Cerca nel blog

lunedì 20 luglio 2009

Poesie in transito n.7/12 di Maria Grazia Palazzo
















7. Da riva a riva

Come un messaggio in bottiglia
che il vento sospinge da riva a riva,
salva dopo un lungo percorso, attendo
che l’ onda lunga mi raggiunga,
giorni, notti, anni fino all’approdo.

8. Viaggio di ritorno


A colpo sicuro voglio abbracciare
questo viaggio di ritorno
in un battito di luce d’alba
voglio chiamare la donna bambina
diventata adulta, amica, amante
fattrice di coscienze ridestate, ribelle
a fuochi fatui di amori immaturi,
levatrice instancabile di felicità perdute
dietro le porte sante dei nostri quotidiani.

9. Ferro e fuoco

Ferro e fuoco
per trovare riposo,
cercasi una carezza sul corpo
fino a dentro l’anima, il crocifisso è dietro l’angolo,
dietro finestre socchiuse che soffoca, gronda sudore, il sangue non si vede,
eppure ha voglia di tenerezza, di un sorriso.

Ognuno reclama il suo paradiso.

10. Il suonatore di reti

Il suonatore di reti
maneggia la corda ad occhi chiusi
non si scompone, non si scoraggia,
non perde mai la concentrazione, il filo…
Una musica lo sostiene, nel silenzio di una luce a straforo,
per salvarsi dalla noia, dai veleni sordi dell’ozio,
scioglie nodi e ricompone albe e tramonti ...


11. Abbracciami

Abbracciami, voglio sentire il tuo respiro, la tua risata
non è destino tra noi, ma una specie di fascinazione rara
come radici di pianta che si attaccano alla pietra
resisterò, mi nutrirò della stessa linfa,
e staremo così, appena appoggiati,
con la testa reclinata, spalla a spalla
come in un quadro di Klimt…

12. Memoria

Scivoliamo in chiave di sol
le tue dita rullano in cerca di note giuste
lungo la viola da gamba il legno
profuma la notte antica dell’ amore
i petali si sfaldano in un soffio
la luna ci sorride versando in semicerchio
un po’ del suo silenzio, una nuvola
allontana il mondo, il mare
arriccia la schiuma verso
l’orizzonte…una rete
infuoca la memoria
del risveglio.

domenica 19 luglio 2009

Il libro del giorno: Noi due come un romanzo di Paola Calvetti, Mondadori (collana Omnibus)

Emma sta per raggiungere la fatidica soglia dei cinquanta, ha un figlio adolescente, un ex marito e una brillante carriera, quando decide di rivoluzionare la sua vita - e quella di molti altri. Nei locali avuti in eredità da una zia, nel cuore di Milano, apre una libreria: si chiama "Sogni&Bisogni" e venderà solo libri d'amore... "Sogni&Bisogni" diventa presto il rifugio e il luogo d'incontro per una folla di personaggi: da Alice, trentenne e vivacissima aiutante libraia, a Gabriella - l'amica di sempre, il cui marito commercialista è il Nemico Fedele che veglia sui progetti di Emma ai tanti lettori, uomini e donne, giovani e anziani, che portano le loro vite fra i libri e così ne trovano di nuove. Ma, soprattutto, è grazie alla libreria e a una fatale coincidenza che Emma ritrova Federico, il grande amore della sua giovinezza.

"(...) un libro da leggere d'un fiato, intelligente, raffinato, elegante, e in cui scoprire o riscoprire, come la lettura possa essere anche occasione di conoscenza, d'incontro se, parafrasando Vinicius de Moraes, mi sento di dire: la lettura è l'arte dell'incontro (lui disse la vita è l'arte dell'incontro). Eppoi evviva queste libraie, queste biblioteche, sapienti donne di libri, di lettura e di vita"

di Massimo Gatta tratto da Leggere:Tutti (giugno/luglio 09), p. 48

casa editrice Mondadori: http://www.mondadori.it/libri/index.html

Noi due come un romanzo di Paola Calvetti
2009. Mondadori (collana Omnibus)

Balla Juary. Sferragliando verso sud, di Fabio Izzo, prefazione di Gianluca Morozzi, Il Foglio (Piombino, 2009). Rec . di Nunzio Festa

Inutile prendersi in giro o far finta di non capire: Juary era quel giocatore dell'Avellino che inventò un modo più strambo del normale d'esultare dopo la rete: un balletto intorno alla bandierina del calcio d'angolo. Inutile prendersi in giro, ancora; perché “Balla Juary. Sferragliando verso sud” è pure la storia d'un innamoramento, o quantomeno d'una infatuazione. Diciamo, visto che è comunque inutile passeggiare su certe cose fingendo, che questo nuovo romanzo di Fabio Izzo – autore del meglio riuscito e completamente diverso (per stile, forma, contenuti, vivacità...) “Eco a perdere” - prova a essere una creazione letteraria che tenta di guardare a cose che non tutti guardano. Cosa, però, appunto riuscita a metà. In quanto, per esempio, se è vero che d'un protagonista del sud a nord e del nord a sud non s'era forse mai letto, e anche vero che lo si deve poter leggere in tutto il suo Significato. Ma, per fortuna, l'autore riesce bene, e utilizzando una lingua meno 'innovativa' e sperimentale del recente passato, a presentare una rappresentazione d'almeno un paio di dinamiche che oggi sono parte della vita realte. Tanto per cominciare, l'influenza e il rapporto fra genitore e/o genitrice con figlio e/o figlia, in special modo guardando alla sensibilità o insensibilità persino del mammone, come il sempre attuale processo di ritorno e d'andata verso sud che vuol dire emigrazione per lavoro specialmente in direzione nord. Ancora, Izzo dice ma non racconta se non in parte e in maniera parziale che significa tifare al Meridione e che significa farlo più sopra del Mezzogiorno. Il romanzo sarà servito in particolare allo scrittore stesso, che difronte all'immensità di certi temi comprende o comprenderà o ha compreso che serve soffermarsi maggiormente oppure non pensarci proprio sopra su tanto. Non esistono vie di mezzo. L'autore, che recentemente è stato premiato al concorso Dialoghi con Pavese del Premio Grinzane di Cavour, ha molto davanti e doti da far vivere.

Balla Juary. Sferragliando verso sud, di Fabio Izzo, prefazione di Gianluca Morozzi, Il Foglio (Piombino, 2009), pag. 137, euro 12.00.

sabato 18 luglio 2009

Il libro del giorno: Duecentosei ossa di Kathy Reichs (Rizzoli)

Tempe Brennan sente il cuore pulsare al ritmo della paura. È prigioniera e non sa perché: qualcuno l'ha rinchiusa in un sotterraneo, insieme a mucchi di resti umani. Proprio lei, che di mestiere legge nelle ossa dei morti la storia delle persone. Confusa e incredula, con le mani e i piedi legati, Tempe non riesce a immaginare cosa possa esserle accaduto. Finché, lentamente, comincia a ricordare... Una telefonata anonima che l'accusa di aver insabbiato la verità sull'omicidio di un'ereditiera - un'inchiesta chiusa da tempo, che qualcuno ha voluto portare alla ribalta. Poi un nuovo caso, tre cadaveri ritrovati nei boschi attorno a Montreal, tutte donne anziane, tutte massacrate con inaudita ferocia, e i grossolani errori che la dottoressa Brennan avrebbe commesso nell'analisi dei loro corpi. Errori inspiegabili per una professionista come lei, cui ogni volta ha rimediato una nuova, ambiziosa collega, l'anatomopatologa Marie-Andréa Briel. Così, sola nella sua prigione, Tempe ricompone il puzzle: questa volta è lei il bersaglio, e solo lei può trovare il modo di liberarsi e capire chi l'ha voluta fuori dai giochi e perché.

"Torna l'antropologa forense Tempe Brennan, che nelle ossa dei morti legge la storia delle persone. Ma questa volta è lei, sepolta viva, in trappola tra falangi rubate e cadaveri"

di Annalisa Usai tratto da L'Almanacco dei libri de La Repubblica del 18/07/09, p. 42

casa editrice Rizzoli: http://rizzoli.rcslibri.corriere.it/rizzoli/

Duecentosei ossa di Kathy Reichs, 2009, 394 p. (Rizzoli)

Rossano Astremo, 101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita (Newton Compton). Anteprima dell'autore

Carpignano Salentino è un paese di quattromila anime, in provincia di Lecce, distante 15 chilometri da Otranto. Nel 1974, da maggio ad ottobre, Carpignano ospitò Eugenio Barba e il suo Odin Teater. In quel periodo la compagnia teatrale danese era in tournee formativa e scelse Carpignano come base delle sue attività. Dopo un iniziale periodo di seminari ed incontri, Barba propose l’idea di scambiare le tradizioni locali di musiche e danze con gli spettacoli del suo gruppo. Immaginate ora la presenza, nelle strade di un piccolo paesino del Salento, dove gran parte dei suoi abitanti non sapeva ancora né leggere e né scrivere, di spettacoli teatrali d’avanguardia. L’iniziale reazione dei carpignanesi fu d’incomprensione. Questo sino a quando un gruppo di amici diede vita ad una festa paesana improvvisata, in cui a farla da padrona furono musiche e balli tradizionali, assaggi di prodotti tipici preparati in famiglia e vino locale. Era l’11 agosto del 1974. Barba ebbe il merito di condurre gli abitanti di Carpignano fuori dalla monotonia dei una vita spesa nei campi e diede la dimostrazione del fatto che rivivere la propria cultura può dare gioia e felicità, anche se solo per una notte. Questa è l’origine della Festa te lu mieru (Festa del vino), che dal 1975 si ripete ogni anni nella prima settimana di settembre. Definita la “madre di tutte le sagre”, la Festa te lu mieru accoglie ogni anno migliaia di visitatori provenienti da tutta la regione, i quali si riversano nelle due piazze del paese, Piazza Duca D’Aosta e Largo Madonna delle Grazie, dove sono presenti centinaia di stand enogastronomici e i palchi in cui s’inscenano spettacoli con pizziche e tarante a scandire il ritmo dell’evento. Occasione ghiotta questa per gustare i piatti tipici del Salento, dai pezzetti di cavallo al sugo alla carne arrostita, dalle friselle ai fagioli, dalle pitte (piatto tipico salentino realizzato con patate) alle uliate (pane con olive), dalle pittule fritte (frittelle salate) alle porzioni di patatine fritte di cui ogni anno ne vengono distribuite oltre centomila, il tutto annaffiato dal vino locale distribuito a fiumi. È una sagra, questa di Carpignano, che coinvolge e travolge ed anche chi si reca con le migliori intenzioni sarà vinto dal potere dionisiaco che conquista tutti i partecipanti.
Restare sobri sarà un’impresa ardua.

(Carpignano Salentino . Cercare di restare sobri alla Festa te lu mieru di Rossano Astremo - per concessione dell'autore)

Rossano Astremo, 101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vitacollana Centouno n. 25, Newton Compton
Dal 30 luglio in libreria

venerdì 17 luglio 2009

Il libro del giorno: I loro occhi guardavano Dio di Zora Neale Hurston (edizioni Cargo)

Janie Stark, donna di colore di qurant'anni, rievoca la storia della sua tormentata vita. Sposata a un uomo molto più grande di lei Janie fugge per finire tra le braccia di Joe, furbo e ambizioso, che ben presto diventa un potente commerciante. Condannata a subire i soprusi di Joe, rivelatosi arrogante e violento, Janie decide di fuggire di nuovo quando incontra Tea Cake, per ricominciare una nuova vita. Ma la sorte si accanisce contro di lei, e sarà proprio Janie, quando un cane rabbioso morde Tea Cake, a dover mettere fine alle sofferenze del ragazzo con un colpo di fucile. Solo dopo aver subito un processo infamante, Janie ritorna al suo paese natale, dove vivrà nel ricordo di una felicità perduta.

