giovedì 30 agosto 2007

Per Cesare Battisti


fonte iconografica da www.wumingfoundation.com
Alla latitanza per il compagno Cesare Battisti dopo il suo arresto in Brasile


Cade un governo e brindo sul telegiornale

alzano il pollice e il fanale sul più moderno degli arresti.


Quello dello scrittore hanno fatto un favore

al buco da coprire con un altro buco

agli indigesti

pranzi del cuoco della memoria che tutto in una grossa pentola

mette e d’un buon corpo

ha sempre bisogno

per prepararele bugie


Nunzio Festa

mercoledì 29 agosto 2007

Il blog di Con-Fine


















Sono lieto di informarvi che è online
il blog di con-fine
all’indirizzo http://blog.libero.it/confinearte/

Un punto di ritrovo dedicato a tutti i lettori e agli amanti dell'arte che vorranno intervenite sugli argomenti affrontati di volta in volta sulla rivista cartacea, creando una discussione virtuale sull'arte e sugli artisti che ci accompagnano in questo viaggio intrapreso alla ricerca della bellezza e alla scoperta dei temi che sottendono l'atto creativo.
Nel blog è possibile intervenire, lasciando commenti e considerazioni, sulle mostre e su tutto ciò che succede nel mondo dell’arte contemporanea.

lunedì 27 agosto 2007

Periferie















“La finestra sul cortile è nata per gioco. Gioco letterario elementare, come un compito di scuola: - Descrivi cosa vedi dalla tua finestra -. Volevo che a rispondere fossero gli scrittori italiani accusati a più riprese di non essere in grado di raccontare la realtà”. Così Stefania Scateni, esponeva la sua progettualità editoriale nel libro da lei curato e prodotto da Quiritta nel maggio 2005 dal titolo “Le finestre sul cortile”. Un lavoro interessante, senza ombra di dubbio, a nostro avviso con molta più sostanza di un semplice gioco letterario. Ora la Scateni ci riprova, con “Periferie” edito da Laterza nella collana CONTROMANO. Un lavoro quest’ultimo che rivela più aderenza a quelle che sono le categorie proprie di un’antropologia letteraria. Il gioco questa volta si fa serio. Ebbene, la sostanza dell’intero percorso seguito dai diversi autori e dai numerosi artisti e fotografi che hanno con-partecipato all’iniziativa, è un sostanziale desiderio di base nel voler sottrarre l’immagine della periferia come luogo urbano-architettonico monoliticamente grigio e inespressivo e umanamente mostruoso, popolato da figure di reietti, fessi, disadattati, immigrati clandestini, mignotte, e responsabile di una superproduzione di atti da bullismo che si riversano dalle scuole alla strada, luogo dove financo l’umanità dei servizi sociali o del volontariato della diocesi di turno, si sente sconfitta non perché gli manchi la forza per reagire a una situazione di degrado, ma perché l’orizzonte dell’esistenza si tinge di contorni sempre più evanescenti. In fondo l'emarginazione delle periferie è un fenomeno metropolitano riscontrabile in tutte le grandi città del mondo: dalle Favelas di RIO, alle bidonville di Manila, Shangay o alle periferie dormitorio di Parigi, Berlino, Roma, Milano. Sono espressioni tangibili di un sistema socio-economico-politico che vuole imporre la Differenza nella sua espressione istituzionale più palesemente visibile del Controllo e del Dominio. Fenomeni che hanno ad ogni modo la stessa origine: le macroscopiche disparità sociali tra una moltitudine sempre più ampia di poveri esclusi dal consumismo che penetra nelle menti tramite l’instillo quasi lubrico dei desideri provenienti dal mondo della pubblicità mediatica e una minoranza sempre più ristretta di ricchi che del consumismo materialistico da griffe ad ogni costo hanno fatto la forma di esistenza a loro più consona. Le macchine che sono bruciate nelle periferie di Parigi hanno riportato in primo piano, e non solo sulle prime pagine dei giornali, il disagio sociale, la paura, l'insicurezza, la diffidenza che ritroviamo nell’intra/relazionalità all’interno delle periferie delle nostre grandi città. Molti non sono in grado di comprendere quale bomba sociale si sta nascondendo dietro lo spettro dell'emarginazione. Non è possibile più girarsi dall'altra parte facendo finta di non vedere, e accettare che una minoranza, ben istruita ed economicamente benestante punti il dito contro quella gente delle periferie che è rimasta ai margini perché non in grado di essere competitiva in una società che è sempre più a scartamento ridotto. In Periferie, gran parte di quello che si legge e iconograficamente si osserva, fa riflettere e questo è già un ottimo punto di partenza per un libro, in un momento in cui il libro ormai da tempo non espone la sua certificazione di origine controllata. L’intreccio costruito sapientemente da Stefania Scateni, coordinando il lavoro di tutti gli scrittori e gli artisti, è davvero magistrale, soprattutto perché il narrare si fa vedere e vivere anche attraverso l’attualità creazionale di Annalisa Sonzogni, il Gruppo Underworld, Andrea Chiesi, Laura Palmieri, il duo Botto e Bruno, e Alessandro Piva. Un libro che al di là di tutto si fa apprezzare, si lascia assorbire e metabolizzare, tanto che ne nasce una sottile gioia, quasi che il messaggio alla fine arriva in tutta la sua forza dirompente: la/le periferie sia intese come siti urbanisticamente individuabili sia come geografie del vivente-essente, rappresentano un crogiuolo di energia e libertà fantasmagorica impressionante. Si può e si deve ripartire dalle periferie, anzi, come dice il Gruppo Underworld, occorre pensare ad una Periferia Totale, che azzeri le differenza discriminanti e favorisca lo scambio, il rispetto reciproco, la dimensione della pulsionalità attiva nella creazione artistico-scritturale che si riversi poi come cascata sul sociale come azione di riscatto, progresso, e riumanizzazione. Un’umanità che, seppur tangenziale rispetto al centro, rivela un’infra-lingua etica più densa, viva e rigenerante. In Bari. Dieci anni scrive Nicola Lagioia: “ (…) Il derubato poteva esercitare un vero diritto di prelazione sull’oggetto del furto. Avrebbe potuto, in definitiva, riscattare il motorino entro due giorni dalla sua scomparsa. Lo Sghigno ti fregava la vespa, avevo detto a mia sorella. Tu bestemmiavi, lo maledicevi, promettevi di fargli sputare sangue. Poi, nel pomeriggio, cercavi in qualche modo di racimolare due o trecentomila lire. Ti facevi accompagnare da un amico in una zona semideserta vicino Torre a Mare. Qui, al posto di quello che un tempo doveva essere stato un campo di carciofi, c’era una piccola officina. Era il quartier generale dello Sghigno. Lo trovavi che stava lavorando su un cilindro, o stava fumando, o si stava masturbando davanti ad un giornalino pornografico. Lo Sghigno ti vedeva. Diceva «Eh?». Tu presentavi le tue generalità: eri il proprietario della Vespa rossa che lui si era fregato il giorno prima. Lo Sghigno agitava nervosamente le mani nel vuoto come per dire un – attimo – e scompariva per qualche minuto. Tornava con la tua Vespa rossa, che naturalmente non era più la tua Vespa rossa. Lo Sghigno ci aveva messo mano. Aveva allargato il collettore, sostituita la marmitta, montato il 102, piombato le coppe e riverniciato la carrozzeria tutta di blu. Tu gli dicevi – bene -. Pensavi – grazie -. Lasciavi i soldi da qualche parte e ritornavi con un bolide da 120/km orari capace di bruciare in curva, in rettilineo e persino su una ruota qualunque ridicolo Red Rose della Aprilia.”. (pp.97, 98). Allora buona lettura e soprattutto cambiate il vostro punto di vista: le periferie di Milano, Napoli, Bologna, Roma, Torino e Bari hanno ancora molto da raccontare. Gianni Biondillo, Giuseppe Montesano, Emidio Clementi, Beppe Sebaste, Silvio Bernelli, Nicola Lagioia, lo hanno fatto in maniera esemplare.

(AA.VV, Periferie, a cura di Stefania Scateni, Laterza editori, collana Contromano, pp.118)

