusti artistici; “però non altrettanto utile,” aggiunse nel timore di venir considerato come poco pratico, ciò che in realtà non era. “Perché non sei come il Principe Felice?” chiese la sensibile mamma di un bambinello che piangeva perché voleva la luna. “Il Principe Felice non si sognerebbe mai di piangere per alcunché.

Traduzione Piero Malvano. Illustrazioni Leonardo Ríos. TESTO INGLESE CON TRADUZIONE ITALIANA A FRONTE. Allegato CDMP3 Voci Narranti Franco Collimato (italiano); Martin Mayes (inglese)
Le due fiabe sono tratte da "Il principe felice e altri racconti" (The Happy Prince and Other Tales, 1888), una raccolta di fiabe scritte da Wilde per i suoi due figli Cyril e Vyvyan. Sono favole etiche, che insegnano a guardare le cose del mondo nel profondo, ma molto divertenti.
Lo scrittore affermò di voler soprattutto divertire i bambini, come faceva divertire i grandi con le sue brillanti conferenze. Ma in queste fiabe preziose e struggenti si allude sottilmente alle ingiustizie sociali e alle contraddizioni della morale borghese di epoca vittoriana. E alla fine prevale un messaggio di amore incondizionato.
Di Oscar Wilde, in questa collana, è già stato pubblicato in EasyReading anche “Il fantasma di Canterville”.
Un giorno il Gigante fece ritorno. Era stato a far visita al suo amico Orco di Cornovaglia e si era fermato da lui per sette anni. Una volta trascorsi i sette anni, aveva detto tutto quello che aveva da dire, dato che la sua conversazione era limitata; e così decise di rientrare al proprio castello. Quando tornò vide i bambini che giocavano nel giardino.
- Che cosa state facendo qui? - urlò con voce molto alterata e i bambini fuggirono.
- Il giardino mio è il giardino mio, - disse il Gigante; - chiunque può capirlo, ed io non permetterò che nessuno ci giochi al di fuori di me. Così vi costruì intorno un alto muro ed espose un cartello. I TRASGRESSORI SARANNO PERSEGUITI. Era un Gigante molto egoista.
LA PRESENTE OPERA È STATA REALIZZATA ANCHE MEDIANTE IL CONTRIBUTO FINANZIARIO DEL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

venerdì 7 gennaio 2011

Il libro del giorno: Ogni cosa alla sua stagione di Enzo Bianchi (Einaudi)




















«Quest'anno ho piantato un viale di tigli, li ho piantati per rendere più bella la terra che lascerò, li ho piantati perché altri si sentano inebriati dal loro profumo, come lo sono stato io da quello degli alberi piantati da chi mi ha preceduto.
La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo».

«Ora che avverto quotidianamente l'incedere della vecchiaia, la memoria mi riporta sovente ai luoghi in cui ho vissuto... » dice Enzo Bianchi che parte con cuore, testa e memoria, alla ricerca di tutti i luoghi che hanno suscitato in lui affetti e sentimenti, dove ha trascorso l'infanzia o che ha raggiunto viaggiando.
E noi partiamo con lui.
Quelli che visitiamo sono angoli di mondo ma anche luoghi della vita e dell'anima.
Sono il Monferrato con le sue colline, i bric, il paese con la sua comunità, le usanze, i proverbi, l'esistenza grama, la fatica e i momenti di forte e gratuita solidarietà. Sono via Po a Torino, l'università, i portici con i caffè all'aperto.
Sono anche la più lontana Santorini con la sua luce impareggiabile e l'occhio puntato sul Mediterraneo. Sono la cella del monaco, un luogo da dove osservare il mondo, dove diventare consapevoli delle gioie e delle sofferenze e dove prendono forma le parole con cui narrare qualcosa della vita. Un luogo in cui si ripropone sovente la domanda: che ne è di noi?
Perché questo viaggio, naturalmente, è anche un viaggio nel tempo, un viaggio nella vita che scorre, nei giorni di un uomo e in quelli delle stagioni. I giorni degli aromi, ad esempio, che imprimono nella memoria di tutti la Teresina del Muchèt con il suo logoro abito nero, la saggezza popolare, le formaggette e le erbe profumate. O le luci lontane dei falò che brillavano un tempo sulle colline per segnare l'inizio e la fine dell'estate. Sono i giorni del focolare, passati a tavola conversando insieme ai famigliari e all'ospite, gustando il cibo preparato con cura e bevendo il vino che celebra e festeggia (ma che, a volte, è usato per non guardare negli occhi il proprio dolore).
Ma sono anche le vacanze di Natale, quando i bambini aspettavano la festa preparando il presepe e la sera della vigilia il grande ceppo, el süc 'd Nadàl, ardeva nel camino. Sono i giorni della memoria, quella dedicata ai morti e quella delle persone care. E le ore dell'amicizia che scalda il cuore e della fraternità, nonostante.
Sono tutti giorni che attraversano il tempo e fanno parte del nostro vivere: alcuni ci fanno soffrire, altri ci rallegrano e ancora ci stupiscono. Dentro ognuno di questi ricordi, così come per Il pane di ieri, ci sono tante cose: c'è un senso esatto dell'esistenza, dello scorrere del tempo e delle stagioni dell'uomo. C'è un guardare avanti. E c'è una parola per la vita di ognuno di noi.