"Una lettura intensa,che ha molto contribuito all'emancipazione delle donne di colore sin dai tempi della prima pubblicazione,ma che nonostante tutto, rimane di attualità"

di Gian Paolo Serino tratto da Il venerdì di Repubblica n. 1113, p. 108

Edizioni Cargo: http://www.edizionicargo.it/

I loro occhi guardavano Dio di Zora Neale Hurston
2009, 267 p., brossura, Editore Cargo (collana Biblioteca di Cargo)

LE BENEVOLE di JONATHAN LITTEL (EINAUDI). Rec. di Silla Hicks

Di tutto quello che mi è capitato tra le mani, negli ultimi mesi o in tutta la vita, queste quattrocento e rotte pagine sono sicuramente tra il poco che non mi riuscirà di scordare. Intanto, per la scritta bozze non corrette sotto al titolo:cazzo, chiunque scriva sa che privilegio è, poter accedere a una cosa del genere,una specie di pass per la zona vip dove normalmente uno come te non potrebbe sognarsi di entrare, nella testa e nel cuore di chi ha partorito quel mondo prima che c’entrasse il gioco al massacro della sala tagli e molto ne restasse sul pavimento, magari proprio quello che adesso hai la fortuna di sentire artigliarti lo stomaco, e che commercialmente non era possibile mantenere. E sottolineo il commercialmente, anche: avverbio che poco o niente dovrebbe c’entrate con la scrittura e che invece l’invade come un tumore maligno: cazzo, quant’è difficile da accettare, e vaffanculo se così va il mondo, quando ci penso ringrazio dio di vivere di altro, sono scorpione ascendente scorpione e anche se non credo agli oroscopi sarà per questo che la diplomazia e i compromessi stanno a me come l’olio all’acqua, non penso mai a quella che sarà la reazione di chi avrà la pazienza di starmi ad ascoltare né a quanti lo faranno, e vaffanculo se questo vuol dire che farò a vita il camionista, non sono capace di prostituire le parole.
Persino rileggermi è a volte un tradimento, smussare gli angoli come una bugia: le cose buone escono già buone, e quelle cattive non c’è modo di aggiustarle. Scrivere non è come andare in bicicletta. Non si può imparare, né farlo a comando. Non si può decidere dove andare, sei solo un medium, la storia è già là, ed è un dono. Il cartellino del prezzo, un orpello osceno. Nella mia personale Utòpia (quella di Moore: non l’utopìa, che è una categoria, ma un mondo intero), tutti i libri sono gratis. Come l’open source di Linux.
E questo meriterebbe davvero di esserlo: è Le benevole, di Jonathan Littel, e il consiglio è uno solo, compratelo o fatevelo prestare, leggetelo, insomma, e poi piegatevi in due scossi da conati di vomito e ringraziatemi, perché questo Obersturmfurher mezzo francese chiamato Max Aue – incrocio ben riuscito tra Fernando Caretta e il Grillo Parlante di Pinocchio – è il cicerone ideale per raccontare la Germania impazzita che cercò di distruggere il mondo e che è obbligatorio visitare, per non riesumarla né ora né mai.
Max Aue (Maximilien Aue): da SS a dirigente di una fabbrica francese di merletti, a occhi spalancati attraversa un ventennio disumano con il distacco di un entomologo lobotomizzato al cuore, e senza scuse né giri di parole ammette ogni cosa, perché è quello che è stato, e non ci sono altri modi per dirlo.
In un tempo di collettiva perdita di coscienza, lui vede tutto e racconta tutto, senza metro di giudizio, perché non può essercene. È amante incestuoso, pederasta, matricida e assassino testimone di atrocità irrancontabili – la banda di bambini feroci, le fosse comuni, le amazzoni ariane ossessionate dal perdurare la razza – e tutto senza distogliere le sguardo, mantenendosi lucido mentre cammina scalzo tra cocci di follia. Il fronte orientale e i ricevimenti del Reich, il cranio fracassato del neonato e il morso al naso globoso del Furher, la fedeltà alla propria gemella Miriam che lo spinge tra nerborute braccia maschili, il riciclarsi con successo negli affari quando tutto è finito, facendo sparire le tracce di ciò che è stato assieme al compagno di una vita, Thomas, diventato pericoloso testimone: ogni fotogramma è asetticamente ripreso, senza censura né sensi di colpa, con la camera fissa di un Von Trier in stato di grazia, pacato monologo colto e accurato, e un finale alla Herzog nello zoo bombardato di Berlino, l’agonia dell’ippopotamo come visionaria metafora di quella di un’epoca e dell’universo del mondo.
Apocalittico, come apocalittico è stato il buio della mente che ci ha contagiato tutti, noi tedeschi in primis, ma tutti quanti dietro. Virus mai debellato che raffiora qua e là anche oggi, e che la teoria politically correct del rispetto della sovranità degli Stati vorrebbe costringerci a non riconoscere, così che finirà per divampare in universale epidemia, di nuovo.
Senza che nessuno faccia niente. Così che altri Max Aue ci trovino un habitat ideale.
Sperando che dopo resti qualcuno, ad ascoltarli raccontare.

BENEVOLE HORLA,(LE BENEVOLE, di JONATHAN LITTEL, EINAUDI, TORINO, 2007. Rec. di Silla Hicks)

In libreria per Sellerio Confessione di Bill James

Ritornano i personaggi di Protezione, il primo giallo della serie di Bill James pubblicato in Italia accolto subito come un maestro. L’ambiente è ancora una volta quello di un commissariato di polizia inglese dove agenti non sempre “immacolati” - non mancano i deboli, gli infiltrati, i corrotti - si mescolano a capi dalla dubbia condotta. Il tutto complicato dai rapporti tra loro, le loro mogli, e i tanti che si muovono al confine tra malavita e persone per bene.
Questa volta al centro della vicenda è Sarah, la moglie dell’Assistente Commissario Capo Desmond Iles. Una sera Sarah si trova al Monty, il malfamato locale del barone della droga Ralph Ember, quando vi giunge trafelato un giovane molto elegante che subito si accascia sul pavimento, evidentemente ferito.
È proprio Sarah ad ascoltare le ultime, incomprensibili parole del ragazzo, prima che Ralph spenga la luce permettendo ai sopraggiunti inseguitori di completare la loro opera. Sarah vorrebbe vederci chiaro, ma non può certo raccontare l’accaduto al marito Desmond, dato che quella sera al Monty si trovava in compagnia dell’amante Ian Aston. Sarà tuttavia lo stesso Desmond Iles a rivelare involontariamente alla moglie che, proprio a causa di quello che ha visto al Monty, Ian corre un gravissimo pericolo.

“Questo primo romanzo pubblicato in Italia del britannico Bill James è uno dei polizieschi più interessanti dell’anno”. (Mauro Anselmo, Panorama)

“Nel poliziesco, che in fondo è la versione adulta del gioco guardie e ladri, uno scrittore deve decidere prima di tutto da che parte sta, e molto dipende da quella scelta. Però ci sono gli scrittori come Bill James che sanno tenere i piedi in due scarpe, costruendoci la propria fortuna”. (Maurizio Bono, La Repubblica)

“Gli intrighi orditi dai poliziotti buoni per sopperire alle imperizie e ai tradimenti del dipartimento ricordano il Wanbaugh di I ragazzi del coro. E non è poco”. (Laura Grimaldi, Il Sole 24 Ore)

Bill James, pseudonimo di James Tucker, scrittore gallese. “Le leggende editoriali raccontano che Bill James sia stato pilota della Raf e agente del controspionaggio britannico, - scrive Luca Crovi sul ‘Giornale’ - ma lui semplicemente confessa di aver imparato tutto ciò che sa sul mondo del crimine durante l’apprendistato come cronista di nera al Daily Mirror. Da 23 anni è un maestro del noir europeo grazie all’originalità con cui ha caratterizzato i suoi angelici e allo stesso tempo satanici poliziotti Colin Harpur e Desmond”.
Con il suo vero nome ha pubblicato un libro di critica letteraria, The Novels of Anthony Powell.

giovedì 16 luglio 2009

Il libro del giorno: Il lettore controverso di Guido Piovene (Aragno)

Controversa la figura di Piovene non è solo per la coda polemica, anche aspra, che ha seguito le sue molte conversioni politiche e ideali; vi è nel metodo stesso della sua militanza intellettuale una radice critica ‘assoluta’, che impedisce al suo discorso di fermarsi sulle idee correnti. Avverso ai dogmatismi e alle definizioni stabili, anche contro se stesso e le proprie «febbriciattole di convinzione effimera», istituisce sempre coi suoi temi un rapporto dialettico, tortuoso, complicato dalle mille sottigliezze della sua psicologia. Che presenta da un lato una violenta tendenza alla compromissione personale, dall’altro un culto fanatico verso la verità. Scrittore e giornalista, intellettuale integrato ai più alti livelli dell’industria culturale, Piovene è il tipico rappresentante di un secolo impuro come il Novecento, di cui sconta in un singolare corpo a corpo tutte le principali contraddizioni. La riflessione sulla letteratura, tipicamente centrata sui destini dell’arte narrativa, lo accompagna senza pause nella sua lunga carriera, dal ventennio fascista all’età della crisi e della contestazione. Sicché si occupa di Tozzi, Kafka, Moravia, Céline, dialoga con Fortini sul marxismo e prende parte al dibattito sul caso Pasternak. Sono interventi a caldo, scritti a ridosso dei libri e degli eventi che li hanno provocati, prima sulle riviste militanti e con passione da giovane scrittore, poi sulle grandi testate nazionali («Il Corriere della Sera», «La Stampa», «Il Giornale Nuovo» di Montanelli), spesso secondo i tempi urgenti dettati dai giornali. Non si userà pertanto per Piovene la fortunata formula di critico scrittore, perché lo scopo pratico né l’occasione dei suoi articoli vengono quasi mai dimenticati. E tuttavia, in questo stare agganciati al loro tempo, oltre che per le doti di scrittura e per la vasta, inusitata ampiezza di prospettive di Piovene, questi scritti rivelano un sicuro motivo d’interesse, non solo per gli specialisti: per il loro valore di testimonianza e per ‘l’energia dell’errore’ che vi circola libera e potente. L’antologia degli scritti, che li raccoglie per la prima volta in un’edizione organica, è corredata da un’ampia introduzione e da una bibliografia esauriente delle collaborazioni letterarie.