da www.musicaos.it

mercoledì 22 agosto 2007

Alla corte di Re Artù di Noam Chomsky









La guerra in Vietnam è stato uno degli episodi più agghiaccianti della storia degli Stati Uniti d’America. Una guerra nella quale i francesi combattevano, sostenuti economicamente e logisticamente dagli U.S.A, per riportare sotto la loro sfera di influenza e controllo l’ex-colonia in Indocina. La conferenza di Ginevra del 1954 aveva diviso in tre grandi porzioni politico-territoriali: Laos, Cambogia e Vietnam. Inoltre aveva previsto delle elezioni democratiche per il 1956 al fine di poter unificare il Vietnam del Nord con capitale Hanoi sotto la guida di Ho Chi Minh di chiara tendenza filosovietica, e il Vietnam del Sud con capitale Saigon sotto la guida di Diem, di chiara ispirazione cattolica. Il coinvolgimento degli Stati Uniti, è stato graduale con l’impiego di forze militari a partire dal 1950, per poi diventare sempre più massiccio nel corso degli anni sessanta sotto la presidenza Eisenhower, Kennedy, Johnson, e Nixon. Gli U.S.A si erano assunti la responsabilità di portare sostegno ed aiuto ad un alleato, il Vietnam del Sud minacciato dal comunismo sovietico e filo-cinese di Ho Chi Min (Repubblica del Vietnam del Nord), per la difesa della democrazia, secondo poi un programma di azione politica negli affari internazionali, che l’America consoliderà e perfezionerà nel tempo (Afghanistan, Iraq, etc). Una guerra, o meglio un’aggressione illegale perché non vi era stata alcuna dichiarazione di guerra formalizzata, che ha segnato in maniera profonda l’America stessa portandola quasi al collasso economico, e soprattutto creando una pericolosa destabilizzazione sul piano internazionale. A parte tutti gli orrori che la guerra in Vietnam ha provocato (ad esempio in un libro del 1963 di Richard Tregaskis venivano riportate le interviste fatte ai piloti degli elicotteri impegnati in operazioni militari, i quali dichiaravano di divertirsi come pazzi a sparare sui civili in aree con una massiccia presenza di vietcong), l’attenzione di Noam Chomsky nel suo libro Alla Corte di Re Artù (Eleuthera), verte sull’analisi delle fonti sia istituzionali (Pentagon Papers) che dei media, nel periodo che va dall’assassinio di Kennedy sino ai nuovi incarichi del presidente Johnson. Entrando nello specifico, l’attenzione dell’esimio professore del M.I.T si concentra su questioni particolarmente scottanti come ad esempio la presunta decisione di Kennedy di cominciare un ritiro graduale delle truppe americane dal Vietnam. Una decisione assolutamente impopolare in quel periodo soprattutto nell’area dei “falchi”, tanto da far sorgere il dubbio, in numerosi ambienti dell’establishment americano, di una vicinanza del presidente al “demone” del socialismo. Soprattutto ad esempio alla luce di documenti come il NSAM 263 di Taylor e McNamara, dove si affermavano i seguenti punti operativi (pp.121 e 122): “ 1) Intensificazione delle attività militari in tutto il Paese in modo da portare a termine la campagna militare nelle aree settentrionali e centrali entro la fine del 1964 e in quelle meridionali entro la fine del 1965; 2) Addestramento dei vietnamiti a prendersi carico delle funzioni essenziali che vengono attualmente svolte dal personale militare americano,in modo che si renda possibile ritirare il grosso del personale americano entro tale scadenza; 3) In accordo con il secondo punto il Dipartimento della Difesa dovrà annunciare in un futuro molto prossimo i piani, attualmente in fase di preparazione, per un ritiro di 1000 addetti militari americani entro la fine del 1963. Questa misura dovrà essere spiegata,con toni cauti, come la mossa iniziale di un programma a lungo termine per sostituire il personale americano con vietnamiti addestrati, senza pregiudicare lo sforzo bellico”. Ad ogni modo dopo l’assassinio di Kennedy, la situazione in Vietnam continuò a precipitare anche sotto la presidenza Johnson, sino a quando la situazione, tra il1968 e il 1969 non rese indispensabile il ritiro immediato delle truppe americane. Chomsky analizza l’intera vicenda in maniera non solo lucida e puntuale dal punto di vista storico e politico, approfondisce la figura di Kennedy nella sua attività politica sino all’attentato a Dallas, ma anche con qualche riferimento alla mitologia cinematografica attorno al presidente, creata da Oliver Stone nel film JFK con Kevin Costner, frutto di uno studio accurato del regista sull’opera John Newman, il maggiore esperto sull’ “affaire” Vietnam.

Nuvole di Carta 2007




Associazione Nuvole di Carta e Comune di Nardò - Assessorato al Turismo e Assessorato agli Affari generali - presentano: Nuvole di Carta sulle Quattro Colonne

ARRIVANO A NUVOLE DI CARTA 2007:
BRUNO BRINDISI, PLURIPREMIATO DISEGNATORE DI DYLAN DOG, AUTORE DEI NUMERI 200 E 250 E DEL VENTENNALE
LUPO LUCIO, DALLA TIVU' A NARDO' PER CERCARE GIOVANI LUPETTI SALENTINI
E TANTI ALTRI AMICI DEL FUMETTO

25 E 26 AGOSTO A SANTA MARIA AL BAGNO (LECCE)
Grandi orecchie, pie’ veloce e cervello fino. Ma soprattutto una gran fame che non si riesce a placare. “Alla ricerca di Lupo Lucio nel Salento” è il momento clou del festival del fumetto e della fantasia “Nuvole di Carta sulle Quattro Colonne” che si svolge a Santa Maria al Bagno il 25 e 26 agosto nella marina di Nardò. Lupo Lucio cercherà i lupetti tra i bambini salentini sia nella serata di sabato che in quella di domenica.
Anche per i più grandi c’è una grossa sorpresa: la presenza di Bruno Brindisi, il disegnatore del ventennale di Dylan Dog e del mitico numero 250. Brindisi è uno dei disegnatori più amati di casa Monelli.
Si tratta della quinta edizione della fiera del fumetto e quest’anno si cambia anche sede: la grande festa dei comics si svolge nella bellissima Oasi delle Quattro Colonne (www.quattrocolonne.it), un luogo dalla bellezza purissima, un giardino verde che ingloba i resti della cinquecentesca “Torre del Fiume”, uno dei giganti che difendevano la costa dalla incursioni saracene.
Lupo Lucio, dunque, alias Guido Ruffa, direttamente dalla Melevisione arriva a Santa Maria per cercare quanti lupi si nascondono tra i bambini salentini e per spiegare perchè ha sempre fame e come si diventa Lupo Lucio. Per questo motivo ogni bambino dovrà portare con sé un cartoncino bianco misure A4 21 x 29 cm, un bastoncino come quelli del gelato, piatto e lungo circa 15- 20 cm., un pennarello nero e un pennarello giallo. Il Lupo consiglia anche di portarsi appresso un cuscinetto per sedersi e lavorare meglio.
Per il programma completo basta ciccare http://www.blogger.com/.
“Nuvole di Carta”, poi, darà grande spazio ai temi della “fifa pura” con un vero e proprio “horror fest” al quale parteciperanno, in (poca) carne e ossa, i personaggi più famosi in questo ambiente: certa la presenza di Freddy Krueger, di Frankenstain, di Shrek, di Mask ma altri mostri mostruosi si uniranno alla allegra brigata per salutare il disegnatore di Dyd.
Tanta, anzi tantissima, la carne al fuoco per quanto riguarda il parterre degli altri ospiti: sono attesi Emilio Urbano (Pirati dei Caraibi e Disney), Alessio Fortunato (John Doe), Cosimo Ferri (Skorpio e Jonathan Steele), Giuseppe De Luca (Nemrod), Ketty Formaggio (colorista), Tenaga (area Manga), Domenico Sicolo (supereroi), Claudio Rugge (caricature), Diego Cavalca (Intrepido).
Grandi novità anche sul fronte di allestimento e scenografia: l’azienda Micaletto di Melissano che dal primo anno cura le scenografie, bellissime, tutte in polistirolo speciale, quest’anno ha delle sorprese in serbo in linea con il tema della festa. Poi anche una azienda di Nardò, Fantasy Party, sarà in campo con le sue creazioni fatte tutte di... palloncini. Non mancherà, infine, Juri dell’Angolo del fumetto di Lecce con i tornei di carte Magic L’Adunanza e Yu-Gi-Oh! e decine di collezionisti e mercanti di fumetti, sorpresine e carte di ogni genere. Poi anche i burattini e il laboratorio giocoso di riciclaggio. Anche quest’anno la manifestazione gode del patrocinio del Comune di Nardò (Assessorati al Turismo e agli Affari Generali) che ne ha fatto, ormai, un classico della sua programmazione estiva. Appuntamento, dunque, a Santa Maria al Bagno il 25 e 26 di agosto per la quinta edizione di Nuvole di Carta sulle Quattro Colonne.
A tutti i partecipanti verrà regalato il libretto a fumetti e non solo “Vacanze coi fiocchi - Dai un passaggio alla sicurezza” in collaborazione con il Centro studi Antartide di Bologna. Sarà presente anche un ministand della mitica Star Comics di Perugia, la prima casa editrice a riportare i supereroi in Italia dopo la crisi degli anni Ottanta. Saranno offerti, fino ad esaurimento, i numeri “Zero” delle pubblicazioni lanciate nei prossimi mesi dall'editore che detiene per l'Italia i diritti di Dragonball.

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PROGRAMMA DETTAGLIATO - L’INGRESSO E’ GRATUITO
A tutti i partecipanti verrà regalato il libretto a fumetti “Vacanze coi fiocchi - Dai un passaggio alla sicurezza” in collaborazione con il Centro studi Antartide di Bologna. Sarà presente anche il ministand della mitica Star Comics di Perugia, la prima casa editrice a riportare i supereroi in Italia dopo la crisi degli anni Ottanta. Saranno offerti, fino ad esaurimento, i rarissimi numeri “Zero” delle nuove pubblicazioni Khor e Nemrod. Inoltre alcuni numeri di Dragonball, personaggio del quale la Star detiene i diritti per l’Italia.