Più forti del male di Padre Amorth e Roberto Italo Zanini (San Paolo edizioni)












Padre Amorth non è affetto da particolari psicopatologie che gli fanno vedere Satana ovunque, in una lotta continua contro il tempo in una sua personale esperienza di “scontri” costellata da indemoniati, case infestate e fenomeni soprannaturali. Qualcuno potrebbe accusare il sacerdote di catapultarci nuovamente in una “teologia” da medioevo, oppure visto che in molti suoi libri non troviamo traccia alcuna di note, e nessun riferimento né testimonianze verificabili, qualcun altro potrebbe dire di trovarci dinanzi a prodotti editoriali che sono vere e proprie farneticazioni.e dunque un autentico insulto all’intelligenza del lettore. Ma sarà proprio così? Padre Amorth è il più famoso esorcista al mondo, ha fatto la guerra, è stato partigiano, si è laureato in giurisprudenza, ed è dotato di un forte senso dell’umorismo. Eppure nonostante la sua forte tendenza alla razionalizzazione e alla logica, non sempre quello che vive sulla propria pelle può essere riconducibile ad una spiegazione legata alle leggi della fisica.. Questo “guerriero della Chiesa”, porta da anni avanti una pratica quotidiana di lotta contro Satana che lo ha reso il massimo esperto riconosciuto in tema di esorcismo e lotta al maligno. Ora per le edizioni San Paolo padre Amorth, esce con “Più forti del male. Il demonio, riconoscerlo, vincerlo, evitarlo” insieme a Roberto Zanini, dove viene esaustivamente raccontato come difendersi dal sovrano di questo mondo. L’analisi che il lettore troverà tra queste pagine, prende in esame tutta quelle fenomenologia esoterica che va da dalle possessioni, ai malefici, agli attacchi del male, all'azione e il potere di maghi, fattucchiere, cartomanti; l'efficacia di malefici che provocano malattie e forme acute di depressione sino ai gruppi metal che diffondono veri e propri messaggi satanici. Preziosa in questa disamina la collaborazione con Roberto Italo Zanini, che è giornalista e lavora presso la redazione romana di Avvenire. Si occupa di politica dei mass media ed ha collaborato con la rivista Popoli e Missione, settimanali diocesani e quotidiani locali. Finito di leggere comunque il lavoro di padre Amorth, non lasciatevi prendere da facili e riduttivi giudizi critici. Vi lascio con un interrogativo. Nel film “Il quarto tipo” (The Fourth Kind) scritto e diretto da Olatunde Osunsanmi, dove si parla di casi di abduction (rapimenti alieni), alcuni dei protagonisti in stati incredibili di trance, manifestano non solo la poliglossia, ma forme di sorprendente levitazione. Si tratta di conseguenze legate a fenomeni extraterrestri o di altra natura?

giovedì 6 gennaio 2011

Il llibro del giorno: Life di Keith Richards (Feltrinelli)













Con i Rolling Stones, Keith Richards ha creato canzoni che hanno scosso il mondo intero, vivendo in puro stile rock'n'roll. Con la disarmante onestà che è il suo marchio di fabbrica, Keith Richards ci consegna la storia di una vita che tutti avremmo voluto conoscere meglio, sfrenata, impavida e autentica.
"Il leit-motiv di Life è il suo sfrenato amore-ossessione per il blues, con lo studio delle tecniche chitarristiche dei padri fondatori di Chicago e del Mississipi. Ci impartisce lezioni di sei corde, anzi di cinque corde con accordatura aperta; spiega l’invenzione, a volte distratta, ma efficacissima, di riff che hanno fatto la storia del rock come “Satisfaction” o “Jumpin’ Jack Flash”; confessa la sua indiscussa passione per le droghe, soprattutto pesanti, ma senza compiacimenti o false morali – ci passa sopra come un tank, come è passato sopra a tutto nel corso della sua esistenza donne comprese. E poi, ancora, narra della sua adolescenza trascorsa a Dartford, sobborgo malfamato di Londra; ripercorre l’amicizia storica con Jagger, sfociata con gli anni in conflitto e rivalità; restituisce il profilo psicologico di un Brian Jones imbarazzante, vittima di scherno da parte del resto degli Stones una volta diventato caricatura di se stesso, soprattutto nel periodo finale della sua esistenza; scredita colleghi e falsi amici, ma esalta anche i suoi più stretti “malviventi” compagni di strada; strapazza le sue compagne di vita e compagne per una notte da buon burbero introverso. Ed enumera le sue interminabili e proverbiali notti insonni passate a provare brani e inventarsi riff, tanto che probabilmente – considerando il suo tempo di veglia rispetto alle rare ore di sonno – verrebbe da domandarsi se non sia davvero l’Immortale del Rock." di Hugo Bandannas da Black Milk