"Piovene pensava, anni 60, che Cèline non fosse uno dei maggiori maestri del tempo. Trovava il suo inferno un pò superficiale. E sentiva in lui magari ben dissimulato, un fiatone sentimentale, come un'asma cardiaca. Antipremio (a Piovene)"

di Antonio D'Orrico tratto da Antipremio della settimana del Corriere della Sera magazine n. 28 del 16/07/09, p. 101

casa editrice Aragno: http://www.ninoaragnoeditore.it/


Guido Piovene, IL LETTORE CONTROVERSO
Scritti di letteratura (a cura di Giovanni Maccari), 2009

Miracoli? di Roberto Volterri (Acacia edizioni, 2009)

Con sorpresa e grande piacere ricevo la notizia da Roberto Volterri,ricercatore dell'insolito, (che ho già avuto il modo e il piacere di recensire sulle pagine di questo blog)la notizia dell'uscita per i tipi di Acacia edizioni del suo diciottesimo lavoro dal titolo "Miracoli" con la prefazione dell'immenso Roberto Pinotti. Un libro ‘strano’, diverso, un libro in cui troverete un vasto panorama di fenomeni ‘anomali’, ‘impossibili’, insomma ‘miracolosi’, che, però, potrebbero essere inquadrati da un altro punto di vista, forse nell’ambito della Biologia, della Chimica, della Fisica. Troverete inoltre moltissime Appendici Sperimentali che vi consentiranno di cercare di riprodurre dei ‘miracoli’ molto semplici e che rientrano in qualche modo nella tematiche trattate. Non imparerete di certo a camminare sulle acque, non raggiungerete il vostro appartamento, entrando ovviamente dalla finestra, levitando fino al quarto piano, non farete impallidire Mosè facendo scaturire acqua dalla roccia, ma – si sa – viviamo tempi difficili e bisogna… accontentarsi.
Buon ’viaggio’ e buona sperimentazione!

Info:
Acacia Edizioni: Tel. 02/ 90090606 oppure info@eremonedizioni.it
ordini@acaciaedizioni.com

Amnesie amniotiche, di Pasquale Vitagliano, LietoColle (2009). Rec. di Nunzio Festa

I versi che Pasquale Vitagliano ha raccolto in “Amnesie amniotiche” sono un passo di testimonianza, vergate da un 'plurale collettivo' vissuto negli occhi e negli oggetti dell'io. La silloge è essa stessa testimonianza, non poesia civile ma comunque poesia che fa parte della più 'alta' civilta. Una scrittura, quella di Vitagliano, che riesce a sganciarsi, anzi essere sganciata e/o non allacciata invece alla bassa retorica (non di figure ma di parole e sensi e immagini e sviluppi) – certamente diventando cuore che fa anche originalità proprio grazie a questo. Il volume, diviso in otto sezioni e corredato da opere di Mark Rothko, è la prove poetica di un editor e giornalista, leccese di nascita ma che vive a lavora in provincia di Bari, già presente sul spazi telematici e in alcune antologie. Le liriche s'alternano per scelta stilistica, pure; in quanto, per esempio, l'autore predilige la versificazione breve e a tratti frammentata/spezzettata mentre in altre ricorre a un versificare più prosastico. Dove troppo cerca di rendere tangile il presente-futuro, però, la raccolta perde qualcosa. Per analizzare un momento più intimistico, si prenda “ansima”, dalla sezione “salmi”. “Sotto il silenzio / la mansuetudine, / come le vene increspate / sotto un cartiglio autistico, / come le gravine / sotto il viadotto. // È la faccia nuda / che cerca di nuovo / il vento salato / della veduta di Byron, / quando fece volare / al cielo il naso finto / di un'esanime maturità. // È questo pennacchio, / che ho cercato / di giocarmi sull'isola / dell'asino bianco, / con l'anima cieca / della baldoria, / che solo la morte / non si scorda. // Quando l'ho perso / c'era una donna: / era lo specchio muto / della mia obesità. / Di questa faccia / mi sarebbe bastato / conoscerne il nome / e invece... // Ho voluto pure / guardare”. La chiusa è bella soprattutto perché lascia aperto un pensiero. Vitagliano, dopo aver composto questa poesia, potrebbe quindi guardare maggiormente a questo tipo d'espressione, leggendo ancora di più e lasciando leggere ancora di più d'irrequietezza e, in qualche modo, di continue ricerche proprie del poeta. E attraverso il personale, sappiamo, che il collettivo si forma, o comunque tenendo sempre conto d'esso. Con la forza d'immagini superiori, per fare un esempio, appunto: quell'asino bianco.

Amnesie amniotiche, di Paquale Vitagliano, prefazione di Giovanni Nuscis, LietoColle (Como, 2009), pag. 92, euro 13.00.

martedì 14 luglio 2009

Il rientro dell'impulso di Marcello Costantini (Lupo editore)

Il Salento. Terra di transito, di attraversamenti, di ragni tarantolati, di ulivi secolari. Salento, terra di meraviglie barocche, di cultura, non solo terra dove impera lu sule, lu mare, lu ientu! Già perché c’è un aspetto della storia di questo territorio ancora tutta da scoprire, tutta ancora da valorizzare e da apprezzare. Ma il Salento è una porzione di territorio che sta sviluppando una serie di riflessioni editoriali molto interessanti su di un genere letterario che sino a Salvatore Toma ed Antonio Verri non c’era mai stato: ovvero il giallo, i cui primi vagiti a queste latitudini sono stati siglati dalle penne di Giovanni Capodicasa e Raffaele Polo. Poi ecco che subentra un ulteriore tassello a questo mosaico che va pian piano a costruire una sua identità ben definita, e mi riferisco al lavoro di Marcello Costantini dal titolo “Il Rientro dell’impulso” per i tipi di Lupo editore. E addirittura si tratta di un tipo particolare di giallo, ovvero quello di natura archeologica, che attraverso una ricchissima serie di narrazioni e storie tratte da fonti specifiche, attraverso l’utilizzo di analisi proprie di metodi provenienti dalla ricerca in questo ambito, la generosità delle citazioni che mai stancano per come il tutto è costruito, ci fanno provare il piacere di una lettura fatta di intrecci che vanno dalle indagini su Roca e la sua tradizione, di un misterioso archeologo “finto messicano” Pallares (curioso e coltissimo) coinvolto in un singolare omicidio le cui vicende ruotano attorno all’Università del Salento, Maria d’Enghien e la sua vicinanza psicotica al tarantismo e mistica al santo dei ragni (S. Paolo di Galatina), e ancora i Normanni, la civiltà dei Messapi legata al culto di una divinità sconosciuta, e ancora tutta una serie di suggestioni che fanno parlare a viva voce paesi salentini come Galatina, Scorrano, Roca, Specchiulla, Porto Badisco sino ad arrivare a Stoccolma, Parigi e Lisbona. Un libro che contribuisce a mettere a nudo il b-side dell’estremo tacco d’Italia, seguendo un intricato percorso che lo porta tra riti primitivi e regine ''tarantate'', santi ambigui e dei arroganti.

Il libro del giorno: Gli enigmi dei Vedovi Neri di Isaac Asimov (Minimum Fax)

La vicenda di Asimov e dei Vedovi Neri è la storia di un amore lungamente coltivato tra un autore e la sua creazione letteraria. Come Maigret per Georges Simenon, Sherlock Holmes per Conan Doyle o Miss Marple per Agatha Christie, i Vedovi Neri – questi sei distinti signori che, assistiti dal cameriere Henry, si riuniscono a cena una volta al mese per dedicarsi con tutto il loro ingegno e la loro cultura alla risoluzione di un enigma – sono il personaggio (collettivo) che permette alla fantasia dello scrittore di confrontarsi con le sue piccole o grandi ossessioni.
Spaziando tra la matematica e la musica, la storia e l’astronomia, la letteratura e la chimica, le tessere del puzzle si ricompongono inesorabilmente fino allo scioglimento del rebus, allo stesso tempo piegando la trama classica del giallo in un gioco continuo e imprevedibile di erudizione che rappresenta magistralmente l’essenza del divertissement letterario secondo Asimov.

«Un turbinio di geniali arguzie, riferimenti colti, brillante risoluzione di insondabili enigmi».

Corrado Augias, la Repubblica

casa editrice Minimum Fax: http://www.minimumfax.com/home.asp

Gli enigmi dei Vedovi Neri di Isaac Asimov
traduzione di: Andrea Terzi

Io credo nei vampiri di Emilio de' Rossignoli (Gargoyle books)

Giusto in tempo. Per motivi di studio nei giorni scorsi mi sono recato prima a Camerino e poi più per piacere che per impegni istituzionali, ho fatto una piccola gita nella Repubblica di S. Marino, dove ho avuto la fortuna di poter visitare la splendida e curatissima mostra che non può non essere gustata dagli amanti del genere: “Vampiri e Licantropi, creature della notte” che è stata allestita nelle sale del Nido del Falco (Contrada dei Magazzeni). L’evento parla di 4000 Anni di Paura ovvero la storia, la vita e le origini dei più famosi e sanguinari succhiatori di sangue; dagli albori della storia umana agli ultimi ritrovamenti moderni di sepolture esorcizzate. Indubbiamente negli ultimi mesi, dopo il successo di “Twilight” di Stephenie Meyer la parola “vampiro” sembra ritornare con insistenza in auge con tutta la sua carica erotico-gotica e il suo fascino oscuro (anche se con innumerevoli contaminazioni pop), ma non solo in ambito cinematografico. Recentemente Newton Compton ha pubblicato la bellissima saga “succhiasangue”, “Il diario del vampiro” in ben sei volumi di Lisa Jane Smith che ha venduto oltre diecimila libri con questa serie che ha come protagonisti Elena, Stefan e Damon, negli episodi dal titolo “Il risveglio, La lotta, La furia, La messa nera e Il ritorno”. Possiamo parlare certamente di un revival mediatico veramente notevole, che si aggiunge alla mitologia editoriale che va da Bram Stoker sino ad Ann Rice. Gargoyle Book pubblica il meraviglioso saggio di Emilio de’ Rossignoli dal titolo “Io credo nei vampiri” pubblicato nel 1961 dall'editore Luciano Ferriani e da allora mai più ristampato, e che fortunatamente ora le nuove generazioni e gli “aficionados” di queste misteriose creature potranno apprezzare fino in fondo.
Stiamo parlando fondamentalmente di un saggio, pregevolissimo sia per stile che per contenuti (si va ad analizzare storia, antropologia, folklore che riguarda non solo i vampiri, ma anche incubi, succubi, licantropi, lamìe, golem, zombie, fantasmi e chi più ne ha più ne metta), rigoroso da un punto di vista scientifico nell’analisi che l’autore porta avanti, nell’esposizione proveniente da diverse fonti sugli episodi più inconsueti e inquietanti, e dotato di un apparato bibliografico veramente sorprendente che include titoli come il “Manuale exorcistarum ac parochorum” di Padre Candido Brognolo da Bergamo (1651) sino all’immenso Philosophicae et Christianae Cogitationes de Vampiriis di Giovanni Cristoforo Heremburg (1773), o al più moderno Lycanthropie et vampirisme apparso sulla rivista medica “Aesculape” a firma di Roland Villeneuve (1956), solo per citare pochissimi esempi. La mia personale meraviglia, risiede soprattutto nel fatto che De’ Rossignoli, scava a fondo sull’argomento “vampiri” con tanta attenzione, e profondità, che senza ombra di dubbio quest’opera è non solo completa, ma risulta nel panorama della storia della saggistica italiana, il lavoro più completo in quanto include svariati punti di vista sull’argomento in ambito cinematografico, letterario, musicale, pittorico, religioso, mitologico, politico, scientifico, biologico, botanico, giurisprudenziale facendo fruttare al massimo tutte le possibili fonti archivistico-librarie consultate dall’autore, che hanno conferito al tutto l’aspetto di eccezionalità! Sinceramente non immaginavo fosse possibile l’esistenza di un volume che unisse scienza e divulgazione a così elevati livelli. A spingermi nel consigliare vivamente l’acquisto e la lettura di questo lavoro, sono gli splendidi interventi di Angelica Tintori, Danilo Arona e Loredana Lipperini, che scrive nella sua postfazione dal titolo “Bruciare le stoppie” a pag. 365: “Manca, in Italia, la consapevolezza della potenza letteraria dell'horror. Quella che potrebbe avere, e quella che ha avuto. È esistito, nel Novecento, un gotico italiano che sembra essere passato senza lasciare traccia: quello di Tommaso Landolfi, di Dino Buzzati, dello stesso Italo Calvino. L'horror italiano, oggi, è - salvo [.] eccezioni - quello di un piccolo gruppo che si trincera dietro l'incomprensione altrui, e che vivacchia senza guardarsi attorno”.

