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lunedì 15 febbraio 2010

“Verso la dolcezza” di Francois Bégaudeau (Einaudi)


Ho avuto modo di apprezzare “La classe” di Francois Bégaudeau, ma il mio interesse a onor del vero è stato solleticato dall’aver visto il film di Laurent Cantet ispirato a quel romanzo e vincitore del festival di Cannes nel 2008. Una film documentario dove vi recitano attori non professionisti, di età compresa la maggior parte tra i 13 e i 15 anni che raccontano e inventano se stessi, dove il professore altri non è che Bègaudeau stesso, che per davvero insegna letteratura. Due esempi mirabili questi che insegnano a comprendere meglio problemi quali l’educazione e l’integrazione etnica senza scivolare mai nell’ovvietà. Il passo successivo è stato poi quello di procurami “Verso la dolcezza” sempre di Francois Bégaudeau per i tipi di Einaudi, e devo dire che mi sento in dovere di consigliarlo con assoluta tranquillità! “Verso la dolcezza”, permette all’autore di focalizzare meglio la sua lente indagativa sulla generazione dei trentenni di oggi, con piglio ironico e con un pizzico di sarcasmo. Jules, incarna perfettamente il ruolo di chi non sa mai nella vita cosa fare, dove andare e perché, financo sulle piccole cose, rasentando talvolta l’atrofia interiore. «A trentacinque anni arrivò il momento di diventare uomo», recita l'incipit del romanzo. Nel bel mezzo del romanzo Jules pensa qualcosa che molti della mia generazione stentano a dirsi, perché la maturità oramai sopraggiunge un po’ troppo tardi di questi tempi: «A trentasei anni arrivò il momento di diventare uomo». Un libro che parla di vita sentimentale precaria, dove addirittura il lasciare una donna si trasforma in «cambiare assetto». Che sia un’opera che racconta con le modalità stilistiche e linguistiche la nostra epoca sentimentale, poco importa, come poco importa se sia da leggere come una prosa poetica che ammicca alla sociologia o alla politica. Stiamo parlando di un lavoro ad ogni modo molto contemporaneo ,che padroneggia suono e fiato della scrittura. Il romanzo non delude per niente, Jules a volte arrivi perfino ad odiarlo, e la realtà (anche se talvolta non proprio la stessa che vorremmo agire e condurre) non è né più né meno che quella che anche noi viviamo. La bravura di un autore sta nel rendertela universale e autentica. E Bégaudeau lo fa!

François Bégaudeau, nato in Francia nel 1971, è giornalista e scrittore. Ha collaborato con i «Cahiers du cinéma» e scrive di cinema per «Playboy». Ha insegnato Letteratura nelle scuole medie. È autore di alcuni romanzi di prossima pubblicazione presso Einaudi, de La classe (Einaudi Stile libero 2008) - da cui è stato tratto il film omonimo, premiato a Cannes con la Palma d'oro, e nel quale interpreta il ruolo del professore - e di Verso la dolcezza (Einaudi Stile libero 2010).

domenica 14 febbraio 2010

Il libro del giorno: Il sangue è randagio di James Ellroy (Mondadori)

Estate 1968. Gli Stati Uniti sembrano sul punto di esplodere per il caldo che li soffoca e gli scandali che la scuotono. Nell'attraversare un quadriennio infuocato, lo sguardo implacabile di Ellroy si ferma su eventi enormi l'imperialismo Usa in America Latina, il dilagare del Black Power, la morte di J. Edgar Hoover, la presidenza Nixon - e su esistenze minime, trascinate dal corso di quella spaventosa e magnetica fiumana che è Los Angeles, interrompendosi sull'orlo del Watergate.

James Ellroy, il cui vero nome è Lee Earle Ellroy (Los Angeles, 4 marzo 1948), è uno scrittore statunitense. Dopo il suo secondo matrimonio con Helen Knode (autrice del libro The Ticket Out), Ellroy si era trasferito a Kansas City. Nel 2006, a seguito del loro divorzio, lo scrittore è tornato a L.A. Si definisce un eremita: scrive al computer molto raramente e preferisce creare grandi schemi della trama prima di cominciare di lavorare al libro.

Shutter Island (BD edizioni) a cura di Stefano Ascari e Andrea Riccadonna


Il 5 marzo esce il film di Martin Scorsese dal titolo “Shutter Island” con protagonista Leonardo Di Caprio nelle vesti di Teddy Daniels. Si tratta di una storia affascinante e misteriosa tratta dall’opera di Dennis Lehane pubblicata da Piemme nel 2003. Siamo nel settembre del 1954. L'agente federale Teddy Daniels viene mandato sull'isola di Shutter, al largo di Boston, dove si trova l'Ashecliffe Hospital, un luogo preposto alla detenzione e alla cura dei criminali affetti da gravi turbe psichiche. La missione è ritrovare una detenuta scomparsa letteralmente nel nulla, Rachel Salando, condannata per omicidio. Un uragano però si abbatte sull'isola, strappando qualsivoglia collegamento con il resto del mondo. Ma sull'isola, niente è davvero quello che sembra. Si tratta davvero di un bel libro con una trama fittissima e che tiene il fiato sospeso sino all’ultima pagina. Ho letto tutti i 7 lavori di Lehane e non posso che consigliarli tutti. Se dovessi consigliarne uno di questo autore non posso non indicare “La casa buia", ma questa è un'altra storia. Ora Edizioni BD ha trasmutato il romanzo di Lehane in una dirompente e oscura graphic novel, sceneggiata da Stefano Ascari per i disegni di Andrea Riccadonna, gli autori di David. Imperdibile!

sabato 13 febbraio 2010

Il libro del giorno: Tony Earley, La stella blu (Fanucci), collana Vintag


Otto anni fa i lettori di tutto il mondo si innamorarono di Jim Glass, il precoce ragazzino di dieci anni del best seller di Tony Earley. Ora Jim è un adolescente e si è innamorato, come solo un adolescente può innamorarsi, della sua compagna di classe Chrissie Steppe. Lei è la ragazza di Bucky, che si è arruolato in marina alla vigilia della seconda guerra mondiale. Jim decide di approfittare della sua assenza per conquistare il cuore di Chrissie, ma la guerra trasforma il liceo in un porto poco sicuro, e fa pesare sulle emozioni di un ragazzo la drammaticità di un uomo adulto. Con una sorprendente abilità nel narrare le vicende del cuore, Tony Earley ha realizzato un indimenticabile ritratto dell’America di un’altra epoca, rendendolo più reale di quello dei nostri giorni.

Tony Earley, autore della raccolta di racconti Here We Are in Paradise, del romanzo Il giovane Jim, dei saggi Somehow Form a Family, è stato inserito dal New Yorker nell’elenco dei 20 migliori scrittori d’America sotto i quarant’anni, e da Granta in quello dei 20 migliori giovani autori americani. Vive con la moglie e la figlia di cinque anni a Nashville, in Tennessee, dove insegna all’università Vanderbilt.


“Jim, i McBride e Aliceville incarnano in modo tanto perfetto il desiderio del nostro tempo di sentir parlare di persone oneste, che La stella blu e il suo protagonista sono irresistibili.” Scott Turow - The New York Times

“Ecco un libro che ci fa sorridere e commuovere dalla prima pagina” Il venerdì

“Teniamolo d’occhio!” “Uno stile limpido e profondo” Il sole 24ORE

“Scritto in una lingua bellissima e disseminato di delicati e stupefatti sentimenti”

Ttl

Il paese dei diari di Mario Perrotta (Terre di Mezzo). Di Pierpaolo Lala

Nei suoi spettacoli teatrali l’attore leccese Mario Perrotta lavora sulla memoria. Dai racconti dei migranti che lasciavano la propria terra in cerca di lavoro sono nati alcuni spettacoli teatrali e una trasmissione radiofonica. Qui, passando dal ruolo di autore/attore a quello di scrittore, si cimenta con un racconto in bilico tra finzione e realtà. Ne Il paese dei diari illustra l’esperienza di Pieve Santo Spirito, paesino toscano, dove nel 1984 il giornalista Saverio Tutino ha fondato un Archivio diaristico nel quale sono raccolti oltre seimila manoscritti. Ognuno può mandare il suo diario, o quello dei parenti scomparsi, e sperare nel giudizio della giuria (composta dall’intero paese) che decide cosa pubblicare ogni anno. Quello di Perrotta però non è un reportage su quanto accade a Pieve ma un racconto – guidato dal Virgilio Tutino - del mondo dei diari che nella notte si muovono, parlano. Ognuno racconta la propria storia e solo in questo mondo fantastico fascisti e partigiani possono stare l’uno accanto all’altro, solo così risorgimento e fine 900 diventano contemporanei. E poi ci sono storie incredibili come quella di Clelia Marchi che un giorno, affranta dall’assenza del defunto marito, inizia a scrivere su un lenzuolo bianco, conservato in una teca nella stanza principale dell’archivio. Un enorme foglio da compilare con la propria storia. “A Pieve Santo Stefano di diari ce ne stanno a migliaia e sono pieni di memorie transitorie, di incroci di frutta e colori, di esperienze utili per andare al mercato delle mele, migliaia di leve simili, ma differenti, memorie che messe tutti insieme non fanno un monumento”, sottolinea Ascanio Celestini nell’introduzione. “Storie effimere nelle quali Perrotta s’è fatto un giro tirando un po’ di leve e raccontandoci che senza i ricordi personali l’effimero della memoria non transita da nessuna parte”. Il volume è completato da alcune fotografie dei diari e da un capitolo di Loretta Veri, direttrice organizzativa della Fondazione, che spiega la genesi, la storia e il futuro di questa incredibile iniziativa di memoria personale e collettiva.

