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venerdì 4 dicembre 2009
“Small hands” di Danijel Zezelj. Intervento di Angela Leucci
Approcciarsi a “Small hands” di Danijel Zezelj significa farsi venire in mente certi bellissimi versi di E. E. Cummings, “nobody none the rain has such small hands”. Pagina dopo pagina, attraverso quello stile realistico e spigoloso, ci si accorge delle citazioni, nemmeno piuttosto sottili: molte delle scenografie sono tratte da “Fa' la cosa giusta”, il film di Spike Lee che anticipava di due anni la strage di Los Angeles e fece dire a Kim Basinger: “Perché non ha vinto l'Oscar come miglior film?”. “Small hands” parla di un pianista, anzi di un pregevole artista, che fa il cameriere e l'uomo delle pulizie per sbarcare il lunario. Tutto sullo sfondo di Thelonius Monk e delle sue battute sincopate sul due e sul quattro, una galleria di emozioni incredibili che si susseguono quasi senza senso, prive di un disegno, di una trama. Eppure la trama in questa graphic novel c'è, ma non è importante, si resta rapiti da questi segni, violenti, reali, spontanei, quasi beat. Salvifici. Che raccontano di talenti sprecati e di necessità. Una storia di ordinaria disperazione che diventa straordinaria sotto il filtro dell'arte, che fa paura, tradotta in luci e ombre che si fanno storia nella storia. La pizzeria “Da Sal” è il non luogo di questa disperazione, di un dono messo da parte, sommerso tra stracci e detersivi a buon mercato. La tematica della negritudine statunitense non fa che affascinare sempre, forse perché tutti noi, in cuor nostro lo sappiamo, i neri hanno dato origine alla civiltà. Consigliato a chi non crede quanto la vita possa essere orribile e a quanto il proprio talento possa e debba essere valorizzato.
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