lunedì 13 luglio 2009

Pierluigi Mele, Da qui tutto è lontano (Lupo Editore 2009, pp. 224, con audio-libro cd). Dal 20 luglio in libreria

C’è voluto del tempo. Quindici anni a mettere il punto alla fine. C’è voluto del gioco. Quel gioco che spinge a stupirsi e dannarsi per ciò che verrà oppure no. Il gioco libero. I personaggi si sono perduti e così ritrovati lungo il cammino. Loro a dettare il passo. Loro ad osare. Perché quei personaggi sono forme di una sola figura. Loro a scoprire cose che credevo dimenticate. C’è voluta paura dei propri fantasmi, sino a guardarli con occhi sereni. C’è voluto tutto l’amore per la musica, i colori, l’infanzia, il sorriso. C’è voluto qualcuno accanto che ci credesse davvero. C’è voluto il tempo che occorre. Anche quello per accettare i rifiuti, tanti. Anche questi sono serviti. Il libro non sviluppa un’unica trama, ne miscela diverse, di storie. Fa la spola fra terra e visione, desiderio e reale, amore e memoria, sarcasmo e dolcezza. Si serve di solitarie, estreme figure per dire del tempo, di questo nostro tempo. Questo, orfano di rivolta, dissenso, utopia. Questo, dove i simboli sono bagattelle di sagra. Si serve del sud come perdita, sogno, chimera. Solo il luogo ha un nome concreto, Torre S. Emiliano. Ma è un luogo di fabula. Un luogo di dentro. Si serve di odori perché le parole da sole non sanno né possono dire. Si serve del potere, innanzitutto, ma come metafora di un certo destino. Come filo rosso che stringe il racconto. Non è in poesia, il libro, ma se ne serve lisca per lisca. Non è propriamente romanzo, ma si nutre di letteratura che è vita. Neppure teatro, ma ne segue il fraseggio. Per annodare man mano ogni filo, e alla fine tutto torna dov’era.
Mi avevano chiesto un intervento e non so come stilarlo altrimenti. Mi avevano detto “sei libero, scrivi ciò che ti pare”. Posso dire che parlo di un sogno, nel libro, e che ne aspetto il distacco per saperne di più. Aspetto che si perda lontano come un aquilone sfuggito di mano. Aspetto che qualcuno, più in là, lo raccolga. E allora estraggo un passo dal libro che offre il senso di tutto. Quello che ora dedico a voi. «Credo nel sole, le nuvole, il vento, la neve, la stagione improvvisa che torna, la luna nel pozzo e nei conti che tornano. Credo nei colori, e con questo mio nero li stringo tutti. Credo nell’illusione delle parole, ma credo che un canto valga più di tutti i libri che leggeremo. Credo che la poesia viva dovunque, che sia lei a cercarci, che si tuffi nei versi come ultima spiaggia. Credo in chi si commuove per le sciocchezze e ride senza motivo come un idiota nei campi. Credo nella semplicità e la invidio. Credo in chi non ho mai veduto eppure conosco da sempre, in chi alla fatica sfiorisce ma intanto cammina. Credo in chi ascolta, nei vecchi che svelano siccità e abbondanza con il fiuto dei cani. E soprattutto, credo nel giorno in cui nelle prime file delle autorità siederanno i bambini».

DAL 20 LUGLIO IN LIBRERIA

Il libro del giorno: Amulet vol. 1 di Kazu Kibuishi (Mondadori)

Il custode della pietra. Amulet vol. 1 un libro di Kazu Kibuishi Due anni dopo un terribile incidente in cui ha visto il papà precipitare in un burrone, Emily si trasferisce con la mamma e il fratellino Navin nella vecchia dimora appartenuta al bisnonno, un geniale inventore scomparso misteriosamente. Ma durante la prima notte nella nuova casa si odono rumori sinistri provenire dalla cantina: il grido della mamma è l'ultima cosa che Emily sentirà prima di vederla sparire, inghiottita da una presenza nascosta dietro la porta! Questa volta Emily non resterà a guardare: per ritrovare la mamma affronterà un viaggio pieno di pencoli, con il piccolo Navin al fianco e un essere minaccioso alle spalle, che la segue a ogni passo. Il mondo che la aspetta è popolato di elfi malvagi, mostri dai mille tentacoli, uccelli rapaci dalle forme più strane, ma anche delle meraviglie che il bisnonno ha messo sul suo cammino per sostenerla nella missione: Miskit, il saggio coniglio di pezza, Cogsley, una ferraglia scorbutica ma sempre pronta ad aiutarla e, soprattutto, un portentoso e ambitissimo amuleto.

" Questo primo volume di Amulet (Will Smith produrrà il film) narra una storia di magia capitata ai giovanissimi Emily e Navin nella casa del bisnonno, dove sono andati ad abitare dopo la morte del padre"

di Luca Raffaelli tratto da XL di Repubblica n.47 (anno 5), p. 181

casa editrice Mondadori: http://www.librimondadori.it/web/mondadori/home

domenica 12 luglio 2009

Sempre nuova è l'alba (IV edizione). Libera notte di poesia

Nell’ambito della rassegna estiva “Nocincanta 2009”, organizzata dall’Amministrazione Comunale, anche quest’anno torna l’appuntamento con la Poesia. Ormai giunta alla sua quarta edizione la manifestazione “Sempre nuova è l’alba” diretta da Antonio Natile promette nuovamente di coinvolgere e stupire attraverso due personalità originalissime del panorama poetico nazionale e non solo: Maria Grazia Calandrone, poetessa e performer romana che conta numerosissime presenze su riviste letterarie tra cui Nuovi Argomenti, Gradiva, Sud, Le Fram e notevoli pubblicazioni, sua ultima fatica “ La macchina responsabile” Crocetti 2007 e Giovanna Marmo, attrice, poetessa ed artista figurativa napoletana autrice di “Fata morta” Emilio Mazzoli 2005 opera vincitrice del premio Antonio Delfini 2005 e del cd audio “Sex in Legoland” presentato alla BIG (Biennale Internazionale Giovani) nel 2002. Altri autori presenti saranno Biagio Lieti, giovane poeta de “Le Battaglie i robusti no” del 2008 per Poiesis Edizioni e Luciano Provenzano autore di "Tempo liberato" , Pensionante de’ Saraceni , 1985 ). Per concludere Irene Leo, autrice e performer di prossima pubblicazione il suo “Sudapest” Besa 2009, & Elisabetta Liguori autrice di “Il credito dell’imbianchino” Argo edizioni 2005. Incursioni musicali a cura di Checco Curci.
Venerdì 31 luglio ‘09
Ore 21.00- Scalinata della stazione, Noci (Ba)

Intervista a Giuseppe De Luca autore di Nemrod (Star Comics)




















Nemrod, è un prodotto editoriale che si discosta da tutte una serie di opere che in edicola vedono la luce. Quali sono i tratti distintivi che lo rendono avvincente, interessante,magari presentando delle peculiarità vuoi per contenuti, vuoi per riferimenti letterari o cinematografici?

Dal mio punto di vista ciò che rende originale questo prodotto è l’assenza di un protagonista principale . Di solito nel corso di una classica storia seguiamo le vicissitudini del nostro eroe sapendo benissimo che alla fine riuscirà sicuramente a salvare la pelle, quello che ci può far divertire è il modo in cui si sviluppa la storia, ma questa saga essendo caratterizzata da “un gruppo” di protagonisti, ci può far pensare che qualcuno dei “nostri” ci possa lasciare in qualsiasi momento.

Nemrod, viene citato per la prima volta nella Bibbia, dove è descritto come "potente cacciatore nel cospetto del Signore". Perché partire proprio da un nome come questo?

Questa domanda ci ricollega in qualche modo alla precedente, infatti ci sarebbe da aggiungere anche l’ originalità della scelta di chiamarlo “Nemrod” il quale non è il nome dell’eroe protagonista, ma è il nome che si da allo scopo dei nostri eroi. La prerogativa di questo fumetto è la lotta tra il male è il bene, e il gruppo dei nostri uomini sono appunto gli artefici di questa lotta contro il dilagare del male sulla terra attraverso tutte le sue manifestazioni.

Nemrod è un progetto fumettistico ambizioso che abbraccia più generi dal fantasy, all’horror, con l’inevitabile riferimento ad un filone letterario che è stato inaugurato da Dan Brown e dal suo Codice Da Vinci. E naturalmente a tutta quella tradizione mistico-esoterica di Templari ed altri ordini cavallereschi come Rosa Croce, etc. Nemrod può essere definito una pubblicazione a metà strada tra il pop e il rigore magari di ricerche bibliografiche in tali ambiti?

La base, o ingrediente principale di questo progetto è soprattutto la meticolosa ricerca storica, e a mio avviso per un maggiore apprezzamento della serie sarebbe utile una certa conoscenza degli eventi che fanno capo allo sviluppo della storia. Ovviamente il filone letterario a cui fai riferimento ha influenzato, ma io non essendo il creatore della serie non vorrei addentrarmi in giudizi in merito che potrebbero anche non essere giusti.

Parlaci un po’ del tuo coinvolgimento diretto a livello artistico in Nemrod, quali difficoltà hai incontrato, come si lavora in casa Star Comics?

Entrare a far parte dello staff di Nemrod è stato anche un po per fortuna (un po come tutti immagino in questi casi), un paio d’ anni fa ero alla ricerca di un lavoro che mi potesse dare maggiore soddisfazione a livello professionale, sentii che in star comics si stavano preparando un paio di nuovi progetti, uno era “Khor”, l’altro appunto “Nemrod”, poco dopo in fiera a Torinocomics feci vedere qualche mia tavola a Fabio Celoni e Andrea Aromatico (creatori del progetto), i quali apprezzarono il mio lavoro e mi diedero un paio di tavole di prova da fare, le feci ed eccomi qua.
Le difficoltà che ho incontrato sono state solo e prettamente d’approccio al tema e ai personaggi, ma solo per poco, in seguito ho acquistato più sicurezza e anche la fiducia degli autori fortunatamente.

Domanda di rito: cosa consiglieresti a chi vuole diventare un fumettista?

Consiglierei di esercitarsi sempre, di guardare cosa c’è in giro nelle edicole, e di non farsi influenzare da un solo autore. Questo mestiere fortunatamente è trasparente, se si è bravi si va avanti naturalmente, e lo sbocco prima o poi lo si trova, l’ importante è non mollare.

giovedì 9 luglio 2009

MAN AT WORK!!!




















Riprenderò la pubblicazione di interventi, segnalazioni, recensioni la prossima settimana. Naturalmente sto lavorando per voi!