2004 - 2011 Sette anni di Musicaos.it. Intervento di Luciano Pagano



















"Anche quando i costi della rete saranno abbattuti, anche quando l’elettricità necessaria per accendere i computer, ai server e collegarsi ad internet sarà fornita da fonti energetiche rinnovabili e disponibili il libro non potrà essere rimpiazzato dall’e-book. Ci sarà sempre un servizio il cui accesso prevede un pagamento. Guattari in anticipo sulla diffusione della rete pensò un futuro ricco di password che aprono e password che chiudono, rubriche digitali dense di pin e numeri di accesso. Il tempo della lettura ed il tempo della scrittura, il tempo dell’ascolto e il tempo della ricezione. Il tempo è la misura dentro cui si iscrive la ricezione di un testo. Immettere contenuti, sia su internet che nell’editoria, in modo sempre più facile e veloce, dovrebbe responsabilizzare maggiormente chi questi contenuti gestisce. Le pagine su internet e le pagine di carta stampata sono miliardi. Come trovare la qualità? La qualità di una scelta, di una selezione, di un filtro, con l’avvento di internet hanno raggiunto lo stesso grado di importanza della qualità del testo stesso. E torniamo al punto di partenza. Le differenze tra internet e libro sono puramente tecniche. In sostanza i due mezzi seguono gli stessi percorsi di funzionamento. Sui manuali di html-design è consigliato di dare molta importanza ai contenuti nello sviluppo dei propri siti. Un sito può essere strabiliante dal punto di vista grafico della presentazione, tuttavia il motivo che ci fa tornare a visitare quel sito è il fatto che lì troviamo quel che ci serve. Lo stesso accade nei libri. Il libro dovrebbe essere l’oggetto par excellence orientato ai contenuti."

Luciano Pagano, Webook,
9 gennaio 2004/3 febbraio 2004

http://www.musicaos.it/interventi/04_webook.htm

Se volete comunicare direttamente con la redazione inviate un email a lucianopagano [at] gmail [punto] com

Per festeggiare il settimo compleanno postiamo una poesia postuma di Charles Bukowski, "e così vorresti fare lo scrittore?".

se non ti esplode dentro a dispetto di tutto, non farlo. a meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere, non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole, non farlo.
se lo fai per soldi o per fama, non farlo.
se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo. se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un
ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro.
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono e noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’auto-
compiacimento.
le biblioteche del mondo hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi
per tipi come te.
non aggiungerti a loro.
non farlo.
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo.
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da
sé e continuerà
finché tu morirai o morirà in
te.
non c’è altro modo.
e non c’è mai stato.
Charles Bukowski, E così vorresti fare lo scrittore? Guanda, 2009, €9,00
traduzione di Simona Viciani
poesie tratte dal volume Sifting through the Madness for the Word, the Line, the Way

mercoledì 5 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il giorno in cui non ci incontrammo di Niklas Asker (Elliot)














"Ci incontrammo dopo il concerto, parlammo e parlammo, e improvvisamente era tutto come la prima volta. Più tardi, tra le mie lenzuola, le chiesi perché. Lei rispose che ero stato il suo rifugio durante l'ultimo anno. Erano capitate tante cose, e tante erano cambiate. Per lei ero stato una sorta di isola tranquilla nella sua mente, in cui rifugiarsi ogni volta che il ritmo si faceva troppo frenetico. Ero stato il suo sogno a occhi aperti. Il suo segreto". (segnalazione di Alessandra Puggioni 10 righe dai libri)

Niklas Asker- Il giorno in cui non ci incontrammo.
Tradotto da Irene Pepiciello
Elliot 2010

