Leggere le lettere di qualcuno è come accettare l’invito a
entrare nel suo mondo, nelle sue stanze, nelle sue relazioni: ci si rende come
spettatori della vita altrui. Se a scrivere è Flannery O’Connor, l’esperienza
assume un altro valore, quello di affacciarsi al laboratorio creativo di una
delle più interessanti voci della letteratura statunitense del dopoguerra: è
tramite la sua fitta corrispondenza, infatti, che l’autrice proponeva i suoi
scritti agli agenti, riceveva critiche o elogi dai lettori, discuteva della sua
opera e chiedeva consigli ad amici del calibro di Robert Lowell o Elizabeth
Bishop. Entriamo così in un mondo popolato da autori, lettori, critici e
agenti, ma non solo: le riflessioni letterarie si intrecciano con amare – ma
sempre ironiche – osservazioni su ogni aspetto del reale, compresi fatti di
cronaca dell’epoca, e con la costante espressione di una religiosità serena,
mai cupa, mai pietistica. Una vita breve, quella dell’autrice, adombrata
dall’oscura presenza della malattia, il lupus eritematoso, che le fu
diagnosticato nel 1951: ben presto costretta a muoversi e viaggiare il meno
possibile, la O’Connor
sembra però non perdere mai curiosità e voglia di vivere. Torna in una
nuovissima edizione, arricchita con lettere inedite, un epistolario unico, che
traccia un itinerario tragicomico nell’America degli anni Cinquanta,
impreziosito dai commenti caustici e divertiti di un’autrice che, a distanza di
anni, mostra una lucidità rara e un innato talento per la scrittura.
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