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mercoledì 12 agosto 2009

Visita di Stato di Alfredo Annicchiarico (Lupo editore). Rec. di Silla Hicks

Se mi ricordo di quant’era bella Alida Valli: certo che sì. E ho anche visto qualche film con Amedeo Nazzari, e Clara Calamai primo seno nudo del cinema italiano. Quello che non ho imparato a scuola – ben poco, tecniche di disegno a parte – l’ho imparato da seconde e terze e centesime visioni, con la tessera Dante Alighieri che con qualche spicciolo ti faceva entrare alle retrospettive, erano gli anni ’80 e non avevo il Moncler ma avevo visto De Sica e Rossellini, e un pomeriggio di sabato che davano Rashomon seduto accanto a me ho trovato Luca, che studiava al classico e voleva fare il regista, ma poi ha preso 60 e vinto un concorso in banca.
Adesso, almeno una volta al mese ceno a casa sua e di Gloria, e mentre i suoi figli fanno casino cerchiamo di parlare, davanti a un DVD di Kim Ki Duk, in genere, ma era Sciuscià il nostro film: il resto, Blade Runner compreso, m’ha intriso dopo.
Siamo una strana coppia, io e Luca, che non mi arriva alla spalla e ha 39 di scarpe eppure è solido come io – trenta centimetri almeno e 40 kg circa più di lui – non saprò mai essere.Gli devo molto, di quello che scriverò di questo libro. Perché è stato lui, a ricordarmeli, i telefoni bianchi, e a raccontarmi di Claretta e della sorella aspirante attrice, e dell’alcova del duce, e di tutta la propaganda sul suo vigore che ha curiosi parallelismi con quanto è sui giornali in questi giorni.
Ed è di questo che parla, questo giallo ambientato nel pieno dell’era littoria, alla vigilia di una visita del Führer che dovrebbe essere perfetta propaganda di regime e rischia invece di arrivare importuna, nel bel mezzo di un intricato groviglio di gerarchi, attricette, picchiatori, e ovviamente poliziotti ovviamente tenebrosi e tormentati (e chi non lo sarebbe, se avesse sposato la Sidney Bristow di Alias?). Una storia che ha di Camilleri, senza il sole che abbaglia di Montalbano e i suoi arancini, ma anche della Dalia Nera, e intendo il film con Hillary Oscar Swank elegantissima in velluto De LaRenta, purtroppo, è da credere, visto che lei è condannata a vincere la serata dell’Academy solo quando indossa quindici chili di muscoli e se si fa massacrare nel finale.
E su tutto questo, echi di Pericle il Nero, e persino di D’Annunzio, se non altro nella scelta dei nomi, chè Aspasia certo gli sarebbe piaciuto, per non dire di Vinzio.
Il fatto – un corpo ritrovato sulla spiaggia del litorale romano, una vedova allegra, il suo amante perfetto capro espiatorio e un commissario ribelle e in preda ai ricordi – obbedisce alle regole del giallo dalla zarina Agata in poi, come le spiega Carlo Lucarelli: ma l’Italia che ne esce assomiglia spaventosamente a quella di oggi, tanto che mutatis mutandis potrebbe essere un istant book.
Perché questo Impero di colonie è un’Italietta, che dietro gli altoparlanti della retorica nasconde tangentopoli, vallettopoli, i terreni pruriti del clero e i più recenti festini: solo il commissario almodovariamente sull’orlo di una crisi di nervi è inverosimile, tutto il resto è reale. Se non avessi letto sul risvolto di copertina che è questo libro è del 2007 penserei a una pasquinata in codice, e nemmeno cifrato, se persino io – che di politica italiana davvero non so niente – sono riuscito ad identificare quasi tutti.
Una fantastica satira, pungente e disillusa, che – pene d’amore perdute di Vinzio Ferrari a parte, che poi è un nome che è una contraddizione in termini, la Rossa di Schumi e la vittoria/sconfitta, Vinzio da Vittorio? O da Vinto? – nemmeno i fratelli Guzzanti al top della forma, con un piglio di denuncia da fare un baffo a “La casta”.
Sorvolo sui dialoghi che qua e là smaccatamente contemporanei (cazzo, come al limite e allucinante, sono linguisticamente figli degli anni ’70), sui troppi aggettivi/troppi avverbi (ma questa è davvero questione di gusti) e su alcuni gineprai del plot, tipo la spia di sua maestà. Questi sono dettagli.
Perché non è un giallo, in realtà, e non è nemmeno ambientato ai tempi del regime. È una sorta di quartina di Nostradamus che in anticipo ha tracciato – romanzandoli, ma solo un po’ - gli eventi di questa estate 2009.
Mi piacerebbe sapere se nella caccia al “chi-è-chi” c’ho preso. Certo, nessun produttore è stato trovato morto seminudo in spiaggia. Ancora, per lo meno. Ma dev’essere per forza un produttore? E per forza morto? Perché di grassoni seminudi (o tutti nudi) se ne sono visti parecchi. E anche di festini. Proprio alla vigilia di una visita importante. Anche se fortunatamente non esiste più nessun Führer. Però, ho sentito parlare di G8…

TELEFONI BIANCHI, CIOÈ GIALLI(VISITA DI STATO SECONDO SILLA HICKS)

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