Homer Simpson (qui riprodotto) è un'opera di Matt Groening

Il libro del giorno: Le vie dorate: con Giuseppe Pontiggia a cura di Daniela Marcheschi (MUP)

A sei anni dalla morte di Giuseppe Pontiggia, una significativa raccolta di saggi critici e di ricordi, testimonianze e documenti inediti, getta nuova luce sulla sua opera e sulla sua figura. Daniela Marcheschi, raffinata studiosa, inserisce all’interno del libro testi capaci di tratteggiare al meglio l’attività complessa e multiforme di questo autore lontano dai conformismi e dalle mode, ma in grado come pochi di radicarsi nell’esperienza del vivere con una forte tensione etica. Una preziosa polifonia di voci di noti esponenti del mondo intellettuale contemporaneo, da Ernesto Ferrero a Luísa Marinho Antunes, da Roberto Barbolini a François Bouchard, da Amedeo Anelli a Laura Lepri e Piero Dorfles, per ripercorrere le letture, i rapporti privati, le riflessioni sulla scrittura e il lavoro editoriale di Giuseppe Pontiggia, in un viaggio appassionante attraverso le “vie dorate” delle sue parole: queste hanno insegnato ad amare la vita e gli uomini, come solo la grande letteratura sa fare.

Daniela Marcheschi è una italianista dagli ampi orizzonti interdisciplinari e con i suoi saggi, tradotti in varie lingue, ha contribuito al rinnovamento delle prospettive critiche contemporanee, anche curando i due meridiani Mondadori delle Opere di Carlo Collodi (1995) e di Giuseppe Pontiggia (2004). Ha insegnato in diverse università italiane e straniere, fra cui Uppsala e Salamanca. Attualmente docente a Perugia di Antropologia delle Arti, ha tenuto a Firenze corsi di Lingue e Letterature Nordiche. Nell’ambito di questa disciplina ha pubblicato traduzioni (Karin Boye, August Strindberg, Edith Södergran, Birgitta Trotzig e di altri autori svedesi) e saggi riuniti nel volume Una luce dal nord. Scritti scandinavi (1979-2000), Le Lettere, 2001. Per il lavoro di traduzione e critica in campo scandinavistico, nel 2006 ha ricevuto il Tolkningspris dell’Accademia di Svezia. Fra i suoi saggi sono anche Prismi e poliedri. Scritti di Critica e Antropologia delle Arti, vol. I, Orizzonti e problemi, Sillabe, 2001; Sandro Penna. Corpo, Tempo e Narratività, Avagliano, 2007; Chiara Matraini. Poetessa lucchese e la letteratura delle donne nei nuovi fermenti religiosi del ’500, Maria Pacini Fazzi Editore, 2008. Per Mup Editore ha curato, nel 2007, il volume Alloro di Svezia. Le motivazioni del Premio Nobel per la Letteratura

"Per Pontiggia, ogni anno i Nobel della letteratura erano due: quello dato al vincitore e quello non dato a Borges. Aggiornamento: sostituire Borges con Roth"

di Antonio D'Orrico tratto da Corriere della Sera Magazine, n.27, p. 102

casa editrice Mup: http://www.mupeditore.it/

Le vie dorate: con Giuseppe Pontiggia a cura di Daniela Marcheschi(MUP editore)

Dovunque tu vada, ci sei già di Jon Kabat Zinn (Tea edizioni)

Siamo tutti consci che la nostra umanità versi in una condizione di precarietà immensa, da una parte abbiamo orrore del caos, dall’altra cerchiamo spasmodicamente delle sicurezze aggrappandoci di continuo al noto, al conosciuto, alle nostre esperienze. Queste tipologie di atteggiamenti ci chiudono al nuovo, facendoci costruire delle vere e proprie gabbbie che ci sottraggono libertà e ci fanno perdere il significato dell’espressione “essere vivi”. Talvolta questo stato di sofferenza diventa talmente intollerabile da costringerci a seguire ideologie, religioni, falsi guru, oppure a stordirci attraverso forme compulsive di shopping, potere, e vacuità del genere nella pura utopia che il senso della vita possa essere una merce come tante in questo mondo. La verità è che ciò che ci ha imprigionato non è al di fuori di noi, ma è nella nostra mente, ormai “fuori forma” dopo un’intera esistenza di condizionamenti, a essere libera, aperta e ricettiva. L’uomo può essere liberato a livello del suo Sé, soltanto facendo tacere la sua mente con tutti i suoi contenuti, per poter recuperare la capacità di comprendere naturalmente se stesso e il suo ruolo nel mondo, senza che ci sia né un soggetto controllante, esterno a lui e che lo domina, né qualcosa che debba essere controllato. La mente dunque deve giungere ad un livello di quiete, silenzio, rilassamento, lontana da ideali e dipendenze. E allora, nel momento in cui siamo sommersi dagli impegni, quando abbiamo la netta percezione che qualcun altro o qualcosa domini la nostra vita, quando non riusciamo più a godere delle cose belle, è giunto il momento di riconquistare la voglia di vivere, crescere, sentire, amare, gioire: ovvero di ritrovare e ritrovarci nel “qui e ora”. Questo libro “Dovunque tu vada, ci sei già” di Jon Kabat Zinn (Tea edizioni) illustra un percorso semplice, adatto a chi si avvicina alla meditazione per la prima volta nonché per i praticanti di lunga data, per il “risveglio”, ovvero per raggiungere consapevolezza e lucidità nel momento che ciascuno vive quotidianamente. Un sentiero di saggezza, una discesa interiore nella causa e nell’effetto della correlazione tra le cose, una guida indispensabile per non farci irretire dai fantasmi dell’immaginazione. L’insegnamento di Jon Kabat Zinn consiste fondamentalmente in questo: per trovare la nostra dimensione autentica occorre essere attenti, presenti su qualsiasi nostro gesto, fare silenzio sui nostri pensieri, praticare la coscienza dell’amore profondo, e la forza della compassione. Scrive l’autore: “Quando parliamo di meditazione è importante sapere che non si tratta di un'attività curiosa o esoterica, come spesso sostiene la nostra cultura popolare... Meditazione significa semplicemente essere presenti a se stessi, approfondire la propria autocoscienza. Significa anche arrivare a rendersi conto che, ci piaccia o meno, stiamo percorrendo un cammino, il cammino della vita; la meditazione può aiutarci a capire che in quanto tale esso ha una direzione ed è in costante evoluzione, momento per momento; ciò che accade ora, in questo istante, influenza gli avvenimenti successivi”. Insomma se volete modificare il dolore con la gioia e il sorriso, sublimare la depressione in leggerezza, ritrovare la libertà arrivando a comprensioni nuove e profonde sulla vita, il libro di Jon Kabat-Zinn vi permetterà di cambiare radicalmente la vostra lucidità sui fatti che vi circondano, e lo farà passo dopo passo con esempi chiari e illuminanti.

Jon Kabat-Zinn, professore di medicina, è fondatore e direttore della clinica per la riduzione dello stress dell'Università del Massachusetts.

Each man kills the thing he loves di Silla Hicks (Intervento sulla trilogia di Millenium di Stieg Larsson editi da Marsilio)