Sabato 25 agosto
Ore 10.00/23.00 – Oasi Quattro Colonne di Santa Maria al Bagno (corridoio):
- Grande festa del collezionista con la “V mostra mercato di fumetti, gadget, cards, sorpresine e altri oggetti da collezione”
Ore 10.00/23.00 – Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Esposizione permanente di tavole originali di Bruno Brindisi, Alessio Fortunato, Cosimo Ferri, Emilio Urbano, Giuseppe De Luca, Ketty Formaggio, Tenaga, Domenico Sicolo, Claudio Rugge, Diego Cavalca
- I fumetti... di polistirolo a cura dell’artista Luigi Micaletto
Ore 10.30 - Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Grande festa del disegno: Incontro con gli artisti per una lunga sessione di autografi, disegni e schizzi dal vivo con Bruno Brindisi (Dylan Dog), Alessio Fortunato (John Doe), Cosimo Ferri (Jonathan Steele), Emilio Urbano (Disney), Giuseppe De Luca (Nemrod), Ketty Formaggio (colorista), Tenaga (manga), Domenico Sicolo (supereroi), Claudio Rugge (caricature), Diego Cavalca (Intrepido) e i ragazzi della scuola Lupiae Comix
Ore 10.30 - Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Tornei di Magic e Yu-Gi-Ho! a cura della fumetteria “L’angolo del fumetto”
Ore 17.30 - Oasi Quattro Colonne (giardino):
Festa dei Cosplayers fino a tarda ora. Attesi per tutta la serata i personaggi delle “Anime” giapponesi e i mostri “tanto cari” a Dylan Dog
Ore 17.30 - Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Grande festa del disegno dal vivo: Incontro con gli artisti per una lunga sessione di autografi, disegni e schizzi dal vivo con Bruno Brindisi, Alessio Fortunato, Cosimo Ferri, Emilio Urbano, Giuseppe De Luca, Ketty Formaggio, Tenaga, Domenico Sicolo, Claudio Rugge, Diego Cavalca e i ragazzi della scuola Lupiae Comix
Ore 19.00 - Oasi Quattro Colonne (pista):
- “Le avventure di Betto” a cura dell’associazione socio-culturale Iesalel. In questa storia fantastica il protagonista è un adulto che, travolto dagli impegni di ogni giorno, non si ferma più a sognare e non ricorda più di essere stato bambino. In soccorso arriva un simpatico coniglietto che, aiutato dalla magia del Mago Ago, riesce a riportarlo nel suo mondo fanciullesco facendogli rivivere i momenti magici dell’infanzia
Ore 20.30 - Oasi Quattro Colonne (pista):
- Lupo Lucio alla ricerca dei lupetti nel Salento. Guido Ruffa, in diretta dalla Melevisione, cercherà i giovani lupetti affamati tra il pubblico dei bambini e per spiegare come si diventa Lupo Lucio. Per questo motivo ogni bambino dovrà portare con sé un cartoncino bianco (misure A4 21 x 29 cm), un bastoncino come quelli del gelato, piatto e lungo circa 15- 20 cm., un pennarello nero e un pennarello giallo. Il Lupo consiglia di portare anche un cuscino per sedersi sulla pista: sarà più facile lavorare!
Ore 22.00 - Oasi Quattro Colonne (pista):
Arriva Batman! Preparate videocamere e macchinette per un ricordo indimenticabile: il vostro bambino accanto al cavaliere oscuro! Foto e ricordi anche con i personaggi, dal vivo, dei cartoon giapponesi e con tutti i mostri mostruosi del mondo di Dylan Dog

Domenica 26 agosto
Ore 10.00/23.00 – Oasi Quattro Colonne di Santa Maria al Bagno (corridoio):
- “V mostra mercato di fumetti, gadget, cards, sorpresine e altri oggetti da collezione”
Ore 10.00/23.00 – Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Continuano le esposizioni
Ore 10.30 - Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Grande festa del disegno dal vivo: Incontro con gli artisti per una lunga sessione di autografi, disegni e schizzi dal vivo con Bruno Brindisi, Alessio Fortunato, Cosimo Ferri, Emilio Urbano, Giuseppe De Luca, Ketty Formaggio, Tenaga, Domenico Sicolo, Claudio Rugge, Diego Cavalca e i ragazzi della scuola Lupiae Comix
Ore 10.30 - Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Tornei di Magic e Yu-Gi-Ho! a cura della fumetteria “L’angolo del fumetto”
Ore 17.30 - Oasi Quattro Colonne (giardino):
Festa dei Cosplayers fino a tarda ora. Attesi per tutta la serata i personaggi delle “Anime” giapponesi e i mostri “tanto cari” a Dylan Dog
Ore 17.30 - Oasi Quattro Colonne (gazebo):
- Grande festa del disegno dal vivo: Incontro con gli artisti per una lunga sessione di autografi, disegni e schizzi dal vivo con Bruno Brindisi, Alessio Fortunato, Cosimo Ferri, Emilio Urbano, Giuseppe De Luca, Ketty Formaggio, Tenaga, Domenico Sicolo, Claudio Rugge, Diego Cavalca e i ragazzi della scuola Lupiae Comix
Ore 18.00 - Oasi Quattro Colonne (pista):
- “Le avventure di Betto” a cura dell’associazione socio-culturale Iesalel (replica)
Ore 19.00 - Oasi Quattro Colonne (pista):
RICICLOCREANDO: parlare dei rifiuti in maniera giocosa è importante perché aiuta i ragazzi a riflettere su un tema che, ormai da anni, trova impegnate istituzioni, associazioni e cittadini. Come sarà il mondo di domani se continueremo a produrre tanti oggetti, materiali di scarto e imballi da buttare? Attraverso questo laboratorio i bambini sono invogliati a creare giochi o utensili con i cosiddetti materiali poveri o, meglio, con materiali da riciclo. Il progetto è a cura di Maria Rosaria Iacomino dell'associazione Messapia.
Ore 20.30 - Oasi Quattro Colonne (pista):
- Lupo Lucio alla ricerca dei lupetti nel Salento. Guido Ruffa, in diretta dalla Melevisione, cercherà i giovani lupetti affamati tra il pubblico dei bambini e per spiegare come si diventa Lupo Lucio. Vedi il programma di sabato per i dettagli.

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BIOGRAFIA DI BRUNO BRINDISI
Nasce il 3 giugno 1964 a Salerno, dove tuttora vive e lavora.
L’esordio è su Trumoon n° 1 (1983), rivista edita in proprio da un gruppo di amici fumettari che qualcuno in seguito ha voluto etichettare come “scuola salernitana”.
Tecnicamente è autodidatta, non avendo seguito nessun corso a indirizzo artistico.
Nonostante la passione per il fumetto, gli ci vorranno anni prima di decidersi a sceglierlo come mestiere, rinunciando a una quasi sicura carriera di cameraman alla RAI ed a quella molto più incerta di musicista.
Prima pubblicazione “pagata”, due storie brevi per le Edizioni Cioè nel novembre 1986.
E’ del 1988 la gavetta sui pocket “hard” della E.P.P., tramite lo studio On Mollo M di Francesco Coniglio, che poi diventerà edizioni ACME dando alla luce una serie di testate tra cui Splatter, Torpedo e Mostri. Per quest’ultima disegna “La signora di Alessandria” su testi di Peppe Ferrandino.
Nel 1989 i primi contatti con Sergio Bonelli Editore, con varie prove per Nick Raider, Nathan Never (prima) e Dylan Dog (poi), su cui esordirà nel novembre 1990 con la storia di Tiziano Sclavi “Il male” (n°51). Da allora produce per la Bonelli oltre 3500 tavole, quasi tutte per Dylan Dog (ma anche per Nick Raider, Martin Mystère, Tex, Brad Barron), riuscendo a realizzare nel frattempo una miniserie in tre episodi per la Comic Art (Bit Degeneration), i primi episodi della serie “Billiteri”(per la Universo) e cosettine varie (Orazio Brown).
La miniserie “Bit Degeneration” esce in America sulle pagine della rivista Heavy Metal (maggio ’95-novembre ’95- maggio ’96).
Nel 1997 realizza le sigle dello sceneggiato RAI in sei puntate “Il conto Montecristo”(sic) di Ugo Gregoretti.
Nel 2001 esce per la prestigiosa collana di Tex Gigante (il cosiddetto “Texone”) la storia “I predatori del deserto”.
Nel 2002 i “Neri Per Caso” lo vogliono per la copertina e le illustrazioni interne del loro disco. Nel novembre dello stesso anno esce negli USA la ristampa di un suo Dylan Dog (Zed) per la Dark Horse.
Nel gennaio 2004 fa il suo esordio sulla serie regolare di Tex.
E’ autore del numero uno della miniserie di fantascienza Brad Barron (maggio 2005), su testi di Tito Faraci, sempre per Bonelli.
Attualmente lavora a “Novikov”, una serie di libri a fumetti di ambientazione storica per uno dei più importanti editori francesi, Les Humanoides Associés, ovviamente non tralasciando Dylan Dog che rimane il suo impegno primario e per il quale ha realizzato anche alcuni albi speciali a colori, come il decennale, il numero 200, il doppio numero del ventennale e il numero 250.
Numerose le sue mostre, personali e collettive, in giro per l’Italia.

1993: Premio Albertarelli (ANAFI).
1995: Miglior disegnatore (ANAFI).
1997: Miglior disegnatore Realistico (Fumo Di China).
2003: Miglior disegnatore (Cartoomics-if)
2003: Migliore storia realistica: Dylan Dog- “Il Numero Duecento” (Fumo Di China)
2004: Miglior disegnatore (ANAFI)
2006: Targa Grandi Autori (XXIII Mostra di Falconara)