Medusa di Chiara Cordella (Lupo editore). Un estratto





















SONO ASSORTA NEI MIE PENSIERI, SEDUTA sulla sabbia sottile, su questa spiaggia di dune morbide, di cespugli arsi dal sole: sole alto, caldo, accecante, mi scalda il viso. Il mare calmo mi rapisce il cuore, è azzurro e limpido come questo cielo immenso, dove non c’è traccia di nuvole bianche. Sento qualcosa in lontananza, non riesco a distinguere, mi disturba e mi distoglie, diventa più insistente… mi stordisce, diavolo! La sveglia! Stavo solo sognando. La cerco e la spengo, tanto fra cinque minuti ricomincerà, ma fino ad allora godo del torpore nel letto.
È difficile svegliarsi la mattina, maledetto Bar. Devo cercarmi un altro lavoro, che non mi costringa ad alzarmi la mattina alle cinque. Stamane un trapano mi perfora le tempie; esco in strada e il mondo mi dà il suo buongiorno, una nebbia fitta che si addentra nelle mie ossa scuotendo ogni muscolo ribelle.
Luce gialla e fredda, le solite Api cariche di attrezzi, silenzio in strada e nel bar, solo il ronzio del frigorifero a spezzare la monotonia sospesa di questa mattinata. Mi siedo sullo sgabello alto dietro il bancone. Guardo fuori e poi dentro, l’odore stantio di fumo e birra mi nausea sempre, non mi abituerò mai, le sedie sui tavoli e le tazze nel lavandino, mozziconi dappertutto, i segni lasciati dai bicchieri solitari sul bancone. Questo posto non cambia mai maledizione.

martedì 4 gennaio 2011

Il libro del giorno: Il Viaggio Iniziatico ovvero i 33 Gradi della Saggezza di Christian Jacq (edizioni L'Età dell'acquario)











Se nel Messaggio dei costruttori di cattedrali Christian Jacq ci ha introdotti nel mondo dei depositari di un’antica sapienza espressa attraverso la pietra, in questo nuovo libro ci accompagna, passo dopo passo, in un viaggio iniziatico alla conquista dei 33 gradi della Saggezza.
L’autore racconta il suo incontro con un Maestro d’Opera del XX secolo, Pierre Delœuvre, che ha conosciuto in una fredda giornata d’inverno mentre contemplava alcune sculture collocate intorno ai portali della cattedrale di Metz. Da lui ha appreso che, osservando queste autentiche «pietre parlanti», è possibile cogliere il messaggio trasmesso dalle confraternite di costruttori e la loro visione del mondo.
Per giungere alla Conoscenza è necessario percorrere le 33 tappe – ciascuna dedicata a una virtù che deve essere fatta propria – di un rituale iniziatico che porta dall’albero secco, simbolo della morte spirituale, all’albero fiorito, simbolo del Maestro realizzato e dello spirito della confraternita.
Con l’aiuto di Delœuvre, l’autore intraprende il cammino verso la terra celeste, quello che ogni postulante, desideroso di vivere nello spirito e nella verità, deve compiere per essere ammesso nella cattedrale di luce, la comunità dei costruttori, e conseguire uno stato di pienezza spirituale e di vera intelligenza.

L'AUTORE - Christian Jacq è nato a Parigi nel 1947. Egittologo, scrittore di fama mondiale, è autore di numerosi romanzi e saggi dedicati all’antico Egitto, tra i quali i cinque volumi della «saga di Ramses». Tra le sue opere più recenti ricordiamo i quattro volumi del «romanzo di Mozart». Da molti anni, insieme alla moglie e a un gruppo di collaboratori, cura e incrementa un archivio fotografico dedicato all’Egitto per la tutela dei siti archeologici in pericolo. Presso L’Età dell’Acquario ha pubblicato i volumi La confraternita dei Saggi del Nord e Il messaggio dei costruttori di cattedrali.

Canto che amavi, poesie scelte, di Gabriela Mistral ( Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa












