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lunedì 25 febbraio 2008

Marquez e le sue puttane tristi




















E’ sempre una questione di Tempo. Nel Tempo possono svilupparsi una serie di dinamiche tali, da contenere l’intero spettro dell’esistenza umana (vita, morte, amore, paranoia, spersonalizzazione, personalizzazione reclusiva, oltraggio al pubblico pudore, immoralità, moralismo, restaurazione, pornografia, erotismo, immigrazione clandestina, prostituzione organica e intellettuale, controllo, fanatismo, finzione, etc…) e non solo. La Metafisica nel Tempo, trova allocativamente la sua ex-sistenza fondazionale, a prescindere da sviluppi dialettico-materialistici propri della Storia. E sebbene il Tempo e la Storia abbiano scelto una sintassi e una grammatica strettamente categoriali, la Metafisica continua ad affermare la presenza di un multiverso le cui interne determinazioni costringono chiunque o qualsiasi cosa si trovi fenomenologicamente assorbita, a vivere cineticamente un’aspetto del Destino che è già determinato a priori. In questa spettrale triangolazione psico-cosmica (parafrasando Manlio Sgalambro), tutto si gioca sulle opzioni selezionate soggettivamente per la Sopravvivenza. Non ci sono regole, o leggi! E’ una scelta casuale! Può andare bene, come può andar male! O meglio, la scelta può soddisfare o meno parametri di comfort difensivi, nell’affrontare quel dato segmento che sono le nostre vite, ancora una volta sottosuddivisibili in micro strutture che interessano la mente, il linguaggio e l’ambiente, al di là della singolare percezione di complessità. Gabriel Garcìa Marquez, in questo suo ultimo lavoro, Memoria delle mie puttane tristi, sceglie di giocare le sue doti scritturali, su nano porzioni categoriali concernenti il Tempo, la Storia, e la Metafisica.
Il Tempo:Certamente osservando Nancy Hagen, Jenny Kinght, Kae Lee, rese eterne dall’obiettivo di Peter Lindberg, magari su qualche catalogo, o sulle riviste pop-patinate, il Tempo viene a cristallizzarsi nel dominio del qui, ora e per sempre. Ma questo accade su qualsiasi tipo di supporto: l’Eterna Giovinezza tra le pagine di opere immortali, nelle foto, nei film, nei fumetti, nei videogames, nei siti web, sui blog. Col Tempo però si può perdere Memoria, ma attraverso gli occhi, qualcosa ci permette di operare una scelta multimodale, che tramite gli altri sensi, ci porta al presente, o ci trasporta nel passato, il nostro o di chissà chi altro! Spesso l’associazione di idee è sufficiente per ricordare attimi, vicissitudini, ad osservarci e a osservare lo svilupparsi delle cellule,dei muscoli, degli organi, degli arti, dal loro fiorire sino alla definitva consunzione. La scelta dell’opzione divulgativa per la Sopravvivenza, dataci da Marquez, la leggiamo a pag. 133: “ (…) mi attraversò l’idea che la vita non fosse qualcosa che scorre come il fiume impetuoso di Eraclito, ma un’occasione unica di girarsi sulla graticola e continuare ad arrostirsi dall’altra parte ancora per novant’anni”.
La Storia: La successione degli eventi che si svolgono nel mondo, la narrazione di tali eventi e l’interpretazione del loro significato, cronaca documentata e ordinata dello svolgimento di qualsiasi attività artistica, culturale, scientifica, ciò che è veramente accaduto, ma anche quello che sarebbe stato se … o ciò che non si sarebbe mai verificato, diventando quindi Meta-Storia e aprendo le porte d’accesso, senza nessun tipo di Fire Wall che tenga, alla Metafisica! E meta-storica è la vicenda, la storia, narrata da Gabriel Garcìa Marquez, in questo splendido libro. La voce, è quella dell’anziano protagonista, un giornalista bizzarro, eccentrico, redattore del giornale “Diario de la Paz”,(nel XX secolo in cui il progresso fa volare gli aeroplani, e uno Junker, gettando in volo dal suo aereo un sacco di lettere, inventa la posta aerea) alla soglia dei novant’anni. Leggiamo a pag. 11: “ Non ho bisogno di dirlo, perché si nota a leghe di distanza: sono brutto, timido e anacronistico. Ma a forza di non volerlo essere sono riuscito a fingere tutto il contrario. Fino a questo giorno presente, in cui decido di raccontarmi come sono per mia stessa e libera volontà, anche solo per sgravarmi la coscienza (…)”. Estimatore sottile di musica classica e di mignotte, si ritrova ad innamorarsi di una prostituta adolescente, Delgadina, scoprendo il piacere di contemplare il corpo nudo di una donna che dorme ( i rendez-vous puntualmente organizzati dalla vegliarda maitresse Rosa Cabarcas, nel suo bordello) “senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore”. E’ l’amore, che scopre il professore, quello che non ha mai cercato in tutte le donne che ha incontrato e conosciuto, lui che riteneva l’amore non uno stato dell’anima, ma un segno dello zodiaco, lui che finalmente prende consapevolezza del fatto che l’amore gli aveva insegnato troppo tardi, che ci si veste e ci si profuma per qualcuno, e che non aveva mai avuto qualcuno per farlo.
Metafisica: Delgadina! Attraverso di lei, Marquez, rende omaggio alla bellezza femminile, al corpo di una fanciulla descritto in tutto il suo esplosivo sbocciare, utilizzando magistralmente uno stile, che gli permette di tracciarne i contorni del viso, delle membra, e di ogni sfumatura di un’anima in silenzio, corrosa e stupita dall’ossessivo oscillare di Eros e Thanatos. Fanciulla vista come una gigantessa generatrice in potenza di vita, prolifica nella lussuria come nella castità, tra sangue e fuoco. E mentre ritrae quel corpo, lascia al professore l’ingrato compito di una presa di coscienza, l’ultima forse, in cui viene a galla dalle più profonde abissalità della coscienza, tutta la potenza di una blasfema immobilità! Un rapporto quello tra il professore e Delgadina, che lambisce anche dolci terre della pedagogia sessuale, dove l’eccitamento prodotto dalla contemplazione estatica di quel giovane corpo, viene ricambiato con il tentativo dell’uomo di sublimare quella fanciulla povera, analfabeta,vergine, bellissima (pronta pur di sbarcare il lunario, a donare le sue grazie al professore) attraverso le dolci pagine, durante quegli incontri monointenzionali e monodirezionali, del Piccolo Principe o qualche brano di musica classica. Un po’ da filosofia nel boudoir. Un libro quello di Gabriel Garcìa Marquez, intenso, commovente, malinconico, che costringe il lettore a non staccarsi dalla pagina, per tutta il tempo impiegato e necessario a finire l’intero volume. La bravura di Marquez viene riconfermata anche in questo lavoro, dove la capacità diegetica dell’autore, determina una compattezza e simmetria per tutto l’intreccio, che non da spazio ad alcun vuoto, o appesantimento del testo. Immancabile nella vostra biblioteca!


Gabriel Garcìa Màrquez, Memoria delle mie puttane tristi, Mondadori, pp.146

fonte Musicaos.it

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