lunedì 20 agosto 2007

Le luci gialle della contraerea di Mario Desiati




















Mario Desiati, è nato a Locorotondo (Bari), nel 1977. Vive attualmente a Roma dove è redattore della rivista Nuovi Argomenti per i tipi di Mondadori. Fa parte dell'antologia "I poeti di vent'anni" (Stampa 2000), il suo primo romanzo "Neppure quando è notte" é uscito nel 2003 per i tipi di peQuod di Ancona. Di recente pubblicazione alcuni suoi contributi poetici nell'antologia "Nuovissima Poesia Italiana" a cura di Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi per la Mondadori. Le luci gialle della contraerea, è il suo ultimo lavoro poetico. Sono convinto del fatto che questi versi non possano essere oggetto di un'accurata analisi per ciò che concerne strettamente la ricerca stilistica dell'autore, le modalità di gestione e strutturazione fenomenologica dei codici poetici o il loro iscriversi in una precisa configurazione ghestaltica! Considerazioni che nascono dall'esiguo spettro di scrittura presente in questo prezioso libretto della Lietocolle, e che mi auguro sia seguìto a breve da un'opera più corposa dove non ci si lascerà trascinare da considerazioni superficiali dettate dal piacere e dall'amore per la poesia in se stessa. Per il momento però cercherò di provare a dire come questi versi di Mario Desiati siano catapultati nel mondo, nel suo mondo e in quello di chi scrive versi e legge poesia, cercherò di specificare qual'è il caratteritisco esserci di questa raccolta. Mario Desiati parte da un'accurata descrizione dermografica dei ricordi, di quegli orizzonti vicini ad una memoria localizzata ai luoghi inscritti geneticamente nella sua esistenza, quella della terra natìa fatta di odori, umori, paranoie misticheggianti, e ossessioni generate da paure ancestrali. Si vedano ad esempio i versi a pag. 9, 10, 12,13. "Il ricordo delle nenie d'infanzia/ s'inerpica per angusti palchi/ la messinscena dell'oblio/ negromanzia ispirata dall'alto/ Ed era in lontananza Valona/ Durazzo, i monti celesti dell'Albania/ seppelliti al contrario sulla cortina/ dietro la coda del miraggio"; "L'incrocio perfetto è intimo bersaglio/ il segreto dei vetri trasparenti/ di un parroco anziano in preghiera/ dei riti della Sant'Anna, con terribili profezie per chi ci creda o no (...)"; "C'è qualcuno che mi vuole uccidere/ senza saperlo con le grida, le maledizioni/ i gesti semplici della giornata/ una posata incrostata, un tovagliolo malmesso/ uno squillo inopportuno". Questo trincerarsi dietro un microcosmo di ciò che resta sospeso nel limbo del passato viene percepito come scarsa lucidità di possesso della propria esistenza, ed è così che che l'autore lancia una sfida a se stesso, che rompa gli argini di un'ingombrante claustrofilìa fine a se stessa e che non permette di assaporare anche l'oblìo del perdersi nell'asettica quotidianità. Percepire quindi la dimensione dell'assenza di punti nodali di riferimento, non diviene mera rassegnazione, ma sospensione, attesa di orizzonti carichi di nuove possibilità. Ad esempio si leggano a pag. 16 questi versi: "Siamo fuori dal mondo/ sospesi nel giudizio, incoscienti attendiamo/ certi passi crepitano sulle foglie ...". Per Mario Desiati ancora tutto questo non è sufficiente, perchè la lotta diviene impari rispetto alla massiccia presenza della cosalità che schiacchia ogni istinto, ogni slancio, ed è neccessaria una reiterazione interiore come un mantra di queste particelle indistrubili di realtà : "Gli oggetti servono per essere amati/ inghiottiti, frantumati, oppure dimenticati/ il pendolo, il cane parlante, i libri mangiati/ un orologio di grande valore/ i fiori di legno/ le stelle allo zucchero/ Gli oggetti sono idee/ come lucenti/ di notte immagino assomigliarli: / non invecchiare" (pag. 18). In questo pasto pantagruelico, il verso non risolverà l'angoscia di non avercela fatta a portare agli uomini la fiamma che rischiarerà l'oscurità di un'esistenza quotidiana cristallizzata nel non-colore, dove un rumore bianco di delilliana memoria, é più angosciante perchè ce l'hai a portata di mano, tra le mani, nelle orecchie riducendosi a ronzìo: "Avrete avvertito almeno per una volta, il ronzìo/ delicatissimo nel cerchio d'aria circostante/ con la campagna che faceva da cuscino/ alla sigla finale e poi la voce rotta della pubblicità." Ecco che allora l'assedio alla parola diviene estenuante " ... odiare l'occorrenza, il limare delle parole/ il sottintendere precipitosamente/ poggiando la lingua sotto il palato/ sino a rimuovere delicati/ il gusto verbale della collisione/ l'impasto che si fa termine/ fiorendo sul dente e poi sul labbro" (pag. 20), e talvolta appare necessario deporre le armi e aspettare ... aspettare forse di rvolgere lo sguardo al cielo ... " ... A volte non ci resta che pregare" (pag 24). In tale immensa solitudine solo il nome di una donna compare ripetutamente ... Claudia! A lei sono rivolti gli sguardi, e le carezze che sembrano non scalfirla, perchè lei forse, angelo della morte, sogno archetipico di una confusio linguarum preferisce il silenzio di chi la spia con gli occhi del cuore : " Claudia è soffice con il viso pallido del chiaro d'uovo/ S'impossessava dello spazio alla fermata oscillando sulle gambe lunghe, con le dita che sanno/ di tabacco, occhi freddi come compresse effervescenti/ il collo che sale come ortica e i capelli che scendono come la barba del papavero, profumata di gelo/ i seni ingombranti sotto il giubotto come incubatrici/ le riaffiorano come residuo di civiltà babelica ...". Questi sono i versi di Mario Desiati, versi metropolitani, versi malinconici, aspri e amari, versi lasciati a se stessi su un tram!

da www.musicaos.it

venerdì 17 agosto 2007

Noam Chomsky: linguaggio e libertà oltre le illusioni necessarie












La più grande patologia del mondo occidentale, è la creazione di sistemi di controllo del comportamento della gente, ad opera delle grandi corporation della pubblicità e di quelle inserite a pieno titolo nel mare magnum del libero mercato. Un controllo creato appositamente da autorevoli editorialisti, intellettuali, accademici, manager, grazie ad un pressante e stritolante lavoro di sottrazione o distorsione dogmatica (vedasi i casi di Herman Khan nel suo libro On Thermonuclear War, e l’analisi di Gabriel Jackson nella sua opera The Spanish Republic and the civil war: 1931/1937) delle informazioni circa tutte quelle questioni che l’establishment non vuole in nessun modo far trapelare dalla “stanza dei bottoni”, in modo che magari si venga a creare una vasta porzione di popolazione che sappia argomentare da specialisti su argomenti come le scelte messe in campo dal coach dei Los Angeles Lakers su chi far giocare o meno magari nei play-off dell’NBA, anziché magari sul fatto che gravi violazioni dei diritti umani, con il sostegno diretto o indiretto degli U.S.A., si siano verificate poco più in là dei “cortili dello zio Sam”: in Nicaragua (la serpe filo-sovietica cresciuta in seno alla grande madre America), in Salvador (dove i commandos degli Atlacatl hanno ucciso migliaia di civili innocenti) o il Plan Colombia voluto da Clinton per la Colombia come sostegno economico per il paese, in realtà una sorta di embargo “gentile” a favore degli investitori americani, tanto per fare qualche esempio più vicino ai nostri tempi. Per non parlare poi dei casi più eclatanti di orrore e persecuzione nella storia della politica estera degli Stati Uniti, da paragonare alle più terribili atrocità naziste, come i devastanti bombardamenti del Laos settentrionale e la Cambogia nel 1969 o l’invasione del Vietnam del Sud (concetto assolutamente inesistente per le categorie mentali dei politici e politologi statunitensi, pena l’essere tacciati di follia o di spalleggiamento al comunismo terroristico internazionale) . Una modalità operativa propria della fabbrica del consenso creata appositamente per la nascita delle cosiddette illusioni necessarie, quelle che hanno lo specifico compito di rendere una popolazione spaventata dal pericolo costante di un’invasione da parte di demoni russi, o di orde di fondamentalisti provenienti dal Terzo Mondo. La logica è sempre la stessa. Un esempio, a sostegno di questa affermazione, lo si può trarre dal libro di Noam Chomsky Illusioni necessarie, ovvero le versioni modificate di cinque conferenze radiofoniche tenute da Chomsky alla Canadian Broadcasting corporation nel 1989, (Elèuthera), ad esempio alle pagg. 183 e184 : “Gli obiettivi a lungo termine dell’Amministrazione Reagan in Centro America sono stati chiari fin dall’inizio. Shultz, Abrams, Kirkpatrick e compagnia rappresentano l’ala estremista dello spettro politico, con il loro entusiasmo per il terrore e la violenza, ma gli obiettivi generali della sua politica sono convenzionali e profondamente radicati nella tradizione e nelle istituzioni statunitensi; ed è per questo che hanno ricevuto scarsissime critiche da parte della cultura dominante. Ed è sempre per il medesimo motivo che ci si può aspettare che proseguano. Quello che serve è annientare le organizzazioni popolari che lottano per difendere i diritti umani fondamentali (arcivescovo Romero) ed eliminare il pericoloso ultranazionalismo nelle democrazie in fasce (…)”. Complementare l’altro lavoro di Noam Chomsky, Linguaggio e libertà, che raccoglie interventi risalenti agli anni ‘60 e ’70 e una bella intervista introduttiva al volume di James Peck, (NET- MarcoTropea editore) in cui vengono affrontate una serie di tematiche riguardanti importanti episodi della storia contemporanea internazionale americana e non solo, tra cui la splendida analisi sulla rivoluzione anarchica in Spagna tra il luglio 1936 e il maggio 1937, secondo alcuni tra i più autorevoli punti di vista, da chi la rivoluzione l’ha vissuta come Orwell, e da chi la rivoluzione l’ha saputa raccontare teoricamente e non solo, come Rudolf Rocker. Anche se in termini di abbozzo,viene sviluppata teoreticamente una condizione necessaria per scavalcare tutte quelle logiche di controllo e potere, per cui in teoria tutti sono detentori di diritti, ma in realtà nessuno è in grado economicamente di acquistarli. Sembra un paradosso, ma non lo è! Una condizione emancipativa per l’uomo che parte dal linguaggio, strumento indispensabile per costruire e migliorarsi in una costante azione non solo dialettica ma di prassi interattiva all’interno del sistema-mondo, con alla base quattro pilastri fondamentali per arrivare a pensare e costruire il Bene Comune: onestà e sincerità, responsabilità e sollecitudine. Il linguaggio può divenire fenomenologia della liberazione umana!