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venerdì 12 febbraio 2010

Il libro del giorno: La mano sinistra di Dio di Paul Hoffman (Editrice Nord)

Non lasciatevi ingannare. Si chiama Santuario dei Redentori, quello in cima a Shotover Scarp, ma è un luogo che non dà nessun rifugio e offre ben poca redenzione. Anzitutto è circondato, a perdita d’occhio, da un’arida boscaglia, è avvolto da una perenne coltre di fuliggine ed è così grande che è facilissimo perdersi, proprio come ci si perderebbe in una landa desolata. Poi ci vivono più di diecimila ragazzi, tormentati dalla fame e dal gelo, costretti a pregare e a fare penitenza, stremati da punizioni brutali e da un addestramento sfibrante. E tutto perché i Redentori hanno un disperato bisogno di soldati da mandare in guerra contro gli Antagonisti, contro coloro che non credono in nessun Dio. Una guerra che dura ormai da due secoli. Questa è stata la vita di Cale da quando, dieci anni prima, è stato strappato alla sua famiglia e condotto nel Santuario. Adesso Cale di anni ne ha quattordici: il suo passato è stato cancellato, il suo presente è un inferno e il suo futuro è la morte sul campo di battaglia. La stessa fine di tutti suoi compagni. Però Cale non è come gli altri. Non si lamenta, non rimpiange, non protesta. Il suo sguardo è freddo e spietato, il suo cuore è calmo e risoluto, la sua mente è lucida e determinata. Perché Cale ha un piano. Deve fuggire. Ma non si può sfuggire al destino. Perché, dopo aver abbandonato il Santuario, Cale si ritroverà in un mondo ancora più crudele e pericoloso. Un mondo in cui bisogna combattere con le armi e con l’astuzia. Un mondo che regala l’amore soltanto per strapparlo via. Un mondo in cui amici e nemici hanno lo stesso volto. Un mondo che aspetta e teme colui che forse lo distruggerà: la Mano Sinistra di Dio…

Paul Hoffman ha passato gran parte della sua infanzia in giro per il mondo, assistendo alle spericolate evoluzioni del padre, un pioniere del paracadutismo acrobatico. E' comunque riuscito a laurearsi in Leteratura inglese al New College di Oxford, diventando poi un affermato sceneggiatore cinematografico. La mano sinistra di Dio è uscito in contemporanea mondiale in 20 paesi ed è stato definito dal Bookseller &laquouno degli eventi editoriali dell'anno&raquo.

LA REPUBBLICA DELLE BANANE – IL BLOG SU FACEBOOK a cura di Andrea Riezzo e Giuseppe Cristaldi

Il blog, nasce nel 1997 ed è una sorta di diario online gestito da una o più persone, dove vengono scritte, esattamente come nel "vecchio diario", impressioni, opinioni o riflessioni dei "blogger", ovvero i gestori del blog, che decidono di condividere idee o ideali.
Il termine "condividi" è sicuramente la parola cardine di questi ultimi tempi, in quanto è il fulcro del noto social-network, Facebook. Proprio per questo motivo il neonato blog, "La Repubblica delle Banane" ha preso forma in Facebook, in quanto l'obiettivo fondamentale è condividere. "La Repubblica delle Banane" non è assolutamente un nome blasonato e palese come molti potrebbero pensare, tutt'altro, è un nome coniato da O. Henry (pseudonimo di William Sydney Porter) per classificare l'Honduras. Infatti "La Repubblica delle Banane" è una modalità dispregiativa di dire, rivolto a piccole nazioni latino-americane, dove regna una politica instabile, il potere economico è in mano alle multinazionali, e il governo è composto da un'oligarchia ricca e corrotta.
L'utilizzo dell’espressione “La Repubblica delle Banane” in questa sede è rivolto all'Italia, in quanto la situazione è poco differente rispetto a quella del sud america, se non per il fatto che non ci troviamo a quelle latitutidini e, pertanto, questo blog ideato da A. Riezzo, e con lui amministrato anche da G. Cristaldi, ha come obiettivo, quello di denunciare le malefatte di chi è a capo del governo, attraverso un'informazione limpida, pura, senza mezzi termini o possibilità di “inciucio”, offrendo a tutti la possibilità di "condividere" la notizia, affinchè quanti più cittadini s'informino in maniera corretta. Perchè preferire un blog? La risposta è molto semplice. Basta accendere un comune televisore e successivamente parlare con un italiano medio che non ha altri mezzi d'informazione oltre al tubo catodico, e ci si rende conto che la televisione impone alla mente solo due opportunità: scegliere tra l'ignoranza pura o la cultura filtrata. In ogni caso, nessuna delle due opzioni fa crescere la cultura di un cittadino, tutt'altro, annebbia le coscienze e rende deboli, lasciando scivolare addosso ogni tipo di notizia, dalla più scottante alla più effimera. Il blog "La Repubblica delle Banane" mira alla comunicazione senza "rumore", seguendo alla lettera la definizione di "comunicazione" cioè : mittente/messaggio/ destinatario, aggiungendo, dopo il "destinatario", solo ciò che la tecnologia di Facebook ci ha donato, la condivisione, che non è altro che un sinonimo del termine "divulgazione" che veniva usato negli anni precedenti.
Si aggiunga, che "La Repubblica delle Banane" non è schiava della televisione di Stato, non è schiava della televisione privata, non è schiava dei giornali di destra o di sinistra che siano. Essa è schiava soltanto della demagogia che ci governa, in quanto a causa di quest'ultima, le notizie vengono setacciate clamorosamente quindi consecutivamente tutti gli errori e tutti gli orrori commessi dai capi di governo e dai politici tutti.
Per maggiori informazioni, iscrivetevi al blog attraverso questo link:

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giovedì 11 febbraio 2010

OPERATORI DI PACE SI DIVENTA il 13 febbraio ad Alessano con Nichi Vendola, Antonio Gabellone, Vittorio Prodi per Don Tonino Bello


SCUOLA DI PACE “DON TONINO BELLO”, ALESSANO, con il Patrocinio della REGIONE PUGLIA, PROVINCIA DI LECCE, COMUNE ALESSANO il 13 febbraio 2010 alle ore 9,00, presentano il CONVEGNO "OPERATORI DI PACE SI DIVENTA" presso la sala convegni Benedetto XVI (SS 275 Lucugnano-Alessano). Sono previsti i saluti del Presidente della Fondazion, prof. DONATO VALLI, il Vescovo di Ugento-S. Maria di Leuca MONS VITO DE GRISANTIS, Sindaco del Comune di Alessano, il Presidente della Regione NICHI VENDOLA e il Presidente della Provincia di Lecce ANTONIO GABELLONE. Interverrà il Prof. VITTORIO PRODI (Europarlamentare- Già presidente della Scuola di Pace di Marzabotto). Con la partecipazione di : DON LUIGI CIOTTI Presidente di “Libera” e MONS.LUIGI BETTAZZI, Vescovo emerito di Ivrea-Già Presidente di Pax Christi.

Seguiranno due letture da “danza la vita” (Lupo Editore) delle prof.sse MARIAGABRIELLA CARLINO E MARIA OCCHINEGRO

Intermezzo musicale : Introduce la prof.ssa ANNALENA MANCA

Esecuzione al pianoforte del M.tro FRANCESCO LIBETTA

Inaugurazione della sede della scuola di Pace in Piazza Don Tonino Bello.

Seguirà buffet offerto dalla Scuola IPSSAR di S. Cesarea Terme

La fondazione della scuola di pace intitolata a Don Tonino Bello è un evento di straordinaria importanza. Significa costituire qui nel Salento, ad Alessano, un centro permanente di educazione alla legalità a disposizione di tutti i giovani che intendano usufruirne. Le istituzioni scolastiche potranno sintonizzare l’offerta formativa dei singoli POF con le iniziative che di volta in volta organizzerà questa scuola speciale, che nel territorio si configura come interlocutrice preziosa, in quanto “industria di pace”.

Il libro del giorno: Bellini e gli spiriti di Tony Bellotto (Cavallo di Ferro editore)

Una misteriosa busta viene lasciata sotto la porta dell’Agenzia Investigativa Lobo. Dentro ci sono 5 mila dollari e una denuncia di omicidio. La vittima è l’avvocato Arlindo Galvet, morto durante la maratona di San Silvestro cadendo stecchito a terra, senza causa apparente.

Pericolosamente diviso tra questo cliente fantasmagorico, le avventure amorose e la mafia cinese, il famoso detective Remo Bellini (un brasiliano di origini italiane) ha una gran bella gatta da pelare. Tra inseguimenti nel quartiere Liberdade, il quartiere orientale di San Paolo, e visite a un centro spiritista (tutto sempre con il sottofondo dei blues) Bellini comincia ad ammettere che le forze dell’altro mondo potrebbero anche dargli una mano a risolvere il caso.

