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domenica 10 gennaio 2010

GALILEO GALILEI: IL DIRITTO EVERSIVO DEL DUBBIO. Intervento di ANDREA RICCI

Immaginiamo un immenso edificio, un palazzo meraviglioso, una reggia, costruita secondo le più antiche ed ingegnose tecniche, un capolavoro per l’umanità intera. Da tutto l’ecumene vi sono giunti scrittori e scultori, per abbellire col fior fiore della loro arte le centinaia di stanze, le decine di lunghi e sontuosi corridoi. Nulla al confronto di Versailles, nulla Caserta; la raffinatezza degli intarsi, l’eleganza delle volute, la suggestione dei dipinti testimonia che in essa i più grandi geni della bellezza hanno raggiunto la maturità, donando in cambio le punte supreme della propria arte. Il gotha dei poeti, filosofi, musicisti e teologi si riunisce negli immensi saloni affrescati, sotto l’attenta egida del “maestro di color che sanno”, delle sue parole e dei suoi testi. Davvero questo palazzo è un gioiello, un tesoro inestimabile per l’umanità, tanto più che all’ombra dei suoi splendidi colonnati trova ristoro anche la gente più umile. Durante i torbidi temporali che a volte si verificano nella zona, qualsiasi pellegrino può rifugiarsi e sostare in prossimità della calura dei giganteschi ed elegantissimi camini, degustando il dolce odore di incenso che emanano i raffinati candelabri scolpiti con foglie d’acanto. Nessun pagamento si pretende da questi pellegrini, purché essi semplicemente evitino di sviare le alte speculazioni di tanti saggi, i quali, comunque, non mancano di confortare i forestieri che capitano, elogiando la perizia dei manovali e la genialità degli ingegneri, che hanno potuto concepire un’opera così alta, inimitabile e inimitata, preziosissima. Immaginiamo ora un uomo, un singolo uomo, miserrimo fuscello pensante che, preso da inspiegabili velleità distruttrici, si insinui una notte nei sotterranei della reggia, in borsa un piccone, un martellaccio e altri attrezzi da demolitore. Per quasi vent’anni è stato ospite delle stanze e delle torri d’avorio del palazzo, e a tali livelli giunge ora la sua ingratitudine (già è stato ammonito per le sue smanie di esplorazione, nonostante ciò egli avanza imperterrito e spietato). Servendosi delle mappe che suoi amici (feccia sovversiva di cui è diventato il degno compare) gli hanno fornito, si addentra per ciò che egli stesso, non fosse per le mappe e la luminosa lanterna che si reca appresso, definirebbe un “oscuro labirinto”. Pochi mesi sono passati, e della grandissima reggia non è rimasto che qualche brandello di muro, poche stanze dal tetto sfondato, una colonna semidiroccata. In una sola notte l’intero palazzo è crollato, in una manciata d’ore centinaia di povere anime hanno evacuato l’edificio, per assistere, sulla cresta di una collina vicina, all’inesorabile sgretolarsi delle torri e degli archi rampanti, al trionfo di polvere e cenere e travi spezzate e bassorilievi rotti e divelti. Il fragore del crollo è quasi sommerso da quello dei singhiozzi e delle lacrime. Immediato ordine di cattura viene diramato per l’esploratore notturno: un solo colpo, un solo colpo di piccone ben assestato gli si è rilevato sufficiente per provocare l’immane catastrofe. Egli ora è sconcertato, ma sa di aver fatto la cosa giusta. E’ considerato un pazzo, ma di lì a pochi secoli tutti lo celebreranno come un eroe. Bell’acquisto a demolire edifici millenari, se alla lunga la tua fama è destinata a eguagliare quella di Galileo Galilei! Questo apologo dai connotati kafkiani è la più chiara e suggestiva delle metafore cui potremmo riferirci per descrivere la portata sconcertante dell’opera galileiana: definire il pensiero e l’azione del pisano come rivoluzionario sarebbe un approssimativo eufemismo. Nelle poche decine di pagine del suo “Sidereus Nuncius”, Galilei sgancia un dirigibile di nitroglicerina sull’Europa intera: l’esplosione ha l’effetto di una bomba chimica, ed il contagio si propaga sino agli estremi confini del mondo (pochi decenni dopo la pubblicazione dell’opuscolo in latino, il nome di Galileo arriva fin sulla bocca dei filosofi cinesi e degli altri studiosi dell’Estremo Oriente). La teoria copernicana trova in Galilei il più