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mercoledì 15 settembre 2010

Di una verità si capisce solo ciò che siamo preparati a capire. Date retta a me, Cardinà! di Giuseppe Cristaldi









Cardinà, chè poi voi potete comprendermi, chè Dio a voi ha dato una sua costola per davvero, altro che ad Adamo, date retta a me. Chè Dio a voi ha donato qualcosa di Sé; credete forse non sapesse che un Adamo avrebbe peccato? Diciamocelo ora, che le fiamme fanno le trecce nel camino, e niente è inferno, e tutto è calore. Avvicinatevi Cardinà… salsiccia o bruschetta? Lasciate l’inghippo delle campane, mandate una di quelle guardie svizzere a cozzarci con l’elmetto, non replicherà fidatevi, non conoscono parole le maschere del carnevale che non sfila. Eh? Credete non sapesse che avrebbe peccato? La costola sua immanente ce l’avete voi del Vaticano, fidatevi, specie voi, Cardinà, che siete, aspè che me lo ripasso in mente, che ci vuol dedizione nella pronuncia di taluni sintagmi: Cardinale Renato Martini, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Cardinà, che voi potete comprendermi per davvero, che sono pastore pure io e non di uomini, peggio, di vacche, opulente o macilente, nerborute o spossate, al macello o immerdate fra i fastelli di paglia. Qui tra Lazio e Campania, fazzoletti stropicciati di terra amara scampati all’asfalto. Aspettate che vi sistemo il cuscino, che sennò ve ne andate col sedere duro e poi nemmeno intercessioni con la fortuna mi farete guadagnare più. Lasciate che vi tratti. Sentite, io debbo dirvela, taglio la testa al toro: c’ho una masseria a due chilometri dalla centrale del Garigliano, sì quella nucleare che stanno smantellando, e insomma, insieme a questa centrale c’ho pure l’amore per gl’animali miei, tutti, nessuno escluso, pure le pantegane. S’è atteso tanto, e prima valla a ingravidare, e poi falla mangiare bene, e poi chiama il veterinario De Roma proprio, che lì ne capiscono meglio di noi che dialoghiamo con l’alta casta dei montoni, e pompale aria calda durante le notti invernali ché il vitellino non ne risenta del clima incazzato, e così e cosà. Sentivo amore per quel vitellino, nemmeno m’era nato e segnavo le croci sul calendario man mano che il giorno s’avvicinava. Poi d’un tratto una notte la vacca s’affloscia e comincia a straziarsi tutta in un sisma endogeno. E sveglio la moglie, e dico vuoi vedè che s’è deciso a uscire, vuoi vedè? Chiamo il veterinario, noi tutti della famiglia accerchiamo la vacca e che succede, Cardinà?, indovina che capita a noi poveri pastorelli: il vitello ci viene fuori sì, ma con tre teste! Dico davvero, Dio fulminasse me e la menzogna, c’aveva tre teste. Tutte che schiamazzavano all’unisono, pronte a morire un minuto dopo. Cardinà, avevamo un appuntamento con l’infarto tutti quel giorno. Pure il veterinario, che in uno sprazzo di lucidità seppe dirmi: ‘bene t’è andata che non sia nato un tuo figlio così, meglio che sia successo all’animale, è colpa dell’uranio, è colpa della centrale!’ E allora per sicurezza, che non si sa mai, c’ho portato mia moglie dal veterinario degli uomini, perché notavo che s’arrabbiava facilmente, insomma, Cardinà, il dottore mi fa: ‘sai c’ha la tiroide impazzita, bisogna asportargliela, e questo per via della centrale del Garigliano, sì, quella nucleare’. E vabbò, provveda Iddio. Poi capirete, Cardinà, Dio provvederà pure, ma ha i suoi tempi, le sue burocrazie, e così e cosà, a Peppino, il mio primogenito, ci diagnosticano un tumore al cervello, ma la cosa strana sapete quale fu? Che il dottore, oncologo stavolta, ci dice: ‘è per la