martedì 14 agosto 2007

Andrea Di Consoli. Il padre degli animali


Andrea di Consoli, ha poco più di trent’anni, nato a Zurigo, da genitori lucani emigrati. Quando aveva all’incirca dieci anni, i Suoi ritornano in madre patria. Di Consoli oggi vive a Roma, dove collabora con diverse testate nazionali come il Messaggero e L’Unità. L’ultimo suo lavoro è “Il Padre degli animali” edito da Rizzoli nella collana 24/7. Le vicende narrate parlano di una Lucania primitiva, selvaggia, quasi oserei dire spietata, con molta probabilità individuabile temporalmente negli anni ’80, anche se in verità, ci troviamo dinanzi ad una precisa volontà dell’autore, di ridurre a zero qualsivoglia categoria spazio-temporale, come a voler preservare una dimensione mitologica del Sud, del Meridione. L’intero romanzo sembrerebbe ( il condizionale è d’obbligo perché c’è molto, molto di più!) solo incentrarsi sullo sviluppo di un dialogo, quello tra il padre (emigrato in Svizzera e rientrato in Italia distrutto e sconfitto da una serie di insuccessi esistenziali) e il figlio. Un figlio che chiede continuamente al padre, pone domande, lo incalza sino allo sfinimento, perché le domande sul mondo, sulla vita, sugli innumerevoli come e perché dell’ordinario e cannibalico scorrere dei giorni e dei mesi, non si possono esaurire in pochi interrogativi e soprattutto meritano un certo tipo di risposte, piene, autentiche, risposte che alla fine possano servire perlomeno alla sopravvivenza. E questo il padre lo sa, perché dinanzi al figlio sente non solo un tipo di responsabilità pedagogica, educativa, formativa, quella propria insomma del mestiere di genitore, ma avverte anche la necessità di dover fornire ad ogni costo strumenti utili alla sua progenie, per fare in modo che impari a saldare, sempre a testa alta, i conti che la vita con inesorabilità, presenta ad un uomo, a tutti gli uomini. Ad esempio leggiamo a pag. 84: “ Ci lasciano così, le persone, lentamente, e nessuno è preparato, nessuno sa cosa c’è di là, quando la luce si spegne. Tutte le persone del mondo, le persone dell’India, della Russia, dell’Egitto, che di colpo lasciano le cose a metà, e non entrano più in casa, non accendono più il fuoco, non baciano più i figli prima della mezzanotte, ignorano l’oltrevita, il senso di tutta questa paura prima di lasciare il mondo”; e ancora a pag. 92: “ (…) Il mondo perso e crudele parla, ma parla inutilmente, perché le parole cadono per terra, si sciolgono come neve al sole”. Un titolo emblematico accompagna questa ultima fatica di Andrea Di Consoli: “Il Padre degli animali”. Ebbene … Il padre diviene “Il Padre degli animali” sentendosi messo alle strette da una dimensione vitale soffocante, grigia e opprimente, comprendendo che per rimanere a galla, non gli resta altra scelta che smerciare frutta, facendo l’ambulante, unica via praticabile, da un uomo tornato al Sud, con le ossa rotte, per stare vicino al Suo di padre, che usava costantemente fare violenza alla madre Sua, recuperando delle radici malate quindi nella Sua terra. Ma ancor di più sembionticamente fondendosi alla naturale linearità e coerenza degli animali delle sue terre, quelli sotto la sua “giurisdizione” per la precisione, esenti dalla gramigna della disonestà e della cattiveria. Questo romanzo, non è certo da affrontare a cuor leggero, perché parla di persone imbestiate nella mediocrità più profonda, nella bassezza morale più sordida, disgraziati costretti a chiudere gli ultimi anni rimasti, soli, abbandonati, perché i figli non ci hanno pensato due volte a fare i bagagli e andarsene al Nord, o in qualunque altro posto per non rimanere lì, pur di dimenticare, e dimenticarsi immemori di un destino troppo pesante da portare sulle spalle in una terra che ha la malevola aura di una maledizione: “Questa terra è un tranello del demonio”. Non è quello di Di Consoli, un romanzo tranquillizzante, e meno male, perché di superficiali amenità letterarie il mondo dell’editoria italiana è piena sino all’orlo. L’autore è abilissimo a riversare sulle pagine uno stile dialogato, quasi febbricitante, con estesi squarci di grande lirismo che spesso scivolano nell’oracolare, necessario passaggio tecnico però, al fine di scomporre, rimontare e in-formare la dimensione del dolore e dell’assenza, e di un improbabile eterno ritorno. Un romanzo necessario, un’opera da far leggere e da discutere, proprio oggi, quando tra gli scaffali delle nostre librerie, il pop viene scambiato per idolatria dell’evanescenza.

Andrea Di Consoli, Il padre degli animali, Rizzoli 24/7, pp.193

da www.musicaos.it

lunedì 13 agosto 2007

1977 Fantasmi armati di Roberto Saporito su YouTube



Millenovecentosettantasette, fantasmi armati rappresenta un’attenta e lucida analisi narrativa realizzata in punta di penna su quanti hanno vissuto in presa diretta esperienze legate al terrorismo negli anni ’70. Un gruppo di ex-terroristi, ognuno dei quali ha intrapreso una nuova vita a distanza di quasi trent’anni, si incontra nuovamente con l’esplicita intenzione di organizzarsi ancora una volta, appoggiando idealmente un gruppo di giovani sovversivi che vede in loro la vecchia generazione del movimento. Uno di essi è un poliziotto che è stato fatto fuori dalla polizia. Un altro un docente universitario. Un altro ancora un latitante, soprannominato il ‘fantasma’. Le vicende vengono descritte in maniera incalzante, rapida, tagliente da Albino, Fabio, Franco che rappresentano i tre volti della narrazione. Un romanzo che mette a nudo una porzione della storia d’Italia, della nostra storia, che ha lasciato aperte ancora molte ferite.

ROBERTO SAPORITO, classe 1962, è autore di libri cult come Harley

Davidson (racconti) e H-D/ Harley Davidson, deserti e nuovi vampiri.

Ha pubblicato suoi interventi narrativi sulle più prestigiose riviste del settore.

Millenovecentosettansette, fantasmi armati (Besa editrice) è il suo ultimo lavoro.

Ora su YouTube. Book Trailer di Nick Tambone

domenica 12 agosto 2007

I cortili dello zio Sam. Il nuovo ordine mondiale visto da Noam Chomsky


“Noi possediamo circa il 50% delle ricchezze del globo, ma solo il 6,3% della sua popolazione… In questa situazione, non possiamo che essere oggetto di invidie e di risentimenti. Il nostro vero compito nell’immediato futuro consiste nell’individuare uno schema di rapporti che ci consentano di mantenere tale posizione di disparità…Per poterlo fare, dovremo rinunciare a tutti i sentimentalismi ed i sogni ad occhi aperti; la nostra attenzione dovrà concentrarsi, sempre ed in ogni caso, sul nostro immediato obiettivo nazionale…Dovremo smetterla di parlare di obiettivi vaghi … e irreali come i diritti umani, l’innalzamento del livello di vita e la democratizzazione. Non è lontano il giorno in cui dovremo agire in termini di potere diretto.Meno saremo intralciati dagli slogan idealistici, meglio sarà per noi” (Studio n.23 del 1948, di Pianificazione Politica di George Kennan per il Dipartimento di Stato – pp.19/20).

Gli obiettivi della politica estera americana dal Vecchio al Nuovo Ordine Mondiale sono gli argomenti trattati nel volume I cortili dello zio Sam di Noam Chomsky, a cura di David Barsamian, per i tipi di Gamberetti editrice. Sembrerebbe che ad impegnarsi nell’analisi di tutte le strategie politiche sul piano internazionale, portate avanti dagli Stati Uniti d’America, ci si troverebbe coinvolti nel fornire un quadro non solo disorganico, ma alquanto caotico e disordinato del tutto, quasi non vi fossero delle strategie politiche sufficienti a stabilire una serie di regole puntuali tali da dare solidi punti di riferimento per affrontare la questione. In realtà questo accade ad un’analisi superficiale. Dalla seconda guerra mondiale gli Stati Uniti d’America sono usciti come il paese economicamente e militarmente più forte al mondo, e col passare del tempo tale forza e potenza non solo è andata ad aumentare, ma si è rinforzata, portando a far assumere all’establishment governativo americano, un eccesso di euforia, con non poco delirio di onnipotenza. Non solo è plausibile pensare all’uso preventivo della forza, e giustificarlo, contro i continui nemici dell’America che sono sempre sul punto di attaccarla ( con il costante terrore mediaticamente somministrato alla società civile dai media americani collusi con le forze governative) , laddove gli interessi economici degli investitori americani nel mondo sono minacciati da “tentativi democratici” di cultura del progresso per la gente (il Fondo Monetario Internazionale è un gigantesco racket internazionale delle estorsioni che offre finanziamenti ingenti ai paesi del Terzo Mondo in cambio della liberalizzazione selvaggia degli investimenti delle corporation americane a solo beneficio di quest’ultime e a scapito dell’economia del paese “saccheggiato”) , ma è altrettanto possibile osservare come una prassi costante di volontà di dominio nel mondo, proceda secondo uno schema ben consolidato: si fa uso della polizia, in quanto sono agenti spettacolari di controllo del sorgere del malcontento in grado di eliminarlo sul nascere, prima delle operazioni chirurgiche su larga scala, ovvero attraverso l’utilizzo dell’esercito interno al paese che si è in procinto di “colonizzare”. Se questo nemmeno risulta essere un’operazione utile, allora si utilizza le risorse militari proprie, cercando di ammortizzare quanto più possibile i rischi e i costi. Ulteriore modalità d’azione consolidata è il controllo di territori strategici, per risorse naturali, economiche o semplicemente perché geograficamente utili come postazioni di monitoraggio su obiettivi internazionali sensibili, attraverso il sostegno occulto, nella storia come sino ai giorni nostri, a sanguinari terroristi (fino a quando ovviamente non pestano i piedi al governo statunitense) come Somoza in Nicaragua, Marcos nelle Filippine, Duvalier ad Haiti, Saddam Hussein in Iraq, ed altri tra i quali Mobutu e Ceausescu. I cortili dello zio Sam, sono uno spazio vitale che tende ad allargare sempre più i suoi confini, arrivando a “macinare” qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino. E quando lo zio Sam dice “I want you” dice io voglio il mondo!