Non è di secondaria importanza sottolineare che questa pubblicazione italiana di “Canto che amavi” della poetessa Gabriela Mistral nasce anche grazie, oltre all’editore italiano, a due istituzioni. Una statale – il Governo del Cile – una religiosa – l’Ordine Francescano del Cile; quest’ultima, la spirituale, in quanto custode delle volontà della stessa Mistral, ovvero di dare aiuti economici ai bambini di Montegrande e del Cile. Abbiamo voluto ricordare questa particolarità, in quanto siamo nel terreno e nelle biografia dell’autrice. Perché, innanzitutto, Gabriela Mistral fu provveditore agli studi. Dunque una particella, è possibile dire, dello Stato cileno. E, infine, perché la poetessa fu pienamente consapevole della situazione di povertà della maggior parte degli indios delle Ande e con loro fraternamente solidarizzava. Tanto che, quando arrivò a ottenere un Nobel che per la quale corsa in pochissimi davano per favorita, Gabriela Mistral usò la sua posizione pure più fortificata sempre testimoniando le necessità dei poveri della sua terra. La poesia della Mistral, è qui puntiamo all’elemento di simbolo delle liriche portate agli italiani, persino quando diviene quasi più onirica si nutre del fattore umano e nutre parole e immagini d’un’umanità spesso eletta dai più deboli. Gli elementi che sbalordiscono il libro sono due: il Paese, i poveri. I bisogni delle classi più povere della nazionale che la poetessa vorrebbe trasformare ad asilo di tutte e tutti. A stralcio di paradiso terrestre da garantire ha chi, invece, è abituato a soffrire. A formare e comporre “Canto che amavi” sono state selezionate ed emarginate poesie da “Desolazione” (1922), “Tenerezza” (1924), “Taglio del bosco” (1938), “Torchio” (1954), “Poema del Cile” (1967). L’alternanza fra potente musicalità, nonostante la traduzione dalla spagnolo, comunque assicurata in fil di penna, e maggior scioltezza nella discorsività più arricchita da dissonanze specifiche, aiuta a capire quanto nell’arco della sua vita la poetessa avesse voluto vivere diverse sensazioni di liricità. E da un retroterra zeppo di cultura, ma soprattutto di culture, come abbiamo detto quelle dei fratelli disperati e, addirittura, senza parola, prendono il volo brividi poetici che sono il seme del mondo. Fra corpo d’amore e lamenti di visi, Gabriela Mistral dice del suo Cile, del paesaggio che sta sopra e sotto la catena delle Ande, a frattura perlomeno idealmente le catene accreditate al popolo. La Patagonia e le filastrocche, il desiderio di servire l’indeterminatezza della Sua casa fatta d’appezzamenti agricoli inimmaginabili accanto al fervore dello sguardo dei bambini poveri rendono sensazionale le rime della Mistral. Il Cile delle sofferenze e delle possibilità di riscatto. E siamo prima e dopo, persino durante Pinochet.
Canto che amavi, poesie scelte, di Gabriela Mistral, testo spagnolo a fronte, traduzione di Matteo Lefèvre, fotografie di Paz Erràzuriz, Marcos y Marcos (Milano, 2010), pag. 314, euro 17.00.

lunedì 3 gennaio 2011

Il libro del giorno: Impero. Viaggio nell'Impero di Roma seguendo una moneta di Alberto Angela (Mondadori)





















"Come si viveva nell'Impero romano? Che tipo di persone avremmo incontrato nelle sue città? Come sono riusciti i romani a creare un Impero così grande, unendo popolazioni e luoghi così diversi? Il libro che avete in mano è, idealmente, la prosecuzione di 'Una giornata nell'antica Roma'. Lì si raccontava la vita quotidiana nella capitale attraverso lo scandire delle ventiquattro ore. Ora immaginate di alzarvi la mattina seguente e di partire per un viaggio attraverso tutto l'Impero. Per compiere questo viaggio basterà seguire un sesterzio. Soffermandoci sulle persone che via via entrano in possesso della moneta, scopriremo i loro volti, le loro sensazioni, il loro modo di vivere, le loro abitudini, le loro case. Il viaggio è ipotetico, ma del tutto verosimile. I personaggi che incontreremo sono realmente vissuti in quel periodo e in quei luoghi. I loro nomi sono veri e svolgevano effettivamente quel mestiere. Tutto è il frutto di un lavoro di ricerca su stele tombali, iscrizioni e testi antichi. Allo stesso modo, pressoché tutte le battute che sentirete pronunciare da tali personaggi sono 'originali': provengono infatti dalle opere di famosi autori latini come Marziale, Ovidio o Giovenale. E tappa dopo tappa, scoprendo il 'dietro le quinte' dell'Impero, ci accorgeremo di quanto il mondo dei romani, la prima grande globalizzazione della storia, fosse in fondo molto simile al nostro." Alberto Angela

Mozzarella stories”, dalla Campania al Salento con amore. Intervento di Angela Leucci













