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giovedì 21 agosto 2014

L’Osteria dei Soprannomi di Marco Sommariva con prefazione di Mauro Macario (Chinaski Edizioni). Intervento di Nunzio Festa



“Sommariva è dominato da due personalità estetiche contrapposte: un realismo che ha le sue radici nel neorealismo del dopoguerra e poi si dispiega nella contemporaneità con coraggio ideologico, e un iperrealismo assolutamente imprevedibile che lo trascende bruscamente e s’accasa nel surreale fumettistico, talora grottesco e funambolico”. Questa precisa definizione, redatta dal solito Macario, descrive la scrittura di Marco Sommariva, che per la prima volta apprezzammo al tempo delle “Pillole Situazioniste” (2005) e della prima edizione de “Il venditore di pianeti” (2006); libri dati alle stampe – entrambi - dalla romana Malatempora ai giorni dell’indimenticato Angelo Quattrocchi. Con il nuovo romanzo “L’Osteria dei soprannomi”, seguito del “Venditore” ristampato nel 2008 dalla Marco Tropea, troviamo un luogo vero e fantastico posizionatosi di fronte alle carceri di Sestri Ponente, un posto che insomma: “non chiude mai ed è pieno di mosche in tutte le stagioni”. Il mondo da raccontare, raccontato dal mago Sommariva. Nell’Osteria e fuori dall’Osteria. Nelle strade di Sestri, nel cielo di Sestri Ponente. Personaggi che son un unico, senza evidentemente toglier nulla al libro, personaggio. L’utopia di Sommariva diviene una presenza fitta di presenze, fatta di proiezioni di storie e cuori. La feccia della società, che tutt’altro invece è. Nel giusto e nell’errore, nella bellezza e nella sporcizia. Al galoppo di citazioni da De André e Guccini. Al trotto d’invocazioni alle vie degli ultimi e di quelli che gli ultimi han scritto e cantato. I mondi incantati di Marco Sommariva, i miti tolti dalle scatolette del disincanto. Le storie reali e surreali di Sommariva sono spiazzanti, eccessive, estreme. Ma somigliano tantissimo alla verità. Se nelle fogne vivono bambine e bambini, sulle strade di Sestri scorrono acque di vite perse. Fra mezze puttane e strani santi laici. Tanti tasselli, mille racconti fanno un romanzo. E il romanzo breve di Sommariva, nuovamente, è la corta modernità di noi tutti e tutte. Evviva l’Osteria, a questo punto.

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