sabato 11 agosto 2007

Gli atti della Tribù dei blog


Sono disponibili in formato PDF sul sito dell’associazione BooksBrothers gli atti del convegno “La tribù dei blog”. Buona Lettura qui.

venerdì 10 agosto 2007

Noam Chomsky: anarchia e libertà


Anarchia e libertà di Noam Chomsky, pubblicato da DataNews, contiene una serie di scritti del famoso linguista americano sul concetto storico di anarchia, e sul cammino del movimento anarchico nella sua storia sino ad oggi. Interessanti inoltre le interviste contenute nel volume, sempre riguardanti il medesimo argomento sopra menzionato, a cura di Tom Lane, Peter Jay, Tomas Ibanez, Kevin Doyle. L’intera operazione editoriale che presento in questa sede, ha il merito di fare un po’ di chiarezza intorno a ciò che concerne le peculiari caratteristiche che occupano i diversi passaggi storicamente e teoreticamente fondanti il pensiero anarchico, come Bakunin, Diego Abad de Santillan, Daniel Guerin, Adolf Fischer. Chomsky, che si dice non anarchico ma compagno di viaggio degli anarchici, parte da una significativa citazione dando voce a Rudolf Rocker, che illustra cosa non possa definirsi anarchia, e dichiara che l’anarchia non è un sistema sociale fisso, ma una chiara tendenza dello sviluppo storico dell’umanità che (…) aspira a che ogni forza sociale e individuale si sviluppi liberamente nella vita. Vengono passati in rassegna i passaggi più salienti della Storia, in cui un pensiero anarchico ha cercato di costituirsi come azione e prassi rivoluzionaria, facendo ad esempio riferimento, all’episodio della Comune di Parigi (1871), quando i lavoratori della capitale francese decisero di abolire la proprietà privata, che era la base della “civilizzazione” portatrice della dominazione oligarchica dei possessori dei mezzi di produzione sui lavoratori oppressi, per portarne un’altra, nuova, più forte, dove i mezzi del sistema produttivo si trasformavano in strumenti di lavoro libero e collettivo. E ancora, l’esimio professore del M.I.T., prende in considerazione le vicende della guerra civile spagnola: “ La Guerra civile spagnola è forse l’esempio più importante; dobbiamo però sottolineare che la rivoluzione anarchica che avvenne in buona parte della Spagna, nel 1936, e che assunse varie forme, non fu repentina e spontanea, ma preparata in decenni di lavoro, di organizzazione, di lotte, di sconfitte, e a volte di vittorie. Fu molto significativa. Abbastanza per suscitare l’ira di tutti i grandi sistemi di potere: lo stalinismo, il fascismo, il liberalismo occidentale, la maggioranza delle correnti intellettuali”( pag.41). Perché oggi si possa realizzare nella realtà un progetto di sistema anarchico, sembra alquanto difficile, ma non impossibile secondo Chomsky. E’ vero che si procede per intuizioni in quanto non conosciamo sino in fondo i meccanismi di una iper-complessità sociale come quella in cui oggi ci muoviamo, ma è fuor di discussione che una progressiva azione di discussione, teorizzazione, riflessione portate avanti per un certo lasso di tempo, sui modelli da sviluppare concretamente perché una società anarchica viva e sopravviva sia nel suo interno, che nei rapporti con ciò che è al di fuori del suo sistema, è possibile e plausibile. Abbandonando qualsiasi tentativo revisionista di matrice marxista o socialista, per un’anarchia contemporanea, è necessario pensare ad un tecno-anarchismo sindacalista, di matrice social-volontarista. La liberazione dell’uomo dalle logiche di forza lavoro oppressa e annichilente, portata, attraverso la collettivizzazione dei mezzi di produzione automatizzati, ad una nuova dimensione di sviluppo libero individuale. Il tempo viene liberato dalle logiche del produci-consuma-crepa (come cantava Giovanni Lindo Ferretti) e rimesso fattualmente in una posizione non più costringente ma accogliente la ricerca, lo sviluppo, la comune cooperazione sia nella stretta sfera produttiva,che nell’ambito delle scelte e direzioni politiche da intraprendere collettivamente.

N.B.

I testi pubblicati in Anarchia e libertà , sono tratti dalla Biblioteca virtual Chomsky , sito libertario Spagnolo, che raccoglie saggi, articoli e interviste di Chomsky:
(www.galeon.com/bychomsky/textos.html).

Oltre che su ZMag ovviamente.

La traduzione è a cura di Manuela Palermi

giovedì 9 agosto 2007

Noam Chomsky. Il Bene Comune


Dare la definizione di bene comune, o anche solo di bene, oggi risulta particolarmente difficile. In un primo momento perché viviamo in un caotico sistema-mondo in cui la vita di valori o categorie che sino a questo punto della storia dell’umanità venivano considerate come acquisite (tutela dei diritti umani, pace, libertà etc) vanno a estinguersi sotto le violente rappresaglie di nuove tendenze che non hanno a che fare né con il relativismo etico, né con fondamentalismi religiosi o culturali, ma con un mercato che assume la consistenza di un gigantesco Leviatano che tutto divora e tutto annichilisce. Come secondo elemento problematico, e non certo di secondo ordine, è che si sono perse completamente le coordinate per muoversi in una realtà iper-complessa che conducendo l’uomo sempre più alla deriva, lo fa brancolare nel buio. Il bene comune di Noam Chomsky a cura di David Barsamian, per i tipi di Piemme, rappresenta una luce salda e forte per chi volesse avventurasi nell’oscurità, una piccola bussola a cui non si può davvero rinunciare. Innanzitutto Chomsky parte da un elemento fondamentale per aprire qualsivoglia dibattito sul destino dell’uomo, che è quello della democrazia, termine più abusato e usato, poco conosciuto in tutti i suoi aspetti, e quasi mai realizzato (basti pensare a quello che è accaduto a Timor Est, ad Haiti, in Guatemala, Messico solo per fare sporadici esempi). Le diverse tendenze politiche internazionali, globali sono direttamente influenzate dalla politica pressoria militaresca e belligerante degli Stati Uniti d’America, un modello che tende a far crescere con la propria forza e in qualunque modo il suo potere in favore di una sparuta minoranza ai danni dei più. Un esempio, storicamente parlando, lo troviamo a pag. 42 e a pag. 43: “Se la gente cerca di prendere il controllo di alcuni aspetti della propria vita, e non sembra esserci alcun modo per fermarla, una delle risposte storiche standard è stata quella di dire, lasciate a noi ricchi il compito di farlo per voi. Un esempio classico è qualche avvenne a Flint, Michigan,una cittadina dominata dalla General Motors, intorno al 1910. Nell’area c’era una forte presenza di organizzazioni socialiste dei lavoratori, ed erano stati sviluppati progetti per assumere effettivamente il controllo della situazione e fornire dei servizi pubblici più democratici. Dopo qualche esitazione i ricchi uomini d’affari decisero di seguire la linea progressista. Essi dissero: Tutto quello che state facendo è giusto, ma noi possiamo farlo molto meglio perché abbiamo un sacco di soldi.. Volete un parco pubblico? Bene. Votate il nostro candidato e lui vi realizzerà un parco pubblico. Le loro risorse economiche minarono ed eliminarono le nascenti strutture democratiche e popolari. Il loro candidato vinse e a quel punto si ebbe realmente un capitalismo sociale … fino al momento in cui non ce ne fu più bisogno, e a quel punto venne messo da parte”. Continuando poi a scorrere le pagine di questo prezioso contributo chomskyano, ci si imbatte nella riduzione a pura formalità e vane parole di operazioni governative degli Stati Uniti d’America come l’affirmative action (Azione anti-discriminatoria positiva. Il termine viene applicato all’uso di preferenze su base razziale, etnica o di sesso nella distribuzione di benefici e ruoli sociali, partendo dal presupposto, che alcune fasce della popolazione siano state in passato vittime di sistematica discriminazione), un Paese dove la struttura della criminalità sembra essere stata progettata in modo tale da produrre un sistema giudiziario che utilizzi due pesi e due misure: per i colletti bianchi di grandi corporation (come la Nike e la Walt Disney che sfruttano manodopera a basso costo, anzi “fuori costo” in paesi sottosviluppati o in via di sviluppo) le sanzioni giudiziarie sono di qualche migliaio di dollari, mentre per le minoranze etniche (ispanici, latino-americani, afro-americani – la massa inutile) le pene più severe. E’ un caso che l’architettura carceraria stia avendo uno sviluppo così incredibile, che non solo il Pentagono appalti a industrie militari la realizzazione di sistemi di sicurezza per le carceri, e che queste ricevano finanziamenti pubblici per ammortizzare i costi? Le carceri in america sono i contenitori, o meglio le gabbie il cui pavimento non si può allargare, dove finiscono poveri, e minoranze etniche. Leggiamo a pag. 53: “ Prima di tutto deviare, in modo che non si accorgano che la società è ingiusta e cerchino di cambiarla, e il miglior modo per distrarre la loro attenzione è spingerli ad avere paura e ad odiarsi gli uni con gli altri. Ogni società coercitiva fa propria immediatamente questa idea, che ha due ulteriori vantaggi: riduce il numero di gente superflua (con la violenza) e fornisce luoghi dove sistemare i sopravvissuti (le prigioni)”. Lo stesso dicasi per il degrado presente nelle periferie per ciò che concerne la pubblica istruzione, le scuole sono in uno stato di semi-abbandono, i giovani professori universitari sono costretti ad avere una rotazione lavorativa che scavalca qualsiasi definizione di precariato selvaggio, dove le biblioteche sono lasciate a se stesse, quasi sempre vuote, e con non più di qualche centinaio di libri . Per Chomsky è comunque possibile cambiare questo stato di cose. Naturalmente non mettendosi davanti alla TV, dopo aver messo una x, su qualche scheda elettorale.

mercoledì 8 agosto 2007

L'altra storia?