Le mozzarelle come parabola del prodotto made in South Italy per rivalutare il Salento attraverso il cinema. Assume questa valenza il primo film realizzato dalla Sharoncinema Production, casa di produzione magliese, amministrata da Rita Surdo avvalendosi della consulenza del Dott. Roberto Bessi in qualità di Produttore Delegato, che esordisce con “Mozzarella stories” lungometraggio del regista Edoardo De Angelis e che vede come protagonisti gli attori Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Andrea Renzi, Giampaolo Fabrizio, Massimiliano Rossi, Tony Laudadio, Giovanni Esposito e con la partecipazione di Luca Zingaretti, Marina Suma e Yoon C. Joyce. Un film del quale è terminata la postproduzione ed uscirà a fine marzo, con una grande premiere presso il multisala Moderno di Maglie. “Mozzarella stories” è prodotto da Bavaria Media Italia, Eagle Pictures, Centro Sperimentale di Cinematografia Production, in associazione con Sharoncinema Production, Cinecittà Studios, Pinball Productions, Emir Kusturica regista serbocroato con Rasta-International e Teatri Uniti. Il distributore per l'Italia è Eagle Pictures, quello per l'estero Bavaria Film International.
E' stato riconosciuto film di interesse Culturale Nazionale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, racconta una storia all'interno della quale si muovono differenti personaggi, accomunati dalla produzione e dal commercio di mozzarelle di bufala campane. Il lavoro è infatti ambientato a Caserta e provincia: sulla sfondo di una crisi economica della quale si vede alla fine una luce in fondo al tunnel, si succedono alterne vicende legate all'economia e ai sentimenti, in cui, come sempre, chi percepiamo come il nemico, avrà il suo riscatto positivo. In un momento come questo, in cui tantissime produzioni cercano di ambientare nel Salento i propri prodotti, la Sharoncinema Production si propone di cavalcare quest'onda, donando al territorio un possibile volano per lo sviluppo turistico. Dopo “Mine vaganti” di Ferzan Ozpetk, infatti, la Salento-mania è esplosa in tutta la sua virulenza e ci troviamo nella condizione di poter rifiutare di barattare la nostra cultura per un piatto di lenticchie. Tra i prossimi progetti della Sharoncinema Production, ci sono inoltre due progetti ambientati a Maglie e nel Salento. Il primo è il docufilm-fiction intitolato “Diciannove e settantadue” basato sulla storia e carriera sportiva del primatista mondiale Pietro Mennea, originario del barese, presso cui saranno girate anche alcune scene. Il secondo è il lungometraggio dal titolo “Amori elementari” realizzato in cooproduzione con il Centro Sperimentale Cinematografico Production di Roma e la UNITED PICTURES di Mosca. La regia sarà di Sergio Basso, le riprese inizieranno a luglio 2011 e prende le mosse dalle letterine sui primi amori che si scambiano tra i banchi di scuola.

domenica 2 gennaio 2011

Il libro del giorno: Vivo o morto di Tom Clancy e Grant Blackwood (Rizzoli)





















È l'Emiro il Nemico Pubblico Numero Uno degli Stati Uniti, l'uomo spietato e inafferrabile che da anni elude le ricerche del Campus, l'agenzia di intelligence creata dall'ex presidente Jack Ryan. A capo di un'impenetrabile e capillare rete del terrore, l'Emiro si sta preparando a sferrare l'attacco definitivo all'Occidente. Mentre il presidente in carica, l'ambiguo e irresoluto Edward Kealty. non trova di meglio che temporeggiare con i governi amici dei terroristi. Jack Ryan decide che è giunto il momento di scendere di nuovo in campo, per affrontare l'emergenza planetaria e difendere il futuro degli Stati Uniti. Al suo fianco, una squadra d'eccezione: i fedelissimi ex membri dell'unità speciale Rainbow John Clark e Ding Chavez, i fratelli Caruso e soprattutto suo figlio Jack, deciso a seguire le leggendarie orme del padre. E mentre nelle grotte del Pakistan, tra i ghiacci svedesi e nei giacimenti petroliferi del Brasile si scatena una caccia all'uomo senza precedenti, il male si annida indisturbato proprio nel cuore di un'America ancora ignara... Tom Clancy ritorna sulla scena del techno-thriller con un romanzo che per la prima volta riunisce i suoi personaggi più amati. E ci racconta di un futuro in cui i peggiori incubi dell'Occidente sono più veri della realtà.