Tony Bellotto è nato a San Paolo nel 1960. Oltre ad essere scrittore, è il chitarrista e il compositore del famoso gruppo rock brasiliano Titãs. Il detective Bellini, il personaggio di tutti i suoi romanzi gialli, ha ottenuto un successo così straordinario che alle sue avventure si sono ispirati un film e una seguitissima serie televisiva della TV Futura.

AliceBook ... in wonderland!










La casa editrice AliceBook, nasce dall’entusiasmo di un gruppo di amici che amano i buoni libri, già operanti nel mondo della cultura e della comunicazione, con il gusto dell’impresa editoriale fuori dagli schemi e l’intento di pubblicare solo libri di scoperta e opere selezionate secondo criteri di reciproca remunerazione e convenienza basati sul valore artistico e narrativo delle opere da editare. Il nostro lavoro si svolge pubblicando inediti, riscoprendo autori rari e poco noti, vagliando le proposte e proponendo al debutto giovani autori italiani e stranieri di cui pubblichiamo le opere, prime e non. In questo processo, fondamentale passaggio di ognuna delle pubblicazioni, è l’allestimento di una fase di ottimizzazione del lavoro di pre-produzione del manufatto libro e un piano della strategia editoriale che segue la produzione, ma che inizia sempre con un accurato lavoro di selezione e di vaglio critico delle proposte. L’editing e la messa a punto del testo vengono assicurati coinvolgendo l’autore in una dettagliata e mai pedante revisione del manoscritto, sotto la guida di un editor professionista. Il lavoro di preparazione e di allestimento editoriale sviluppato sul testo trova infine la sua naturale conclusione nella scelta accurata di una appropriata e significativa grafica di copertina in grado di attirare sul testo l’attenzione anche dei lettori meno attenti. Ricalcando il modello editoriale anglosassone e grazie alla collaborazione di validi professionisti, con il supporto di agenzie letterarie e di comunicazione, contenuto e immagine del vostro libro diventeranno le colonne portanti del progetto editoriale di AliceBook. Due le collane per questa casa editrice: 1) Lo specchio di Alice che è una collana dedicata alla letteratura giovane, un nome che gioca con il romanzo di Lewis Carroll, con un’immagine che sintetizza i sogni e le aspirazioni dell’attuale generazione di 20-40enni, ma che intende anche sfondare gli attuali limiti generazionali della narrativa contemporanea con scritture di qualità; 2) La Tartaruga Finta è una collana dedicata alla saggistica letteraria con testi critici e di approfondimento culturale, non solo dedicati a specialisti ma anche a un pubblico di lettori attenti e curiosi a novità e proposte originali.

Info:

AliceBook Editore

via Fares 20/b, 88100 Catanzaro

tel. 0961752869

mercoledì 10 febbraio 2010

Il libro del giorno: Il ladro di suoni di Vittorio Giacopini (Fandango)

Torre del Lago, Versilia, primi anni Cinquanta. Un uomo sbarca in paese tornando dall’America; viene a morire. Con sé ha un baule misterioso e l’aria equivoca, di chi nasconde un segreto da non dire. Dicono che sia un musicista e ha l’andatura estenuata di un bradipo in processione, sembra un vecchio. I compaesani lo chiamano ‘il bandolero stanco’, l’americano. Negli stessi anni, in una suite lussuosa di Manhattan, a casa di un’amica miliardaria, muore il genio del be bop, Charlie Parker. Non fa neanche in tempo a crepare che attorno a lui già fioriscono oscuri miti. Sulla metro di New York una mano misteriosa scrive ‘bird live!’ e qualcuno mette in giro la voce, indimostrabile, che nascoste da qualche parte, chissà dove, ci siano ore e ore di registrazioni perdute di Bird, suoni rubati da un pazzo spacciatore, un parassita, che lo seguiva ovunque, come un’ombra, e registrava tutte le sue serate, i suoi concerti. Quei nastri diventano il Sacro Graal del Jazz, una leggenda. Ma chi era il ladro di suoni, e dove stava? La storia di Dean Benedetti, quel giovane vecchio che si era rintanato a morire giù in Toscana, nasce così, già postuma dall’inizio, evanescente. Poteva essere tutto vero o tutto falso. Quel tesoro esisteva davvero o era una balla? E se c’era davvero dove stava? Nessuna prova provata, nessun indizio. Nel ladro di suoni l’autore narra (e inventa) questa vicenda ormai dimenticata,. Il racconto è un romanzo di (de)formazione e un viaggio nel tempo che compone trascurabili reperti e dati frammentari, inconcludenti, per ricostruire un mosaico ricco di avventure e affollato di imprevisti e di spavento. È una storia di fallimenti e di rinunce, un lento viaggio iniziatico on the road che dalle montagne spoglie del Nevada, raggiunge la California, poi New York sino alla provincia toscana. Un romanzo limpido e memorabile che racconta un mito americano diventato improvvisamente tutto italiano.

Vittorio Giacopini è nato a Roma nel 1961. Collabora alla rivista “Lo straniero”. Tra i suoi libri, Scrittori contro la politica, Bollati Boringhieri 1999, Una guerra di carta, il Kosovo e gli intellettuali, Eleuthera 2000, Al posto della libertà, breve storia di John Coltrane, e/o 2005 e il romanzo Re in fuga. La Leggenda di Bobby Fischer, Mondadori 2008 (premio Comisso per la letteratura).

Quel che rimane ... di Vito Antonio Conte


Sul tavolone -che funge da scrivania- nello studio di casa mia, dopo i mandorli in fiore nei campi adiacenti la strada che ho percorso e amato (insieme a te), lo spazio è quasi ormai colmo. Pile di libri, fotografie, agende e altro, molto altro, a consumare ritagli di legno residuo. Ho acceso un incenso (Goloka, varietà Nagchampa Agarbathi), il suo profumo si sposa bene col the bollente al limone che sto bevendo, intanto che per cinque minuti son venuti giù fiocchetti di neve. Scrivo il mio nome il mio indirizzo e il mio numero di cellulare sulla Moleskine intonsa, a fogli bianchi (senza righi, né altro, intendo), con la copertina cartonata rigida di colore rosso. Sotto, accanto alla dicitura “As a reward: $”, aggiungo “0”. Tanto vale oggi il ritrovamento e la riconsegna a me, semmai dovessi perderla (la Moleskine nuova, intendo). Lo stereo diffonde le note di quel che la copertina del CD assicura essere The Very Best Of Charles Mingus. È quel che ci vuole a quest'ora. Adesso. Faccio un po' d'ordine: ripongo nella libreria qualche libro: “Il mio nome è rosso” di Orhan Pamuk. Ne ho letto appena un ottavo: non è momento. Una raccolta di storie a fumetti di Milo Manara (eros d'autore: molto interessante...). Un altro fumetto: “Alan Ford Story” di Max Bunker (ritorno all'infanzia e uno scambio di battute d'attualità: il suicida, sulla spalletta di un ponte, dice: “Voglio buttarmi, sono un fallito! Non merito di vivere, voglio buttarmi”, Alan, rispondendogli, osserva: “Qui non otterrà niente, l'acqua è alta sì e no mezzo metro. Più avanti, di là, la profondità sarà di almeno sei metri, e allora...”, al che il suicida: “Grazie, grazie buon giovane! Un po' di calore umano fa sempre piacere ai morituri!”, pag. 103 del n. 1 di Alan Ford – Il Gruppo TNT del maggio 1969). Ripongo sulla libreria anche “Lo schiavo del manoscritto” di Amitav Ghosh: sono giunto a pag. 53 e non riesco proprio a continuare... Verrà il suo tempo anche per questo! Forse. E, forse, avrei dovuto iniziare la lettura di questo Autore con “Mare di papaveri”, di cui avevo letto un'ottima recensione su un vecchio “Style”, il noto supplemento del Corriere della Sera. Via anche “Letteratura del Novecento in Puglia 1970-2008”, edito da Progredit, a cura di Ettore Catalano, 526 pagine (indice dei nomi escluso) ricche di spunti e notizie sul panorama letterario pugliese degli anni indicati nel titolo del libro, ma decisamente deludente e confusionario nei capitoli XIII e XIV, curati, rispettivamente, da Antonio Lucio Giannone e da Maria Ginevra Barone e Fabio Moliterni. Quel che desta perplessità non è tanto il ritrovare menzione della tale rivista o del tale Autore, che -indubbiamente- è frutto di scelta dettata da una qualche motivazione, quanto la farraginosità dei capitoli nella disamina e nella descrizione del tema di cui si occupano, nonché alcune pesanti assenze, le cue conseguenti lacune sono inspiegabili. Frutto di scelta. Sarebbe interessante capire quale! Se qualcuno vorrà dirmelo, spiegherò meglio quanto sopra. Rimane su questo grande tavolo “Antigua, vita mia” di Marcela Serrano: lo leggerò intanto che rammento “Nostra Signora della Solitudine”, della stessa Autrice, letto diversi anni fa. M'era piaciuto! E mi accendo un'altra sigaretta... per chiudere questo pezzo, che non è una recensione, né altro, ma soltanto un'incursione nel mio tempo che scivola via, come questo giorno. Di cui rimane (come di versi) una parvenza di neve, mandorli in fiore e un libro da leggere...