Each man kills the thing he loves. È la canzone di Querelle de Brest, che certo non consiglio alle anime candide, che sinceramente è un pugno nello stomaco per tutti, anzi, ma è pur sempre il gigantesco Rainer Werner Fassbinder.
Però poteva anche essere la sigla di questo film, e di questo libro, se i libri avessero una sigla, e secondo me dovrebbero averla. Lo dico subito: non è un capolavoro, la triologia del signor Larssen morto prima di arricchirsene. E nemmeno il film resterà nella mia cineteca interiore – quella, per intenderci, dove si proiettano, uno dopo l’altro, l’opera omnia di Ferrara e Lars Von Trier – incluso Antichrist, e non sono ammesse obiezioni - insieme a Cronenberg, e a sprazzi di Oliver Stone, con sopra a tutti quel Blade Runner che più di ogni altra cosa mi ha insegnato il senso dell’esistere.
Ma nel multisala affollato del sabato ci ho accompagnato mia sorella, a vedere l’istant-movie tratto da questo polpettone Ikea, e l’ho vista piangere tutto il tempo senza nemmeno guardare lo schermo, così ci sono stato tirato dentro, mio malgrado. È per questo che ne parlo: altrimenti non ci avrei speso 3 giorni, a leggermi qualcosa come cinquemila pagine di rarefatto trhiller scandinavo, che dio se Wallander non è centomila volte meglio, volendo restare in zona. Ecco perché ne parlo, anzi: ecco perché TI parlo, Kalle Blomqvist: perciò, siediti, e stammi a sentire.
No, non è che improvvisamente mi sia ricordato di essere il fratello maggiore: lo sono sempre stato, anche mentre avevo una vita a cui pensare. Ma vedi, adesso è diverso, adesso dividiamo tutto il tempo in cui non guido, io e questa ragazza che non pesa neanche un terzo di me, e parla solo attraverso numeri, quando proprio le va di parlare.
Lei, che si nasconde dietro al suo PC e beve birra dal mio bicchiere, e non ha amici e ha paura della gente, e tutti dicono che è strana, e la chiamano pittbull e le girano al largo, lei, che ha il cuore frantumato da troppo tempo per cercare di rimetterne i cocci assieme, lei, che sarebbe bellissima e invece è speciale, lei, che è mia sorella, stava lì, ferma dov’era, e cazzo, potevi lasciarcela, invece te la sei andata a cercare. Te la sei andata a cercare, e l’hai vista come nessuno aveva mai avuto il coraggio di guardarla in tutta la vita, e a te è bastata un’occhiata sola: e tutto questo, per scappare come un coniglio e tornare alla tua squallida vita del cazzo o qualsiasi altra cosa essa sia, e lasciarla che butta nel cassonetto la foto di Elvis (è così che finisce, il tuo primo cazzo di volume).
Salvo insistere, per ritrovarla e parlarle – di cosa? Di Gadda? Dell’ipotesi di Reimann? Scegli, può tranquillamente discettare di entrambe, e farlo mentre si smalta le unghie dei piedi – come se fosse una macchina senza carne né sangue, e infatti lo era, prima di te, rassegnata a che nessuno le leggesse dentro in mezz’ora così tanto da non aspettarlo nemmeno più. Ma poi sei comparso, e l’hai fatto gratis, e ieri sera ha pianto due ore, dentro a un cinema, mentre io ero là, e avrei voluto romperti la faccia, lo schianto della cartilagine del tuo naso sotto il mio sinistro, tra le poltrone e in mezzo alla gente, un fiotto vischioso e scuro che si allarga sulla tua bella camicia di lino bianco, mi avresti guardato incredulo, anzi no, non credo. Perché se sei stato capace di vederla, allora sai. Tutto. Incluso quello che sto per dirti. Incluso me.
Allora: siediti Kalle Blomqvist, siediti, e stammi a sentire, e sì, ti chiamerò con questo nome ridicolo da Pippi Calzelunghe che nella triologia usano per schernirti sulla stampa e che s’adatta benissimo all’uomo che sei stato, con lei almeno, così che nomen omen mi verrebbe da dire, tanto più perché è ridicolo anche il tuo nome vero (ammesso che in te ci sia qualcosa che non sia di cartone).
Cominciamo dal titolo e dal primo libro, uomini che odiano le donne, e tutta la storia di una famiglia di sadici che nemmeno le colline hanno gli occhi, e tu e lei in mezzo (sorvolo sul fatto che è lei a salvarti la vita): mi spiace dirti che te ne sei perso il senso, perché non odia le donne solo chi le ammazza, anzi spesso quello è uno psicopatico e punto, e forse non odia nessuno, perché l’odio è un prodotto della neocorteccia e lui è solo arcaico sistema libico, è solo un animale.
Piuttosto, le odia chiunque faccia come te, e non tenga a distanza degli origami quando sa di avere forbici al posto delle dita (e tu sai che gli origami esistono, Kalle Blomqvist, lo sai, se no non avresti intitolato il tuo terzo la regina dei castelli di carta, e alla tua età dovresti sapere anche di essere Edward mani di forbice, se non altro perché ti sarai tagliato da solo e più volte, e nel buio della notte avrai visto le lame, sul tuo cuscino).
L’origami del libro è un’hacker e si chiama Lisbeth Salander, ed è vero che – quindici centimetri in meno a parte – è la fotocopia di mia sorella, o almeno di quello che lei è realmente e gli altri – quasi tutti, tranne te – non vedono.
E non per il fatto che anche mia sorella porta anfibi e guida la moto, no, quelli sono dettagli, abbastanza pittoreschi solo qui, che siamo all’estrema propaggine d’Italia dove anche un bacio fa rumore.
Se ti dico che c’avevi preso, accostandola a lei – mi permetto di suggerirle la lettura di questo libro, un personaggio del quale ha con lei una qualche affinità, hai scritto, e a dirla tutta hai una bella scrittura, fluida e pastosa e inclinata, e una firma che è un susseguirsi di compiaciute s minuscole, mont blanc, è da credere – è per qualcosa di molto meno visibile, e di molto più vero. La sua matematica, che è quanto le resta del disadattato piccolo prodigio che era alle elementari. La sensibilità esasperata che solo chi vive fuori dalla superficialità sociale può avere. La fame di amore che la chiude a riccio e le fa mettere l’anima nelle mani di chi incontra, anche se dovrebbe sapere che è solo sua, e che non ne ha altre e deve proteggerla.
Non so niente della tua vita, Kalle Blomqvist, anche se io la tua Erika l’ho vista e da uomo a uomo non ti capisco, tutto l’universo che adombri nel tuo sguardo di laguna e poi questa cinquantenne qui, uno e sessanta con le meches: potrei dirti che sei scemo, che non è il timbro di Hanoi sul passaporto ad ammantare di Indocina – habitat di vertigine: condivido appieno - una che sì e no può sembrare una matura segretaria, ma non è questo il punto.
Potresti dirmi che non è questo che tu hai visto e vedi, e dio lo sa se ci sono due occhi che vedono la stessa cosa. Ma non è questo il punto.
Il punto è che lei era lì, e che tu te la sei andata a cercare, senz’altro fine se non vedere se avevi ragione, e dio quanto deve averti lusingato, anche, cazzo, ha vent’anni meno di te, e l’intelligenza folgorante che hai sempre voluto, il faro che abbaglia e che nessuno può essere se non per dono. Puoi parlare greco e latino quanto vuoi, Kalle Blomqvist, ma quella è istruzione, non è genio.
Ti può servire per fare colpo sulle sciacquette del rotary, e accomodati, per quello che vale.
Ma non dirmi che gli hacker sono hacker, e quelle che si portano a cena al Bastione sono qualcos’altro, perché allora sì che ti prendo a calci.
Perché vedi, Kalle, o comunque tu ti faccia chiamare, sono tutte prima di tutto donne. E poi il resto, se – fortunatamente - un resto c’è: è una donna Lisbeth, con i suoi tatuaggi e i suoi piercing e le unghie rose a sangue, quanto una delle tue fighette con i capelli stirati tutti uguali e la french manicure di plastica e le Hogan bianche, perché le donne sono tante, non solo una.
E riconoscerlo e amarle è un po’ la stessa cosa.
Non so niente di te, Kalle Blomqvist.
Ma sei tu, uno che odia le donne, di questo sono convinto.
E non dirmi che avresti sposato Lisbeth, se ci fossero stati altri libri, perché alla fine del terzo tornavi, e le portavi la colazione.
Che facevi scena solo per allungare il brodo, perché altrimenti sarebbe stato scontato. Non dirmi che l’amore è scontato, né altre stronzate.
Each man kills the thing he loves.
È verissimo.
Ma per favore, Kalle o comunque ti chiami, per favore. Non parlarmi, proprio tu, d’amore.

Recensione di Silla Hicks sulla trilogia di Millenium di Stieg Larsson editi da Marsilio

mercoledì 8 luglio 2009

AXA SCART, L'AMBIENTE INCONTRA L'ARTE

AXA -Aziende per l'Ambiente- presenta SCART. Il 10 luglio, infatti, presso le Officine Cantelmo di Lecce, l’azienda salentina, impegnata da anni nella bonifica del territorio, mostrerà come si “possa far sbocciare un fiore da una discarica abusiva”. Tentando un dialogo con il nostro tempo, AXA ha avviato un connubio tra arte e ambiente sostenendo la realizzazione di alcune installazioni artistiche della poliedrica Lara Bobbio, nota artista leccese dalle origini libanesi. Le opere sono ottenute dal riutilizzo di forme e materiali già esistenti e riportano, così, a nuova vita ciò che la civiltà dei consumi considera esaurito. Riuso e riciclo sono i temi di cui AXA vuole rendere partecipi i suoi concittadini attraverso l’arte. Nel dettaglio, potranno essere ammirate nella piazzetta antistante le Officine Cantelmo, 50 fiori alti 3 metri di “matricaria recutita camomilla” a corollario di Embryon, rappresentante il fulcro della vita. Tutte le opere attingono a quella che è la materia prima che ci avvolge, la spazzatura, arrivando così alla comprensione della mutevolezza della vita. Plastica riciclata, bags, pezzi di ferro e persino delle pagliette lavapiatti trovano in queste opere una nuova dimensione. L’iniziativa di AXA, all’interno della rassegna del Comune di Lecce “MediterraneaEstate 2009”, prende il via dalla bonifica in corso della meravigliosa cava di San Nicola, 30 metri di profondità ed una pendenza impegnativa, presente nelle immediate vicinanze della nostra città, effettuata dall’azienda con l’aiuto di un gruppo di speleologi. Si tratta di un luogo oggi abbandonato, dimenticato ma che rappresenta un pezzo di storia che appartiene inequivocabilmente al patrimonio della nostra terra che si è costruita dalla pietra. La volontà del Comune di Lecce e di AXA è quella di portare avanti un ben più ampio progetto di riqualificazione ambientale, urbanistica ed edilizia del Borgo San Nicola supportati anche dall’aiuto delle associazioni ambientaliste presenti sul territorio. Prosegue, infatti, anche il rapporto con Coppula Tisa iniziato con la bonifica di contrada “li Posti” a Tricase, effettuata gratuitamente da AXA il 18 marzo scorso. Anche questo intervento rientra nel protocollo per la riqualificazione del territorio sottoscritto dalla società e dall’organizzazione di volontariato. Il fiore di camomilla diventerà inoltre l’emblema dell’azienda poiché la sua presenza identificherà i luoghi soggetti a bonifica e, posizionato anche davanti al Municipio nel cui territorio si è provveduto alle attività di ripristino ambientale, indicherà in modo chiaro ed inequivocabile che una zona abbandonata è tornata a vivere di nuovo. L’evento interamente sponsorizzato dalla società leccese vede anche la partecipazione dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Lecce e di PIMAR, azienda leader nel settore dell’estrazione della pietra leccese, che appoggia pienamente il progetto di pulizia-recupero-riutilizzo dei luoghi simbolo di questa terra, le cave, partecipando attivamente al progetto con la donazione dei 50 blocchi di pietra che sostengono i fiori di camomilla. È prevista, a corollario della mostra, una conferenza dal titolo “Come si ricicla al tempo della crisi – progetti e strategie” ed una performance musicale del noto musicista Cesare Dell’Anna che avverrà contemporaneamente alla degustazione di un aperitivo.

PROGRAMMA COMPLETO DELL’EVENTO - OFFICINE CANTELMO, 10 LUGLIO 2009

h. 18,30 OPENING “EMBRIONI DI VITA CIVILIZZATA” - installazione di Lara Bobbio

h. 19,00 CONFERENZA “Come si ricicla al tempo della crisi – progetti e strategie”
interverranno Giampiero Corvaglia, Amministratore AXA
Gianni Garrisi, Ass. alle politiche ambientali del Comune di Lecce
Jacqueline Ceresoli, storica e critica d'arte
Lara Bobbio, artista
coordina Marco Petroni, giornalista e critico di design

h. 20,00 APERITIVO/PERFORMANCE MUSICALE DI CESARE DELL'ANNA
per info: axascart wordpress.com

Il libro del giorno: Il duca oltre il portale di Mario Sandri

Alla fine del 21° secolo una profezia aveva indicato le coordinate di tre portali di balzo iperspaziale. Due di essi condussero alla colonizzazione di altrettanti mondi extrasolari; le astronavi partite attraverso il terzo portale, invece, andarono disperse con i loro equipaggi di tecnici e scienziati. Due secoli dopo, il duca Virgilio, decide di allestire una spedizione per scoprire dove conduca il terzo portale. Virgilio è un aristocratico bizzarro: introverso, algido, scostante, incapace di svolgere le funzioni di governo a cui è destinato dalla nascita, preferisce dedicarsi alla scienza. La sua originalità ha una spiegazione: il duca è affetto dalla sindrome di Asperger, una leggera forma di autismo difficile da riconoscere che ne pregiudica le capacità sociali. Il suo handicap si rivelerà una potentissima difesa contro la telepatia degli alieni, e quello che sulla terra risultava essere una menomazione fonte di derisione diventerà la forza grazie alla quale il duca costringerà gli alieni a uscire allo scoperto obbligandoli a stringere un’alleanza interspaziale. Fandango quindicilibri stavolta scommette su un esordio originale, un’avventura che ci fa riscoprire il gusto dei classici romanzi di fantascienza, dove la diversità per eccellenza, quella che proviene da altri mondi, spesso coincide con la paura tutta umana verso coloro che non si adeguano alle norme sociali. Un romanzo fantapolitico alla scoperta di nuovi e inesplorati mondi paralleli.

Mario Sandri è nato a Saluzzo (CN) il 01 luglio 1961. Lavora come consulente di marketing export in progetti di cooperazione internazionale. Vive per lo più in Medio Oriente e questo è il suo primo libro.