“Caffè blues”, una miscellanea da premio. Intervento di Angela Leucci













È sempre molto difficile parlare di qualcosa quando si è direttamente coinvolti. Si è sempre divisi tra la soddisfazione di aver fatto bene e il rimpianto di non essere riusciti a fare tutto quello che si sarebbe voluto. “Caffè blues” nasce per scherzo, quando presso il caffè letterario Art Cafè di Maglie si è voluto dare una possibilità a tutti coloro che scrivono ma di cui non si ha sempre reale percezione. Sembra come se, negli ultimi tempi, complici anche i blog, ormai soppiantati dai social network o dal social netowork per eccellenza, Facebook, ognuno cerchi di raccontare qualcosa attraverso la scrittura, come se l'urgenza di dire la propria sia tanto impellente da non badare alla grammatica, neppure a quella dell'uso. Questo genera un problema, l'inflazionarsi della scrittura come mezzo di espressione, che poi diventa preclusione di esordienti da parte delle grosse case editrici, che cercano di tutelarsi in qualche modo dallo tsunami di produzioni scadenti che si abbatte quotidianamente su di loro. Tra tutto questo materiale scadente esiste però una cospicua fetta di persone che conosce il mestiere di scrivere, nonostante non sia il suo “mestiere”: molti appassionati posseggono infatti l'intelligenza, la sensibilità e le tecniche narrative per fare di un racconto o di una poesia qualcosa che valga la pena di leggere. Il materiale giunto in questo primo concorso Art Cafè è stato assolutamente lusinghiero: la maggior parte degli elaborati aveva una buona o un'ottima qualità, tanto che si è deciso di dare voce a tutti i partecipanti, anche perché la giuria composta da Lina Leone, Orlando D'Urso, Paola Cillo e Danila Canitano, “pescata” nel mondo della cultura e dell'associazionismo a essa legato, ha espresso una tale forbice di voti, in cui sindacare sul gusto personale dei singoli giudici era impresa impossibile. E poi, come dicevano i latini, sui gusti non si discute, per cui è nato “Caffè blues”, l'ebook scaricabile gratuitamente dal sito prestatoci per l'occasione www.paolomerenda.it (un hacker ci ha momentaneamente derubato di quello istituzionale, ma torneremo presto on line), che contiene tutte le opere pervenute al concorso letterario di Art Cafè, che con tutta probabilità replicherà l'esperienza il prossimo anno. Mentre le poesie sono di argomento vario, ma ripercorrono affetti familiari, storie di vita o immaginarie ispirate ai classici della letteratura, i racconti ci mostrano un universo decisamente più variegato, anche se in molti casi pasciuto sotto l'egida di Facebook, il luogo–non luogo dove in molti casi tutto accade. Tra i vincitori di narrativa si è distinta in particolare Marina Piconese, della quale tutti i racconti pervenuti sono stati giudicati eccezionali. La narrativa di Marina è assolutamente fluida, oltre che scritta in un italiano impeccabile: racconta di storie semplici, molto brevi ma arabescate in ardite soluzioni linguistiche. Tra i racconti che non sono riusciti a salire sul podio, ci sono anche il divertentissimo “Il cliente scomodo” di Pietro Sansò, che racconta di strani e mitologici gatti vampiro abili nel succhiare qualunque liquido corporeo, “L'abito adatto per l'eterno nulla” di Paolo Merenda, la storia ironica di un individuo intriso di megalomania che sceglie la TV al suicidio, “Il grano turco” di Paolo Colavero, la narrazione degli incontri assurdi in un espresso notte, e “Questione di stile”, il secondo classificato, che secondo la stessa autrice Valentina Luberto è un racconto strano per chi sa apprezzarlo. Tra le poesie spiccano gli arditi componimenti di Massimiliano Manieri, noto performer salentino, lo stile anacronistico e “maledetto” di Gloria Costante, i vincitori Lucio Causo e la giovanissima Azzurra Chirico, e Francesco Bucci, arrivato terzo con “Thelonius”, poesia visiva dall'afflato beat ispirata al grandissimo musicista jazz T.S. Monk, letta magistralmente dal giudice D'Urso nella serata di premiazione. Un concorso è così archiviato, ma la morale preferiamo imprestarcela da uno dei racconti della vincitrice Marina, “Cicchetto e l'equilibrista felice”: “non si trovano ali adatte a chi non sa buttarsi”.

sabato 1 gennaio 2011

Il libro del giorno: I dolori del giovane Walter di Luciana Litizzetto (Mondadori)



















"Per noi la Jolanda è un oggetto d'uso. Ci basta che funzioni bene e fine. Per i maschi, invece, il Walter è come l'automobile: uno status symbol. Allora ecco che inventano la pomata che lo fa risvegliare di colpo: da spinacio a zucchina in un nanosecondo. E per te maschio che soffri di caduta libera, che hai il walter che fa bungee-jumping, c'è la calamita che te lo tira su come il ponte levatoio dei castelli. Senti anche il rumore: sradadadadan... E poi c'avete sfrantecato con 'sta storia del vostro lato femminile. Non ne possiamo più di vedere uomini che si depilano, tutti Ponzi Depilati. I maschi di oggi son tutti senza peli come pesche noci. Certo, anche noi donne abbiamo i nostri sporchi trucchi. Tipo il Virginity Soap, un sapone che serve a ricostruire la verginità. Se prima della insaponata la vostra Jolanda era una autostrada a quattro corsie, dopo diventa una mulattiera. Se prima era una saccoccia da grembiule, dopo diventa un'asola. Se prima era una nave scuola, dopo diventa una gondola." Parlare di Walter e Jolanda è un modo per parlare del mondo. Luciana Littizzetto lo ha capito. Nelle sue pagine i nostri organi genitali diventano qualcosa di superiore, quasi metafisico: lo yin e lo yan, i due assi cartesiani dell'universo. E come per magia la comicità si allarga e diventa satira.