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martedì 9 febbraio 2010

Il libro del giorno: L'interpretazione dei sogni di Sigmund Freud (Newton Compton)

Con L’interpretazione dei sogni Sigmund Freud ha avviato una delle grandi rivoluzioni del Novecento divulgando la sua teoria dei processi inconsci. In nessuna altra opera è riuscito a coniugare in modo così brillante l’esigenza della completezza e del rigore con quella della chiarezza e della semplicità dell’esposizione. Tanto da rendere questo libro una sorta di passepartout in grado di aprire tutti gli accessi principali ai concetti della psicoanalisi. Alla vita onirica e alla sua interpretazione viene riconosciuto un ruolo fondamentale per la comprensione delle patologie psichiche – nevrosi e psicosi – ma anche delle motivazioni di tanti nostri atteggiamenti e peculiarità caratteriali. Spiegare cosa si nasconde dietro l’apparente bizzarria delle immagini e dei contenuti del sogno equivale, per Freud, a penetrare nei meandri della nostra psiche, a scoprire desideri e pulsioni rimossi, a dissotterrare un materiale affettivo e mentale preziosissimo, che la coscienza tende ad occultare perché “inaccettabile”. Il raggiungimento di tale consapevolezza è il primo, importantissimo passo verso la conoscenza del nostro Io più autentico.

«Quando ci siamo occupati della relazione tra i sogni, la vita da svegli e la fonte del materiale onirico, abbiamo notato che i più antichi e i più recenti studiosi di sogni sono concordi nell’opinione che gli uomini sognano quello che fanno durante il giorno e quello che interessa loro mentre sono svegli.»

Angeli a pezzi, di Dan Fante, traduzione di Marcdo Giovannini e Mary Sellers (Marcos y Marcos). Intervento di Nunzio Festa


Bruno Dante lascia la moglie, ovvero è lasciato da sua moglie, appena esce nuovamente da una clinica dove ormai ritualmente è internato, dopo che tenta il suicidio, per merito dell’alcolismo. Ma questa volta, a parte il fatto che in sostanza la mogliettina lo odia totalmente e lo lascia a se stesso, suo padre, il grande scrittore Jhonatan Dante sta morendo. Dan Fante, figlio di Jhon, ma questa riflessione-precisazione serve solamente a dirci quanto di memoria del padre è serrata nel romanzo, ha composto un’opera degna, ci viene da dire, proprio, appunto, di suo padre. Però, per rendere giustizia a Dan Fante, cerchiamo di dimenticarci della sua parentela. Anche se questa, ripetiamo, è parte forte di “Angeli a pezzi”. Il romanzo, infatti, fra le sue doti migliori ha questo avvistamento a distanza, fatto di memoria e di stima, d’affetto e di delusioni. Dante è fiero, si capisce, del Dante senior. La scrittura di Dan Fante è sottile come un raptus, potente quanto una mossa di ladro, è sicura e si beve d’una serie di sottigliezze che paiono assorbite direttamente dalla ‘scuola’ d’altri padri nordamericani. Che “Angeli a pezzi” è un romanzo che avrebbe potuto firmare qualsiasi altro grande autore di queste lande, con tutto il rispetto con questa bravissima nuova scoperta dell’editoria italiana. “Angeli a pezzi”, dove il rapporto con un padre-simbolo diventa stretto rapporto e contatto con il cane che a questo padre apparteneva, sperimenta le farneticazioni e i ribollimenti inventati dall’alcol. Viaggia sul binario lungo e scodinzolante della solitudine d’una persona che sa d’essere pronto a scrivere per vivere, dopo che è stato un abilissimo venditore di tutto quel che si può vendere. Il protagonista del romanzo, in pratica, è bravo a “fottere” l’umanità, ma allo stesso tempo è bravissimo a “farsi fottere”. Possiede, come altri casi celebri, il destino di voglie sessuali, inoltre, abbastanza ambigue. Anzi, non proprio ambigue. Si dica che il protagonista sente fortemente un forte richiamo spedito da una libidine non conforme a una certa tipologia di ‘normalità’. Bruno, per esempio, è bisessuale. Però non in senso puro. In quanto il suo volere pure corpi maschili è semplicemente una sfida alle regole. Più che una vera voglia o tentazione corporale. Non proprio, insomma, istinto. Alla stregua dei gusti sessuali, o della abitudini, Bruno Dante ama il vino che l’ammazza. Cosa tutt’altro che scontata, poi, il protagonista – forse molto ‘autobiografico’ – custodisce un desiderio di riscatto e chili e chili di consapevolezza delle proprie capacità e della sua sorte. La storia creata da Fante Dan permette alle pagine di girarsi quasi da sole. Le avventure inventate da Fante Dan ci spingono in faccia ad alcuni paesaggi nordamericani, non quelli fatti di tanta natura, comunque, e c’inducono a rafforzare il nostro desiderio d’immaginare gli spostamenti di quelli che di solito i benpensanti definiscono “borderline”. Bruno Dante è una persona che sconfigge le imposizioni, bravo nello sperpero del denaro, è uomo che vuole avere dalla sua storia tutto quanto dovrebbe servirgli per farlo stare in vita - e al meglio che crede. Poi Dante è debole. Però Dante si scontra con i dolori dell’animo. Esattamente alla maniera della stragrande maggioranza degli esseri umani. Dan Fante, con “Angeli e demoni” ricorda a lettrici e lettori che i terreni della dannazione sono ancora pieni di gente che in quelle dimensioni striscia e/o vola. Con il romanzo di Dan Fante è possibile rinnovare un’intesa con le corse delle percezione. A contatto col precipizio. A stretto giro di pericolo insistente. L’uomo comune, il cittadino medio è nuovamente visto bene e male, di male e di bene.


lunedì 8 febbraio 2010

Il libro del giorno: Liberaci dagi sbirri di Gabriele Reggi (Isbn edizioni)


«Com’era possibile che l’avessero concepita così come la vedevo, quella scuola? Sottoterra, morta, si direbbe. Una scala sostenuta da pilastri scendeva come in un girone dantesco fino al portone d’entrata trenta metri più giù. Ho fatto un segno d’intesa al meccanico. Anche lui. Sono sceso. L’edificio era privo d’intonaco, impiantato miracolosamente nel terreno come fosse caduto da sopra, qualcuno gli avesse dato una spinta e fatto rotolare per il paese fino al punto più basso; qualcosa di cui vergognarsi. Ecco. Una discarica di scuole.» Una violenta, ancestrale parabola del Sud profondo. Una racconto d’amore e di sangue

Spedito a far supplenze in una scuola del Sud più profondo, il protagonista di questo romanzo si accorge ben presto di essere finito in un villaggio dei dannati che sembra partorito dalla mente di Stephen King, più ancora che da Ignazio Silone o da Ernesto De Martino. La Storia non arriva a Stimmate, dove le donne sono costrette a lavorare nei campi e i carcerati sono chiamati Presidenti e vivono come al Grand Hotel. Il tasso di mafiosità di questo Meridione allucinato e piovoso porta uomini e donne a pregare ogni giorno «liberaci dagli sbirri», mentre un cruento rito religioso chiamato la Piaga sembra tenere insieme la comunità. Finché Stefano, il prossore del Nord, non si innamora di Anorea, bellissima e intoccabile.

Gabriele Reggi è nato nel 1961 ad Atri (Te). Vive e lavora a Rieti. Liberaci dagli sbirri è il suo primo romanzo.

Puccetto: "La mia mano una radice disposta sull'orizzonte". Intervento di Mauro Marino

E’ pittura viva quella di Puccetto. Pittura che viene dall’urgenza del corpo, una necessità espressiva che muove poesia mutandola in colore, in concreto atto di attacco: questo è un’imbrattamento. Una lotta, una sfida! Osare è cifra fondante in quest’agire. Motivo d’un riscatto che oggi abita le stanze paludate di un ‘castello’... A pensarci bene solo una “t” è di troppo per dire ‘casello’ - il luogo dove quest’arte si fa opera - che sempre reggia è, se ci abita l’arte, il cercare, l’impazienza, la ribellione, il contemplare! Recinto d’una regalità ‘fatta’ dell’odore forte delle trementine e delle vernici, scandita dal trillo d’un telefono a muro, di bachelite nera, che annuncia il passaggio dei treni. Eppure quello è un mondo fermo, nonostante il trafficare del passaggio a livello. Un mondo custodito tutto intero nella sua purezza che cova ingegno per far furba la mano e sagace l’occhio nel guardare in divenire. Antonio Rocco D’Aversa è poeta, di scritture fini che mischiano la lingua e la declinano nell’incanto di visioni prossime a pochi. E’ miracolo il suo versificare, come miracolo è l’equilibrio che le sue “pezze” accolgono nel calibro del graffio, della pennellata data con le mani, nello stridere d’una punta sulla superficie. Scive Puccetto: La mia pelle è una terra/ Il mio corpo un sentiero senza destino/ La mia vita è un errore/ La mia mano una radice disposta sull'orizzonte/ L'odio è una bocca piena di sabbia/ La mia pelle rubata al tempo/ Nel pozzo profondo esistono immagini/ E un grido che nessuno ascolta/ Io sono affascinato dal pozzo poiché è là che e mie grida mi abbandonano/ Il mio corpo è blu e non riflesso di luce/ Io sono un secolo di silenzio e di argilla/ Un campo tracciato dalla notte/ Il mio corpo è un incendio.

fonte iconografica by Cinesalento

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domenica 7 febbraio 2010

Il libro del giorno: Delfini di Banana Yoshimoto (Feltrinelli)

Kimiko, giovane scrittrice di romanzi rosa, esce con Goro, che convive con Yukiko, una lontana parente molto più grande di lui. Una sera, dopo una visita all’acquario di Tokyo a vedere i delfini, Kimiko fa l’amore con Goro, ma capisce che la loro storia non ha futuro. Temendo di legarsi troppo a lui, decide allora di abbandonare Tokyo. Nel tempio vicino al mare in cui trova rifugio, conosce Mami, una ragazza con doti soprannaturali, e da lei viene a sapere di essere incinta. Kimiko contatta Goro per chiedergli di riconoscere il bambino, senza però pretendere né di essere sposata, né tantomeno che lasci Yukiko. In attesa della nascita della piccola Akake, la gravidanza di Kimiko è scandita da un sogno ricorrente: delfini che nuotano nell’acqua.
Le opere di Yoshimoto vengono spesso paragonate ai manga per le situazioni descritte e per i loro protagonisti. Tra le sue amicizie rientra Kyoko Okazaki, famosa autrice di Shojo manga di grande successo nei primi anni '90.