"Finalmente un autore italiano che riprende un genere come la fantascienza che perfino al cinema mostra segni di crisi. Una fantascienza che torna come chiave di lettura del presente tra geopolitica, guerre e natura del potere"

Filippo La Porta tratto da XL (anno 5) n. 47, p. 183

casa editrice Fandango: http://www.fandango.it/default.asp

La vita personale, di Renzo Paris, Hacca (Macerata, 2009). Rec. di Nunzio Festa

Paris ha composto il ritratto d'una generazione. Prendendo, tanto per cominciare, nella non facile opera – nonostante questo sembri sempre semplice – d'attingere dalla storia personale e da quella collettiva. Paris, col suo ultimo “La vita personale”, avvincente assai per poetesse e poeti, alla stregua di un giallo per i giallisti, ha costruito un'opera che aiuta a immaginare come certi tempi sono stati, senza però dimenticare che in tutto ciò siamo anche davanti al romanzo; dunque dobbiamo ricordarci che il romanzo ha quel funzionamento che sappiamo: ovvero, spesso, agitare il reale per togliere pezzettini che permettono di creare un libro che sia il migliore e il più affascinante possibile. Paris, ricordiamo, faceva parte della cosiddetta 'seconda scuola romana di poesia'. E' stato amico di tanti grandi nomi delle letteratura, da Pasolini ad Amelia Rosselli a Moravia. E il protagonista della “vita personale”, ovvero Luca Saraceni, anche. Però gli importanti pasoliniani “uccellacci” - per usare il termine usato pure da Di Consoli – sono due critici, soprannominati da Bellezza “Hidalgo e Crudelia”. Le pagine dell'opera ci fanno incontrare persone e ambienti carichi di letteratura e (nonostante questo voglia essere sottaciuto) di politica. Perché, per esempio, Paris aiuta a vedere in che maniera specialmente negli anni Sessanta e Settanta certi e altri vivevano o non vivevano la politica. Che peso, ancora, aveva la poesia. Fermandosi, chiaramente, sul famoso festival di Castel Porziano che nell'Italietta diede spazi a tanti, compresi le cosiddette penne della beat-generation, o quello che ne era rimasto. Renzo Paris ha davo vita a personaggi che sono simili e diversi a donne e uomini che conosce. Paris ha voluto prendere tantissimo dalla realtà. Non sottraendosi, perfino, a possibilità di critiche e contestazioni che in casi di questo tipo certi ambienti non risparmiano. Ma le parti più belle, oltre ai segmenti che dicono di poesia (e in tutti i sensi), sono quelli che presentato il complesso edipico e la genitorialità, che questi due temi attraversano. Pagine che affascinano, in quanto, e in special modo grazie alla varietà di registri utilizzati dall'autore, attraverso il correre della trama e finestre aperte in vite e vicende lasciano guardare mondi difficili. Eppure, non va dimenticato, il cielo grande di Renzo Paris è la poesia. E, grazie, alla sua scrittura e quindi a quest'opera ce n'accorgiamo.

La vita personale, di Renzo Paris, Hacca (Macerata, 2009), pag. 362, euro 16.00.

martedì 7 luglio 2009

Salento di Venanzio Manciocchi dalla Galleria d'arte Il Grifone alle Cantelmo



























Dopo le sale della Galleria Il Grifone Arte Contemporanea di Monica Taveri, la mostra itinerante “Salento” approda negli spazi espositivi delle prestigiose Officine Cantelmo. Venanzio Manciocchi espone in una mostra personale, la sua ultima produzione artistica: una suggestiva e contemporanea visione del nostro Salento. Tele di grande formato dove l’artista romano, attraverso l’uso sapiente dell’olio e della spatola, diviene un discreto scrittore dei nostri paesaggi ricchi di meraviglie e di colori accesi. Ogni opera diventa la pagina di un racconto, un racconto muto e per questa ragione passibile di nuove interpretazioni, attraverso quella matericità che dà corpo e sostanza alle sue equilibrate composizioni.

Scrive di lui il critico d’arte Giorgio Agnisola:

“…In questo contesto una immagine significativa dell’arte di Manciocchi è rappresentata dal monte Circeo. Come fu Monte Sainte-Victoire per Cézanne, la montagna con la sua sagoma misteriosa, con il suo profilo arcaico, con le sue vene scure di pietra e di verde a precipizio sul mare, è diventata per l’artista uno studio riflesso di forme simboliche e reali e di spazi che racchiudono un magmatico contenuto emozionale, quasi un cratere dei sensi…La natura diventa così un luogo complesso di indagine psicologica e metaforica, spazio che consente di rileggere dentro di sé, come in uno specchio, i percorsi della sensibilità e della immaginazione in un andare e venire continuo nell’opera: un emergere dal profondo e un rientrare, scarnificando ma anche filtrando, come in una rete spirituale e sensitiva, materia e simboli, riducendo la forma a puri segni luminosi. Così l’immagine diventa emblematicamente terra di riposo e di conquista.”

A cura di Monica Taveri.

L’esposizione sarà aperta ai visitatori dal 8 al 20 luglio 2009.
Info mail: info@officinecantelmo.it | monica@galleriailgrifone.it | tel. 320 9654542

Il libro del giorno: Vedi di non morire di Josh Bazell (Einaudi)

Grazie a Peter Brown, ex killer entrato in un programma di protezione governativo, la mafia fa il suo ingresso tra le corsie di un famigerato ospedale di Manhattan. Quando Peter va come ogni mattina al lavoro in ospedale, non sa che la Grande Mietitrice lo aspetta, sotto le vesti di un paziente moribondo che è un suo vecchio conoscente di mafia. Se il paziente muore, il passato di Peter tornerà a galla. E questo non può accadere. Perché Peter è anche Pietro Brwna detto Orso, ex affiliato (ma per bontà d'animo) alla famiglia Locano. In questi anni in ospedale Peter è diventato il medico-eroe che abbiamo sempre sognato: cinico iconoclasta dal cuore d'oro che infrange ogni regola pur di salvare una vita... La sua lotta all'ultimo sangue con la Grande Mietitrice sta per cominciare, e diventa tutt'uno col desiderio irresistibile di saldare una volta per tutte i conti con la famiglia Locano.

"Adrenalinico, tarantiniano, umoristico. L'io narrante è un killer della mafia ora medico ospedaliero. Ma il passato torna ..."

di Filippo La Porta tratto da XL n.47 (anno 5), p. 183

casa editrice Einaudi: http://www.einaudi.it/

Vedi di non morire di Josh Bazell
2009, 322 p., Einaudi (collana Einaudi. Stile libero big)

Tutta un'altra vita di Lucia Giovannini (Sperling e Kupfer)

Viviamo in un’epoca in cui non solo le nostre certezze sono minate alla radice, pensare a un posto fisso vuol dire ragionare in termini di pura e semplice utopia, dove la precarietà lavorativa diventa una categoria onto-fenomenologica dell’essere per il dis-equilibrio in ambito famigliare e nel campo degli affetti, un’epoca insomma in cui cercare di farsi una tranquillità economica risparmiando “qualcosetta” al mese diventa impossibile, causando per di più un assottigliamento pauroso dei nostri orizzonti di vita che, nella migliore delle ipotesi, scivolano nella patologia del “carpe diem”, (tutt’altro che l’oraziano stimolo a quell’energia che permette di cogliere le occasioni che fanno la differenza nelle nostre vite), ovvero un passivo lasciarsi sedurre dall’essere “canne al vento”, proprio come il celebre filosofo francese Blaise Pascal definiva la condizione dell’uomo. Tanto si vive una volta sola! Una scusa bella e buona per rendere ogni cosa degna di essere consumata nel più breve tempo possibile, dall’amore, alle parole, sino a tutto ciò che contiene veramente senso e riempie valorialmente i nostri giorni. Se non avessimo consapevolezza del significato della parola crisi, sicuramente descriveremmo la nostra condizione attuale come apocalittica. Il grande cantautore italiano Franco Battiato, nel suo brano dal titolo “Un’altra vita”, scritto più di un decennio fa, profeticamente e lucidamente descriveva quello che accade oggi: “Certe notti per dormire mi metto a leggere, e invece avrei bisogno di attimi di silenzio. Certe volte anche con te, e sai che ti voglio bene, mi arrabbio inutilmente senza una vera ragione. Sulle strade al mattino il troppo traffico mi sfianca; mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servono tranquillanti o terapie ci vuole un'altra vita. (…) Sulle strade la terza linea del metrò che avanza, e macchine parcheggiate in tripla fila, e la sera ritorno con la noia e la stanchezza. Non servono più eccitanti o ideologie ci vuole un'altra vita.” Il problema fondamentale in tutta questa gigantesca Torre di Babele che condiziona la nostra quotidianità, è che disperdiamo un’enorme quantità di energie, non riuscendo più a recuperare le nostre risorse interiori, dal momento che incrinandosi tutte le sicurezze al di fuori di noi, si incrinano le fondamenta di quello che abbiamo costruito nella nostra interiorità. Cosa fare? In aiuto ci viene Lucia Giovannini che per Sperling & Kupfer ha pubblicato il volume “Tutta un’altra vita”. L’autrice nel 1999 ha fondato l’associazione BlessYou! ed è cofondatrice e codirettrice della Libera Università di Crescita Evolutiva insieme al marito Nicola Riva. Ha un Doctorate in Psychology e Counselling, un Bachelor in Psycho-Anthropology ed è membro dell’American Psychological Association. È Master Trainer di Firewalking, Trainer di Programmazione Neuro-Linguistica e Neuro-Semantica (ISNS Usa), Spiritual, Transformational ed Executive Coach (ACMC Usa), Master Trainer di Breathwork, insegnante certificata del metodo Louise Hay ed esperta di tecniche di meditazione. Non che le credenziali nell’ambito editoriale servano a qualcosa, se il libro non funziona, NON FUNZIONA e basta! Ho giusto cercato di presentarla ai miei lettori al meglio, perché se lo merita. “Tutta un’altra vita”, ha già venduto 7500 copie nei primi otto mesi del 2008. Lucia Giovannini pagina dopo pagina aiuta il lettore a trovare la propria progettualità esistenziale, espone con grandissima chiarezza come realizzare i propri sogni superando tutte quelle paure inconsce che bloccano il cambiamento e che non ci permettono di assaporare ciò che può veramente renderci felici. Se lo si può definire un libro utile? Assolutamente sì, e aggiungo che forse, lo si dovrebbe portare con sé mentre sbrighiamo qualche faccenda che richiede parecchi minuti di attesa. Se la si può definire un’opera illuminante? Di certo farà prendere coscienza degli errori più grossolani e auto-sabotanti in cui incorriamo, con ausili teorici e pratici che vengono dalla PNL (Programmazione Neuro-Linguistica), della PNS (Programmazione Neuro Semantica), e dalle diverse tradizioni orientali, da quelle proprie di specifiche pratiche meditativo-trascendentali di chiara ispirazione induista, che da esperienze che l’autrice ha vissuto in prima persona in Cambogia e in altri luoghi del mondo, e che poi sono confluite nella fondazione, insieme al marito, di BlessYou! Un libro chiaro, rivolto a tutti coloro che desiderano migliorare la qualità della vita. Si parla di cambiamento, di tutti quegli atti a cui diamo vita e che ci chiudono nelle nostre zone di comfort, si parla di zone di potere, di come uscire da Matrix (come sostiene Michael Hall il modello olografico della vita che agiamo, puntellato dai nostri centri ermeneutici “pre-costituiti” utili per orientarci al suo interno), di come risvegliare il n/um, la nostra energia vitale in grado di farci realizzare cose che ad altri apparirebbero impossibili, come camminare sul fuoco su carboni ardenti alla temperatura di 400° gradi senza riportare ustioni di alcun tipo. Una scrittura, quella di Lucia Giovannini, che ci aiuta a recuperare l’importanza del Silenzio, e soprattutto che ci pone dinanzi ad un fatto incontrovertibile: il cambiamento non viene da nessun tipo di filosofia o guru … il cambiamento comincia da noi, con una presa di coscienza di piena responsabilità verso noi stessi e gli altri. Un libro non come gli altri, che deve essere letto, riletto, assimilato, annotato, approfondito, introiettato. Inoltre l’autrice, oltre a saper scrivere (non intendo solo come padronanza degli argomenti che tratta) e dunque detentrice di una dote oggi sempre più rara nel mondo delle lettere e della saggistica, pur non rinunciando alla semplicità espositiva, mantiene un rigore scientifico (basti guardare la ricca bibliografia a fine volume) che non fa altro che impreziosire e rendere esclusivo l’intero suo lavoro. Insomma questo libro è una nuova, immensa scoperta che farà sicuramente una grande differenza nella vostra vita!