"C'era, sulle tracce di Kammler, un corpus crescente di prove che i nazisti, disperati di non poter vincere la guerra, avevano fatto degli esperimenti con una forma di scienza che il resto del mondo non aveva mai neppure remotamente preso in considerazione. E che in qualche parte di questo calderone di idee, era nata una nuova tecnologia. Una tecnologia che era così avanti rispetto ai tempi, da essere stata poi tenuta ben nascosta per oltre mezzo secolo" (Nick Cook, The Hunt for Zero Point)
da
Joseph P. Farrell , Hitler, i dischi volanti e le altre super-armi del Terzo Reich
Profondo Rosso edizioni, Roma, 2007

fonte iconografica da www.naziufos.com

martedì 7 agosto 2007

L'11 settembre di Noam Chomsky






























L’11 settembre 2001 rappresenta per l’attuale storia contemporanea internazionale, il giorno in cui si è verificata la più grande catastrofe psico-cosmica (parafrasando Manlio Sgalambro) per l’umanità: gli Stati Uniti d’America subiscono la distruzione del loro simbolo economico più grande, ovvero il World Trade Center, e del loro simbolo militare più importante ovvero il Pentagono. Noam Chomksy nei suoi due lavori, 11 settembre – le ragioni di chi e Dopo l’11 settembre – potere e terrore editi per i tipi della Marco Tropea editore, riflette e cerca di cucire una fitta trama di riflessioni sulle possibili cause che hanno determinato un atto ad alta densità terroristica come quello, tentando di esaminare tutta quella politica estera americana degli anni passati, provando inoltre a far comprendere ai suoi lettori come mai, una nazione così potente come gli U.S.A, che più volte istituzionalmente si è professata portatrice di grandi ideali, come giustizia, uguaglianza, pace, in realtà non riesca a riscuotere grandi favori nel mondo. Innanzitutto, dice Chomsky, è la prima volta dal 1812 ( si fa riferimento alla guerra anglo-americana combattuta ai confini con il Canada quando la Casa Bianca venne incendiata) che gli Stati Uniti sono stati sotto attacco esterno. Qualcosa di certo non è andata per il verso giusto. E’strano… i migliori servizi di intelligence come la C.I.A e l’F.B.I , non erano stati in grado di disporre di una serie di informazioni, con largo anticipo, utili per sventare l’attacco? E’ strano … possibile che nessuno dei loro informatori, distribuiti come infiltrati nei più svariati ambienti legati al “mondo del terrore” internazionale, magari anche da loro ben pagati, non abbia perlomeno fatto suonare un piccolissimo campanello d’allarme che qualcosa di grosso bolliva in pentola? Di certo non è il momento di fare banali supposizioni, peraltro da tempo messe nero su bianco sulle più importanti testate nazionali e internazionale, a tutt’oggi. Quello che sostiene Chomksy, fondamentalmente, è che pur se in molti in America e non solo hanno con rabbia gridato alla vendetta, contro Al Qaeda e il suo capo Osama Bin Laden, adducendo tra l’altro deboli prove riguardo ad uno suo coinvolgimento diretto, ricordando che comunque Al Qaeda risulta essere un’organizzazione terroristica piuttosto decentralizzante tutti quei “lavori” di coordinamento per possibili attacchi o azioni terroristiche, l’America si è puntualmente comportata come sempre ha fatto nel corso della sua storia: sul banco degli imputati espone le sue tesi, costruisce delle prove, fa la sua doverosa distinzione tra buoni e cattivi, utilizza tutti quei mezzi di comunicazione di massa ( un esempio potrebbe essere la MSNBC) in qualche modo legati al governo per iniziare una lavoro di controllo delle coscienze (la tecnica usuale nel produrre terrore e angoscia nella gente è che occorra essere i primi ad attaccare - guerra preventiva, ndc - prima che un nemico terribile distrugga la nazione), dare un nome roboante e che instilli in chiunque la sottomissione al dogma dell’uso della forza contro chi odia la civiltà, la pace e la giustizia ( penso a “Infinity Justice” chiamata poi per questioni più politicamente corrette di propaganda “ Enduring Freedom”) e chiedere sostegno ad altri paesi amici ( la Gran Bretagna in prima linea, la Turchia subito dopo) nella lotta contro il Male (Afghanistan, Iraq, Iran etc). Peccato che ad esempio l’Iraq di Saddam Hussein sia stato prima oggetto di aiuti e “cure” da parte degli Stati Uniti nel periodo in cui commetteva orribili stragi contro i curdi, e peccato che la famiglia Bin Laden abbia fatto grandi affari con la famiglia Bush ( basterebbe guardare il film di Moore, 9/11 per rimanere senza fiato per quello che viene dichiarato e per ciò che si vede), oppure che gli stessi terroristi di Al Qaeda provengano dalle fila di quei fondamentalisti addestrati circa vent’anni fa dalla Cia per contrastare l’Unione Sovietica in Afghanistan . In verità i due libri analizzati in questa sede, aprono veramente gli occhi a quanti vogliono sapere perché ad esempio Israele, da quando ha costituito per gli U.S.A una solida barriera in quella regione contro i paesi fondamentalisti arabi, goda di tanta protezione, nonostante la costante pressione militare ( terroristica?) sulla Palestina, o perchè magari nonostante le diverse risoluzioni dell’Onu contro l’impiego della forza per la soluzione dei conflitti, proprio in quella sede ci sia stata sempre l’astensione di Israele e degli stessi Stati Uniti. Si sa ad esempio che numerose accuse di terrorismo internazionale sono state rivolte agli Stati Uniti da altrettanto numerosi paesi nel mondo (uno di questi è stato il Nicaragua), anche in sedi legali internazionali come la Corte Suprema dell’Aia? Ad ogni modo Chomsky insiste sulla necessità di scavalcare qualsiasi forma di protesta nei confronti del potere costituito, creando momenti di incontro orizzontali tra la gente, di discussione, proposizione e azione, ricordando come sia inutile dire al Potere, la Verità, che già sa e che ciecamente e volutamente ignora.

lunedì 6 agosto 2007

Anelli deboli


Mi piacerebbe partire da due considerazioni. La scrittura è qualcosa per cui vale la pena attendere. La redazione di una rivista è qualcosa di permanente. Entrambe sono sicurezze cui ci si può volgere in momenti di momentaneo offuscamento della realtà, sociale o politica. La condizione della debolezza, al di là di un richiamo possibile alla filosofia recente, costituisce un cenno alla forza insita nell'inizio, nell'origine, che non contengono - è vero - la verità, ma che tuttavia per il loro anelito quasi disperato all'esistenza celano una promessa di verità che va oltre il semplice esordire. Le riviste sono i luoghi preferiti dove tutto ciò viene accolto e dove, si spera, viene coltivato. Ecco perché da qualche tempo su Musicaos.it - grazie soprattutto ad un nucleo 'forte' di collaboratori - preferiamo recensire libri interessanti non necessariamente usciti con grandi case editrici. A questo si aggiunge un altro elemento, quello cioè di sganciare l'idea di critica militante da quello della forsennatezza con cui si rincorre, troppo spesso, l'ultimo libro, l'ultima uscita, il tritaprezzi. Anche perché non esiste nessun libro che sia unico né tantomeno ultimo. Un'idea di critica per cui il libro e l'autore siano oggetti parlanti posti come lente tra il critico e il lettore. Un'idea di lettura critica degli eventi mediata dalle letture che si sedimentano nel tempo.
Nella sezione interventi ho deciso di ritornare a parlare di un esordio importante, Neuropa, di Gianluca Gigliozzi, un libro uscito nel 2005, insieme a questo mi occupo di altri romanzi, tra i quali "Gustavo", di Carlo Bordini, che ebbi modo di presentare nel settembre scorso a Palazzo Gallone a Tricase e poi "Actarus", di Claudio Morici (edito per Meridiano Zero), e poi "La mania per l'alfabeto" (Sironi Editore) l'esordio di Marco Candida e "Il legame" (Besa Editrice) dell'italo-egiziano Fabio Omar El Ariny, romanzo costruito a partire da un'ipotesi interessante sui fatti immediatamente seguenti all'11 settembre 2001; infine la recensione di un libro di critica letteraria dedicato ad una delle figure più importanti della letteratura contemporanea, Philip K. Dick, uno dei mappatori dell'immaginario contemporaneo, il libro in questione, edito da Agenzia X, è scritto da da Antonio Caronia e Domenico Gallo:“Philip K. Dick, la macchina della paranoia, enciclopedia dickiana”. Elisabetta Liguori, non nuova al reportage (vedi "Zerinol a Istambul"), ci ha consegnato il suo viaggio a New York compiuto nel giugno scorso (sezione testi). Per restare in tema di USA, Stefano Donno, che uscirà in autunno con una monografia su Chomsky, ci regala in anteprima una nano-intervista ottenuta da Noam Chomsky nel 2005, tuttora inedita, insieme ad un'anticipazione poetica, Mirella Floris.
Enrico Pietrangeli recensisce una monografia di Sandro Montalto (Edizioni dell'Orso) dedicata al rapporto tra Samuel Beckett e Buster Keaton, i due diedero vita a Film, opera filmica del drammaturgo irlandese. Chi fosse interessato a vedere questa opera sconcertante lo può fare su youtube a questi link:[ Film by Samuel Beckett - part 1 (5:49 min)][Film by Samuel Beckett - part 2 (5:49 min)][Film by Samuel Beckett - part 3 (5:28 min)]. "L'eretico e il cattolico" è un libro intervista scritto da Mauro Daltin, di cui si è occupato lo stesso Pietrangeli; sempre per restare in tema di media editoria dopo le Edizioni dell'Orso e le Kappa Vu Edizioni, ecco Disorder (Edizioni Il Foglio) di Gianfranco Franchi, e "Sopra e Sotto" (Sovera) di Roberto Casalena. Bianca Madeccia, ha pubblicato la sua raccolta (qui recensita da Simonetta Ruggeri) per i tipi di Lietocolle Edizioni; in questo numero di Musicaos.it si occupa con un interessante e denso intervento di uno degli artisti visivi più rappresentativi di questo secolo Roberto Sebastian Matta Echaurren. Simone Olla, uno dei 6 opificisti del Gruppo Opìfice (del quale ci occuperemo nel prossimo numero di Musicaos.it) pubblica un'intervista a Antonio Pennacchi, autore de "Il fasciocomunista", dal quale è stata tratta la pellicola "Mio fratello è figlio unico". La sezione degli interventi termina con tre testi dedicati ad altrettante raccolte poetiche, il primo è di Sante Maurizi, che ha recensito l'ultima raccolta di Gianni D'Elia, "I trovatori", gli altri due sono a firma di Giacomo Cerrai, che si è occupato di due testi editi da Manni Editori, "Diario inverso" di Lucianna Argentino e "Stato di vigilanza" di Gianfranco Fabbri.