E' finita la controra (Manni editore) a cura di Filippo La Porta. Intervento di Dario Goffredo

ll bravo editore Manni ha da poco pubblicato È finita la controra, un’antologia curata dal critico Filippo La Porta che raccoglie brani dai romanzi di diciannove scrittori pugliesi nati tra il 1956 e il 1986. Se-condo La Porta la Puglia sta vivendo un nuovo rinascimento letterario, o Nuovelle Vague. Il critico parte da una domanda: è possibile rintracciare una linea comune tra le diverse anime narrative della Puglia? La risposta è, naturalmente negativa, ma riesce, La Porta a descrivere una certa tendenza comune alla mutazione, una resistenza alla modernità, seppur inconsapevole.
Fa molto piacere vedere raccolte in un unico volume alcune delle migliori pagine scritte da autori pugliesi negli ultimi anni. Leggere, come se fosse un unico grande racconto, le storie di Puglia. I diciannove autori raccolti nel libro sono diversissimi tra loro per genere e tematiche trattate: si va dal giallo-noir di De Cataldo, Carofiglio, Lomunno e, se vogliamo, De Michele, al western pugliese di Omar Di Monopoli, ai reportage di Alessandro Leogrande, al blog trasferito su carta di Pulsatilla, alle invenzioni narrative e linguistiche di Livio Romano, Carlo D’Amicis, Mario Desiati e Cosimo Argentina, allo sguardo cinematografico di Andrea Piva, al romanzo di formazione di Nicola Lagioia. Chiudo dicendo che condivido appieno l’idea di La Porta e Manni di pubblicare questo libro che può essere l’occasione per rileggere o leggere alcuni validissimi autori pugliesi che ben rappresentano davvero questa Nuovelle Vague del tacco d’Italia. Insomma, come direbbe Francesco Facchinetti, sosteniamo e compriamo la buona narrativa pugliese.

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sabato 6 febbraio 2010

Il libro del giorno: Acciaio di Silvia Avallone (Rizzoli)

Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d’uscita. Poi un giorno arriva l’amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l’amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male.
Attraverso gli occhi di due ragazzine che diventano grandi, Silvia Avallone ci racconta un’Italia in cerca d’identità e di voce, apre uno squarcio su un’inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più. E lo fa con un romanzo potente, che sorprende e non si dimentica.

AA.VV. - "La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" edito da LietoColle

"Un sabato pomeriggio una ragazza solitaria, misteriosa, molto bella, si confessa nella chiesetta di San Lazzaro ad Alessano, piccolo centro agricolo in provincia di Lecce. Dopo essersi confessata fa la comunione. Si chiama Claudia, ha 29 anni, appare silenziosa, molto tranquilla e nulla lascia presagire quello che accadrà. È di Lecce, la sera torna a casa sua in città. Claudia trascorre la sera in casa, per leggere, forse scrivere, oppure solo pensare. All’una e trenta Claudia Ruggeri si lancia nel vuoto, si lancia dal balcone di casa sua." Era il 1996. Con queste parole Mario Desiati ricorda Claudia Ruggeri nel suo Note per una poetessa, apparso qualche tempo fa sul sito di letteratura e poesia poiein. Poiein non è l’unico sito che di recente si è occupato della poetessa salentina. Oltre a lecceweb nel giugno 2004 il sito di letteratura e poesia musicaos ri-propone, con una breve introduzione di Luciano Pagano, una sezione de "Il Matto", pubblicata nel 2000 dalla rivista underground leccese S/Pulp, con contributi di Rosanna Gesualdo e Maurizio Nocera. Il testo era stato ricavato da un’audiocassetta (attualmente custodita con cura dallo scrittore Maurizio Nocera), dove Claudia recitava i suoi versi. La voce della giovane autrice sembrava provenire da chissà quali distanze, un canto distorto, quasi fosse il canto d’amore di una Furia. Potremmo parlare di modulazioni recitative improntate su categorie tonali-performative della separazione, del lutto, della distruzione. Sarebbe riduttivo. Andiamoci cauti. Ascoltarla, lo assicuriamo, ha richiesto nervi saldi. Ancor più di recente sul settimanale Diario tra il 30 e il 5 agosto 2004, lo scrittore e giornalista Pietro Berra, parla di "Poeti maledetti, a Lecce". Accanto a Salvatore Toma, Stefano Coppola, Antonio Verri, anche Claudia Ruggeri. Scrive Berra: "Fu a uno dei tanti incontri promossi da Antonio Verri che Claudia Ruggeri conobbe Franco Fortini. La ragazza, già distintasi in alcune letture pubbliche per la bellezza e per il modo con cui recitava i suoi versi, affidò al maestro un pugno di poesie trasbordanti di parole, un po’ barocche e un po’ decadenti. Ricevette in risposta una lettera in cui il critico-poeta le definiva collane e gioielli".

Questi contributi e queste iniziative editoriali marcano a fuoco l’esigenza di approfondire il caso Ruggeri (perché di caso si tratta, finchè qualcuno non si accingerà a una sistemazione organica e critica della poetica dell’autrice), e aggiungono altro materiale, accanto a quanti precedentemente hanno parlato e scritto di lei: Walter Wergallo, Arrigo Colombo, Carlo Alberto Augieri, Michelangelo Zizzi, Donato Valli, Rossano Astremo, Luciano Pagano, Giuliana Coppola, Antonio Errico, Sergio Rotino, Franco Fortini, Mario Desiati, Rossano Astremo, Elio Scarciglia. Ora esce per i tipi di Lieto Colle "La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" un bellissimo volume prefato da Michelangelo Zizzi, a cura di Pasquale Vadalà con le testimonianze di Andrea Cassaro, Mario Desiati, Stelvio Di Spigno, Andrea Leone, Flavio Santi, Carla Saracino e Mary B. Tolusso. Un lavoro che attesta quanto ancora ci sia da dire e da fare su un personaggio di spessore e rilievo che merita di essere nelle più importanti antologie di poesia contemporanea italiana. Quello voluto dalla casa editrice comasca e dai curatori del volume, appare subito evidente come voglia essere un’opera che contribuisca a dare finalmente un approccio sistematico al verso, al respiro grandissimo di questa poetessa e al suo essere per la Poesia con generoso rispetto e amore. Dunque nulla di commemorativo, anzi si parla di uno spazio letterario dove sette autori si confrontano attraverso serratissimi punti di vista sul livello poematico della Ruggeri come è avvenuto con Bodini, Comi, Verri. Un volume assolutamente imperdibile perché testimonia la stima intorno alla verità della Poesia, e all’autenticità dell’essere Poeta di questa splendida “sposa barocca”

venerdì 5 febbraio 2010

Calpestare l'oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana




















Nei prossimi giorni sarà diffusa attraverso il web l'antologia "Calpestare l'oblio. Cento poeti italiani contro la minaccia incostituzionale, per la resistenza della memoria repubblicana" con cui si conclude questa prima operazione di rivolta poetica contro l'oblio nazionale.