centrale, fidatevi, sì, quella nucleare’. Come perché, Cardinà? Mi capirete, voi, proprio voi che c’avete in corpo la vera costola di Dio, altro che Adamo, capirete, che una cosa volevo significarvela, senza offesa, sia chiaro. Voi che, aspettate che me lo ripasso in mente, che certe cose non si dicono così d’istinto, siete il Cardinale Renato Martini, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Bene, voi e tutta la vostra rispettabile equipe non potete scrivere in ogni dove che ‘Assicurata la sicurezza degli impianti e dei depositi, regolati in maniera severa la produzione, la distribuzione e il commercio dell’energia nucleare, mi sembra vi siano i presupposti per una politica energetica ‘integrata’ , che contempli quindi, accanto a forme di energia pulita, l’energia nucleare’. No, che non lo potete dire o scrivere, perché se in questo momento faceste levitare il vostro sedere fino alla mia vacca madre, e le chiedeste di suo figlio e del mio, se permettete, perfino ella saprebbe dirvi che il nucleare non è una pagnotta sacra da liquidare in una celebrazione eucaristica, anzi, in un’omelia. Anch’ella saprebbe dirvi che è tutta una combutta internazionale tesa a bonificare dal nucleare gli stati occidentali galletti, a discapito della nostra Italia, pronta come una verginella a produrre l’orgasmo dell’energia conveniente da regalare a chi quell’energia non la possiede più perché derivata dal nucleare, silente e omicida. Anche la mia triste vacca, che partorisce vitelli con tre teste, saprebbe dirvi che il costo dell’Uranio è aumentato dal 1994 al 2007 del 315%, e che nel nostro paese bislacco si fa presto a confondere la lungimiranza e la responsabilità civile con le fomentazioni comuniste, gli allarmismi immotivati, il baccagliare dei soliti stronzi e così e cosà. Anche la mia triste vacca che partorisce vitelli con tre teste saprebbe dirvi che le scorie radioattive sono faccenda centennale, che alcune di queste hanno conosciuto Dante Aligheri e Cecco Angiolieri e possono ancora raccontarcelo da vive, che nel vicino 2008 la centrale francese di Tricastin ha disperso nei fiumi circostanti 360 kg d’Uranio, durante la pulitura di una cisterna, per non parlare poi degli incidenti di percorso significativi accaduti nel 2005 a Shellafield (GB) e nel 2006 in Bulgaria, presso la centrale di Kozlodui. Oppure nella centrale di Kashiwazaki, in Giappone. E così e cosà, insomma, Cardinà, io il mio primogenito non l’ho cresciuto con tre teste sulle spalle, eppure m’è morto anche lui per la centrale, chè il cervello suo era come un blocco di sterco arso al sole. Date retta a me, Cardinà, non è bello proprio sentirvi dire e scrivere certe cose, e in più senza saperne nulla, che anche la vacca mia, quella a cui è perito il vitello, quello con tre teste sì, pure quella vacca saprebbe informarvi sul fatto che i bambini è facile che piglino il male del bimbo mio fino ad una distanza di 45 chilometri, che insomma, Cardinà, star sconfinati o star nella capitale non è che si scappi come lepri agli artigli atomici. Vabbè, Cardinà, il fuoco non fa più fiamme, date retta e me, lasciamoci così, come piace voi, che le vacche vogliono che le si governi e mia moglie s’è atrofizzata in un letto da anni oramai, date retta a me, lasciamoci così, che tanto di una verità si capisce solo ciò che siamo preparati a capire. Lasciamoci così, con tre teste: Padre Figlio e Spirito Santo, Cardinà.

NOTA: Per approfondire i dati intercalati nel racconto si consiglia la lettura di La Combustione dell’Anima di Agostino di Ciaula (ed. Lombardo)

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