Nella sezione testi sono ospitati racconti e poesie inedite. Silla Hicks, pubblica un racconto lungo dal titolo "Un uomo come gli altri", abbiamo ritenuto opportuno renderlo scaricabile direttamente in formato PDF per renderne semplice la lettura, una delle migliori cose che ho letto di recente insieme ai racconti degli altri esordienti che sto ricevendo negli ultimi mesi, penso a Marco Montanaro, Federico Fascetti, Riccardo Lionello e Francesca Roccasalda, Alessandro Milanese, Luisa Ruggio, Maria Luisa Fascì Spurio, Martina Campi; è proprio a loro che mi riferivo quando all'inizio di questo articolo scrivevo la frase "La scrittura è qualcosa per cui vale la pena attendere", attendete i loro frutti futuri e cominciate a interessarvi di ciò che troverete su queste pagine elettroniche. In questo numero pubblico un mio racconto intitolato "Protesi". Grazie a Flavia Piccinni, che ha esordito con "Adesso tienimi" (Fazi), si continua a parlare di Taranto in un momento di forte bisogno e attenzione, nel prossimo numero ci occuperemo del suo esordio, nel frattempo pubblichiamo una poesia speditaci da Francesca Roccasalda dedicata proprio alla sua città. Buona lettura.

l'editoriale del nuovo numero di www.musicaos.it di Luciano Pagano

venerdì 3 agosto 2007

Noam Chomsky: Due ore di lucidità

Veramente difficile poter iniziare un discorso su una delle figure intellettuali più interessanti al mondo: Noam Chomsky. Alcune delle letture che ho portato avanti da un pò di tempo a questa parte (Dal Vietnam all’Iraq, colloqui con Patricia Lombroso per i tipi di Manifesto Libri, Democrazie e Impero per DataNews, Democrazia e Istruzione per i tipi di Edup, America: il nuovo tiranno per Rizzoli, Lezioni di potere sempre per DataNews) mi hanno aperto a una serie di riflessioni sulla plausibilità di un governo mondiale unificato, che va al di là delle logiche di cronaca politica internazionale fatta dai media più o meno accreditati, più o meno istituzionali, più o meno oggettivi. Un “super ente governativo”, rappresentato dagli Stati Uniti d’America. L’unica realtà politica che nel corso della sua storia attraverso i suoi rappresentanti (da Kennedy, Nixon sino a Ronald Reagan e George W. Bush senior e junior) ha portato avanti una strategia di politica interna lesiva dei più elementari diritti umani (riduzione drastica delle spese sanitarie e previdenziali, tagli agli investimenti per la pubblica istruzione, pratiche ostruttive e violente nei confronti delle organizzazioni sindacali, e delle associazioni che si occupano della tutela delle minoranze etniche in favore di spropositati investimenti in favore delle industrie belliche) ed esterna, di violazione delle norme internazionali con la teorizzazione della guerra preventiva, ovviamente nei confronti di entità politico-territorial-militari non in grado di essere bellicamente offensive in maniera totale e altamente pericolosa (ad es. Afghanistan o Iraq). Con il placet delle più importanti fonti di informazione americana, o sarebbe meglio dire di “intelligence americana”(visto che i media americani sono strutturalmentee funzionalmente strutturati per il controllo mentale di massa) citando un esempio per tutti il Wall Street Journal , dove giornalisti funzionali alle logiche del potere economico delle grandi corporation militari e della propaganda, ripetono ciò che il potere vuole si diffonda alla società civile operando la distopia comunicativa di Lippman il quale sosteneva in soldoni che la gente deve starsene per conto suo e lasciare che i burattinai decidano delle loro sorti impunemente e senza ostacoli di sorta. In Due Ore di Lucidità, conversazioni con Denis Robert e Weronika Zarachowicz per Baldini e Castoldi, si legge a pag 116: “ (…) per l’industria della pubblicità e della propaganda commerciale nel suo insieme, il mondo ideale dovrebbe poggiare su due elementi: la televisione innanzitutto, ognuno davanti al televisore, senza rapporti con gli altri e nemmeno con i propri familiari, se possibile. Il secondo è un ideale verso il quale tendere: che la gente non costituisca più una minaccia per i ricchi e i privilegiati, perché non ci siano più crisi della democrazia,come intendono le elites (…)”. Ulteriore esempio eclatante fatto da Chomsky in quest’opera, sulla gigantesca macchina della propaganda americana, unico corpo sembiontico con i gangli bio-politici e militari del Pentagono e delle sue forze di controllo come la CIA e l’FBI, è stato il bombardamento della Libia nel 1986, il primo della storia fatto coincidere con l’ora di massima audience televisiva, proprio all’inizio del telegiornale nazionale delle tre grandi televisioni americane. Un libro, questo del quale ci stiamo occupando, che parla inoltre di come la globalizzazione sia nata da un progetto occulto che smantella l’ipotesi che il mercato operi secondo regole casuali, e che si attesti invece in maniera più marcata, su un delirio di onnipotenza turbo-capitalistica, per avvicinare i modelli economici del resto del mondo a quello americano.

giovedì 2 agosto 2007

Altro che vita precaria e amore eterno

Sono una donna di 34 anni, sposata da circa due, e un lavoro da precaria.
La mia vita si riassumerebbe qui, ma che dire oggi sono veramente indignata per quello che ho ascoltato al tg5. I signori ministri ( e lo scrivo minuscolo perché non sono degni di nessun rispetto questi loschi figuri) hanno pensato bene di AUMENTARSI

lo stipendio di 815euro… il mio salario mensile quando mi viene accreditato. E dico, quando mi viene accreditato, perché la ditta per la quale lavoro paga ogni 2/3 mesi. Forse non ci rendiamo conto delle enormi difficoltà che posso avere io e mio marito per arrivare a fine mese. E so che siamo in tanti a vivere una situazione del genere…certi momenti mi guardo, e penso quando potrò avere un figlio… anche quello ora è un lusso.

Non si va al cinema, altrimenti la rata dell’ICI non la paghi… e dopo si sa come va a finire: non vai a mangiare fuori (non parlo dei super ristoranti, ma di un semplice pub… un panino e una bibita) altrimenti la bolletta della luce chi la paga??? Mi confesso … non compero un paio di pantaloni in un negozio come Benetton o Sasch non so più da quando… vado al mercato, anche per le scarpe. Non parliamo poi per l’acquisto degli alimenti quotidiani… si fa la caccia al tesoro sui depliant che arrivano nella buca della pubblicità… e così all’Eurospin per prendere quella cosa in offerta oppure vai al Carrefour per prendere qualcos’altro… Sono esausta di rincorrere un pezzo di carne in offerta e di inventarmi un pasto giornaliero che costi meno di 5euro. Non si può avere il desiderio di ospitare qualche amico perché anche quello è un costo non indifferente, bhè un ospite lo devi portare a visitare un posto caratteristico… non sempre puoi mangiare a casa… le specialità gliele devi fare apprezzare in luoghi tipici… e così tra un pasticciotto , un caffè al latte di mandorla e pezzetti di carne di cavallo alla salentina, in una sola giornata ti partono 200euro ( la benzina la devi mettere nella macchina… non è che resti in un posto solo per ammirare le sue bellezze!).

Ecco è così, uno rinuncia a vivere… perché non è possibile permettersi di acquistare niente di extra (avrei bisogno di comperare un paio di occhiali da vicino… per ora non è possibile… poi ci penserò più in là quando avremo meno spese). Devi pagare le bollette, il condominio e come sempre l’imprevisto… cose che non mancano mai. Da quando ci siamo sposati stiamo pagando una rata per dei lavori fatti per la facciata del condominio… e tra le tasse che aumentano… e si prevede un rincaro per fine settembre, gli stipendi che arrivano in ritardo, il conto corrente è sempre a un filo dall’essere in rosso. Per quanto ancora tutto questo vivere come una funambola? Sono/siamo davvero stanchi … spero di non avervi tediato, ma in qualche maniera volevo sforgarmi…

D.P.

fonte iconografica da www.almenoquantolacrema.ilcannocchiale.it
(urlo_silvia by Fata Zucchina)

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