Gli autori di "Calpestare l'oblio" sono:
Francesco Accattoli, Annelisa Addolorato, Nadia Agustoni, Fabiano Alborghetti, Augusto Amabili, Viola Amarelli, Antonella Anedda, Gian Maria Annovi, Danni Antonello, Luca Ariano, Roberto Bacchetta, Martino Baldi, Nanni Balestrini, Maria Carla Baroni, Vittoria Bartolucci, Alberto Bellocchio, Luca Benassi, Alberto Bertoni, Gabriella Bianchi, Marco Bini, Brunella Bruschi, Franco Buffoni, Michele Caccamo, Maria Grazia Calandrone, Carlo Carabba, Nadia Cavalera, Enrico Cerquiglini, Antonino Contiliano, Beppe Costa, Andrea Cramarossa, Walter Cremonte, Maurizio Cucchi, Gianluca D’Andrea, Roberto Dall’Olio, Gianni D’Elia, Daniele De Angelis, Francesco De Girolamo, Vera Lùcia De Oliveira, Eugenio De Signoribus, Nino De Vita, Luigi Di Ruscio, Marco Di Salvatore, Alba Donati, Stefano Donno, Fabrizio Falconi, Matteo Fantuzzi, Anna Maria Farabbi, Angelo Ferrante, Loris Ferri, Fabio Franzin, Tiziano Fratus, Andrea Garbin, Davide Gariti, Massimo Gezzi, Maria Elisa Giocondo, Marco Giovenale, Mariangela Guatteri, Raimondo Iemma, Andrea Inglese, Giulia Laurenzi, Maria Lenti, Bianca Madeccia, Maria Grazia Maiorino, Francesca Mannocchi, Giulio Marzaioli, Emiliano Michelini, Guido Monti, Silvia Monti, Davide Morelli, Renata Morresi, Giovanni Nadiani, Davide Nota, Opiemme (laboratorio), Fabio Orecchini, Claudio Orlandi, Natalia Paci, Adriano Padua, Susanna Parigi, Fabio Giovanni Pasquarella, Giovanni Peli, Enrico Piergallini, Antonio Porta, Alessandro Raveggi, Rossella Renzi, Roberto Roversi, Lina Salvi, Stefano Sanchini, Flavio Santi, Lucilio Santoni, Giuliano Scabia, Francesco Scarabicchi, Alessandro Seri, Marco Simonelli, Enrico Maria Simoniello, Giancarlo Sissa, Luigi Socci, Alfredo Sorani, Pietro Spataro, Roberta Tarquini, Rossella Tempesta, Enrico Testa, Fabio Teti, Emiliano Tolve, Adam Vaccaro, Antonella Ventura, Lello Voce, Matteo Zattoni

L'e-book conterrà una prefazione dello storico Luigi-Alberto Sanchi e una mia breve premessa alla nuova versione.

Il libro del giorno: L'invenzione di Palermo di Giuseppe Rizzo (Giulio Perrone editore)

Questa storia è una favola, ma piena di parolacce. Questa storia parla di Palermo, ma anche della neve. Questa storia è ricca di invenzioni senza brevetto. I Tirone vivono in una baracca di lamiera sul fiume Oreto, a Palermo. Da quando Gesù ha inventato le case popolari, cercano di farsene assegnare una. Nel frattempo, tirano a campare vendendo, al mercato popolare di Ballarò, roba raccattata nell’immondizia. Ci riescono, fino a quando ritrovano la madre morta. Per la precisione, morta ammazzata. Nello specifico: sparata. Da questo momento, succedono tante cose. Succederà che Totò, il marito, e il figlio maggiore vengano arrestati. Che Nino, l’unico maschio rimasto in casa Tirone, venga massacrato di botte dai malacarne. E che Annina, quindici anni, stivaletti di vernice rossa ai piedi e parolacce appiccicate alla lingua, si ritrovi a tirar fuori dai pasticci la sua famiglia. Da sola. A meno che si vogliano considerare d’aiuto uno psicoanalista che da dieci anni non esce di casa, un imbianchino che vive con le puttane di colore e un nano che tutti chiamano “Il Principe”.

Giuseppe Rizzo ha ventisei anni. Ha collaborato con il Giornale di Sicilia, Il Mucchio Selvaggio e Nazione Indiana. È stato finalista al Mondello Giovani e ha vinto il RomaEuropa Festival. Mangia la carne. Non ha un blog.

giovedì 4 febbraio 2010

Il libro del giorno: Walter Tevis, Il colore dei soldi, The Color of Money (Minimum Fax)

«Tevis è ineguagliabile nel ricreare la tensione delle sfide al tavolo da biliardo».
Publishers Weekly

«Tevis è uno dei più grandi scrittori americani del Ventesimo secolo. I suoi romanzi hanno cambiato l’immaginario collettivo».
Matteo Sacchi, Il Giornale

Pubblicato nel 1984, pochi giorni prima della morte di Walter Tevis, Il colore dei soldi nasce come seguito ideale del suo primo romanzo, Lo spaccone.
Vent’anni dopo l’epico incontro con Minnesota Fats, «Fast» Eddie Felson torna sui tavoli da biliardo per continuare la sua partita con la vita e con se stesso. Dopo aver tentato invano la carriera di imprenditore, Eddie capisce dolorosamente che il suo talento per la stecca è l’unico capitale di cui dispone per sopravvivere. Ma nel frattempo il mondo del biliardo professionistico è cambiato, e una nuova generazione di giocatori detta legge al panno verde. Alle prese con un ambiente del quale deve imparare a proprie spese le nuove regole, «Fast» Eddie si rimette in gioco, tornando a una vita fatta di competizioni, alberghi lussuosi e impersonali, sale fumose dove allenarsi e affrontare gli avversari. E vincere l’ultima sfida.
Questo romanzo ha ispirato il film omonimo diretto da Martin Scorsese, con Paul Newman (già protagonista di Lo spaccone nel 1961) e Tom Cruise.

Scassata dentro è la Luna (Ascoltando “Scassata dentro” di Enzo Mansueto). Intervento di Gianpaolo G. Mastropasqua










Dopo le performance epilettriche di Ian Curtis e l’ultimo estremo atto, l'uomo che r-esisteva si rifugiò nella notte, l'unica madre-vedova dark dove i lumi di punk antecedenti avrebbero abitato per essere ricordati eternamente, lottando e sputando contro-elettronica pensante contro i vampiri ultracorporei delle coscienze azzeranti. Ipnotico, ferale, ironico, disturbante e affilato come una costante lama dolce nelle tempie si muove il tessuto poetico nelle periferie perturbanti delle forme canoniche della metrica, scorporandosi al suo interno, nell'asse parallasse del testo o sulle ali di Pornography e Disintegration scassandosi nel rimare assolutamente moderno,metropolitano e global, nel remare nelle perdite corporali, scardinando lo scardinante nel continuum di una fusione musicale aderente come una pelle notturna, amplificante nel suo cono d'ombra, dove chitarre ritmano in verticale stridore "sul bagnasciuga elettrico del sonno" e i violini possono piangere la notte o giocare con le fisarmoniche clownesche de "l'estate barese" o proseguire nel turbine con-fuso "alla stazione" feroce dove "un branco di bambini/ azzanna un vecchio, lo morde sui gradini". Perfetta la recitazione tutt'altro mansueta dell’Autore che il nostro sommo Bene suppongo avrebbe amato, compiuta ed efficace la mappatura sonora che unisce l’inchiostro al bianco del foglio, collante all'horror vacui, riempimento d'atmosfere minimali e fraseggi ciclici compatti fino al dettaglio più remoto, un lavoro magistrale. Scassata dentro è la Luna, questa madre-terra degli ultimi poeti, scassata è la parola che resta, venduta e sottomessa agli ultracorpi pene(n)tranti, violentata fino all’osso, ipnotizzata, anestetizzata e incenerita dall’impero elettro-catodico. I nuovi mostri, questi ultracorpi instancabili, hanno nomi familiari e affidabili come padri (televisione, telegiornale, varietà, reality, rete, pubblicità), come padri di famiglia che dopo l’ultimo acquisto sessuale di minorenni in zone scolastiche (vedi Scassata), ritornano ai familiari spettatori col sorriso erettorale stampato sulle labbra, del tutto indifferenti, come una questione morale in questi marci tempi, riposizionandosi “al noto microclima./Con la minestra pronta per la figlia,/ la madre esatta e un ombra strana strana”. Non c’è scampo, quindi, forse l’unico, il definitivo e crudele antidoto rimasto per l’elettrica telecianosi, in grado di agire magari omeopaticamente o come un anticorpo anti-ultracorpo sarebbe un terapeutico, disperato, vecchio elettroshock di massa!Ma per Mansueto “Non c’è l’anticorpo. Farmaco./ Nessun sollievo al sintomo. La tarma/elettrica lavora nella piaga”. Scassata dentro, deformata è ormai la vita (“nel chiuso della notte,/nel chiuso in una capsula spaziale/col cruscotto spaziale/ di faro in faro a tondo”) fino al fondo di una notte fonda, che come fusa affonda girando in tondo in una tangenziale tonda nell’attesa disillusa e furibonda di una fondante alba profonda.

Collana: i miosotìs / n. 46
formato: cm 16 x 17 in brossura
copertina e interventi grafici: Studio Guida Napoli
cod. ISBN: 978.88.88413.80.8
pagine: 52 con cd
euro: € 16,00 – distribuzione NdA Librerie Feltrinelli
febbraio 2010

mercoledì 3 febbraio 2010

Il libro del giorno: American collage Il cinema di Emile de Antonio di Federico Rossin (a c. di) per Agenzia X

Credo nel cinema come arte e lotta. Credo che il cinema possa rivelare attivamente come nessuna altra forma è in grado di fare. Credo che il cinema possa essere la cosa in sé piuttosto che qualcosa a proposito della cosa. Credo nel lavoro indipendente con il controllo totale del proprio materiale. Credo nel pubblico. Credo nella scelta.
Emile de Antonio, Movies and Me, 1974

Emile de Antonio ha raccontato come nessun altro l’America della guerra fredda in una serie di affreschi cinematografici sui sogni, le delusioni, le violenze e i desideri di un paese ferito. La sua opera, influenzata dalla tecnica artistica del collage di Robert Rauschenberg e dalla sperimentazione musicale di John Cage, ha tracciato un vigoroso e ancora attuale quadro di una nazione oppressa da una dilagante paranoia ma nel contempo innervata da grandi energie creative e politiche. De Antonio ha insegnato a tutti i registi venuti dopo di lui a servirsi delle immagini d’archivio per combattere l’oblio imposto da un mondo ipertecnologico e ci ha lasciato in eredità una fede incrollabile nel cinema come strumento di lotta e di pensiero.

