Le quattro api randage di Angelo Petrella
guardano quanto dista Napoli la perfetta dalla Luna fatta imperfetta da
Amstrong, specie se per abbattere le distanze s'usano cemento e sogni di gloria
economica. Il potente Raul Aragona, dio del cemento, appunto, ha due figli.
Anzi il figlio di sangue Manuel e un figliastro, Matteo; il primo ubriacone, il
secondo anche peggio: poliziotto. Il titolo, "Le api randage", è una
dedica, intanto, proprio a chi cresce nell'alveare, tipo questo della villa
degli Aragona a Posillipo, ma che decide di sperimentare un percorso almeno per
un po' lontano dalle sue origini. Nei pressi delle api vere, delle operaie
vere. In Italia, nell'ex Bel Paese, sta succedendo quella che per primo il
giornalista e scrittore Piero Colaprico definirà "Tangentopoli".
Eppure, come oggi ieri e domani, si vuol possedere un giornale, nel nuovo
romanzo di Petrella questo è addirittura Il Mattino come scalare (e non le
montagne ma in finanza). L'immagine d'apertura, cominciamo, può e vuol esser
una fotografia dello sbarco degli Usa sulla Luna abbagliata, se possibile, dal
'92 dei ministri delle mazzette svelate. La realtà, purtroppo, anche per lo
mezzo di quest'opera di Angelo Petrella ci restituisce i nomi di Andreotti -
mai trapassato dalla ribaltà - , Fanfani, Forlani, Pomicino - tornato piano
piano alla ribalatà - , Gava, Scotti, Scalfaro, Cossiga. Che diventano cereale
nella macinata pensata da Aragona per i suoi investimenti per la VivaFin (sarà AraFin
poi?), materia prima che non si sbriciola e che però al contempo ingrassa il
prodotto finito. Si deve fare un favore alla Dc, per dire, prendendo un
quotidiano, e a sua volta farsi il favore immenso di divenire il primo
produttore di cemento della cementata e cementante patria italiana. Non manca,
di certo, la signorona fedifraga e il delfino traditore, nella tradizione di
certi americani più di grido, epperò la loro posizione nella struttura fatta ad
arte da Petrella è congeniale al fango della "camorra". Il romanzo si
prende gioco della cronaca, manipolandola; servendosi di ritagli di giornali
dell'epoca e delle loro conseguenze per le diramazioni della fiction realizzata
da Angelo Petrella. L'autore, che in alcuni casi di presentazione per i suoi
libri ha parlato di "affresco sociale", e non ha caso lavora come
sceneggiatore televisivo pure, ha superato una nuova prova. Perché pensava
d'arginare l'andamento del thriller che spontaneamente la sua penna fa nascere,
al fine intensificare la battaglia pscicologica dei soggetti attuatori della trama.
Ché questo, sempre, è il passo oltre l'ostacolo. Obiettivo acciuffato, possiamo
dire. Dove il passato loro, in primis dei quattro personaggi centrali, è preso
dal tempo al contrario. E solamente così, dunque, s'arriva a toccare le loro
ragioni. Tutte. L'incastro tra i tasselli, poi, si fa deflagrazione,
naturalmente quando, senza volerlo, alcune vite che procedono in autonomia per
forza di cose acchiappano fatti e fattacci che sono loro territorio quasi
comune. Questo libro, possiamo dire, ha un suo gergo. Una corrente che
s'inebria del plot. Non siamo solamente in 'affari di famiglia' o 'fatti di
stato', magari separatamente, ma nelle due cose insieme, che quindi non solo si
mescolano ma si condizionano. Mentre le teste dei personaggi, per giunta non in
esclusiva i cervelli dei protagonisti del romanzo, lavorano in continuazione:
fino a scoppiare, in tutti i sensi. Sappiamo dall'inizio che Le api randage
comincia quasi dove "La città perfetta" aveva lasciato, però a nostro
avviso con questa nuova opera letteraria Petrella posa il suo sasso nel
selciato della letteratura italiana. Usando gli sghignazzi del thriller,
insomma, allo scopo di realizzare un attuale e futuro romanzo italiano.
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