lunedì 6 luglio 2009

Lele Vianello fra Talkink e Ali Eroiche (Allagalla ) : una riscoperta. Di Marco Laggetta*

Questo giugno è stato senza ombra di dubbio il mese di Lele Vianello, con ben due volumi a lui dedicati usciti in fumetteria e in libreria. Non può che far piacere, agli appassionati di fumetto d’autore, la notizia dell’uscita, nel mese di giugno, di due volumi dedicati al maestro veneziano, entrambi finalizzati al recupero di quella produzione di Vianello dispersa nel lungo periodo delle riviste. Lele Vianello è un maestro indiscusso del fumetto italiano. Dalle prime collaborazioni sulle riviste d’autore (Simbad, Il Mago, Help, Il Grifo e Corto Maltese, per citarne alcune) fino alle pregevoli ricostruzioni storiche iniziate con “La storia dei popoli a fumetti” di Enzo Biagi e proseguite con “Le Ali del Leone” e “Marco Polo”, in tandem con Guido Fuga, passando per le indimenticabili storie realizzate al fianco di Hugo Pratt (le saghe di “Corto Maltese” e de “Gli Scoprioni del deserto”, su tutte), Vianello non ha mai smesso di emozionare con il suo tratto morbido e la sua grande capacità di narrazione. Il primo dei due volumi, freschi di stampa, lo speciale di 110 pagine con tema “la paura” della rivista di letteratura e fumetto Talkink, edita dalla Cagliostro E-Press, ospita la storia a fumetti “Calle de la paura”, uscita per la prima volta sulla storica rivista Il Mago nella seconda metà degli anni ‘70 ed ora riproposta per la gioia dei fan del disegnatore veneziano e, in genere, per gli amanti della scuola prattiana. La vicenda narra la fuga del paziente di un manicomio dalla morsa dei suoi guardiani. L’uomo, avventuratosi per le calli buie di una Venezia misteriosa, scopre molto presto di preferire ai segreti inconfessabili di quei vicoli le mura asettiche della sua prigione. Il secondo volume, interamente disegnato da Vianello, dal titolo “Ali eroiche” (Allagalla), è invece la riproposizione integrale di due storie apparse sulla Rivista Aereonautica negli anni novanta su sceneggiature di Franco Ressa e si presenta come la continuazione ideale del discorso iniziato nel 2005 con il fortunato “Le ali del Leone”, in collaborazione con l’amico e collega Guido Fuga. La meravigliosa avventura del volo militare, raccontata in cinque caratteristici episodi ne “Le ali del Leone” e qui approfondita in due storie di più ampio respiro, è stata argomento di grande interesse per lo stesso Hugo Pratt che proprio sulla Rivista Aereonautica ha pubblicato la sua ultima storia completa: la suggestiva “Saint-Exupéry, l’ultimo volo”, sulle tracce del grande scrittore e aviatore francese, misteriosamente scomparso. “Ali eroiche”, seconda pubblicazione per la neo casa editrice AllaGalla, è anche un sentito omaggio al grande Milton Caniff, verso il quale Vianello ha più volte dichiarato di essere in debito per stile e tecniche di narrazione. D’altro canto come non pensare, quando si parla di grandi aviatori, a quello Steve Canyon che dalla seconda metà del novecento e per circa mezzo secolo ha infiammato le fantasie di migliaia di lettori di fumetto in tutto il mondo e influenzato autori del calibro di Jack Kirby, Frank Miller e Hugo Pratt!

*redazione Talkink

Io credo nei vampiri di Emilio de' Rossignoli (Gargoyle books)

La trama - Emilio de' Rossignoli - intellettuale che non perse mai di vista l'importanza della radice popolare della cultura - è il brillante cicerone di un viaggio suggestivo dove sfilano vampiri, lemuri, incubi, succubi, golem, mummie, licantropi, zombie, fantasmi, e dove storia, mito e cronaca si intrecciano in un raffinato montaggio di argomenti e interpretazioni. Una storia organica del vampirismo dalle origini ai nostri giorni, dal trascinante furore enciclopedico. La prosa limpida e lo stile sapientemente ironico conferiscono al testo una solida tenuta narrativa così che, pur trattandosi di un saggio, Io credo nei vampiri si legge come un romanzo, e proprio le pagine che sembrerebbero datate sono tra le più interessanti per i corsi e ricorsi di cui la storia del costume nostrano sembra essere popolato (le mode, le tendenze, le partigianerie, i collettivi incuriosimenti).

Il libro

Pubblicata dall'editore Luciano Ferriani per la prima volta nel 1961 e da allora mai più ristampata, Io credo nei vampiri è un'opera eccezionale che è stata e resta tuttora tra i primi e rari contributi non accademici sul vampirismo, dove competenza e intrattenimento si accordano felicemente. L'idea del libro maturò Fu sulla scia dell'enorme successo mondiale della pellicola Dracula di Terence Fisher (Horror of Dracula, 1958) - qualcosa di molto simile a quanto sta accadendo ora con il romanzo Twilight di Stephanie Meyer e con l'omonimo film che ha recentemente sbancato i botteghini di mezzo mondo - che 'de Rossignoli maturò l'idea di scrivere Io credo nei vampiri.

Nel suo saggio, l'autore si mette letteralmente al servizio di un tema che, nelle sue mani, diventa straordinariamente fertile, e scandaglia tutto lo scandagliabile attorno ai vampiri, che vengono analizzati da un punto di vista cinematografico, letterario, musicale, pittorico, religioso, mitologico, politico, scientifico, biologico, botanico, giurisprudenziale e di costume attraverso un avido e ricercato saccheggio di aneddoti, dicerie, leggende, credenze, folclori locali, visioni, formule e maledizioni arcane, cronache, trattati, rapporti ufficiali, testimonianze, antichi dizionari, e libri e giornali. Oltre a offrire un'occasione di conoscenza eccezionale e dai risvolti inattesi, de' Rossignoli mette i lettori davanti alla loro disponibilità a credere, a fidarsi, sfuggendo qualunque paura nei confronti del vampiro, una figura avvolta da pregiudizi solo in quanto diversa.
Autorevolmente e piacevolmente persuasivo, Io credo nei vampiri è un libro che dà molte risposte sul senso del terrore nell'arte e nella vita.

L'autore

Nobile di origine dalmata, Emilio de' Rossignoli nacque a Lussino in provincia di Pola, nel 1920. Dopo gli studi compiuti a Trieste e a Genova, si dedicò al giornalismo, specializzandosi nel campo dello spettacolo. Figura poliedrica di vastissima cultura, spaziò con disinvoltura dalla critica cinematografica e televisiva ai reportage di costume fino alla cronaca nera. Oltre a scrivere su quotidiani generalisti, de' Rossignoli fu un firma di spicco di periodici di settore come "Festival", "Novellefilm" e "Hollywood", collaborò anche per il cinegiornale di attualità "La Settimana Incom" e per il rotocalco "Settimo Giorno", e partecipò alla breve avventura della storica rivista di Gino Sansoni, "Horror" - a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta - dove teneva un'erudita e divertente rubrica intitolata 'Orizzonti del fantastico'. All'insegna della versatilità fu anche il rapporto che de' Rossignoli ebbe con la letteratura: egli, infatti, si cimentò con la saggistica, il romanzo rosa, il poliziesco e la fiction avveniristica. Oltre a Io credo nei vampiri - certamente la sua opera più importante -, ricordiamo i romanzi: H come Milano (1965), Lager dolce Lager (1977), Concerto per una bambola (1981), Strega della moda (1981) e La donna di ghiaccio (1982). De' Rossignoli è morto nel 1985, a Milano.

Dal Io credo nei vampiri:

Come ogni argomento trattato senza preparazione, a dritta e a rovescia, per soli fini commerciali, anche il vampirismo ha raggiunto la sua inflazione nel 1960. Se ne parlava un po' ovunque, sui giornali e nei salotti, con la frivolezza elegante e scarsamente informata che contraddistingue la nostra stampa di divulgazione e i nostri gruppi di cultura. Persino certe riviste specializzate non hanno saputo resistere all'attrazione dell'argomento [...] Questo modo, chiamiamolo "allegro", di trattare l'argomento ci sembra indicativo per documentare l'inflazione vampirica. Leggerezza, superficialità, inesattezza, tono di superiorità, distacco sarcastico, incredulità aprioristica compongono tutto quanto si è scritto e detto - molto, troppo - sui vampiri durante la "moda" 1958-1960.

Dall'introduzione di Angelica Tintori:

La scelta di riproporre il libro di de' Rossignoli è determinata dalla volontà di far ripercorrere ai lettori le pagine di un testo-chiave per diverse generazioni di appassionati, capace ancora oggi di palesare vivo interesse, competenza, rispetto e profondità di analisi riguardo a un tema davvero poco frequentato dalla critica letteraria e di costume, almeno nel nostro paese.

Da In viaggio con Emilio di Danilo Arona:

Sul fare del quattordicesimo anno di età, i ragazzini attaccano a imitare gli adulti [...] Noi giocavamo [...] a poker. E, siccome soldi da mettere sul tavolo non esistevano, ci giocavamo i beni più o meno preziosi. Fu così che vinsi, con una scala reale di picche, la mia copia di Io credo nei vampiri [...] Emilio de' Rossignoli. Chi era costui? Un grande di sicuro. Sapeva tutto e di più sul magico e terrificante mondo dei vampiri. E scriveva non da adulto snob, ma da adulto saggio, perfettamente in grado di farsi comprendere da un ragazzino. E ancora - il dato più importante, perlomeno per me - Emilio ci credeva. [...] Al punto che [...] ritenni di non nutrire alcun dubbio al proposito: i vampiri esistevano. Gli argomenti di Emilio non ammettevano contestazioni.

Da Bruciare le stoppie di Loredana Lipperini:

Manca, in Italia, la consapevolezza della potenza letteraria dell'horror. Quella che potrebbe avere, e quella che ha avuto. È esistito, nel Novecento, un gotico italiano che sembra essere passato senza lasciare traccia: quello di Tommaso Landolfi, di Dino Buzzati, dello stesso Italo Calvino. L'horror italiano, oggi, è - salvo [.] eccezioni - quello di un piccolo gruppo che si trincera dietro l'incomprensione altrui, e che vivacchia senza guardarsi attorno.

Gargoyle Books presenta, Io credo nei vampiri di Emilio de' Rossignoli
Con un'introduzione di Angelica Tintori
Interventi di Danilo Arona e Loredana Lipperini

I prodotti qui in vendita sono reali, le nostre descrizioni sono un sogno

I prodotti qui in vendita sono per chi cerca di più della realtà

Cerca nel blog

Galvion, un robot combattente altamente tecnologico

PUBBLICITA' / ADVERTISING Galvion è il nome di un robot combattente protagonista di due opere distinte ma intrecciate: un anime e un man...