Emile de Antonio (1919-1989), è stato uno dei più importanti documentaristi degli Stati Uniti e un maestro del cinema di montaggio. Tra i suoi lavori ricordiamo: Point of Order (1963), Rush to Judgment (1966), In the Year of the Pig (1968), Millhouse: A White Comedy (1971), Painters Painting (1972), Underground (1976) e Mr. Hoover and I (1989).

Ed io parlo, scrivo e fumo. Giovanni Bernardini racconta tutto di sè per un libro di prossima uscita con Lupo editore



Estratto dell’intervista a Giovanni Bernardini per l’uscita del suo nuovo libro “ED IO PARLO, SCRIVO E FUMO” edito da Lupo Editore prossimamente in libreria. Intervista a cura mia e realizzata da ACMElab. www.acmelab.it

martedì 2 febbraio 2010

La libreria Gutenberg di Lecce e Lupo editore presentano: Il vizio di leggere con Elisabetta Liguori e Pierluigi Mele

La Libreria Gutenberg e Lupo editore presentano, Giovedì 4 febbraio, ore 18.30 presso la Biblioteca Bernardini, Sala del Teatrino Piazzetta Carducci (Lecce), Il vizio di leggere: Quando nasce il bisogno di leggere? Da dove viene? Quali conseguenze porta con sè? Confessioni dialoganti per carta e ricordi tra Pierluigi Mele autore di “Da qui tutto è lontano” (Lupo editore) ed Elisabetta Liguori autrice con Rossano Astremo di “Tutto questo silenzio” (Besa editrice). L'incontro sarà coordinato da Anna Cordella.
"Leggere è un vizio, una conquista, una passione sfrontata, un tic, un bisogno, a volte un alibi. C'è chi lo fa la sera prima di addormentarsi, chi al mattino davanti ad un caffè bollente, chi in autobus, chi in attesa dal dentista, chi di nascosto in uno scantinato, taluni per protesta, molti per dovere, altri per indolenza. C'è pure chi non riesce a farlo e si sente in colpa o chi non ci tiene affatto e quando vede un romanzo brillare sul bancone di una libreria fa spalluce e non sa perchè. C'è chi legge solo quotidiani, chi solo romanzi gialli, chi preferisce i saggi e prende appunti, chi divora di tutto e poi sente la testa girare. C'è chi ha bisogno di solitaria concentrazione e chi legge solo a voce alta per un pubblico scelto. Chi legge per sè, chi legge per un amico o per un amore. Chi legge male, chi legge troppo, chi legge due volte. Ma esattamente quando e perchè nasce il bisogno di leggere? Come cresce nel tempo e in quali condizioni? Quali conseguenze porta con sè? Leggere è un gesto di ribellione che molto cela e molto svela di un uomo o di una donna. In tempi di crisi il libro, e tutto quello che ruota attorno allo stesso, continua ad essere oggetto di accesi dibattici e grossi quesiti. Non si può non chiedersi perchè. Poichè la lettura è un cammino attraverso la storia degli uomini è giusto che ciascuno compia il suo a suo modo. A volte può essere interessante condividere quel cammino con qualcuno."

Il libro del giorno: Metallo urlante di Valerio Evangelisti (Einaudi)

In Metallo urlante ogni capitolo è un passo verso un orrore sempre piú gelido. Accanto a perverse mutazioni della carne in metallo, sotto il tallone di oppressioni spaventose, negli scenari esotici dove eserciti non piú umani si scontrano, una mente sottile e malata tiene le fila del racconto, oltre ogni dimensione di spazio e di tempo: è Nicolas Eymerich, il crudele inquisitore medievale le cui vicende sono raccontate nel ciclo pubblicato da Mondadori. Introduzione perfetta a Eymerich e complemento indispensabile del ciclo, ma anche libro di avventure autonome (tra le quali la prima apparizione del pistolero stregone messicano Pantera, protagonista di Black Flag), Metallo urlante - che rende omaggio nel nome a una celebre rivista francese di fumetti, madre ideale di Alien - è oggi apprezzato da intenditori di ogni genere come uno dei capisaldi della nuova narrativa fantastica. Anche per la innegabile capacità dimostrata da Evangelisti di cogliere nelle patologie del presente l'incubazione possibile di un futuro di devastante ferocia, di desolante inumanità.

Da Prentice Mulford e il suo Il dono, a Genevieve Behrend con il suo Il potere invisibile della visualizzazione (Bis edizioni)

Parliamo di due libri assolutamente singolari che sono alla base del Nuovo Pensiero. Il primo è Il Dono di Prentice Mulford dove si parla di fede e soprattutto di conoscenza dell’Uno, principio assoluto e supremo che non solo permea tutte le creature dell’Universo, ma si trasforma in assoluta energia di Amore che come elemento reale, fisico, crea una comunione e comunicazione con la Mente Infinita. Di un’opera come questa non si può assolutamente dire che non possa suscitare un qualche interesse per il lettore moderno. Prentice Mulford, è uno scrittore profondamente spirituale che ha saputo distinguersi per freschezza e originalità tra gli autori che come lui ed Emerson fanno parte della corrente del Trascendentalismo americano. Il filo conduttore di tutta questa opera sembra essere una volontà ferrea dell’autore di dimostrare come la presenza del divino in noi e in ogni creatura vivente, deriva dalla coscienza di essere indissolubilmente legati all’Uno e alla Mente Cosmica che hanno generato una sorta di rete sinaptica universale che si auto/regolamenta al fine di tutelare noi stessi e il mondo. L'autore affronta in modo non banale anche temi come la reincarnazione, l'immortalità della carne e la preghiera, che rendono “Il dono” un'opera estremamente ricercata. “Nella vita spirituale, ogni persona è il suo proprio scopritore. Non dovete addolorarvi se le vostre scoperte non sono credute dagli altri. Il vostro compito non è quello di discutere e di convincere le altre persone, ma di andare avanti nella vostra strada, fare altre scoperte ed aumentare la vostra felicità personale”. Diverso invece è il lavoro di Genevieve Behrend, unica studentessa del maestro della filosofia di Scienza della Mente Thomas Troward, la quale ha ben sottolineato l’importanza della visualizzazione quotidiana, non solo al fine di ottenere ciò che si desidera quanto per strutturare una grammatica viva per il nostro cervello in grado di sviluppare una mente ordinata in grado di sfruttare appieno il proprio potenziale. La visualizzazione è paragonabile alla lampada di Aladino:certo ma ancora prima - raccomanda la scrittrice - di ogni azione visualizzante occorre sapere esattamente cosa si desidera. per attivare il suo potere devi prima di tutto sapere cosa vuoi . A mio avviso non si tratta di un’opera che si limita semplicemente e semplicisticamente ad aiutare il lettore a raggiungere il suo successo personale, quanto uno strumento utilissimo anche a scoprire tutte quelle zone d’ombra che sono latenti ma radicate negli strati più profondi del nostro essere. Quasi che i limiti umani possano essere strascesi attraverso la parola che diviene uno strumento di potere che trasforma in realtà i “desiderata”. Tutto ciò è possibile attraverso l’autoconsapevolezza estatica o estasiante che si produce con l’intrioettare una verità forte e incontrovertibile: ciascuno di noi è un centro particolare per il quale e nel quale lo spirito creatore sta cercando una nuova espressione attraverso le potenzialità che già esistono dentro ciascuno. “Tutti noi possediamo più potere e maggiori possibilità di quanto immaginiamo, e visualizzare è, di questi poteri, uno dei più grandi. Apre la porta all’osservazione di altre possibilità da parte nostra. Quando ci fermiamo per riflettere, ci rendiamo conto che, affinché esista veramente, un cosmo deve essere il risultato di una mente cosmica”. Il potere invisibile della Visualizzazione è un’efficace quanto semplice guida, un best-seller di fama mondiale fin dalla sua prima edizione che continua ad essere considerato una lettura indispensabile per tutti coloro che desiderano ottenere il meglio dalla propria vita. È il libro più famoso della scrittrice francese, successivamente trapiantata negli Stati Uniti, che è riuscito a infervorare gli animi di migliaia di studenti che, in tutto il mondo, sono rimasti affascinati dalla Scienza della Mente.

L'infinito potere che è in te
ISBN: 9788862280693

Prezzo € 7,65
invece di € 9,00 (-15%)


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lunedì 1 febbraio 2010

L'era di New Page fondata da Francesco Saverio Dodaro

Se si parla di nuove frontiere del prodotto editoriale non si può non parlare di Francesco Saverio Dodaro che ha fondato ora, e lo fa partendo da Lecce, New Page un’originale iniziativa letteraria per questo nuovo millennio. Cento parole per ogni componimento su un’unica pagina da diffondere attraverso eleganti espositori da ri/contestualizzare in casa, luoghi pubblici, appesi al muro. La “mission” di questa nuova operazione editoriale è quella di pensare ad una nuova fisiologia dei segni d’interpunzione (virgole, punti a capo, etc), tanto da poter definire la re/invenzione della disposizione testuale, della comunicazione narrativa. Impossibile non sentirla vicina a quella dei giornali, per l’uso delle maiuscole e dei capoversi. Parte, dunque dal capoluogo salentino, con il manifesto di Dodaro, la New Page, l’opportunità di cogliere il ritmo e respiro dell’autore. Il futuro è già qui.

