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mercoledì 21 aprile 2010

Elsie V. Aidinoff, Il giardino (Fanucci): nel nome di Dio, un duello letterario


















Il mistero del peccato originale, l’ansia di Dio e le perplessità sul sacro. Due scrittori ottantenni si interrogano sul mito più antico del mondo e rivisitano la Genesi. José Saramago, scrittore portoghese premio Nobel, e Elsie Aidinoff , scrittrice americana esordiente a quasi 80 anni, ci raccontano un’altra storia. Quella narrata da Elsie Aidinoff, autrice di Il giardino, è la cacciata dell’uomo dal Paradiso terrestre, vista dalla prospettiva di Eva, una donna che mette tutto in discussione, a partire dalla sua stessa ‘nascita’ per volere divino, fino al compagno che è stato scelto per lei, Adamo, dal temperamento più fisico che cerebrale, che si gode la vita nell’Eden prestando scarsa attenzione agli insegnamenti che Dio vuole impartirgli. Dio, infatti, è un essere burbero, capriccioso e autoritario, che considera le sue creature dei giocattoli; il Serpente, invece, è il gentile e comprensivo mentore di Eva, della quale coltiva la curiosità intellettuale, finché lei non vuole più rinunciare alla propria indipendenza e, nonostante sappia esattamente a quali rischi va incontro mangiando il frutto dell’albero della Conoscenza, decide di affrontare la sfida pur di diventare un essere umano pienamente realizzato. E sarà imitata da Adamo, che pur non avendo la sua stessa forza desidera ugualmente sentirsi un individuo.

“La donna, per cristiani ed ebrei, è colei che ha portato il peccato nel mondo: è un’ingiustizia e mi dà sui nervi. Ma per favore non chiamatemi femminista”. (Vanity Fair)


Nota di Elsie Aidinoff autrice di “Il giardino”, edito da Fanucci


L’idea di Il Giardino mi è venuta tanti anni fa, in chiesa, mentre veniva letto il terzo capitolo della Genesi, quando Dio accusa Adamo di aver mangiato la mela e Adamo risponde: «È stata la donna che mi ha dato del frutto dell’albero.» (A sua volta Eva dà la colpa al Serpente, che è ugualmente reprensibile.) Quel giorno, la risposta così familiare – scaricabarile! – mi ha aperto le porte del Giardino. Da quel momento in chiesa, non riuscivo a togliermi Eva dalla testa. Mi è sempre parso sbagliato che nella religione, come nella mitologia, la donna sia spesso accusata di aver introdotto il peccato nel mondo. Mentre pensavo a Eva nell’Eden, i personaggi hanno cominciato a muoversi e a crescere in modi inattesi e il racconto ha preso vita. Mi nascevano dentro delle domande stimolanti: il Giardino dell’Eden è il Paradiso? Il Paradiso è quella cosa lì: un posto bellissimo in cui tutti i nostri bisogni fisici vengono automaticamente soddisfatti? Possiamo eludere la responsabilità morale obbedendo ciecamente a un ‘essere superiore’? Perché ci è stata dato il raziocinio?

Il ritratto che faccio di Dio nel Giardino è stato influenzato da un soggiorno a Santa Fe, in cui mi sono occupata dello sviluppo della bomba atomica a Los Alamos. Gli scienziati che hanno creato la bomba avevano una grande passione per il loro lavoro: erano totalmente assorti, elettrizzati, ubriachi di entusiasmo intellettuale. Ma per quanto fossero geniali, non si fermarono mai a considerare le conseguenze morali della bomba o le sofferenze che avrebbe causato. Lì ho cominciato a pensare che Dio, Iddio, potesse in qualche modo somigliare agli scienziati di Los Alamos: un creatore totalmente assorto dalle sue creazioni, impaziente di verificare le sue teorie (o almeno di vederle funzionare secondo il progetto iniziale), inconsapevole del costo in termini umani. Mi sono presa alcune libertà con lui, ma non credo che il comportamento che gli ho attribuito sia in contrasto col suo personaggio: il Dio dell’Antico Testamento è un essere collerico e irruente. A mano a mano che approfondivo la mia conoscenza del Giardino dell’Eden, mi sono resa conto che l’eroe della storia era il Serpente, il Prometeo degli Edeniti, se così si può dire. Prometeo ha dato il fuoco agli esseri umani, il Serpente ha dato loro la capacità di ragionare; se non fosse stato per il Serpente, forse Adamo ed Eva sarebbero ancora lì nel Giardino, con la loro progenie, senza sapere cosa farsene del raziocinio. Forse il Serpente è la Sapienza, la quale, secondo alcuni testi antichi, era con Dio alla Creazione. Ho scritto Il Giardino senza alcuna intenzione di turbare la serenità altrui: ho un profondo rispetto per la religione e per la fede individuale, ma non condivido alcune posizioni cruciali della religione organizzata. Non posso credere in un dio esclusivo che, come le antiche divinità tribali, protegge solo un gruppo di persone; non riesco a conciliare l’idea di un dio onnipotente con le sofferenze del mondo, né posso credere che gli esseri umani siano intrinsecamente malvagi. Come i Manichei, vedo il mondo come il palcoscenico della lotta tra le forze del bene e le forze del male, e considero gli esseri umani capaci insieme di grandi nequizie e di grande bontà. E, come Eva, non capisco perché un grande dio dovrebbe aver bisogno di tanta adulazione. Per quanto nel mio Giardino Eva sia più arguta e intrepida di Adamo, non lo considero un libro femminista: Il Giardino è una prospettiva diversa dell’Eden; Eva ne è la protagonista e svolge un ruolo primario. Forse è questa l’Eva che avremmo conosciuto se la Bibbia fosse stata scritta da una società meno patriarcale. Indipendentemente da come consideriamo la Bibbia – come parola di Dio, come la storia di un popolo, o il tentativo di un popolo di dare un senso al mondo intorno a sé – per secoli è stato un testo vibrante, basilare; ha ispirato innumerevoli storie e riflessioni. Il mio Giardino è un romanzo, non un’opera teologica: un romanzo che parte da uno dei racconti più antichi e noti della terra e nel quale ho cercato di esplorare la responsabilità individuale, la giustizia e la libertà. Ci ho messo sette anni a scrivere Il Giardino. La storia, i personaggi, e io, siamo cambiati in quei sette anni: quando ho cominciato a scriverlo non avevo un’idea precisa di come si sarebbe concluso, sapevo soltanto che, alla fine, Adamo ed Eva si sarebbero trovati fuori dal Giardino.


Elsie V. Aidinoff, Il giardino, pp. 420, 17,00 euro, Isbn 978-88-347-1581-9


Elsie V. Aidinoff si è occupata di educazione per tutta la vita, che ha trascorso tra Parigi, Bruxelles, Hong Kong, Londra e New York. Dal 1980 lavora come insegnante, direttrice e amministratrice alla Children’s Storefront School di Harlem, una scuola indipendente. Ha avuto quattro figli e oggi vive a New York con suo marito. Ha esordito con questo libro all’età di 73 anni, dopo una stesura durata sette anni.

1 commento:

  1. E' uno di quei libri che si leggono tutti d'un fiato, fatico nel dover interromperne la lettura!
    Pungente al punto giusto ... ho come il sospetto che non passerà in sordina ;)

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