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giovedì 30 giugno 2011

L’anello di ferro di Ornella Albanese (Leggereditore)












Italia, 1135. Giselda attende il suo promesso, il valoroso Manlius. Da diversi anni la guerra lo tiene lontano dal feudo di Tarsia, dove potrebbe non far più ritorno. Giselda è giovane, impavida, intraprendente, e quando durante un torneo cavalleresco riceve un invito dal figlio del barone di Rosetum, antico avversario della sua famiglia, accetta senza esitare. L’appuntamento è nel bosco vicino, al tramonto. Purtroppo, però, il suo nome diverrà un’eco spenta, perché di lei non si troverà più traccia. Proprio adesso che Manlius è tornato… Risorge così l’ombra di intrighi e misfatti arginati per lungo tempo. Le due famiglie metteranno in campo tutte le loro armi per ridisegnare i confini di un odio che non dà tregua. Ma forse solo il sorriso di una donna e la magia tutta femminile riposta in un anello di ferro riusciranno a riportare la pace laddove dimoravano rabbia e morte. Segreti, intrighi, colpi di scena e sensualità per un’autrice che ha già conquistato il favore delle lettrici italiane, e che a ogni sua prova si riconferma come una sicurezza, un solido punto di riferimento nel suo genere.
“Ventisei anni prima. Luglio 1109. Llyneth, della casata di Drengot, scostò la cortina bianca e la forte luminosità la colpì, facendole socchiudere gli occhi. Così contemplò tra le ciglia il paesaggio che la circondava. Il mare riempiva la sua visuale, azzurro e scintillante di calura, forti ondate che percuotevano la costa. L’odore acuto di alghe e di salsedine le invase i polmoni. Ma non erano gli unici odori che percepiva. Il caldo sembrava liberare fragranze sconosciute che superavano la leggera barriera delle cortine, riempiendo l’interno del carro su cui viaggiava. Quella terra impervia, rovente di sole, aveva colori e profumi violenti. Nel suo paese tutto appariva più tenue e sfumato, quasi rassicurante. E l’odore che prevaleva era quello della nebbia. Llyneth fece un piccolo sospiro. Il paesaggio intorno a lei era talmente vivido da far apparire la sua terra sbiadita, al confronto. Quasi rarefatta nella memoria, e davvero molto lontana. «Riuscirò ad abituarmi a questa luminosità accecante?» chiese a Caitlín che, seduta accanto a lei, gemeva a ogni scossone del carro sulla strada pietrosa, nonostante i numerosi cuscini che avrebbero dovuto attutire i colpi. Caitlín era la sua nutrice e le raccontava di essere stata la prima persona che Llyneth aveva visto quando aveva aperto i piccoli occhi, appena nata. Le aveva dato il suo latte, le aveva raccontato le antiche leggende della loro terra e le aveva insegnato come si deve comportare una fanciulla di nobili origini. Col tempo si era conquistata un posto vicino al suo cuore, più vicino di quello di sua madre. «Vi abituerete al caldo, al sole e alle diverse abitudini di questa gente. Lo farete per amore del vostro futuro sposo.» Llyneth sorrise. Il suo futuro sposo era il conte Timoteo di Tarsia, un valente guerriero che aveva enormi possedimenti e grandi ricchezze. Lei ne aveva sentito parlare la prima volta durante una permanenza a Capua, presso suo zio Riccardo, terzo principe della città. Ogni volta che nel castello si discorreva di rettitudine e di coraggio, qualcuno citava il nome del conte di Tarsia. Allora era quasi una bambina e non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe diventata la moglie di quel guerriero. «Chiudete la tenda o il sole vi brucerà» l’ammonì Caitlín. «Dovete preservare il candore della pelle per lo sguardo ammirato di vostro marito.» Llyneth si affrettò a ubbidire e una luminosa penombra invase il carro. «Sono impaziente di arrivare» sospirò. «Tarsia sembra ai confini del mondo.». «Non dovremmo essere troppo lontane, ormai. Almeno lo spero, per il sollievo delle mie povere ossa.» Caitlín inarcò la schiena e poi cercò di sistemare meglio i cuscini. «Adesso lasceremo la costa per proseguire verso l’interno.» Era stato un viaggio interminabile e più volte Llyneth aveva provato sgomento all’idea di andare a vivere in una terra così lontana. Ma aveva ubbidito ai voleri di suo padre e per tutto il tragitto aveva fantasticato su quell’uomo sconosciuto, cercando di ricostruire tutto ciò che aveva udito di lui per poterlo immaginare fisicamente. Un guerriero così forte e leale doveva essere anche di bell’aspetto e lei era davvero ansiosa di conoscerlo. Il lungo viaggio aveva esasperato la sua impazienza.”.

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