“NEW PAGE - narrativa in store. New Page ovvero: contestualizzazione della pagina letteraria gutenberghiana. Un tracciato capace di intercettare il know-how della comunicazione, i grovigli della fruizione e le dinamiche areali: narrativa del terzo millennio. Le centopagine – le jamesiane short story –, la new wave degli anni settanta non possono più interpretare l’ora. Bisogna tradurre adeguatamente il contesto: cento parole. Centoparole, non di più, per ben ossigenare il testo, per farlo respirare nelle turbolenze della quotidianità. Centoparole e un diverso apparato pausativo. Centoparole, non sul libro, ormai sott’attacco, ma sulla pagina reinventata. New page. New page per la nuova comunicazione narrativa. Comunicazione in store. Narrativa in store. Nelle vetrine. Nelle vetrine del nostro miroir indifférent, nelle vetrine delle nostre misere esistenze e delle nostre desolazioni e delle nostre solitudini e delle nostre mancanze e delle nostre perdite e dei nostri smembramenti e dei nostri disastri matricali, e dei nostri teneri boschi, profumati d’altrove”

Francesco Saverio Dòdaro
2009/2010

Il libro del giorno: Andrea Ferreri, Ultras, I ribelli del calcio. Quarant'anni di antagonismo e passione. (Bepress)

A quarant'anni dalla storica comparsa dei primi gruppi italiani (1968), il fenomeno ultras è sottoposto ad una delle più dure repressioni della sua storia. Trasfigurato dal nuovo mondo calcio e dall'estrema rigorosità delle attuali norme antiviolenza, è oggi in crisi di identità, di valori praticamente ovunque. Questo libro racconta la
storia e le dinamiche dell'agire ultras, le influenze, le mode, le frustrazioni e tenta di tracciare lo sviluppo di un fenomeno in continua evoluzione. Infine passando in rassegna le esperienze di molti gruppi italiani e le oscure vicende che stanno attanagliando il mondo del calcio, questo libro si pone come una riflessione inside, un lavoro partecipato che analizza dall'interno le dinamiche e le espressioni di uno dei più contraddittori fenomeni riottosi contemporanei.

Andrea Ferreri, laureato in filosofia, esperto di "cultural studies", lavora da insider negli ambienti controculturali. Ha pubblicato alcuni saggi sul consumo degli stupefacenti all'interno degli ambienti giovanili e collabora con diverse riviste internazionali specializzate.

Le perfezioni provvisorie di Gianrico Carofiglio (Sellerio editore). Intervento di Vito Antonio Conte

Aspettavo questo ritorno. Ché mi è sempre piaciuto il ritorno. E l'attesa del ritorno. Come quando, specialmente dall'Università immersa nelle nebbie delle lande padane, dopo un esame o uin periodo del cazzo, tornavo a casa. A volte con decisione immediata. Altre programmando il giorno del rientro. E vivendo -appunto- l'attesa. Man mano che svaniva l'Emilia e, poi, la Romagna, e si attraversavano le Marche e giù, giù, giù sino a Termoli, l'anticamera delle Puglie, il respiro diventava sempre più profondo, più largo, più lento, e l'aria trattenuta, ch'era quella della mia Terra. Poi, cominciavano gli uliveti e i vigneti e quelle distese severe e familiari, coi paesaggi finiti dai cieli sulle Murge e degli azzurri infiniti oltre il mare. Mi è sempre piaciuto il ritorno. Specialmente dopo lunghe assenze. Quel senso di appartenza evocato dai luoghi. Quella speciale intimità dettata dalle bianche costruzioni di una volta sperdute nello spazio dimenticato dal tempo. E quell'andare lento del treno senza elettricità. Che si svuotava via via che la strada ferrata s'accorciava. Mi è sempre piaciuto il ritorno. Mi è piaciuto questo ritorno. Quello di Guido Guerrieri, avvocato sui generis, anche in quest'ultima storia, nonostante l'imborghesimento apparente, se così si può dire. Mi è piaciuto moltissimo il titolo, più di quelli precedenti che, invero, già avevo amato molto. Mi è piaciuto ritrovarlo a quarantacinque anni con il corpo appena appena scalfito dal tempo e l'anima allargata da un altro tempo: quello della memoria che diventa -in qualche misura- evanescente ma -paradossalmente- più forte, affievolita e accresciuta dall'esperienza. affievolita da qualche bicchiere in più. Accresciuta dallo scherzo di qualche bicchiere in più. Affievolita dal presente intenso che oscura la percezione del futuro. Accresciuta dal passato -un passato dimenticato- che riemerge come non mai, a quell'età. Meravigliosamente incantato dalla consapevolezza che la felicità dura sempre troppo poco, ma se sai aspettarla è, nella sua provvisorietà, perfetta. Basta lasciarsi andare un po'. E vivere. Compiutamente vivere. In culo tutto il resto. Quello che ti appartiene, come tatuaggio impresso sulla pelle e oltre. E quello d'intorno, che c'è, soprattutto fuori di te c'è, per quanto possa neppure sfiorarti. “Le perfezioni provvisorie” è il ritorno dell'avvocato Guerrieri, l'ultimo libro di Gianrico Carofiglio (Sellerio Editore, pagine 336, € 14,00). Il titolo, dicevo, è significativo (oltre ch'essere un bel titolo) e riflette la vicenda (oggettiva e personale) dell'ultimo caso dell'avvocato Guido Guerrieri. Ché gli avvocati (e il mondo giudiziario in generale) non li sopporto più da un pezzo, ma Guido è l'eccezione che alimenta la speranza senza la quale nemmeno io farei più il mio lavoro... Sì, è di carta, direte, ma vi assicuro che esiste... Siccome esiste il suo Autore e non solo lui... Risulterà chiaro, a questo punto, che (pur avendo amato tutta la scrittura di Carofiglio) la saga di Guerrieri e dei suoi casi mi provoca stati d'immersione e d'emersione unici. Da questo mondo. Da quel mondo. Da questo reale, come da quello giudiziario. E credo, fermamente credo, che la scrittura (e non la poesia e/o altro) davvero può salvare il mondo. Ché, se ognuno trovasse il tempo per fermare il suo di tempo e si concedesse una buona lettura (qualunque sia) con la mente pronta a accogliere parole e storie, il vivere sarebbe un altro vivere, anch'esso più predisposto all'accogliere. In questa nuova avventura dell'avvocato Guerrieri, troviamo un nuovo studio legale, una nuova equipe, un nuovo Guido, un caso ancora più difficile da risolvere, un modo ancora più sofisticato per risolverlo, un'inezia ancora più banale che diventa risolutiva, un guardare alle cose ancora più speculare del guardarsi dentro e un arrapamento cresciuto con l'età e con l'assenza di un amore (definitivamente perduto?), sfogato in una notte di cui resterà quella sensazione di perfezione provvisoria che si può pienamente cogliere soltanto quando quella notte c'è stata e sai -per un motivo qualunque- che un'altra -come quella- non la seguirà mai. Perché, dinanzi all'unica scelta possibile (perché quella giusta), troppo spesso qualcuno -in una maniera qualsiasi- finisce per sputare sopra a tutto quel ch'è stato... Questo caso è tanto inventato quanto reale. Questo caso contiene tanto desiderio quanto trascendenza. Questo caso è talmente fantastico quanto denso di innumerevoli concretezze. Questa scrittura di Carofiglio rievoca quella dei precedenti episodi di Guerrieri, ma ha riverberi chiarissimi di “Nè qui né altrove”, la sua migliore scrittura. Chè la scrittura (con le dovute eccezioni...) migliora con le letture, con gli ascolti, con la vita, con la morte, con l'amore, con l'esperienza. In una parola, col tempo. Come il buon vino. Basta che il luogo dov'è riposto sia quello giusto. Basta conservare e custodire la purezza della scoperta. E la passione. Anzi la Passione... e altro ancora. Tutto quello che, dopo mille comparsate, dopo un incontro imprevisto, dopo la rabbia e la solitudine sferrate coi pugni sul sacco da boxeur, dopo Nadia e il suo locale all'angolo tra finitudine e infinito, dopo una scopata che non è stata come dice lei o forse sì ma per te è stata altro comunque, dopo il vecchio fallito che ti rammenta ogni fallimento, dopo altra routine, dopo ogni passeggiata nella notte, dopo il cane che non ha abbaiato quando l'hai carezzato, dopo quelli che hanno abbaiato anche se proprio non li hai cagati (o, forse, proprio per quello!?), dopo il vino del Nord (per me un ottimo Traminer... quasi come Guerrieri...) e dopo quello del Sud (Negroamaro...), dopo il mare in gommone, dopo un vecchio amico, dopo ogni verità, dopo le bugie ch'è meglio non dire anche impossibile ma almeno a se stessi mai, dopo tutto, tutto quel che -dicevo- rimane è -oltre al fatto che “il rimedio all'imprevedibilità della sorte, alla caotica incertezza del futuro è la facoltà di dare e mantenere promesse”- che, alla fine, “la notte sembrava di nuovo un luogo tranquillo e accogliente”. E bella da attraversare. Come questo libro. Come questa vita.

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