formidabile catalizzatore per assurgere al ruolo di alternativa ufficiale, opposta e contrastante al plurimillenario palazzo delle idee aristotelico e tolemaico. La Terra non è più l’unico centro di rotazione dell’Universo, i corpi celesti sono scabri, corruttibili, simili alla Terra, le stelle sono infinite, le nebulose hanno natura materiale, nel XVII secolo queste erano bestemmie in tutti i sensi, inammissibili per chi allora dettava legge (leggi: clero). E davanti alla Chiesa, davanti all’uomo, Galileo osa affermare che bisogna “rifar le teste degli uomini”, che la conoscenza deve prescindere dalla religione, che l”ipse” della famosa frase non è altro che un fallibile uomo come tutti, che le esegesi dei teologi non possono più appellarsi al significato letterale delle Scritture (e per la verità, a questa mirabolante scoperta era giunto, agli esordi della stessa cristianità, tal filosofo Filone di Alessandria).come non ammirare colui che per la prima volta afferma che “l’intenzione dello Spirito Santo esser d’insegnare come si vadia al Cielo, e non come vadia il Cielo”, come non ammirare chi per primo afferma il valore “della sensata esperienza” confermata dalle “necessarie dimostrazioni”, chi per primo contrappone al “mondo di carta” dominato dal principio di autorità l’esperienza del “mondo sensibile” reale?come non inchinarsi di fronte a colui che ha concepito e divulgato l’idea di una conoscenza dinamica, costantemente discussa, razionalmente dimostrata? Come non riconoscere l’arguzia di un uomo che ha rivendicato l’autonomia degli “occhi della mente e della fronte” al cospetto di intere biblioteche di speculazioni teoretiche, polverose e obsolete? L’intera scienza è debitrice di Galileo Galilei, ma non solo. Non solo la scienza, con il pisano è nato un nuovo modo di concepire il mondo, l’uomo, il pensiero, la libertà, dunque la libertà di pensiero. “Freedom is freedom to say that two plus two make four. If that is granted, all else follows”: è ciò che scrive un tesissimo Winston Smith nel costantemente violato spazio privato della propria scrivania, è ciò che concepisce Gorge Orwell nel suo capolavoro antiutopistico 1984, è anche ciò che riecheggia nelle parole di un sarcastico Galileo immaginato da Bertold Brecht (“ho studiato matematica, signor Galileo” “ciò può tornarci utile, se vi induce ad ammettere che due e due possono anche fare quattro”). Ecco, ora affiora per davvero il senso della vita dello scienziato, il significato, la grandezza del suo personaggio: “sventurata la terra che ha bisogno di eroi” afferma il protagonista dell’opera di Brecht. Sventurata la terra che ha bisogno di eroi, perché Galileo non lo è: nella sua umana debolezza egli preferisce l’abiura (atto tremendo, atto sconcertante, atto che gela il sangue nelle vene del lettore consapevole); Galileo non è il Socrate della cicuta, Galileo è l’uomo pieno di dubbi che del dubbio ha fatto il fondamento del suo pensiero. Nulla è più importante del supremo valore della vita, e ciò esalta ancora e ancora il messaggio di colui che più che mai appare uomo; non si potrà mai “vietare agli uomini guardar verso il cielo”, sia esso per scrutare i misteri del cosmo, sia per intonare un canto notturno alla luna, sia semplicemente per sognare e trovare la forza per continuare a farlo. Libertà di pensiero e di iniziativa, libertà contro l’oppressione ed il totalitarismo, lotta contro la cristallizzazione del pensiero, lotta mediante gli strumenti della ragione, in primis l’ironia, che dalla ragione germoglia e alla ragione si appella. “Hasta la victoria siempre!” è esattamente ciò che veicola quel “Eppur si muove…” attribuito al Galileo che cambierà il mondo e gli uomini. Libertà di affermare il proprio pensiero, libertà di appellarsi alla verità: nel XX e XXI secolo il messaggio di Galileo sembrerà il grido di un sopravvissuto che già presagisce e mette in allerta contro i prossimi inevitabili naufragi dell’umanità.

Fonte iconografica: http://www.ebusiness-lab.gr/galileo/images/galileo-galilei.jpg

1 commento:

  1. Complimenti..Grazie per avermi fatto capire la vera importanza di Galileo..stupenda la metafora del palazzo..

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