Nuovo numero di 451













E' uscito il primo numero di 451, nuova rivista multimediale che si rifà alla formula della New York Review of Books. Si apre con una “Memoria del Risorgimento” di Gianfranco Pasquino il primo numero di 451, nuova rivista di letteratura, scienza e arte, in libreria dal 13 dicembre e che può essere letta su www.451online.it. La rivista fa riferimento alla formula de The New York Review of Books di cui pubblica la traduzione degli articoli insieme a contributi di studiosi italiani. The New York Review of Books è una delle più autorevoli riviste culturali del mondo per l’elevatolivello delle sue firme e tratta di tutti i campi del sapere. Così fa anche 451 con articoli che offrono ampie analisi dei vari argomenti trattati prendendo spunto da una recente o imminente uscita editoriale, da una mostra, da un film, da un evento di politica interna o internazionale.

451, rispetto alle altre riviste finora disponibili offre una innovazione: per alcuni articoli sarà disponibile una versione video, prodotta da Kamel Film, accessibile sul sito o con uno smartphone direttamente dalle pagine della rivista inquadrando con la fotocamera un codice QR. Giorgio Celli: “una rivista non solo da leggere ma che parla. Non solo di figure ma di immagini che si mettono in movimento, il cartaceo sfuma nel virtuale e diventa più reale”. Gli argomenti del primo numero della rivista spaziano dalla rivoluzione tecnologica introdotta dall’iPad (Sue Halpern), al corporativismo fascista fra le due guerre (Michela Nacci), alla crisi fra le due Coree, ai grandi temi del dibattito scientifico (“Darwin. Una selezione non così naturale” di Richard Lewontin; “Il significato della biodiversità” di Giorgio Celli), alle grandi mostre (Otto Dix, le foto di Allen Ginsberg, le foto di Pino Ninfa), alla grande musica (duecentesimo anniversario della nascita di Chopin), alle nuove analisi critiche della letteratura antica (“Dall’ira di Achille alla saggezza di Senofonte” di G.V. Bowersock), alle nuove proposte per affrontare i grandi temi sociali (“Fame e sazietà” di Andrea Segrè). “La nuova rivista – dice Andrea Segrè, direttore editoriale di 451 – è un esempio importante, se non unico, nel panorama attuale di fusione fra saperi. Importante anche in relazione ai recenti dibattiti sul valore della cultura e della conoscenza: la rivista affronta i problemi della contemporaneità con uno sguardo interdisciplinare, abbracciando ampie prospettive e intensificando la riflessione su temi fondamentali per la società umana. È proprio questa la sfida che più mi piace: un incrocio di orizzonti e un dialogo costante fra discipline. Così si riduce la frammentazione dei saperi: Dante con la teoria della relatività, Goethe con la fisica quantistica, Shakespeare con la termodinamica, Kant con il Dna. Insomma, i saperi vanno in coppia, in un binomio quasi perfetto fra umanisti e scienziati”. “Parlare di libri - dice Gianfranco Pasquino, direttore di 451 - fa bene alla cultura e alla vita. Magari serve anche a incoraggiare a leggere. Parlare di libri non vuole dire soltanto recensire quanto è stato scritto. Vuole dire confrontarsi con le idee degli autori, metterle in discussione, proporre idee diverse. È già un compito interessante e impegnativo. Ma una ‘rivista di libri’ e di idee, come vuole essere 451, ha anche un'altra ambizione, più alta. Vuole diventare quello spazio pubblico che purtroppo non esiste in Italia, dove nasca e si sviluppi, aperto, vigoroso, argomentato, senza freni e ipocrisie, un discorso su tutte le tematiche più importanti che riguardano l'Italia e l'Europa, la politica e la società, l'economia e l'ambiente. L'impegno dei nostri collaboratori sarà grande. Contiamo molto sul sostegno e sull'apporto dei lettori ai quali promettiamo di fare una rivista utile, divertente, stimolante, insostituibile, imperdibile”.

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