Dopo aver rovesciato la
sua furia su ogni cosa, ora, in "Una stagione all'inferno", Rimbaud
si scaglia contro se stesso con una lingua secca, nervosa, tagliente. Non è
pentito, è solo più consapevole. E per di più stanco e sfiduciato... L'alcol,
la droga, il sesso, l'erranza e l'ozio quotidiano lo hanno condotto al di là di
un confine oltre il quale si è aperta l'immensità del vuoto. Uno scacco, per
chi cercava la pienezza... Così Rimbaud, dopo aver tentato di purificare il
mondo immergendolo in lavacro velenoso, alla fine deve riconoscere la propria
amara sorte di angelo sfigurato. Introduzione di Alessandro Quattrone.
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